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Capitolo X ° Rose bianche

Gabriel mi venne vicino.

Con una dolcezza che non avevo mai visto in un uomo, mi sussurrò:

" Angie, ora, per favore, aspetta fuori casa.

Non preoccuparti, ci vorrà solo un attimo.

Farò tornare tutto come prima dell'arrivo di Isadora.

Tranne che per Margie, purtroppo ".

" Ti prego, Gabriel, puoi far tornare in vita la zia?".

Lo supplicai.

" Ho avuto troppo poco tempo per conoscerla.

Per amarla.

Non sono nemmeno riuscita a dirle che le volevo bene.

Puoi tornare indietro nel tempo, a quando lei era ancora viva?".

" Mi dispiace immensamente, Angie...

Ma non ne ho il potere.

Cerca di comprendere, non potevo essere, in due posti diversi, contemporaneamente.

Dovevo fare una scelta: proteggere lei...

Oppure te.

Lei sapeva a che cosa andava incontro.

Era preparata, ma tu no.

Dovevo vegliare su di te, nel bosco.

Speravo di arrivare in tempo, ma Isadora è astuta.

Lei contava di strappare quel segreto a tua zia.

Ma non è riuscita nel suo intento.

Devi essere fiera di Margie, si è dimostrata una vera Lynam.

Ed ora vai, lasciami solo e cerca di stare tranquilla.

Sarò veloce.

Vedrai, ci vorrà un attimo ".

Uscii, ma a malincuore.

Oh, se ero fiera di mia zia.

Non l'avevo mai vista sotto questa prospettiva.

"Una gran donna ".

Così l'aveva definita Gabriel.

Era davvero così.

Aveva la semplicità e la tenerezza, ma anche la forza ed il coraggio dei grandi.

Non volevo lasciarla.

Tra le lacrime, feci per rientrare in casa, ma, venni attratta da un caldo bagliore, che filtrava attraverso la finestra.

Mi accostai ai vetri per osservare meglio.

Vidi Gabriel chiudere gli occhi ed alzare, lentamente, le mani.

Una luce si irradiava da lui, investendo, gradatamente, ogni angolo della casa.

Come quando i raggi del sole corrono sulle colline, cacciando via le ombre di nuvole passeggere, che si allontanano, velocemente.

Ed alla sua luce faceva seguito l'ordine, perfetto, di mia zia.

Tutti gli oggetti ritornavano al loro posto, ed, inspiegabilmente, tornavano, di nuovo, integri, come se nulla fosse mai accaduto.

Le prove del dramma che si era consumato all'interno di

quelle pareti, erano state cancellate, per sempre.

Tranne che per la donna, che aveva sacrificato la sua vita, per me.

La zia Margie giaceva immobile, sul pavimento, alla fine delle scale.

Entrai, in punta di piedi, in segno di rispetto.

Non avevo voglia di parlare.

Telefonai solo al pronto intervento.

Il medico giunse di lì a poco, gelido, asettico, come la sera del decesso di mio padre.

Sottoscrisse la morte di una donna, deceduta a causa di un una caduta traumatica, in seguito ad un incidente domestico.

Gabriel, di quando in quando, mi guardava, premurosamente, per assicurarsi che stessi bene...

Che non crollassi.

Rimase in casa, vegliando su di me, per tutta la notte.

Me ne accorsi perché non riuscii a dormire.

Piangevo, nascondendo la testa nel cuscino, per non farmi sentire.

Ho sempre creduto che le lacrime aprano un varco ai più acuti dolori, che bussano, violentemente, per uscire all'esterno.

È solo in questo modo che si riesce a lavare l'anima, trascinando via il fango, che soffoca ed occlude il respiro.

Dicono che il pianto sia uno sfogo e che poi si stia meglio.

Io, però, non avvertivo nulla del genere.

E più piangevo, più stavo male.

Non potevo non accomunare il dispiacere e lo sconforto dei due lutti troppo vicini, l'uno all'altro.

Mi era rimasta solo mia madre, ma era in stato catatonico.

Era come se non ci fosse.

Era come non averla affatto.

Inequivocabilmente, lontana, assente da tutto quello che apparteneva al nostro mondo.

Ed il suo pensiero non faceva altro che aumentare la mia sofferenza.

Immaginarla, in un letto di ospedale...

Sapere che non era in grado nemmeno di accorgersi di essere da sola.

Era come se non vivesse più nemmeno lei...

Fui sollevata dalle luci dell'alba.

Quella lunghissima, interminabile notte, finalmente, era giunta al termine.

Di giorno avrei avuto, per fortuna, meno tempo per pensare.

Mi sarei dovuta occupare di organizzare il funerale.

Decisi che sarebbe avvenuto nel primo pomeriggio.

Fu una cerimonia ristretta, non volevo tanto rumore intorno alla morte della zia Margie.

Vi parteciparono diverse persone del piccolo centro.

Nel cimitero, alcuni di loro mi vennero ad abbracciare.

La zia era amata.

Sentii il loro calore umano.

Che insensata ero stata a sparare a zero contro quella gente.

Mi stavo ricredendo su quel paesino dimenticato.

