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8 - Lacrime

La notte era stata pessima e pesante. Akane non aveva chiuso occhio, non si era nemmeno levata quell'abito scomodo, era rimasta rannicchiata su un lato per tutto il tempo, con la testa nascosta tra le gambe, a tentare di soffocare il più possibile i suoi singhiozzi per permettere a Carly di dormire. Quest'ultima aveva cercato di stare sveglia in un tentativo di consolarla, ma spesso la stanchezza prendeva il sopravvento e la faceva crollare addormentata, passava qualche tempo, si risvegliava e poi dopo un po' si riaddormentava di nuovo, in un circolo vizioso.
La sera prima avevano tutti provato a farla calmare, compreso Trudge, ma senza successo, sembrava un nastro inceppato. Le parole di Jack l'avevano rotta.
Akane non era una persona che dava peso al giudizio altrui tanto facilmente, né era così debole emotivamente, la maggior parte delle volte quella a farla piangere era solo e soltanto sé stessa. Ma stavolta non era riuscita a mettersi in viso il suo sorriso strafottente, né in bocca parole affilate, non ci aveva nemmeno provato, quell'idiota era riuscito a scegliere la combinazione perfetta di parole capace di distruggerla in un sol colpo. Aveva fatto leva proprio sul suo smarrimento, le circostanze stupide e strane -la nebbia fittissima arrivata e sparita nel nulla- in cui si erano incontrati, la fiducia, il suo vero nome; un cocktail in grado di esploderle dentro e farla sanguinare copiosamente.
Si sentiva tremendamente in colpa. In colpa per essersi mostrata tanto fragile, in colpa per aver fatto preoccupare tutti, in colpa per essere un peso che gravava sulle spalle di ogni singola persona con cui era venuta a contatto... nessuno si meritava di sopportarla, soprattutto Carly, che per colpa sua aveva avuto una nottata orrenda.

Il sole aveva iniziato a fare capolino e lei se n'era accorta solamente quando ormai era abbastanza alto da, filtrando dalla finestra, riuscire ad accecare in caso di contatto diretto – l'aver pianto tutta la notte non giocava a suo favore, i suoi occhi chiari e provati erano fragili più che mai. Akane serrò le palpebre con forza e si girò dall'altro lato, affondando ancora la testa nelle sue stesse gambe. Era in quella posizione scomoda da così tanto tempo che non credeva sarebbe riuscita a raddrizzarsi tanto facilmente.
Ora fronteggiava Carly, la quale iniziò a muoversi dopo qualche secondo. Si sentì una mano sul braccio che la scuoteva leggermente, ma lei rimase immobile, quasi a fingersi morta come un animale che non vuole finire nelle fauci del suo predatore.
Udì Carly sospirare e poi un gran movimento nel letto, le coperte si spostavano ed il materasso dondolava sulla rete instabile; doveva essersi seduta.

- Lo so che sei sveglia, quando dormi respiri in modo totalmente diverso, quasi— uhm— sofferente?
Akane, hai gli incubi la notte, non è vero?

... Incubi? Akane in realtà non lo sapeva. Quando si svegliava dopo aver dormito era come se avesse viaggiato nel tempo, come se in un istante si fosse teletrasportata al mattino dopo. Non aveva mai sognato, da quel che ricordava, né bei sogni, né incubi, le uniche immagini non appartenenti alla vita reale che aveva visto erano quelle allucinazioni avute nei primi giorni trascorsi a Nuova Domino. E quelle la terrorizzavano.
Rimase zitta, fingendo di non aver sentito.

- Non è da te fare così, mi fai preoccupare, davvero!
...
Akane, rispondimi, ti prego, siamo amiche, possiamo parlarne.

