Capitolo XIII ° Eclissi-parte seconda
Juan richiuse il libro, riavvolgendolo, con cura, nel panno rosso.
Un silenzio riverente seguì il suo gesto.
Mi voltai verso Gabriel, che, nel frattempo si era seduto, con le braccia conserte, e le gambe allungate in avanti, leggermente divaricate.
La sua sedia, addossata alla parete, appoggiava sul pavimento solo sulle due zampe posteriori, mentre il suo capo, era piegato all'indietro, appoggiato all'intonaco.
Le sue palpebre erano socchiuse e, sulle lunghe ciglia bionde, mi parve, di veder nascere una lacrima.
Non lo avevo mai visto, con un'espressione così disperata
sul volto, prima di allora.
I lineamenti del viso erano contratti, e ad un tratto strinse forte gli occhi, e serrò le labbra, come a voler cacciare via un ricordo o meglio, a voler trattenere qualcosa che sfugge al nostro controllo ed alla nostra volontà.
O, più semplicemente, per non permettere alle emozioni di prendere il sopravvento e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio.
Ma nulla lo tradì, e la perfetta padronanza su sé stesso tornò ad avere la meglio sulla sua persona.
Cercai di immaginare che cosa fosse a tormentarlo.
Forse la memoria dei tempi, terribili, trascorsi nella Voragine Nera.
O, forse, i pensieri di chi vorrebbe riappropriarsi di una vera vita, sulla terra.
Lui non parlò, ma il suo atteggiamento era più eloquente di qualsiasi parola.
E mi sentii attratta, ancora di più, da lui.
Adorai la sua disperazione.
Sentivo accrescere il mio amore per lui, se mai fosse stato possibile renderlo ancora più grande.
Quindi, Gabriel, facendo scivolare lentamente la sedia, la fece appoggiare completamente in terra.
Sospirò, sciogliendo l'intreccio delle braccia.
Le lasciò scivolare verso il basso, per poi nascondere la fronte, dietro ai suoi pugni, serrati fortemente.
Come avrei voluto alleviare la sua sofferenza.
Che cosa avrei potuto fare per interrompere la sofferenza di quei suoi pensieri ?
Ci pensò, per me, Juan, che si era avvicinato a lui.
Senza fare il minimo rumore.
E, mettendogli una mano sulla spalla, delicatamente, come a non voler turbare il sonno di qualcuno che dorme profondamente, gli parlò sottovoce:
" Gabriel è ora di agire.
È giunto il momento di onorare il loro sacrificio ed il loro ricordo.
Adesso è necessaria tutta la nostra forza.
Questo è ciò che dobbiamo loro.".
Fino a quell'istante, avevo rimosso completamente la presenza di Juan, concentrandomi solo su Gabriel, ma come avrei potuto fare altrimenti ?
Era sempre stato lui a dominare i miei pensieri.
Era stato lui a far affiorare, in me, con quell'abbraccio, nel bosco, in un interminabile secondo, la tenerezza e l'amore, che credevo di aver perduti per sempre.
Mi sentivo sciocca ed ingrata per aver pensato anche solo per una frazione di tempo, a Juan.
Ma come paragonarli ?
Avrebbe, sempre e comunque, preso il sopravvento Gabriel.
Avrebbe, in ogni caso, vinto lui, su tutti e su tutto.
Ricordai quello sguardo fiero ed elegante, la sua grande determinazione, che, ad un primo, superficiale esame, sarebbe potuta sembrare fredda, ma, in realtà, nascondeva una sensibilità non comune ed un grande senso del dovere.
Io mi ero sempre considerata una ragazza normale, come tante.
Non mi ero mai ritenuta speciale.
Ma Gabriel mi aveva fatto credere di esserlo.
Mi aveva fatto sentire, incredibilmente e semplicemente unica.
E questo non mi era più capitato dal momento in cui i miei genitori mi avevano lasciato.
Dallo spazio delle illusioni: Che cosa tormenta Gabriel? A mano a mano gli enigmi trovano la loro spiegazione e la struttura del libro prende forma...Nella immagine l'alchimista George Linam alias Paul Walker.
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