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TRENTAQUATTRO

-Rilassati-

-Come cazzo faccio a rilassarmi se...!- Abel sussultò, mentre Reik mordeva un piccola porzione di pelle vicinissima al suo ombelico.

-Rilassati- ribadì l'uomo e sorrise, soffiando un po' di fiato sulla sua pelle umida, facendolo rabbrividire.

-Non riesco a rilassarmi. Troppi pensieri- disse, sbuffando, indispettito da se stesso e dalla propria stupidità.

Com'era possibile che non riuscisse a concentrarsi abbastanza su Reik, sul suo corpo nudo, sopra di sé, sulla situazione eccitante che stava vivendo in quel preciso istante?

Hauke.

Saul.

Rudi.

L'A.S.S.S.

La Legge che non c'è più.

I neuroni della popolazione spariti con la Legge.

Il caso.

Abel si batté entrambe le mani sul viso.
Doveva spostare la propria attenzione su altro, altrimenti rischiava di smontare persino quel poco di tensione sessuale che era riuscito ad accumulare.

-Rilassati- sussurrò ancora Reik e gli baciò la pancia, scendendo piano sotto l'ombelico, costellando la sua pelle di tante piccole carezze a fior di labbra.

Lo osservò mentre si sollevava su un gomito, sorrideva ancora, prendeva il suo sesso in una mano, iniziando a massaggiarlo. Abel deglutì e si lasciò sfuggire un sospiro. Reik sostituì la bocca alla mano e lui riuscì a trattenere a stento un urlo.

Non era rilassato per niente.

Chiuse gli occhi e strinse tra le dita il lenzuolo sotto di sé.

No. Continuava a essere per nulla rilassato.

Il suo cuore, però, iniziò a battere più velocemente, mentre le labbra e la lingua di Reik, con estrema pazienza, continuavano a muoversi sulla sua carne. Abel percepì un brivido caldo attraversargli il corpo, arrivando fino alle tempie. Aprì di più le gambe e lasciò andare il lenzuolo, allungando le braccia nella direzione del suo amante. Schiuse gli occhi e prese ad accarezzargli i capelli. Reik ricambiò il suo sguardo e Abel ansimò.

C'era così tanto, in quello sguardo.
Una passione febbricitante.
Tensione.
Desiderio.
Ebbe un sussulto, mentre l'altro aumentava il ritmo del suo gioco di suzione e percepì pure i muscoli sciogliersi, come se il suo intero corpo si stesse abbandonando alle carezze del suo amante. Comprese in quell'istante che tutte le emozioni che aveva scorto nel suo sguardo erano riflesso delle proprie. La mente si era svuotata, lasciando spazio solo a Reik.

Reik.

Reik che, no, non gli suscitava alcuna paura.

Reik che si trovava sopra di lui, stando attento a non schiacciarlo, con i muscoli di spalle e braccia che si muovevano sotto pelle.

La tensione del collo, la presa ferrea delle mani sui suoi fianchi. Le labbra, il profilo del suo naso e gli occhi carichi di una passione mozzafiato.

Si sentì scuotere nel profondo e tentò di allontanarlo da sé, ma la voce gli venne meno, si spezzò in gola, insieme al respiro. Si morse un labbro e chiuse gli occhi, mentre veniva sconvolto dall'orgasmo.

Ansimò stupito e percepì la presenza dell'altro vicino a sé. Quando riaprì gli occhi, infatti, se lo trovò disteso accanto, un suo braccio intorno alla vita, intento ad osservarlo con sguardo sognante.

-E tu?- chiese con voce tremula.

Reik sorrise. -Chi ha detto che abbiamo finito?-

Abel aggrottò la fronte. -Non credo di avere tutto questo tempo-

-Dovresti smetterla di corrucciarti così. Ti verranno le rughe- disse l'uomo, accarezzandogli con un dito la porzione di pelle tra le sopracciglia.

-Sono troppo affascinante e quindi allergico alle rughe-

Reik rise. -Sei davvero troppo affascinante-

-Troppo?- domandò Abel, con voce tesa. Gli parve di leggere – in quelle sue parole – qualcosa di non detto. Qualcosa di spiacevole. -Avevi detto che andava bene. Che io fossi così come sono, intendo. In venti minuti hai già cambiato idea?-

-No. Per niente. Capisco da me che sei troppo affascinante e che uno solo, uno come me, non ti può bastare-

Abel tornò ad aggrottare la fronte. Si tirò a sedere e torse il busto, incombendo su di lui, ancora disteso. I suoi lunghi capelli – sciolti, come raramente li lasciava – accarezzarono le spalle di Reik e notò la sua pelle ricoprirsi di brividi. Gli sfiorò un braccio in punta di dita, fissandolo dritto negli occhi celesti.

Non gli piacevano gli occhi di colori chiari. Lui per primo li aveva di un azzurro così chiaro che, ogni volta che si specchiava, i suoi occhi risaltavano subito nel viso, come due lampadine accese. Due lampadine accese a ricordargli che no, non assomigliava neppure in quello ai suoi familiari, non era possibile neppure in quello ingannare la realtà. Avrebbe potuto avere dei comuni occhi castani, magari di un castano miele come quelli di Saul. Invece no. E non erano neppure castani tanto scuri, colmi di riflessi rossi, perché non era di certo albino – nonostante la sua pelle fosse di un bianco abbacinante – e non era di certo neppure figlio di Gesche.
Odiava gli occhi di colori chiari. Odiava i propri occhi, eppure si sentiva stregato da quelli di Reik.