Ancora niente.
Non aveva il coraggio di tirare su la testa e guardarla in faccia, mostrarle i suoi occhi gonfi e le labbra martoriate, rischiando di farle pena ed essere per l'ennesima volta un peso. Al contrario, si rannicchiò su sé stessa con ancor più forza, facendo pericolosamente sporgere le vertebre dalla schiena; le sentiva spingere contro la pelle, come spine pronte a fuoriuscire.
Un altro rumoroso sospiro da parte di Carly, poi le coperte ed il materasso si smossero di nuovo e la sentì allontanarsi dalla stanza.
Akane allentò di un poco la sua posizione a riccio.

***

Passò del tempo, non seppe quanto, forse un'ora -la luce del sole si era intensificata e poteva vedere la sua ombra proiettata sul letto sfatto-. Chiuse di nuovo gli occhi, bruciavano parecchio nonostante stesse dando le spalle alla finestra. Aveva tremendamente sonno, era stanca morta, ma non riusciva ad addormentarsi – davvero respirava così male mentre dormiva? Perché non ricordava i sogni, né tantomeno gli incubi? Quella domanda di Carly le si era piantata in testa e non accennava a lasciarla stare.
Voleva solo addormentarsi e tornare indietro nel tempo, dire a sé stessa di non pesare così tanto le parole di un idiota; ma sarebbe stato ipocrita, perché anche in quello stesso momento la stavano schiacciando come un macigno e lei si sentiva sempre più privata dell'aria nei polmoni.

Sentì un rumore di passi entrare in camera ed avvicinarsi al letto. Carly era tornata.

- Ho capito, non posso fare nulla per te. E mi dispiace, vorrei aiutarti a stare meglio, ma se fai così mi sento inutile.
Uhm... io esco, devo fare delle commissioni. Ci vediamo più tardi.

Akane aspettò che la porta di casa fosse chiusa a chiave prima di, finalmente, distendere le gambe. Sembravano fatte di cemento, le ginocchia e le caviglie, così come il bacino, scrocchiarono così forte da dare l'impressione che si fossero rotte tutte le ossa.
Si distese sulla schiena, guardando il soffitto, cercando di districarsi dal groviglio di capelli che si era creato girandosi e rigirandosi per tutta la notte. Provò a stropicciarsi gli occhi, ma essi bruciavano da morire e non aveva nemmeno la forza di alzarsi e tirare le tende.
Era patetica. Niente più, niente meno. Soprattutto ora, con le braccia allargate come crocifissa e la chioma completamente devastata e riversa sul materasso quasi a simboleggiare il suo stesso sangue perso.
Riuscì a mettersi a sedere e si abbracciò le gambe, appoggiando la testa sulle ginocchia ossute, e sospirò rumorosamente, chiudendo gli occhi. Quella posizione non era molto diversa da quella che aveva assunto per l'intera notte, ma era l'unica che la facesse sentire meglio, al sicuro. Poco importava se sembrava una codarda.

Il tempo continuò a scorrere senza che Akane ne avesse percezione; cullata dal silenzio assoluto e dalla solitudine, era riuscita a raggiungere una sensazione di stallo, una in cui non stava bene, ma neanche male, era in equilibrio su un filo sottilissimo.
Sentì il tipico rumore di una serratura che si sbloccava e, successivamente, la porta di casa che si apriva, poi dei passi aggirarsi per la casa, prima di essere talmente vicini da farle pensare che, di chiunque si trattasse, fosse entrato nella stanza. Il materasso affondò alla sua sinistra, sul bordo del letto.
E venne avvolta da due braccia; non era Carly, lei non aveva arti così lunghi, né aveva il tipico odore di officina.

