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TRENTASEI

Il livido era spuntato subito. Una chiazza di un rosa molto scuro, dai contorni appena un po' più chiari, e la parte centrale che si faceva sempre più rossa, quasi violacea.
Gli veniva da vomitare.

Abel abbassò in modo repentino la maglia sull'addome e uscì dal bagno, ignorando il riflesso nello specchio che continuava a seguire i suoi movimenti, finché non si chiuse la porta alle spalle.

No, non era morto. Era svenuto, quello sì. Il giorno aveva lasciato il passo alla notte e la sua vita era finalmente arrivata a quel punto di rottura che tanto gli aveva alitato sul collo fin dalla nascita, promettendogli le più nefaste conseguenze.

Stava male. Si sentiva a pezzi – e non solo fisicamente.

Forse sarebbe dovuto andare in ospedale, farsi visitare, assicurarsi di non aver riportato lesioni mortali interne. Aveva pur sempre subito un colpo da parte di un licantropo.
Non si trattava di un semplice pugno. Se si fermava a pensarci sapeva che no, non c'era nulla di normale in quella situazione, neppure il suo menefreghismo a riguardo era una cosa normale.

Non gli importava. Nella sua personale Scala delle Priorità, anche quella volta, la sua salute fisica occupava a stento l'ultimo gradino in fondo ai propri pensieri.

Si diresse in soggiorno, dove Reik era intento a prendersi cura di Florian, visto che aveva tardato a farlo – gli aveva detto al suo risveglio – incentrando le sue attenzioni prima su di lui. Lo avevo curato, e si stava prendendo cura di Florian, in modo "casalingo" per evitare di dover giustificare con le autorità il caos che si era svolto in casa loro.

Abel sapeva che, nonostante la nuova Legge, le creature sovrannaturali che commettevano anche il più piccolo errore venivano ancora giudicate nel modo più aspro possibile, a priori, proprio per via della loro natura. Quindi, anche se Reik accusava Saul di essere poco umano, per certi versi, troppo animale per altri, lui, in quel frangente, non era stato da meno: per tutelare anche se stesso aveva preferito tenere l'accaduto tra le mura di casa loro.

Lo capiva.

Lo accettava.

Gli sembrava tutto così assurdo e insensato.

Era sveglio, vivo, incazzato, ferito e si sentiva pronto a compiere una strage.

-Tu- disse, indicando Saul con un dito. -Con me, adesso, subito- aggiunse, muovendosi in direzione della camera da letto.

-Abel...- lo ammonì Reik.

-Tranquillo- interruppe il compagno, rivolgendogli un breve sguardo, prima di spostarlo su Saul, assicurarsi che lo stesse seguendo, e riprendere a muoversi in direzione della camera. -Non tenterà più di ammazzarmi-

E si chiuse la porta alle spalle. Trasse un lungo respiro e poggiò una mano sulla pancia. Faceva male. Dannatamente male. Forse il colpo gli aveva lesionato degli organi interni, non sarebbe più stato in grado di mangiare, di bere. Non era poi così tragico: era abituato a non nutrirsi e a ricordarsi di bere solo quando cominciava ad avere un fastidioso solletico alla gola.

Era una situazione tragica, ma non voleva vederla come tale. Forse sarebbe svenuto all'improvviso – morto –, ma non voleva pensarci.

-Mi dispiace- mormorò Saul e Abel si girò nella sua direzione piano, molto piano, tentando di trovare, nel frattempo, abbastanza sanità mentale per non reagire come lui, per non saltargli al collo e farlo fuori all'istante.

Lo consolava il fatto di sapere di non esserne in grado e non solo perché era più debole fisicamente di lui: quel tipo di violenza non rientrava nelle sue corde. La millantava a voce anche fin troppo spesso, ma nei fatti odiava ogni forma di violenza. Era diverso da lui, in quello – e sentiva di essere fortunato per ciò.

-Mi stai chiedendo scusa?- domandò con tono ironico.

Saul annuì. -Non volevo colpirti...-

-Non volevi colpire me- lo interruppe. -Hai quasi fatto fuori i miei compagni!-

-Avevo già assorbito fin troppe umiliazioni da loro-

-Oh, mio Dio! Ti sei sentito umiliato nel sentirti sputare in faccia la verità?-

-Come puoi pensare che quello che loro sostengono...-

-È la verità!- lo interruppe ancora, alzando la voce per sovrastare la sua.

