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Aiden

I suoi occhi velati di lacrime mi fanno male.

Sono un totale coglione.

Non posso incolpare questa ragazza per riuscire a farmi provare dei sentimenti che non ricordavo più, e non mi sembra di essere bravo a reprimerli, non se lei è nei paraggi.
Mi sembra che il destino voglia divertirsi con me mettendola sulla mia strada talmente spesso da far diventare i nostri incontri quasi la normalità.

Ahimè, ne sono felice, ma al contempo, tutto questo è la mia rovina.

Mi ritrovo costantemente a combattere contro i miei istinti, perdendo il più delle volte, perché è inutile continuare a ripetermi di starle lontano, di non toccarla, di non desiderarla, finisco per fare l’esatto opposto.
Forse dovrei abbandonarmi a queste emozioni e a questi desideri, giusto per vedere dove tutto questo mi porterebbe.
Magari ha ragione Brian, lei potrebbe essere la mia salvezza, magari è stata proprio Susanne a mandare questa ragazza nella mia vita.

Di certo non approverebbe la mia condotta dopo la sua morte, sono passato da periodi in cui scacciavo tutti e mi chiudevo in casa,a periodi in cui mi imbottivo di sonniferi con la speranza di vedere la mia amata almeno in sogno, poi è arrivato il periodo in cui scopavo ogni essere umano provvisto di vagina, con la speranza di riuscire a provare ancora qualcosa, qualunque cosa, almeno in quei pochi minuti.

Perché lo sfogo sessuale dura poco, non ti interessa dei preliminari, non ti interessa dell’altra persona.

Chi l’avrebbe mai detto che serviva solo incontrare gli occhi tristi di una ragazza in riva all’oceano.
Da quella mattina è cambiato tutto, che io lo ammetta ad alta voce o meno.

Sto letteralmente impazzendo a tenerla lontana, a voler reprimere tutto e sto impazzendo a non riuscirci, a non voler riuscirci, so che devo lasciarla andare, ma mi ritrovo sempre qui, come se fosse un appuntamento con il destino, un appuntamento con lei.

Con uno strattone mi obbliga a lasciare il suo braccio, lo sguardo diventa duro e mi gira le spalle, iniziando ad incamminarsi di nuovo verso il locale, so che mi merito questo atteggiamento e mi odio per ciò che ho detto, ma deve perdonarmi.
“Violet, ti prego, io non sono questo.”
Urlo nella notte, contro le sue spalle rigide, resta solo la sua ombra da toccare, perché lei è troppo lontana.
Sbatto il piede sull’asfalto per la frustrazione.

“Che diavolo vuoi da lei, Aiden, stupido, stupido idiota.” Sussurro a me stesso mentre la sua figura diventa piccola, sempre più distante, fino a scomparire dietro l’angolo.
I muscoli sono tesi, in allerta, pronti a scattare e raggiungerla, mordo il labbro sottile e serro i pugni conficcando le unghie nei palmi,un groviglio allo stomaco mi impedisce di respirare con facilità.

Se corro da lei, non potrò deluderla, non ancora.

I miei occhi sono fissi nel punto in cui è scomparsa, come se sperassi di vederla riapparire, anche se so che non sarà così.
Sono pronto per tornare a vivere? Sono pronto per farlo con lei?
Non ricordo più cosa significa amare qualcuno che non sia Susanne, la mia mente non è mai riuscita a contemplare nemmeno un’idea simile, come potrebbe farlo il mio cuore malridotto?

Eppure…
Eppure…

Cazzo, questa parolina che si oppone alla logica è scritta a lettere cubitali nella mia testa ogni volta che mi ripeto di cancellare Violet.

“Vaffanculo!”
Urlo nell’ombra di questo parcheggio vuoto, le mani corrono fra i capelli neri e stringo strattonandoli, per poi scendere lungo la nuca e cadere di getto verso i fianchi.
Un sospiro, è questo che segna la mia sconfitta.