- Mi dispiace, – Bruno la strinse più forte. – se solo avessi saputo... sarei venuto anch'io al gala. Avrei voluto esserci per difenderti.-

La tirò a sé, poggiando il mento sul suo capo ed accarezzandole i capelli -e qualche volta aggrovigliandosi le dita nella matassa di nodi-. Ad Akane iniziò a bruciare la gola come se avesse ingoiato degli aghi roventi, le labbra tremarono, tirò su col naso ed emise un singhiozzo sommesso.
Lui non disse niente, continuò semplicemente a tenerla stretta come se volesse farle da scudo, in un chiaro intento di darle sicurezza, un silenzioso "sfogati, il mondo non ti sentirà".
Ed Akane ricominciò a piangere, per l'ennesima volta. Le sue spalle tremarono violentemente, il volto era contratto e dolorante, le lacrime stavano inzuppando la giacca ed il braccio di Bruno.

- Non devi sprecare le tue lacrime per una cosa simile, Akane.- Disse, e lei lo udì tra i singhiozzi come se fossero interferenze.
- N—non... s—s—sei obb—bbligato a... ad— assistere a—a—a questa sce—scena pateti—ca- Gli rispose, biascicando per via della gola irritata.
- Io non sono venuto per assistere, sono qui per farti smettere. Non posso lasciarti in questo stato, la colpa è anche mia.-
- Tu non—non p—puoi essere col—colpevole se non e—ri presente.-
- Ed invece potevo esserci. Non ho nemmeno lavorato al progetto, dopo cena mi sono addormentato sul divano e mi ha svegliato Jack che è tornato facendo un gran casino con la moto. Gli ho chiesto cosa fosse successo e lui mi ha letteralmente mandato a fanculo— nemmeno Yusei e Crow, arrivati dopo, erano dell'umore di spiegarmi tutto.
Sono venuto a sapere dell'accaduto solo stamattina, quando Carly è entrata nel garage come un uragano, mi ha dato le chiavi di casa vostra e poi si è portata via Jack. Bolliva di rabbia.-
-Carly...- Tirò su col naso.

Bruno allentò la presa fino a sciogliere quella morsa tutt'altro che letale, lasciandole più libertà di movimento e di respirazione. Poi, le offrì il pacchetto di fazzoletti presente sul comodino.
Akane ne prese uno e si soffiò il naso in modo molto poco elegante, facendo un gran rumore. Ancora però non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.

- Ascolta, tu sei una ragazza intelligente, è inutile dirti che non c'è motivo di reagire così. Sono solo parole, Jack te ne ha dette tante nel corso del tempo, non iniziare a dargli retta solo adesso.-
- Io— io— ha detto che non mi crederà mai e che quello che è successo ieri sera, quando il tizio che ha combattuto contro Yusei mi ha salvata, serve solo a rendermi ancor più una nemica ai suoi occhi. Dice che sono sospetta perché ha rischiato la vita per salvare proprio me, prima che potessero investirmi. Dovevo farmi uccidere, Bruno? Non avevo il controllo delle mie azioni, è stato lui a togliermi da là appena in tempo. Sono sicura che lui sia un alleato, e che lo avrebbe fatto con chiunque al mio posto. – Si fermò per un attimo, stringendo i pugni e non riuscendo a fermare un'altra lacrima silenziosa. – E... e mi fa arrabbiare, perché sento di star urlando al vento e mai nessuno mi ascolterà. Io non voglio essere amica di Jack, ma non voglio nemmeno essere denigrata in questo modo, adesso lui e Carly staranno litigando e sarà solo colpa della mia presenza in questa casa. Voglio solo spa—-
- ... No! – Bruno alzò la voce all'improvviso come se avesse paura che lei potesse sparire proprio in quell'istante. – Voglio dire... non stai urlando al vento. Se una sola persona non vuole ascoltarti non devi concentrarti su quella; io, Carly, Yusei, Crow, Aki, Leo, Luna e tutti gli altri... noi ti vogliamo bene e ci fidiamo di te, sei nostra amica nonostante tu sia, per ora, ancora un guscio vuoto. Nessuno di noi vuole vederti piangere su un letto sfatto circondata da fazzoletti usati.-

Akane fece un profondo sospiro e, come una bambola mossa dal vento, si accasciò con la testa sul petto di Bruno. Gli occhi bruciavano ancora, la luce si era fatta più forte, ma poco importava.

