DODICI
Quella sera, Abel decise di non recarsi al lavoro. Dormì, tentando di recuperare tutte le ore che aveva perso nelle ventiquattro precedenti.
Il giorno prima, un po' perché non aveva avuto voglia di restare a casa, un po' perché il suo vero lavoro era ancora una delle poche cose che lo aiutavano a distrarsi, aveva finito per recarsi al MoonClan, nonostante fosse il suo giorno libero.
In compenso, ne stava saltando uno ordinario per dormire.
Per sua fortuna, da quando Hauke aveva mollato il locale, questo era passato in mano sua.
Era bello essere il capo di se stessi ed essere un capo anarchico.
E fare il cazzo che voleva quando voleva, senza dover dare conto a nessuno delle proprie decisioni.
Magari fosse così semplice anche per il resto delle cose.
Forse avevano ragione i suoi amanti: se avesse continuato di quel passo, come minimo, ci sarebbe rimasto secco.
Abbandonò quei pensieri che sapevano ancora di sogni e si risvegliò, scoprendo di essere da solo nel letto. Si girò da una parte e dall'altra, indispettito dal fatto proprio di essere solo. Viveva con due uomini, e a nessuno dei due pareva essere passato per la testa che avrebbe preferito svegliarsi con almeno uno di loro al proprio fianco.
Inaudito.
Sbuffò e si tirò a sedere. La prima cosa che fece fu allungare una mano verso il comodino di destra, dove era solito tenere il proprio cellulare. Quando non lo trovò, rammentò della triste fine fatta dall'apparecchio. Subito dopo, però, notò una scatola vicina l'abat jour e la prese tra le mani, leggendo, sul post-it che vi era stato applicato, il suo stesso nome. Aggrottò la fronte.
Post-it.
Come quelli che aveva visto rivestire la superficie della lavagna nella baita.
Fece una smorfia e aprì la scatola, sgranando gli occhi nel trovarvi dentro un cellulare nuovo.
Si alzò di corsa dal letto, precipitandosi nell'altra stanza. -E questo?- chiese di getto, facendo sussultare Reik.
L'uomo si volse nella sua direzione e gli sorrise. -Credevi davvero di poter sfuggire ai nostri tentativi di controllo?-
Abel ridacchiò e scosse la testa. -Questa storia che state cominciando a parlare al plurale è inquietante-
-Siamo due. È normale-
Si sentì arrossire e si morse un labbro, fuggendo dal suo sguardo. -Tanto non riuscirete mai a controllarmi!-
-Non ne dubito e neanche lo vogliamo. Ma se sparisci di nuovo per ore, vedi di mandare almeno un messaggio-
-Lo farò presente al mio prossimo rapitore-
Reik gli rivolse un'occhiataccia, aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi parve ripensarci. Si morse un labbro e tacque.
Abel si strinse nelle spalle. -Florian?- chiese mentre gli si faceva vicino, muovendosi cauto.
-È uscito-
-Dove è andato?-
-Esce spesso, non sempre mi dice dove va. L'ultima volta è andato a comprarti quello- disse indicando il cellulare che Abel stava posando sul tavolo. -Magari ora sarà andato a... caccia-
Abel deglutì sonoramente e si mosse ancora verso di lui, fissandogli le mani abbandonate in grembo. Seguì con lo sguardo le venature che si intravedevano sotto pelle, il disegno delle dita, sentendosi rabbrividire.
Non sapeva neppure lui perché si stesse comportando a quel modo.
Forse perché si sentiva un pizzico a disagio nel sentirsi ricordare, con tanta frequenza, che teneva i piedi in una relazione con due persone contemporaneamente – non c'era nulla di male, lo sapeva, anzi: ne era convinto. Era proprio il fatto che altri glielo ricordassero di continuo a suscitargli fastidio.
Forse perché ricevere un regalo lo faceva sentire ancora in difetto, esattamente come quando era bambino, e tutto quello che gli veniva donato gli sembrava superfluo, dato che era consapevole di dover essere già grato alla sua famiglia per averlo adottato.
Poi aveva scoperto di essere figlio naturale di Gesche e Saul, ma questa era un'altra storia.
Forse lo metteva a disagio il fatto che, parlando al plurale, Reik includesse Florian anche se Florian, in quel momento, non era lì con loro?
Si sentiva giudicato e non andava bene.
