Capitolo VIII ° Tempi dimenticati-parte seconda
Mi sedetti sotto un tronco, nel sottobosco.
Potevo sentire il freddo e l'umidità delle foglie autunnali sotto di me.
Mi abbracciai le ginocchia.
Chinai il capo su di esse.
Avevo ancora, dentro di me, il profumo ed il calore di quell'abbraccio, sospeso nel tempo.
Quel ricordo meraviglioso servì a non farmi impazzire, ma non riuscì ad allontanare la mia angoscia, perché non facevo altro che pensare alla morte di mio padre, a quella sera ed agli occhi vuoti, assenti, terribili, di mia madre.
Iniziò a piovere, una pioggia intensa, incessante.
Si era alzato anche il vento, che faceva sbattere i rami fra di loro.
Il bosco, da calmo e sognante, era divenuto, improvvisamente, lo scenario di uno scontro inquietante tra fronde e tronchi.
Potevo perfino ascoltare il ritmico suono delle percussioni su tamburi immaginari, che pesantemente, si abbattevano sulla corteccia, proprio come il ritmo dei miei pensieri, nella mia testa.
Non era bastato il calore di Gabriel a tenermi lontana dalle ansie e dalle paure.
Mi venne in mente, improvvisamente, quell' istante, in cui soffiò il fischio assordante del treno che avvisava Juan e me del pericolo imminente, quel giorno, alla stazione.
Era come se lo stessi rivivendo.
Mio Dio, era tutto vero!
E quei simboli, così diversi fra di loro, l'uno l'opposto dell'altro.
Uno incarnava il Bene e l'altro, certamente il Male, in equilibrio eterno, nella Voragine Nera.
Stavo vivendo un incubo, sapendo, purtroppo, che non stavo affatto dormendo.
Che cosa dovevo fare ?
Isadora doveva uccidere tutti i Lynam, colpevoli di essere discendenti di quell'alchimista...
"Oh, farà in fretta ".
Pensai.
Io ero figlia unica e non avevo cugini perché la sola al mondo che mi era rimasta, era mia zia.
E lei non si era mai sposata, né aveva avuto figli...
Mio padre era già stato ucciso.
Mi vennero in mente le sue parole.
Come suonavano prive di senso, ora.
Quasi contraddittorie.
Quando si rammaricava, dicendo che gli sarebbe tanto piaciuto far parte di una famiglia numerosa...
Ma i Lynam della nostra famiglia erano davvero pochi, lo avevo accertato, durante una ricerca scolastica.
Gli unici consanguinei ad avere quel cognome eravamo noi e la zia Margie ...
La zia Margie ...
L'unico affetto ad essermi rimasto.
Il suo nome mi dava idea di casa, di riparo, di pace.
L'unica ancora in vita della mia famiglia...
La calma che suscitava , in me, quel pensiero, si arrestò.
Di colpo.
La zia Margie era una Lynam !
Isadora era nel paese ed avrebbe potuto trovarla...
Dovevo accertarmi che stesse bene.
Mi alzai di scatto ed iniziai a camminare con passo sostenuto.
E più pensavo a quello che sarebbe potuto accadere e più sentivo salire, dentro di me, una paura incontrollabile, che mi faceva accelerare il passo sempre di più.
Forse Gabriel avrebbe potuto fermarla.
Confidavo in lui.
Ma, Isadora avrebbe potuto agire su mia zia, mentre lui stava mettendo in guardia me.
E, per quanto lui potesse essere scaltro o forte, non avrebbe potuto essere in due posti diversi, contemporaneamente.
Mi ritrovai, senza accorgermene, in una corsa disperata contro il tempo.
E più scivolavo sul terreno umido e più acceleravo, sorreggendomi, con le mani, ai tronchi e ai rami degli alberi, bagnati e scivolosi.
Fino a quando scorsi, infine, in lontananza, la sagoma della casa.
Dallo spazio delle illusioni: Angie comprende che è giunto il momento di vincere le proprie paure. E' ora di agire ed in fretta. Che cosa l'aspetta? Arriverà in tempo alla casa dalle pareti gialle?
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