- Perché, in qualche modo, riesci sempre a tirarmi su di morale...? – La risposta non arrivò da lui, bensì dalla sua pancia, che brontolò rumorosamente. Per l'imbarazzo la prese per le spalle e l'allontanò da sé. – ... Oh! Hai fame? Mi dispiace, ti ho fatto saltare la colazione, vero? Andiamo di là, ci sono del tè e biscotti.-
- Non ce n'è bisogno, davvero.- Era diventato rosso come un peperone.
- Insistito, voglio sdebitarmi.-

Akane gattonò sul letto e scese, toccando il pavimento freddo con i piedi nudi. Udì un commento sul vestito da parte di Bruno, ma non riuscì a discernerne le parole, perché tutto il mondo attorno a lei iniziò a vorticare, sempre più forte, sempre più grigio, come se stesse facendo notte— no, non era notte, era il colore della tempesta, il buio di giorno, il sole coperto dalle nuvole.
Un forte rumore stridente minacciava di farle esplodere i timpani, ma non riusciva a coprirsi le orecchie con le mani. Per un istante, l'occhio del ciclone la guardò di nuovo, con la sua iride scura ed il sopracciglio incurvato. Era arrabbiato con lei, al punto da minacciarla di morte; lo sguardo era quello di un assassino, si vedeva chiaramente. La lama era rivolta a lei.
Tutto divenne distorto, immagini incomprensibili come attraversate da numerose interferenze. Tra il caos riuscì a scorgere grandi fogli scritti e disegnati, sembravano progetti, sparsi su un tavolo di ferro e riversi sul pavimento, poi vide degli oggetti di metallo, piccoli ed appuntiti, forse gli strumenti di un dentista, o di un medico. La visione diventò scarlatta ed il ronzio nelle sue orecchie aumentò, sentiva i timpani ad un passo dalla rottura, un fortissimo peso che minacciava di farli implodere.
Poi, tutto divenne bianco, per terra un infinito "pavimento" attraversato da sottili linee che disegnavano una griglia, ed il ronzio divenne più chiaro, profondo, e si tramutò in una voce maschile.

"Sei inutile," Disse, carica d'odio. "non mi ascolti mai. Da quando—" Le interferenze disturbarono il suo discorso, facendo perdere dei pezzi. "... Perciò mi riprenderò ... stanne certa, ..."

- Akane.

"Ora prendi..."

- Akane?

"Come sa— a dire 'no'? Pensi forse di— scelta? Tu ... devi obbe—. Chiaro?"

- Akane?!

"Tu e—. Non puoi ... mondo. Sei solo ... . Lui ti—
... Mi fai infuriare."

- Akane, ti prego, rispondimi!

Tutto sembrò andare alle fiamme. Lingue di fuoco la accecavano, nascondendo il bianco vuoto in cui si era ritrovata a subire quelle parole cariche di cattiveria. Sentiva dolore in tutto il corpo, come se le ferite fossero state inferte in quello stesso momento, tra il battito assordante del suo cuore poteva discernere la lama che affondava nella carne.
Udì una seconda voce, stavolta familiare, che chiamava, anzi, urlava il suo nome, in preda alla disperazione, ma riuscì a tornare alla realtà solamente al suono di un'esplosione e, quando finalmente i suoi occhi si focalizzarono sulla stanza in cui era sempre stata, videro cocci di vetro cadere dal lampadario sul letto come fiocchi di neve brillanti e pericolosi. La lampadina si era frantumata.
Con la bocca semiaperta, Akane si guardò attorno, realizzando di essere seduta a lato del letto, Bruno era al suo fianco ed i suoi occhi metallici erano spalancati come quelli di un cervo.

