Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

SEI

Abel rientrò a casa che si era già fatto buio. Aveva iniziato a nevicare praticamente appena aveva messo piede fuori dalla Stazione di Polizia.

Adorava la neve, eppure, quella sera, mentre percorreva a piedi il tragitto verso casa, non fu in grado di godersi neppure il più piccolo fiocco.

Varcare la soglia del proprio appartamento, poi, trovandolo – ovviamente – silenzioso e al buio, gli mise addosso ancora piu tristezza.

Aveva trascorso buona parte della propria infanzia in mezzo al caos. Con Mama Gesche che accoglieva in casa tutti i piccoli del Clan, durante le ore in cui si improvvisava babysitter-insegnante-mamma di tutti-pasticciera provetta.
Gli mancava quel tipo di caos.

Dopo un anno di solitudine non si era ancora abituato a tornare dentro una casa vuota. Nel giro di un paio di ore si sarebbe dovuto recare al MoonClan. Lavorare, incontrare Hauke, aggiornarlo sulle novità dopo la giornata che si era appena lasciato alle spalle, non gli andava proprio.

Sicuramente Hauke si sarebbe arrabbiato. Immaginava già che sarebbe andato in escandescenze appena avrebbe saputo cosa gli era toccato fare. Si sarebbe preoccupato per lui. Magari si sarebbe persino sentito in colpa per non averlo protetto abbastanza.

Gli sembrava tutto troppo surreale, egoistico.

Surreale essersi dovuto presentare sulla scena di un crimine.

Ed erano egoiste le persone che ce lo avevano costretto.

Egoista pure Hauke che avrebbe pensato – sicuro – più al proprio fallimento e alla promessa fatta a Saul, che al suo reale stato di salute mentale.

Abel fece una smorfia e si mosse a tentoni nel buio. Si tolse il cappotto, abbandonandolo sul divano.

Andassero tutti a farsi fottere.

Si sfilò il maglione passando in camera da letto, lanciandolo – presumibilmente – sul piumone. Entrò in bagno, accese la luce e iniziò a riempire la vasca.

Percepiva proprio come un'urgenza il lavarsi di dosso gli avvenimenti di quel giorno. Via tutti i pensieri.

Nel frattempo, tornò sui propri passi e si diresse in cucina, con l'intenzione di farsi un caffè e compensare quelli che aveva vomitato.

Mise piede nella stanza.

Accese la luce.

Urlò.

-Ma ti sei ammattito?-

-Io?!- gridò esterrefatto. -Che cazzo ci fai al buio nella mia cucina! Che cazzo ci fai nella mia cucina!- urlò così forte che le corde vocali cominciarono a protestare. -Che cazzo ci fai qui!-

-Smettila di urlare!- disse l'uomo, alzandosi di scatto dallo sgabello che aveva occupato, protendendosi verso di lui.

Istintivamente, Abel fece un passo indietro. Si irrigidì. L'altro se ne accorse, aggrottò la fronte e rimase dov'era, in piedi, poco distante da lui. Abbastanza distante, però, da non farlo più sentire troppo minacciato dalla propria presenza.

Abel lo fissò per qualche secondo, stentando a credere ai propri occhi.

Furioso.

Spaventato.

Incazzato.

-È un anno che non ho tue notizie- sibilò in preda a una rabbia cocente.

Saul si strinse nelle ampie spalle e scrollò la testa. -Dovevi aspettartelo che sarebbe finita così-

-Ah. Perché, è finita?-

-Sai che intendo dire-

-No, che non lo so-

-Non potevamo rischiare nessun contatto-

-Quindi è finita in questo senso? Mi hai tagliato fuori e basta?-

-Non ti ho tagliato fuori per niente. Ti ho lasciato con Hauke-

Abel sbuffò e si fiondò in direzione della macchinetta del caffè. Poi si ricordò di avere lasciato l'acqua aperta in bagno. Imprecò, corse a chiuderla e tornò al suo caffè, dando le spalle al suo inatteso – e poco gradito – ospite. -I falò non ti fanno più paura?- domandò e non gli necessitava affatto guardarlo in viso per sapere che gli stava rifilando uno di quei suoi sguardi intimidatori. Non come quello del Commissario Krause, ma uno sguardo minaccioso e spaventoso per davvero.