Mi incammino velocemente verso il Last Soul, la consapevolezza di essere in procinto di rischiare l'ultima parte di me mi accompagna fino all'ingresso.
Non appena apro la porta la musica mi investe, la gente è in pista a ballare e bere, cerco fra i volti che mi circondano, due in particolare.
Dopo qualche minuto li individuo, mi faccio largo fra un gruppetto di ragazzini e finalmente raggiungo il mio amico.
" Thomas, dov è Violet?"
Urlo per farmi sentire.
" Che ti importa?"
La mora al suo fianco mi chiede con astio, i suoi occhi neri sembrano prendere fuoco.
"Violet, non è una marionetta con cui puoi giocare quando vuoi e che puoi manovrare a tuo piacimento, quando ti ricordi, quando hai voglia."
Mi fulmina assottigliando lo sguardo e poi mi ignora continuando a bere il suo cocktail.
"Non devo dimostrare a te chi sono, che rispetto nutro nei riguardi della tua amica, né quanto tenga a Violet."
Il viso di Patty diventa paonazzo per la rabbia, so che vorrebbe rispondermi per le rime, ma il mio amico evita questo.
"È andata a casa, era turbata."
Mi rabbuio nel constatare che lo fosse a tal punto da essere palese per chiunque il suo stato d'animo.
Serro la mandibola per sfogare la rabbia, nulla mi farà stare meglio, se non una cosa, tutto quello che devo fare è trovarla.

Sto per girarmi, pronto per andare via, ma la mano di Thomas che afferra la mia spalla, mi blocca.
"Ci sono i genitori a casa, non puoi andare da lei."
Questo complica tutto.
Mi viene subito in mente lo sguardo di sufficienza che mi riservaroni entrambi la sera della mostra fotografica.
"Non fare cazzate con quella ragazza, non merita l'Aiden di oggi, ma quello di un tempo."
Alzo lo sguardo verso il ragazzone che ho davanti, che conosco fin dai tempi del college e lui conosce me, sa cosa ho passato e chi ero prima di trasformarmi nel guscio dell'uomo che sono diventato.

"Non so se posso essere ancora quell'uomo."
Sussurro fra me e me mentre mi dirigo verso l'uscita.

Osservo il grande cancello e la villa dietro di questo.
Le mura che recintano la proprietà  mi bloccano la visuale ma mi sembra di scorgere una luce al piano di sopra.
Afferro dalla tasca posteriore dei jeans il cellulare, pronto a chiamarla ma... accidenti, perché non le ho mai chiesto il numero?

Dopo essermi dato dell'idiota, cerco il contatto di Thomas con l'intento di farmelo dare da lui, in fondo è insieme alla migliore amica di Violet in questo momento.
Il mio dito si blocca quando scorgo una figura sul balcone.
È lei.

Mi soffermo a guardarla, la leggera brezza accarezza il suo pigiama, i lunghi capelli scuri svolazzano delicatamente e potrei giurare, anche da quaggiù, che il suo sguardo sia triste.
Tutto questo mi ricorda la mattina del nostro incontro.

Pssss...pssss...

Cerco di attirare la sua attenzione, inutilmente, troppo assorta ad osservare il cielo buio di una città, che nella maggior parte dei casi e dei luoghi, ti impedisce di vedere le stelle per colpa di tutte queste luci.

Una protuberanza nell'aiuola ai lati del cancello mi permette di sollevarmi quel tanto che basta per raggiungere il cornicione delle mura che recintano la casa.
"Violet."
Scruta la notte, e solo dopo averla richiamata riesce a vedermi.
I suoi occhioni si spalancano sorpresi, le labbra si schiudono per lo stupore.
"Aiden?"
Sorrido, sfrontato, come sempre, e anche felice di essere qui e aver ascoltato il desiderio di vederla.
"Che ci fai qui?"
Sussurra guardandosi alle spalle, forse ha paura di essere scoperta dai suoi genitori, sinceramente nemmeno io vorrei incontrarli di nuovo.
"Sono qui per te, scendi."
"Buonanotte, non ho nulla da dirti, va via prima che scatti l'allarme e ti arrestino."
La vedo rientrare in casa e chiudere la luce di quella che presumo sia la sua stanza.

No, mio caro fiorellino, stavolta non vado via.

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