- Cosa— è successo al lampadario?- Mormorò, ritrovandosi la gola ancor più secca di quanto già non fosse.
- Quello ti preoccupa?! Akane, non appena ti sei alzata sei caduta all'indietro e hai cominciato ad ansimare con uno sguardo terrorizzato, cos'hai visto?-
- Non... – Il ricordo stava già svanendo velocemente dalla sua memoria, come un sogno che, più si cerca di ricordarlo, più lo si dimentica. – ricordo... tanti colori... grigio, bianco, rosso, devo essermi alzata troppo in fretta.- L'occhio malvagio lo ricordava bene, ed anche la voce, cattiva, profonda, ma non il significato delle sue parole, era tutto sfocato.

Bruno si alzò in piedi e si chinò di fronte a lei, guardandola con occhi estremamente preoccupati. Poteva leggerlo benissimo nella sua espressione quanto la scena di poco prima lo avesse turbato.

- È meglio se andiamo in ospedale.- Le disse, con voce ferma.
- No!- Si agitò lei.
- Mi avevi promesso che se avessi avuto un altro episodio simile a quello in cui sei svenuta ti saresti fatta visitare da qualcuno...-
- Non sono svenuta. – Lui aggrottò le sopracciglia con sospetto. – Ascolta, è da sabato che non dormo, ed oggi è lunedì— sono solo stanca, davvero, non devi preoccuparti per me. – Akane si alzò nuovamente in piedi, sperando di non cadere ancora in preda a dolori ed allucinazioni. – Andiamo di là, ti devo ancora una tazza di tè.-

Lo afferrò per la giacca, conducendolo verso la cucina; inizialmente mormorò qualche protesta, ma poi fu costretto a seguirla. Forse aveva timore che, se l'avesse fatta arrabbiare, sarebbe corsa via come una pazza -non poteva biasimarlo, era già successo più di una volta-.
Mentre Bruno si era accomodato a tavola e lei era alla ricerca delle bustine di tè, lui accese la televisione. Era già sintonizzata su Domino 1 e stavano mandando in onda il telegiornale. Akane non ci diede peso ma, quando accese il fornello e si voltò per servire i biscotti, la scatola le cadde dalle mani -fortunatamente atterrò sul tavolo-.
"Caos al gala di ieri sera. Giornalista schiaffeggiata e criminali che sfondano finestre"
E subito dopo venne mostrata la scena di Akane che tirava un ceffone devastante alla stro— Angela.
Bruno la guardò. Lei lo guardò. Poi si girò e tornò ad occuparsi dell'acqua sul fuoco.
Si aspettava un ennesimo "ma che cazzo fai?" (un po' più elegante magari. Bruno non parlava così), attendeva che lui scoccasse la freccia della preoccupazione mista a disapprovazione con un pizzico di delusione e che essa le si piantasse nella nuca... ma tutto ciò non arrivò, anzi... invece scoppiò a ridere; una risata forte, rumorosa.