-Ormai ho fatto amicizia con il fuoco- ribatté Saul e allungò un braccio, avvicinandosi tanto che Abel riuscì a percepire il suo calore contro le spalle.

Di sfuggita gli guardò il braccio sinistro, che aveva proteso nella sua direzione, notando le cicatrici ancora rossastre e gonfie che il fuoco gli aveva lasciato sulla pelle un anno prima.

-Wow. Impressionante- disse senza alcuna emozione e tornò al caffè. -Dovresti provare con impacchi di terra. Magari guariscono prima-

-Solo nel Medioevo potevano credere a queste cazzate-

-Che gente ignorante-

-Lo sai anche tu. Da quando ti sei ammattito tanto da metterti a fare impacchi di terra?-

-Da quando l'idea di una bella infezione al tuo povero, poverissimo braccio martoriato, mi si manifesta davanti agli occhi come una punizione spettacolare- disse accompagnando le sue parole con i teatrali gesti di una mano.

-Sei arrabbiato così tanto da non riuscire a essere empatico neppure per la sorte che mi è toccata?-

Abel sbuffò e si girò per fronteggiarlo.
Anche se fronteggiarlo, in quel caso, era una parola poco precisa.

Alzò la testa e fece un passo indietro, reclinando il collo. Saul incombeva su di lui con la sua stazza da super energumeno. Nell'insieme faceva proprio paura con tutti i suoi tatuaggi sul collo, sull'avambraccio destro, le cicatrici sul sinistro. Quest'ultimi scoperti perché aveva tirato le maniche della maglietta fino ai gomiti. Sentiva sempre caldo, lui, anche quando il termometro segnava meno venti gradi. Un altro motivo per cui disprezzarlo, sicuramente.

Accarezzò con lo sguardo i lineamenti del suo volto che, in un anno, pareva essere rimasto immutato. La cicatrice che gli attraversava metà viso restava esattamente dove ricordava essere stata in passato. Persino i suoi capelli parevano brizzolati come ricordava. Pure il taglio sembrava non avere subito modifiche.
Tutto proprio come lo ricordava.

E quella era senza ombra di dubbio una qualche forma di ingiustizia divina.

-Sei davvero arrabbiato- sussurrò Saul e Abel tornò a dargli le spalle.

Sbuffò irritato: odiava fidarsi tanto di lui.
Di lui che era fisicamente tanto spaventoso.
Di lui che era stato così stronzo da averlo mollato ad Hauke.
Di lui che l'aveva preso con sé quando Abel era stato un bambino, ma che non l'aveva mai trattato come uno di famiglia.

Di lui, Abel si fidava.
E continuava a vederlo come il padre più incredibile del mondo.

Anche se Saul non si era mai sentito padre suo neanche per un instante, in passato.

-Perché sei qui? La Legge non è ancora stata abrogata. L'A.S.S.S. credo che tenga ancora viva la fiamma del falò destinato a te-

-Mi ha contattato Hauke-

Ovvio.

Scontato.

L'aveva intuito nell'istante stesso in cui aveva compreso che no, non si trattava di un ladro, di un aggressore: l'uomo al buio nella sua cucina era proprio Saul.

Sicuro l'ha chiamato Hauke era stato il suo primo pensiero, ma si era rifiutato di formularlo persino dentro la propria mente. Gli faceva troppa rabbia anche prendere lontanamente in considerazione che Saul avesse tranciato, nell'ultimo anno, ogni tipo di rapporto con lui. Solo con lui. Mentre con gli altri del Clan rimasti a Idestein – magari non solo con Hauke – aveva continuato a scambiarsi piccioni viaggiatori. Chissà.

-Ti sei tenuto in contatto con Hauke?- chiese con un filo di voce.

-Sì-

Tornò a girarsi e a fissarlo dal basso, rigirandosi tra le mani una tazza colma di caffè fumante. Ne prese un paio di sorsi, reprimendo l'impulso di rovesciargliela addosso.

-E se nel frattempo avessero giustiziato me? Saresti almeno venuto al mio funerale?- domandò.