-Uno come te mi basta. Mi basti tu. Perché sei tu e sei insostituibile- lo sguardo di Reik ebbe un fremito e Abel comprese di non essersi spiegato affatto. Si distese sopra di lui e l'altro lo accolse subito tra le proprie braccia, stringendolo a sé. -Quando sto con te non sento la mancanza degli altri. Non penso ad Hauke, men che mai a Florian. Penso a te. Sono con te, mi basti tu-

-Ma prima...-

-Io sono fatto così. Non c'è molto altro da aggiungere-

-Quindi non mi vuoi condividere con loro?-

Abel ridacchiò. -Tu vorresti?-

-No-

-Bene. Anche perché non credo proprio che ci sia questo pericolo. Almeno, non con Hauke. Però voglio essere libero di frequentare chi voglio. Non voglio, e per come sono fatto, non posso proprio concepire l'idea di una relazione come la intende il resto del mondo-

-Va bene- mormorò Reik. -Questo l'ho capito. Posso accettarlo. Ma se trovassi qualcun altro anch'io?-

-Mi basterebbe che tu non mi escludessi dalla tua vita- Abel tremò e nascose il viso nell'incavo del suo collo. -Sto già rischiando di perdere Hauke- disse e la sua voce si incrinò.

-Non lo perderai. Ti ho fatto una promessa-

-Non voglio perdere anche te-

-Non accadrà-

Abel annuì e si accoccolò di più contro di lui. -Sono troppo appiccicoso?- chiese con un filo di voce, e il punto di domanda risultò così incerto da rendere la sua frase quasi un'affermazione.

Reik tornò ad accarezzargli i capelli. -Sei una persona sola e ferita-

Prima ancora di riuscire ad accorgersene, Abel stava già piangendo. Reik era stato in grado di toccare la ferita più profonda della sua anima, con poche parole, con una semplicità disarmante. Aveva letto il suo cuore in un modo che nessun altro prima era riuscito a fare.

-Forse è per questo che mi innamoro così facilmente delle persone che sono gentili con me-

-Forse, ma se fosse davvero così si potrebbe pensare che i tuoi amori non siano veri amori. Solo un disperato tentativo di legarti a qualcuno-

Le lacrime gli annebbiarono completamente la vista. Abel si sentiva così vulnerabile e scoperto che iniziò a provare paura. Era davvero terrorizzato dalle parole che avrebbe potuto udire dal suo amante. Le stesse che aveva gelosamente custodito dentro di sé per anni, negandole quando si era sentito troppo debole per affrontarle. Quelle che aveva già sentito lo stavano devastando emotivamente. Come se qualcuno avesse di colpo scoperchiato il suo personalissimo Vaso di Pandora del dolore.
E quel qualcuno era Reik.

Nonostante tutto, però, la consapevolezza di ciò lo fece sentire ancora più legato a lui, come se i fili delle loro vite si stessero intrecciando inesorabilmente e per la promessa di un tempo che sapeva di infinito.

-Se fosse davvero così?-

-Lo credi? Credi che quello che provi per me non sia un sentimento sincero?-

-Sono innamorato di te- disse Abel con voce risoluta, lasciando andare un lungo sospiro, nel tentativo di calmare il tremore della propria voce. -Te l'ho detto: non ti sostituirei con nessuno e non voglio assolutamente perderti-

-Anche se ti faccio paura-

-Anche se il mannaro dentro di te mi fa paura-

Abel lo percepì sorridere contro la propria fronte, che poi baciò, coccolandolo con un altro abbraccio. Ed era sempre più bello sentirsi al sicuro, protetto dai mali del mondo, tra la sue braccia. E sentirsi così compreso, eppure accolto, accettato, malgrado tutto quello che gli aveva rivelato di sé.

Non era la prima volta che intrecciava una relazione con qualcuno, una relazione come lui la concepiva e come – troppo spesso – gli altri avevano tacciato come qualcosa di sbagliato.
Assolutamente sbagliato.
Perverso.
Era proprio l'accusa che gli era stata rivolta da uno dei suoi ex – dal suo ex, quello importante, quello dei tempi delle scuole, quello dei tempi dei primi amori al di fuori di Hauke.
Altri tempi. Per fortuna, tempi molto lontani. Tanto lontani da essersi quasi del tutto sbiaditi tra i suoi ricordi.

Suonarono al campanello di casa, spezzando l'incanto del momento. Abel imprecò e fu fuori dal letto in mezzo secondo. Reik sollevò un sopracciglio con fare scettico, recuperò gli occhiali da sopra il comodino alla propria destra e li indossò, senza togliersi dal viso quella sua espressione ironica.
Abel si vide squadrare da capo a piedi e tremò, ricordandosi in quel momento di essere nudo. E no, la nudità fuori dal sesso, per gli umani, non era una cosa propriamente normale.
Dannazione.

Indossò i primi indumenti che riuscì a recuperare dal pavimento e corse in direzione dell'ingresso. Magari, chi aveva suonato, era qualcuno che stava per portargli buone notizie riguardo ad Hauke – oppure il suo cadavere ridotto in cenere dentro un vasetto.

Sempre positivo, Abel, sempre positivo. Che tanto le disgrazie ti schifano proprio...

Imprecò e accelerò il passo e spalancò l'uscio senza darsi il tempo di guardare dallo spioncino.
In mutande e pullover del suo amante.
Forse avevano abolito l'utilizzo dei pantaloni. O forse glieli aveva rubati tutti un unicorno di passaggio. Certo era che – se ne rese conto in quel momento – tutte le maggiori figure di merda che stava collezionando negli ultimi giorni lo sorprendevano sempre in mutande.

-Abel!- lo ammonì Reik, urlando dalla camera da letto, ma lui si trovava già faccia a faccia con il suo improvviso ospite.

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