- Di tutte le cavolate che hai fatto, questa è la più divertente, devo ammetterlo!-
- Credevo mi volessi sgridare. Ieri sono successe talmente tante cose che me l'ero pure dimenticata quella parte...-
- In diretta nazionale, poi.-
- Eh...-
- La giornalista più famosa di Nuova Domino.-
- Ah...-
- ... Mi fai disperare. Non ci vediamo per un giorno e finisci in televisione, in diretta nazionale, a schiaffeggiare persone e poi a fuggire, – Avevano trasmesso anche la scena di lei che faceva lo slalom tra la polizia. – a volte mi chiedo se tu non sia una maledizione vivente. – Sospirò. – Mi fai venire voglia di strapparmi i capelli.-
- Non voglio vederti con la pelata, Bruno.-
- Neanch'io voglio vedermi pelato, Akane, ma sto divagando— – Un altro sospiro. Rovistò nella scatola dei biscotti e ne prese uno, addentandolo. – posso sapere almeno perché lo hai fatto?-
- A quanto pare quella giornalista è solita trattare male Carly. Non ci ho visto più e ho seguito il raptus del momento... mentirei se ti dicessi di essermi pentita, a dire il vero è una scena divertente a riguardarla.-
- Spero solo che questo non ti porti gravi conseguenze. Quella donna è davvero, davvero famosa. Se avessi "solo" schiaffeggiato una a caso non mi preoccuperei nemmeno ma, ripeto, lei potrebbe approfittarsene.-
- Osasse presentarsi qui, gliene darei un altro, o peggio. – Sbuffò Akane, servendo ad entrambi una tazza ricolma di acqua bollente ed un paio di bustine tra cui scegliere. – Non può permettersi di trattare male una mia cara amica ed aspettarsi che io non faccia nulla. La violenza— andiamo, per un banale schiaffo deve tirare su un teatrino simile? Forse non sarà la miglior soluzione, ma in qualche modo bisognerà pur fargliela pagare. Tipo... che ne so... crema depilatoria nello shampoo? Restando in tema di "pelati".- Disse, con un sorrisino poco rassicurante in volto.
- Spero non litigheremo mai, noi due.-
- Tranquillo, ho già detto di non volerti vedere calvo.-
- Non— lascia stare. Cerca solo di non essere avventata come fai di solito, lo dico per il tuo bene. E meno violenta, non ti porterà a nulla di buono.-

Akane gli sorrise, stavolta un sorriso sincero, e lui ricambiò. Scelsero entrambi un banale ma sempreverde tè al limone e fecero colazione -nonostante fosse ormai mezzogiorno- in religioso silenzio, gli unici suoni quelli dei biscotti masticati, il cucchiaino che girava nella tazza ed il tè che veniva ingerito. Era un momento che, seppur normale, a lei sembrava etereo, la pace dei sensi, un gesto semplice capace di farle dimenticare tutto lo schifo a cui aveva pensato per ore ed ore. Sì, gli occhi ancora bruciavano, si sentiva completamente indolenzita, la testa minacciava di esplodere ed era ridotta ad uno straccio, ma almeno non era più sola e triste. Davanti a lei c'era qualcuno sempre pronto a tirarla su di morale e con il quale poteva confrontarsi, una specie di pilastro costante nella sua breve ma caotica vita. Sapeva che, se si fosse persa, poteva sempre voltarsi ed aggrapparcisi, e lui l'avrebbe aiutata. Ma era un pensiero egoista...? Non ne aveva la minima idea.
E poi si ricordò di come Carly avesse cercato di aiutarla, beccandosi pure lei una nottata orrenda, ed Akane non aveva mosso un dito, non si era minimamente aperta al suo aiuto, nonostante avesse avuto le migliori intenzioni, le stesse di Bruno. Ed ora si sentiva anche un'ipocrita.
Avrebbe potuto usare la scusa del "sono stata influenzata da Jack, lui non vuole che io abbia rapporti con te", ma sarebbe stata una pessima bugia, nonché uno scarico di responsabilità bello e buono.
Sospirò, posando la tazza vuota sul tavolo.

- C'è qualche problema?- Le chiese Bruno, lui aveva già finito.
- No... stavo solo pensando che dovrei scusarmi con Carly. Lei voleva aiutarmi ed io l'ho ignorata.-
- Sì, dovresti.-
- Ed io che pensavo mi avresti risposto con qualcosa del tipo "non preoccuparti, andrà tutto bene".-
- Non stavolta. Chiedile scusa. Non ha dormito nulla, era esausta ed è corsa fino al garage implorandomi di venire qui, infuriata con Jack. Tutto questo per te.-
- Sempre la voce della ragione. Grazie, mammina.-
Lui divenne tutto rosso.

