Mi distolsi dai miei pensieri.

Era giorno pieno.

Feci per rientrare nella scuola, ma Gabriel e Juan, proprio in quell'istante, stavano uscendo.

Scendevano le scale dell'entrata.

Gradino dopo gradino.

L'uno accanto all'altro.

Le immagini stesse della forza e della determinazione.

Come guerrieri pronti per la loro personale crociata.

Si guardavano fra di loro, mentre parlavano, poco lontano da me, sottovoce, come se non volessero farsi sentire, per non suscitare nulla in me di allarmante, oltre quello che già temevo.

Mi sentii così protetta, così al sicuro.

Dopo tanto tempo, ebbi la sensazione di essere invincibile.

Accanto a loro.

Non credo di aver mai provato nulla di simile in tutta la mia vita.

Si misero uno alla mia destra e l'altro alla mia sinistra.

"È ora di andare.".

Mi avvertì Gabriel, con convinzione.

Guardava dritto avanti a sé, evitando accuratamente il mio sguardo.

"Andremo alle antiche rovine del Castello Medievale, in cima alla collina.

Lì nessun essere umano potrà vederci.

Nessuno dovrà, nemmeno, sentirci.

Il segreto non potrà essere rivelato ad anima viva.

È di fondamentale importanza.

Ogni cosa dovrà svolgersi esattamente come accadde l'altra volta. ".

Così, la storia avrebbe rivissuto la stessa scena del passato.

In quanto, come allora, solo noi, un Abre ed una Linam, saremmo stati gli unici testimoni di quella efferata, quanto definitiva lotta.

Avevo freddo, rimasi con il cappotto di Juan.

Lui non me lo chiese indietro.

Aveva indosso una felpa pesante.

Il momento era giunto.

Quello che avevamo letto sull'antico manoscritto sarebbe stato ricreato.

Ci guardammo solo per un attimo, in silenzio, come a voler suggellare un patto.

Un ferreo, fatale, patto.

Necessario per la nostra missione di gloria.