Per la frazione di un secondo, pensò a quanto gli stesse risultando facile metterlo a tacere. Non era da lui, non era da Saul stare in silenzio e subire le parole altrui con tanta facilità. Forse era davvero pentito per averlo picchiato, ma di certo non bastava.

-Nella tua vita ti sei comportato da mostro più tu di quello che Reik è costretto a portarsi dentro! Tu hai scelto di agire in un determinato modo-

-Non sempre ho avuto facoltà di scelta-

-Invece sì! Hai scelto sempre in base al tuo dannato tornaconto! Per questo a volte hai scelto il bene, altre no!-

-Non è vero-

-È verissimo! Sei così chiuso ed egoista che forse neanche te ne rendi conto-

-Mi sono accorto benissimo, poco fa, che ti stavi mettendo in mezzo! Ho cercato di fermarmi, di moderare la forza...-

-Ma non ti sei fermato!-

-Ho provato a farlo, ma mi hai sorpreso e non sono riuscito...-

-Non fai mai nulla, nulla!- disse, alzando ancora la voce. -Se non per te stesso, per quelle che sono le tue stupide convinzioni. E obblighi gli altri a seguirti, come se la tua parola fosse l'unica giusta. Sei diventato capoclan solo per questo...-

-Ho ucciso Mandus solo per riavere te-

-No! Quella è stata una conseguenza. Hai fatto fuori Mandus per fare le cose a modo tuo anche dentro il Clan!-

Saul scosse la testa. -Ti sbagli. Io sarei rimasto al servizio di Mandus se lui non mi avesse ripagato di ogni cosa che ho subito per lui portandomi via te-

-Ti aveva fatto un favore- disse Abel e rabbrividì.

Aveva acquisito da suo padre pure lo stesso spaventoso modo di modulare le parole affinché diventassero taglienti come lame. Non era sufficiente aver ereditato il suo sorriso, no, ora doveva pure prendere coscienza del fatto di avere un'altra cosa di lui che faceva parte di sé, anche se non avrebbe mai voluto che ciò accadesse. Non gli piaceva, non gli piaceva per niente scoprire così tanto di lui in sé. -Ha ragione Reik quando dice che ti sei sempre vergognato di me-

-È una bugia!- tuonò Saul.

Abel rimase gelido, calmo. Tornò a toccarsi la pancia, mentre una fitta gli ricordava che era arrivato proprio il momento di porre un punto a quella storia. -Non hai mai accettato nulla di me. Hai sempre provato a cambiarmi. Mi hai ripreso con te solo perché, il fatto che Mandus mi avesse bandito dal Clan, era un torto che ti era stato fatto. Una mancanza di rispetto nei tuoi confronti. Mi hai ripreso nel Clan solo per dimostrare agli altri di essere il più forte, non perché sentissi la mancanza del tuo figlioletto nato difettoso-

Saul tacque. Il silenzio divenne più pesante di un macigno, del dolore allo stomaco. Ad Abel veniva da vomitare, si sentiva il volto accaldato, ma gli arti gelidi, le punte delle dita di mani e piedi indurite dal freddo e dal dolore che questo gli procurava. Non sapeva più distinguere da cosa queste sensazioni fossero suscitate, se dalle sue reali condizioni fisiche, oppure dal dispiacere immenso che quella situazione gli aveva aperto nel petto.
Guardare in faccia a tutto ciò che aveva sempre volutamente ignorato faceva male. Faceva molto più male di un pugno allo stomaco da parte di un licantropo.

Si morse un labbro. -Non hai nulla da dire, stavolta?-

Saul aprì le braccia. -Sei convinto di quello che dici. Lo sento. Che queste cose ti siano state inculcate dalle persone con cui hai scelto di stare sarà sempre un tarlo che mi perseguiterà...-

Pestò un piede a terra infastidito, e se ne pentì subito, percependo una fitta lancinante attaversargli in riflesso l'addome. -E tu continui a dimostrarmi di non avere alcuna stima di me!- disse con voce strozzata dal dolore. -Io ho una mia testa. Delle mie convinzioni. E sono le stesse che mi hanno fatto sempre scontrare con te anche prima di Florian e Reik-

-Florian rimane un burattino di Magda. Non ti ama davvero. E Reik rimane un poliziotto. Mannaro o no, ha una visione sociale diversa dalla nostra, non potrà mai capirti, accettarti davvero fino in fondo, così come non accetta se stesso, perché va contro quello in cui crede-

Abel schiuse le labbra in un'espressione di stupore. -Il tuo piano geniale per rimettere le cose al loro posto tra di noi è quello di distruggere l'idea che ho dei miei compagni?-

-Io non ho piani. Sei mio figlio e agisco solo per proteggerti...-

Abel trattenne le urla. Era stanco di urlare. Temeva che urlare gli avrebbe procurato altro dolore fisico, cominciava a sentir pulsare fastidiosamente parti del corpo che neanche aveva saputo di possedere fino a quel giorno.
E faceva tutto male.