Non da Reik nello specifico, ma il suo cervello aveva già iniziato a viaggiare alla velocità della luce, coinvolgendo tutto all'interno della sua centrifuga emotiva.
Il suo modo di amare era sicuramente diverso da quello di altri, ma era, appunto, il suo modo di amare. Non pretendeva che il resto del mondo condividesse la sua visione dell'amore, né che l'accettasse senza alcuna riserva.
Non era così arrogante.
Voleva solo essere lasciato in pace, essere davvero libero. Anche di amare due uomini contemporaneamente senza doverne dare conto a nessun altro al di fuori di se stesso.
Florian, si disse e un sospiro tremulo si fece strada tra le sue labbra, mentre socchiudeva gli occhi. Inutile girarci ancora attorno. No, aspetta! Mi piace soltanto. È un amante incredibile. È diventato un figo pazzesco! Sono stato sedotto... nel senso che piace e basta.
Si prese la testa tra le mani e la scosse, sentendosi confuso.
O forse – con più probabilità – non aveva ancora rinchiuso del tutto, dentro la propria mente, il ricordo di Reik in versione mannaro, che tanto lo aveva sconvolto nella baita. Si sentiva ancora sconvolto. E trovarsi da solo con lui gli suscitava un pizzico di paura.
Idiota.
-Grazie- mormorò e sedette sulle sue ginocchia.
-Sei teso- notò l'uomo e Abel nascose il viso nell'incavo del suo collo. -Tutto bene?-
-Mi mette a disagio ricevere regali-
-Perché? E poi ne avevi bisogno...-
-Sì- lo interruppe, giocherellando con il lobo di un suo orecchio. -Perché tutto quello che mi date è già tanto, ricevere pure dei regali mi fa sentire in difetto-
-Addirittura!-
-Beh, sì. Un po' come se ricevessi troppo e non ricambiassi abbastanza-
Reik gli prese il volto tra le mani e lo costrinse a guardarlo in viso. Abel sorrise teso e tornò a mordersi un labbro.
-Sei serio- disse l'uomo con stupore. -Parli sul serio. Come se davvero tu non avessi mai fatto nulla per noi-
-Non ho detto questo, dico solo che, in confronto a voi, forse non faccio abbastanza-
-A parte amarci, proteggerci, accettarci, farci vivere tutti sotto lo stesso tetto?-
-La tua vecchia casa era orribile-
-Era deliziosa, ma non potevo, per contratto, portarci a vivere nessuno, neppure i miei... infermieri personali-
-Florian è stato sicuramente un infermiere più bravo e presente di me-
-Sei l'anello che unisce me e Florian. E non mi hai abbandonato nemmeno dopo il Kalmenhof-
-Non avrei mai potuto farlo...! Mica sono un vero infermiere! Sei il mio amante...!-
-Non potevi o non volevi?-
Reik lo fissò con estrema intensità e Abel rabbrividì. -Non avrei mai potuto perché non volevo assolutamente perderti- e nel dire ciò, percepì come un peso sciogliersi nel cuore, alleggerendo i pensieri, chiudendo i ricordi in fondo alla mente.
Gli accarezzò la montatura degli occhiali, scendendo su uno zigomo, sulle labbra. Restò con le dita su di esse, palpandole piano, desideroso di azzerare la distanza fisica ed emotiva che li aveva tenuti separati nell'ultimo periodo.
-Potrei non tornare più l'uomo che ero- mormorò Reik.
Abel sollevò gli occhi a incontrare i suoi. -Ti amerei lo stesso-
-Non puoi esserne sicuro-
-Lo sono-
-E staresti davvero con uno come me, per sempre, privandoti...-
-Di cosa?- lo interruppe. -Di cosa dovrei privarmi? Di fare una corsa con te in giro per Idstein? Pure i muri sanno quanto io sia pigro, correre non fa per me-
-Abel...-
-Sono serio-
-Però insisti con il discorso della fisioterapia. Non è un controsenso?-
-Il fatto che voglia che tu ti curi non mi pare affatto un controsenso. Ti amo, voglio il meglio per te. E se c'è la speranza che tu possa tornare alla tua vecchia vita...-
-Appunto. La speranza. Ma se poi, curandomi, scoprissi che non c'è speranza?-
-Preferisci tenerti il dubbio?-
Reik abbassò lo sguardo sul suo petto e Abel gli baciò la fronte. -Neanche la mia maledizione può aiutarmi. È l'umano che si è rotto, non il mostro-
-Sei ancora qui. È quello che conta-
-E se non potessi più aggiustarmi? Non voglio false speranze. Anche se capisco che, detta così, può sembrare un motivo stupido per cui decidere di non fare fisioterapia-
Sorrise. -No. Lo capisco. È la tua vita, e qualsiasi decisione prenderai, per me andrà bene. Finché mi terrai con te, mi andrà bene-
-Hai paura che possa utilizzarla come scusa per mollarti?- Abel si morse un labbro. Annuì. -Cretino-
Tornò a prendere il suo volto tra le mani e pose fine alla distanza fisica tra le loro labbra. Abel sospirò, accarezzando la sua pelle con il proprio fiato. Schiuse le labbra e subito si sentì divorare dall'esigenza dell'altro.