Saul aggrottò la fronte ancora e il suo viso assunse un'espressione inquietante. -Tu eri al sicuro...-

-Parli al passato- lo interruppe.

-Perché eri al sicuro. In mano di Hauke. Ma hai dovuto per forza fare una delle tue solite cazzate da umano e cacciarti nei casini-

-Le mie cazzate da umano?!- esclamò Abel, sempre più furioso.

-Non ci sono piani, congetture, giochi e doppi giochi. Collabori con le Forze dell'Ordine e, per estensione, collabori con l'A.S.S.S. e se lavori con loro contro di noi, non puoi più essere con noi-

-Io sono stato obbligato...!-

-Nessuno ti ha obbligato-

-Sanno dove ti nascondi. Sanno di Hauke! Sono stato obbligato ad accettare per proteggere voi-

-Ma noi non abbiamo bisogno di essere protetti da te-

Abel si morse un labbro. Poggiò la tazza alle proprie spalle, sul bancone da lavoro della cucina.

Incrociò le braccia sul petto.

Si sentiva oscillare tra rabbia e delusione.

Nell'incertezza, gli assestò un calcio.

Con forza. Sotto al ginocchio sinistro.
Saul aggrottò la fronte. Non diede nessun altro segno di aver subito il colpo.

-Sei ingiusto-

-No, sono obiettivo-

-Parlavo del calcio che ti ho dato- borbottò rassegnato.

Saul sorrise e la cicatrice gli deformò metà viso, donandogli un aspetto più raccapricciante del solito. Anche se ad Abel risultò così familiare da scaldargli il petto.

Doveva avere decisamente qualcosa che non andava per sentirsi rincuorato dal sorriso di uno come Saul. Ma quello che lo fregava era proprio che, a uno come Saul, lui voleva bene davvero.
Sospirò e scrollò le spalle.

Saul gli passò una mano sotto il mento, con l'altra gli mise una ciocca di capelli dietro un orecchio, liberandogli il viso.
-Mi hai fatto male al ginocchio- disse.

Abel scoppiò a ridere. -Ti ho colpito sotto al ginocchio-

-Fa lo stesso-

-Sì, penso di sì-

Saul allargò le braccia e attese. Abel sbuffò, sentendosi già sconfitto. Si fece abbracciare, anche se rifiutò con tutto se stesso di cedere all'impulso di ricambiarlo.
In qualche modo doveva pur punirlo per essere tanto stronzo.

-Non mi piace questa storia-

-Arrivi tardi. La paternale me l'ha già fatta Hauke-

-Già-

Si scostò da lui e prese a preparare un altro caffè. Sempre per se stesso perché non voleva assolutamente offrirne a Saul. Anche quella era una punizione.
Per averlo lasciato solo.
Per averlo spaventato.
Il caffè era caffè.
Non si offriva agli ospiti poco graditi. Era un messaggio universale. Anche se non era del tutto certo che Saul avrebbe afferrato i suoi eleganti tentativi di mandargli messaggi subliminali.

-Ammetto che capisco poco di cose come questa. Non le concepisco proprio. Avrei preferito che venissero ad attaccarci direttamente-

-Così li avresti fatti a pezzi e fine- lo interruppe Abel, mentre riempiva il proprio stomaco con nuovo caffè. -Non possono permettersi uno scontro diretto. Stanno cercando di giocare d'astuzia. Perché? Non lo so ancora-

-Per questo hai accettato?-

-Ovvio, no? Ha ragione Hauke. Qualcosa dovrò pur inventarmi per far sì che si fidino di me, ma delle conseguenze te ne occuperai tu-

-Ma grazie...-

-Prego. E stai lontano dai falò-

-Abel...-

-Sì, papà?-

Saul sussultò.
Abel nascose un sorriso dietro la tazza che teneva tra le mani. -Agli umani e alle loro vere intenzioni, invece, ci penserò io-

-E in cambio che ti aspetti?-

-Sono troppo umano per aspettarmi qualcosa da un lupo- e gli assestò un altro calcio.

Così, per dispetto. E dentro di sé esultò per essere riuscito a nascondergli i suoi perché.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro