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Capitolo XVII ° Scontro finale-parte terza

Quando, implacabile, la porta della luna chiuse fuori il sole, e l'oscurità inghiottì le luci del giorno, confinandole totalmente, Isadora non tardò ad arrivare.

Da quell'istante il tempo delle tenebre aveva inizio, inflessibile.

Ostinato ed intransigente, per soli 2 minuti e 23 secondi.

Il Caos era ritornato per appropriarsi del mondo.

La sua sete di conquista, però non avrebbe avuto la meglio.

Si mostrò a noi per come era veramente.

E questo mi atterrì.

Credevo, scioccamente, di trovarmi di fronte la donna dai capelli neri, foltissimi ed incolti.

Mi aspettavo di vedere Isadora e le sue vene in rilievo, come rovi intricati.

Presumevo che avrei distinto i suoi tatuaggi inquietanti.

Ma...

Nulla di ciò che la mente può minimamente immaginare, ci apparve.

Non più in forma di semplici sembianze umane, ma di entità oscura.

La descrizione delineata, dai nostri antenati, nel libro, rendeva giustizia, in pieno, al suo aspetto.

Si mostrò, esattamente come era stata rappresentata.

Il Caos assoluto.

Fedelmente dipinta, in quel medioevo oscuro, dall' alchimista e dal monaco.

Ed esattamente, come loro, provammo lo stesso sgomento.

Attanagliati dal terrore per la visione di una creatura tanto agghiacciante.

La temperatura si era abbassata notevolmente.

E un vento gelido aveva cominciato ad alzarsi.

Vedemmo le sue ali nere, lucide, come quelle di un enorme pipistrello, spiegarsi nel cielo oscuro.

Le braccia indietro, accanto a quel corpo che aveva la parte finale simile alla coda di un serpente.

La sua testa incoronata da sette punte acuminate, taglienti.

E i suoi occhi, infuocati, lanciavano occhiate intorno al castello.

In cerca della nostra posizione.

Si muoveva lentamente al di sopra delle rovine, in cerchio.

Come un uccello rapace che non distoglie un attimo, lo sguardo dalla sua preda.

Dalla sua bocca, spalancata, usciva un sibilo, intermittente ed assordante.

Portai le mani alle orecchie e chiusi, solo per un attimo, gli occhi.

Juan mi vide e si avvicinò a me, nel tentativo di infondermi coraggio.

Riabbassai le braccia e riaprii gli occhi.

Da quel momento non la perdemmo di vista, nemmeno per un istante, pronti a difenderci da ogni attacco.

Il buio rendeva tutto più difficile per noi, che, difficilmente, potevamo avere una visione ben distinta.

Il Caos, invece, era perfettamente a proprio agio in quell'oscurità.

Si muoveva con l'agilità e la capacità di un predatore notturno.

I sibili prolungati si erano fatti sempre più vicini.

Li ascoltavo, sopra di noi, mentre penetravano nella mia mente, in profondità.


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