***

Dopo aver mangiato, Bruno aiutò Akane a pulire il macello nel letto, partendo con i pezzi di vetro della lampadina esplosa – lei sperava solo non fossero rimasti dei microframmenti che si sarebbero poi piantati nei suoi piedi (o in quelli di Carly) la mattina dopo. Per sicurezza buttarono via tutti i fazzoletti, anche il pacchetto semiaperto rimasto lì, cambiarono le lenzuola e spazzarono per terra -con annesso commento di Bruno sul fatto che lei fosse letteralmente senza scarpe o ciabatte. Akane rispose che in alternativa aveva solo i tacchi. Lui sospirò, esasperato-.
Quando il letto fu finalmente pronto e lindo, Akane sentì nuovamente tutta la stanchezza ricordarle che non aveva dormito per chissà quanto e la fece accasciare seduta sul bordo a stropicciarsi gli occhi.

- Credo mi sia finalmente venuto sonno. – Sbadigliò, coprendosi la bocca con la mano. – Puoi tornare a casa se vuoi... scusami se ti ho trattenuto tanto, anzi, in primis per averti fatto venire qui.-
- Non dirlo neanche, se l'avessi saputo prima sarei venuto anche nel cuore della notte. – Akane sospirò, consapevole che lui l'avrebbe fatto. – In ogni caso, sono contento che tu stia finalmente meglio. Non ti serve nient'altro?-
- No... ora voglio solo riposarmi, non voglio che tu rimanga a guardarmi mentre dormo— Carly dice che mi muovo un sacco, potrei tirarti un pugno per sbaglio.-
- Non vorrei rischiare. – Le sorrise. – Va bene, mi hai convinto, torno a casa.-

Akane fece l'ultimo sforzo per alzarsi ed accompagnarlo alla porta. Sull'uscio Bruno le consegnò le chiavi di Carly ‐se le stava dimenticando in tasca- ed uscì, ma prima che la porta potesse chiudersi fece dietrofront e tornò da lei.

- Un'ultima cosa...! Te l'ho detto prima, ma forse non mi hai sentito perché poi sei stata male, ma ecco— – La guardò da capo a piedi, scannerizzandola con i suoi occhi metallici. – Il—Il vestito è molto bello... tu sei be— ti sta bene. – Lo disse quasi balbettando, le parole avevano fatto una fatica immensa ad uscirgli dalla bocca. – Va bene, ciao, vado!- E corse giù per le scale come un fulmine.

Akane rimase imbambolata in mezzo alla porta aperta per qualche secondo, realizzando solo dopo cosa fosse appena successo. Abbassò la testa, ricordandosi di avere ancora quel vestito lilla addosso, ora tutto sgualcito dalle pieghe a causa del suo girarsi e rigirarsi della notte. Non voleva metterselo mai più.
Tornò in casa, chiudendo a chiave, poi si diresse in bagno e cominciò a spogliarsi. I tagli erano ancora rossi a contrasto con la sua pelle bianchissima, al contempo freschi ed ormai vecchi. Non riuscì a guardarli ulteriormente e diede le spalle allo specchio.

- Non penseresti questo di me, se li vedessi.

Mormorò con un filo di voce, infilandosi prima la maglia del pigiama e successivamente i pantaloni, poi se ne andò finalmente a letto.
Non ebbe la forza di infilarsi sotto le coperte, crollò subito come un sasso.

Dopo quello che parve un secondo, però, aprì gli occhi di colpo a causa di un urlo. La luce ormai ridotta al blu della sera. La voce era quella di Carly, che le stava davanti, i suoi occhi nascosti dagli occhiali, ma tutto il resto del suo viso urlava allarme.

- Akane, cos'hai sul petto?!

***

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***

Angolo autrice

CIAO! Scusate se ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo, ultimamente non ne avevo voglia.

Comunque, sto scrivendo delle note solo per flexare il fatto che ieri sono andata al concerto dei Rammstein ed è stato assolutamente epico, tra fiammate in faccia e fuochi d'artificio. Ho pure litigato con un tizio enorme e ho vinto. :3
E niente addio, torno nella penombra.

Jigokuko

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