Brividi bollenti rivestirono il suo corpo come una calda coperta, mentre questo reagiva di istinto, protendendosi verso di lui, come se fosse disposto a staccarsi dalle ossa per raggiungerlo più velocemente.
Un bisogno primordiale di ricongiungersi con lui.
Appartenergli.
Perché solo così era certo che avrebbe ritrovato se stesso, quella parte di sé, che vagava colma di confusione e paura da quando Reik aveva preso le distanze da lui.
Non paura di Reik, ma paura per Reik.
Lo comprese in quell'istante.
Paura di perderlo.
"Delegare" Florian non era servito proprio per il fatto che Florian non era Reik. E anche se aveva uno, questo non era in grado di sopperire alla mancanza dell'altro.
Reik tremava e Abel lo trovò adorabile nella sua tensione sessuale colma di timore. Gli sfilò la maglia del pigiama, mentre sedeva a cavalcioni su di lui e lo guardava dall'alto negli occhi, dalle incantevoli iridi celesti, pieni di emozioni contrastanti.
Tornò a baciarlo e prese a strusciarsi contro di lui. Le mani di Reik finirono sul suo fondoschiena, mentre una di quelle di Abel scendeva sul suo petto, facendosi strada con bramosia verso il cavallo dei suoi pantaloni.
Lo voleva.
Lo pretendeva.
Un desiderio accecante, totalizzante, soverchiante.
Reik.
Solo lui poteva saziare quel suo particolare bisogno.
Bisogno di Reik.
Rimosse la maglia del suo pigiama e la propria, per poi aiutarlo ad abbassarsi i pantaloni sulle cosce. Sì, era difficile muoversi in quel modo, ma Abel era certo che fosse solo questione di tempo: con la pratica sarebbero stati in grado di demolire ogni ostacolo.
-Amore mio...- soffiò Reik in un suo orecchio e Abel si morse un labbro, accogliendo il suo sesso dentro di sé.
Lo abbracciò e gli baciò una guancia, scoprendola umida di lacrime.
-Ti amo- sussurrò sulle sue labbra e prese a muoversi sopra di lui con più intensità, mozzandogli le parole in gola.
I respiri di Reik si trasformarono presto in ansiti tremuli, gemiti, melodie incantevoli per le sue orecchie.
Sempre con più foga.
Travolto da sentimenti potenti come uragani.
Fare l'amore con il corpo e l'anima.
Totalmente esposto.
Non si era mai donato a nessuno con la stessa, completa abnegazione.
Si sentiva traboccare di felicità, ogni timore per il mostro, annidato nel petto del suo amante, totalmente dissolta.
Reik gli baciò una spalla, scese sul suo petto, prendendogli un capezzolo tra di denti, poi si spostò su un braccio e morse, soffocando un urlo. Abel lo percepì raggiungere il proprio appagamento dentro di sé. Mesi di privazioni esplosero in pochi istanti, liberandolo, e lui era entusiasta di essere la sua valvola di sfogo, il mezzo che lo aveva aiutato a ritrovare se stesso nella propria intimità.
Prese a toccarsi. Gli mordicchiò un orecchio, lo spinse a girarsi verso di lui e si appropriò di nuovo della sua bocca, mentre la mano di Reik copriva e poi sostituiva la sua sul suo sesso. Abel fremette e si protese in avanti, appoggiando la fronte contro la sua, ansimando il suo nome, e fu travolto dall'orgasmo.
-Ti amo- mormorò Reik con voce incerta, colma di emozione.
Abel socchiuse gli occhi e sorrise.
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