Capitolo VIII ° Tempi dimenticati-parte prima
Gabriel mi aveva dato appuntamento, nel punto del bosco in cui ci eravamo visti, giorni addietro.
Dopo la scuola, feci correndo quel tratto di strada.
Appoggiai lo zaino in terra su un tappeto di foglie variopinte.
Non aspettai per molto, fu puntualissimo.
Giunse a passi lenti, inerpicandosi sul sentiero, con incedere elegante.
Il bavero del cappotto nero, tirato in su e le mani in tasca.
Sentivo il mio cuore battere sempre più forte, a mano a mano che si avvicinava.
Il vento lo rendeva ancora più affascinante, accarezzandogli i capelli biondi, che lasciavano intravedere, a tratti, i suoi incantevoli occhi azzurro-verdi, che mi guardavano intensamente.
Potevo vedere le sue spalle forti, in grado di sorreggere il peso del mondo, compresi i miei problemi, che, in quell'istante, non mi sembravano poi così terribili.
Appena mi arrivò vicino, mi fissò perdutamente.
Mi sentii trasportata in un altro tempo.
Come se vivessi con lui, in una storia senza confini.
Quindi, protese le sue braccia verso di me e prese le mie mani, infreddolite, riscaldandole fra le sue.
Il suo calore mi toccò fino nel profondo, sciogliendo tutto ciò che c'era stato di triste, fino ad allora e che aveva reso così ghiacciato il mio cuore.
Sentii il suo respiro, caldo, unirsi al mio, mentre si avvicinava al mio corpo, in un abbraccio unico ed infinito.
Io lo guardai completamente rapita, ma con stupore.
Mi aveva detto che non mi avrebbe mai potuto toccare, né io avrei potuto farlo con lui.
Allora che cosa era cambiato?
Perché, ora, accarezzavo le sue spalle e, appoggiando la testa sul suo petto muscoloso, potevo ascoltare i battiti veloci del suo cuore?
Come mai ascoltavo le sue dita, comporre la melodia più dolce del mondo, sui miei capelli e sul mio corpo?
In quel momento, per noi, il tempo non aveva più importanza e la storia si era fermata.
Nulla più esisteva, nemmeno quel bosco, profumato, che ci ospitava.
Nessuno dei due osava parlare per non rompere l'incanto, che ci sembrò durare un'eternità.
Ma, purtroppo, ogni cosa ha un termine.
Ogni momento, seppur magico, irripetibile, ha una fine.
Niente esiste per sempre.
Ed io questo lo sapevo bene.
Gabriel lasciò andare l'abbraccio, tenendomi ancora per un po' le mani fra le sue.
Nemmeno lui, come me, aveva voglia di lasciare quel contatto.
Sospirando, mi trasse a sé, di nuovo, abbracciandomi, ancora una volta, appassionatamente e disperatamente, tenendomi stretta.
Poi si allontanò, di poco, sorridendo mestamente.
Iniziò a parlarmi con un tono di voce caldo e seducente.
"Ho avuto un dono meraviglioso, ma temporaneo.
Quello di poterti toccare, anche se solo per un momento.
Solo perché la verità che sto per rivelarti potrebbe farti impazzire ed io vorrei che il mio calore ti rimanesse dentro, per sempre, a riscaldarti il cuore, per alleviare il dolore che avvertirai.
È arrivato il momento di parlarti di tempi dimenticati, in cui la verità è stata volutamente nascosta.
Taciuta, da tanto di quel tempo.".
D'un tratto la sua espressione da sognante divenne cupa, seria.
"Quella sera, in cui perse la vita tuo padre, i servizi meteorologici avevano registrato una temperatura di 4 gradi." .
"Si, l'ho letto sul rapporto della polizia.".
Aggrottai la fronte, scuotendo la testa, nell'intento di voler andare oltre le sue parole, per carpirne il significato nascosto.
Non capivo dove volesse arrivare.
"Angie...".
Fece una breve pausa e mi guardò.
Quindi aprì il suo pugno, lentamente, dischiudendo le dita, lunghe ed affusolate, bellissime, piegando leggermente in avanti il capo, nell'atteggiamento di chi vuole spiegare una cosa ovvia:
"Ebbene...
A 4 gradi, l'acqua non ghiaccia...".
"No.
È vero, non può ghiacciare.".
Chinai il capo, scuotendolo, guardando con gli occhi intorno, come a voler cercare qualcosa, perduta per sempre.
Il mio respiro aumentava affannosamente.