Dannazione. -No. E ne sono convinto, ne sono sempre stato convinto- Saul scosse la testa. -E ora come ora, mi rendo conto di aver perso solo tempo dietro un uomo che per me non è mai stato padre e mai ha voluto esserlo-

Saul sgranò gli occhi. -Non è vero...- mormorò con un filo di voce e per un attimo Abel credette davvero di leggere in lui parte del suo stesso dolore emotivo.

Forse si trattava di speranza, la dannata speranza che mai moriva, e che gli faceva sperare che tutto potesse risolversi con un happy ending.

Non oggi.

-Non voglio vederti mai più. Non ti voglio più dentro la mia vita, neppure sullo sfondo. Devi sparire e sparire per sempre e per davvero- disse con un filo di voce, facendosi forza per completare quel discorso senza troppi tentennamenti, nonostante le lacrime che iniziavano ad annebbiargli la vista. -Io superò il lutto della tua perdita una volta e per tutte. E lo stesso dovrai fare tu-

Uscì dalla stanza che Saul era già andato via.
Sparito.
Risucchiato da un buco nero.
Qualsiasi fine avesse fatto, poco gli importava. Anzi, gli importava tantissimo e, molto stupidamente, sperava di non avergli spezzato il cuore – anche se era sicuro di averlo fatto.

Si dannava per la confusione che gli annebbiava i pensieri e che lo lasciava incerto se essere contento di aver rotto del tutto con Saul o disperarsi per aver perso suo padre.

Era stata una sua scelta, l'aveva sentita inevitabile: non cambiava il fatto che fossero sangue dello stesso sangue, ma Saul restava una persona tossica all'interno della sua vita – lo era sempre stato.

Allora perché fa così male?

Trovò Florian fasciato per buona parte del collo, petto e braccio sinistro. Sembrava una moderna mummia.

Sensuale. Le bende bianche spiccavano sulla pelle scura. Spostò lo sguardo su Reik e si accorse che lo stava fissando a sua volta. L'uomo scosse la testa.

-Avete sentito lo stesso, no?- chiese con tono ironico e nessuno dei due gli rispose.

-Come stai?- domandò Florian, alzandosi e andandogli incontro a braccia spalancate.

Abel si morse un labbro.

-Rimane un burattino di Magda, non ti ama davvero-

Possibile.

Ne era addirittura quasi certo, ormai.

Ha importanza?

Forse ne aveva. Aveva importanza che Florian fosse manovrato da Magda pure nei sentimenti che il vampiro sosteneva di nutrire per lui, certo, ma non gli importava. Anche a quel dettaglio, ormai, si era così rassegnato – seppure senza certezze – da aver deciso di cacciarlo in fondo alla sua personale Scala delle Priorità. Un gradino appena più su rispetto alle sue esigenze fisiche da essere umano.

Si lasciò abbracciare da lui. La sua pelle profumava di fragranze dalle vibrazioni selvagge, di bosco, di notte, di sangue, pioggia e nebbia. Eppure si sentì come avvolgere dal suo innaturale gelo, si sentì scaldare dalla sicurezza del suo corpo, dal senso di protezione che continuava a percepire quando lo abbracciava. Strofinò il naso al centro del suo petto, mentre qualcuno lo abbracciava da dietro, e il calore del corpo di Reik lo destabilizzò. Si sentì bruciare la pelle attraverso il tessuto dei vestiti; le braccia, le guance, la testa si ricoprirono di brividi. Sospirò e chiuse gli occhi, tentando di svuotare la mente e godersi il momento.

Reik gli baciò una porzione di collo esposta e Abel si sentì come sciogliere tra le loro braccia.

Sollevò il volto in cerca delle labbra di Florian.

-Florian rimane un burattino di Magda. Non ti ama davvero. E Reik rimane un poliziotto. Mannaro o no, ha una visione sociale diversa dalla nostra, non potrà mai capirti, accettarti davvero fino in fondo-

Vaffanculo.

E lo baciò.

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