Aveva ragione mia zia.

Iniziavo ad avvertire la sensazione di casa.

Visi sconosciuti, diverse facce eppure tutte uguali, tutte con la stessa espressione sul volto.

Come quando accadde a mio padre.

Era tutto troppo uguale, per non ricordarmelo.

Ed ancora un discendente dei Lynam era stato annientato dallo stesso nemico di sempre.

Rimanevo solo io l'unica superstite di quella famiglia, colpevole di aver provocato l'efferato esilio.

Il prossimo ed ultimo bersaglio...

Sarei stata proprio io.

Non mi impauriva la morte, perché mi avrebbe permesso di rivedere le persone care a cui ero legata, ma era la

sconfitta e la mia impotenza di fronte a tutto quello che

mi stava accadendo, a farmi davvero male.

Pronunciai le stesse parole, dette, sempre da me, non tanto tempo prima, al funerale di mio padre:

" Fa' un dolce sogno, mio tesoro ".

Non distante dal nostro esiguo gruppetto, vidi le figure di Gabriel e di Juan, l' una accanto all'altra, in completo scuro.

Mi sentii così rassicurata, così fortunata ad avere vicino persone come loro.

Non mi sentivo sola, come l'altra volta, né così impaurita e disperata.

Non persi di vista nessuno dei due, che si tenevano a distanza, per non essere invadenti.

Da pochi giorni ero diventata maggiorenne, per cui non avrei avuto più bisogno di un tutore, né di essere affidata a nessuno.

Questo mi sollevò perché avevo intenzione di rimanere in quel borgo.

Non avrei mai abbandonato, ora, quella casa.

Sarebbe stato un tradimento nei confronti della zia.

Mi venne in mente, non so nemmeno io il perché, la sua

torta, in occasione del mio recente compleanno.

Mi ricordai le risate che ci facemmo perché c'era troppa crema e stava crollando da un lato.

Chi avrebbe immaginato che anche la sua vita sarebbe crollata di lì a poco ?

Il destino era stato ingrato anche con lei, eppure, mai,

udii uscire un lamento, dalla sua bocca.

Non aveva avuto né marito, né figli.

Aveva solo la sua casa dalle pareti gialle...

Perfetta ed ordinata, come era lei.

Semplice come lei, senza troppe pretese.

La zia Margie e le rose del suo giardino.

Io che non sapevo nemmeno accudire una pianta grassa, notoriamente non impegnativa.

La prendevo in giro per questo, le dicevo che avrebbe fatto resuscitare perfino una pianta essiccata nel deserto.

Già.

Come avrei fatto io a destreggiarmi nel giardinaggio, senza il pollice verde della zia ?

Sorrisi ai miei pensieri, così semplici di fronte ad una donna semplice, eppure talmente forte da riuscire a tener testa ad Isadora.

Lei che si era fatta uccidere piuttosto che rivelare il segreto che avrebbe messo in pericolo me e l'umanità intera.

Una vera Lynam.

Mi sentii orgogliosa di averla conosciuta, anche se per poco tempo.

Deposi alcune rose bianche, il suo colore preferito, accanto a lei.

Quindi staccai diversi petali, facendoli cadere tutto intorno.

Un profumo di buono e puro si sparse ovunque.

Mi venne alla memoria quando dissi che era imbarazzante vivere in una casa così perfetta.

Che sciocca ed ingrata ero stata, allora.

Adoravo quella casa.

L'amavo proprio come amavo la zia Margie.

Ed avrei dato tutta me stessa per tenerla pulita ed ordinata come aveva sempre fatto lei, anche se ero perfettamente, convinta, che il risultato non sarebbe, mai, potuto essere lo stesso.

Ma ce l'avrei messa tutta, pur di renderle onore.

Sarebbe stato come averla ancora con me.

Come rivederla ancora, attraverso le cose che più amava.

Mi mancava già così tanto.

Avrei avuto solo le sue cose a tenermi compagnia.

A tenere in vita il suo ricordo.

E, certamente, una cosa l'avrei fatta.

Avrei messo tra la collezione dei miei "oggetti, da non gettar via per nessuna ragione ", il suo piccolo innaffiatoio, decorato con un motivo floreale di rose bianche.

Tornai verso casa con un unico pensiero.

Fare chiarezza in tutta questa storia e prepararmi alla battaglia.

La lotta che mi avrebbe visto come vittima predestinata.

Decisi che Isadora avrebbe avuto una degna avversaria, proprio come lo erano stati mio padre e mia zia.



Dallo spazio delle illusioni: Nel deserto della propria solitudine, a volte, si può intravedere un tremolio, che si innalza dalle roventi sabbie dorate. Un vento nuovo che smuove i granelli di sabbia e fa apparire nuove occasioni. La vita, anche nei momenti difficili, è fatta di incontri. Ed allora si attenua anche quella solitudine. I nuovi incontri, le nuove amicizie che si renderanno indispensabili e palesi nel prossimo capitolo. Grazie a tutti i lettori :)) <3 condividete la mia storia con gli amici. Nella foto, dopo la musica, la zia Margie.



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