" No, è vero, non può ghiacciare.".
Ripetei.
"Esatto.
Quindi, come avrebbe potuto essere quella la causa dello slittamento dell'auto di tuo padre?
Quella sera, però, nessuno strumento registrò una folata anomala e fortissima di vento, in quell'inizio di autunno.
Su quella strada statale, appena fuori Londra.
Ci fu un turbinio di foglie, che si alzò di fronte al parabrezza della macchina, in cui stava guidando tuo padre.
In quelle condizioni, ci volle poco a far perdere il controllo dell'auto.
Per Isadora fu facile.".
Si fermò un attimo per paura della mia reazione.
E, chinando la testa, a voce bassa, continuò:
"Il resto lo conosci.".
"Isadora...
C'era la sua volontà dietro a quell'incidente?
Ma perché, allora, non prese la vita anche di mia madre?".
" Era tuo padre che voleva: un Lynam.
Doveva vendicarsi per essere stata condannata, proprio da un membro della famiglia Lynam, ad una vita da reclusa in un mondo senza ritorno.".
"Un mondo senza ritorno ?
Ma di che cosa stai parlando ?
Qu...
Quale mondo?".
"Lo stesso dal quale provengo io.
Per questo non puoi nemmeno sfiorarmi.
Io non sono come te.
Isadora dimora in un abisso oscuro, senza fine.
Ed io con lei.
Noi, Creature del Bene, abbiamo il dovere di neutralizzare quelle del Male.".
E, a questo preciso momento, si toccò il bracciale, che portava al polso destro, fissandolo per un attimo.
Mi venne spontaneo di guardarlo anch'io.
Finalmente potevo vederlo da vicino.
Riconobbi la spirale dalle piccole ali bianche, incisa sul metallo lucente.
Ora la frase, incisa sotto al simbolo, aveva più senso: "Pro bono pacis", "per il bene della pace".
Gabriel continuò a parlare.
"E, ad ogni entità oscura deve corrispondere una di luce, in un equilibrio statico ed eterno.
È questo che vive nella Voragine Nera, immutabile nel tempo, eterna come il tempo stesso.
Dopo la fuga di Isadora, da quel baratro oscuro, io l' ho seguita fin qui, perché ero certo, che, dopo tuo padre, il prossimo bersaglio saresti stata tu, una Lynam ".
Poi continuò, sospirando, come chi sente su di sé una colpa devastante.
"Non sono ancora riuscito a perdonarmi.
Non credo ci riuscirò mai.
Scusami.".
E si toccò con la mano la fronte, abbassando lo sguardo.
"È colpa mia, sono arrivato troppo tardi, quella sera.
Non sono arrivato in tempo per salvarlo.
Giunsi quando la macchina stava già sbandando.
Vidi Isadora guardarmi con aria di sfida.
Ricordo ancora il suo sorriso trionfante.".
Si fermò per un attimo e i suoi toni divennero caldi, protettivi.
"Stai tranquilla, non ti lascerò nemmeno per un secondo.
Non ripeterei, mai, lo stesso errore, con te.
Non potevi saperlo, ma ero con te, su quel treno, che ti stava conducendo in questo paese, quando la intravidi.
Ed ero sempre con te mentre scendevi alla stazione e soffiò quel vento forte, ricordi?
Ti fece volare gli appunti, che si sparsero ovunque...
Perfino sulle rotaie.
Non ti accorgesti nemmeno di un treno che stava passando, fischiando, a forte velocità, perché non era la sua fermata...
Se non fosse stato per Juan che ti aiutò a raccogliere tutto, in fretta, forse...
Non posso nemmeno pensare a ciò che sarebbe potuto accadere.".
"Aspetta, ma... ".
Mi portai le mani alle tempie, chiudendo gli occhi, nel tentativo di riordinare le idee.
Mi sentivo confusa.
Troppe erano le domande, troppi i dubbi.
Via, sembrava tutto talmente assurdo!
Tornai con il pensiero alle sue parole...
"Tutto questo non ha senso, perché Isadora dovrebbe uccidermi?
Perché odiava tanto mio padre?
Come avrebbe potuto lui, professore di filosofia, esiliarla in una terra sconosciuta, andiamo!".
"Già.
Infatti, non fu lui a farlo.
Fu un lontano alchimista del XIV° secolo, che, guarda caso si chiamava " Linam ".
George Linam, lo stesso tuo cognome, che, in seguito, con il corso dei secoli, cambiò la vocale "i", di origine latina, in una lettera molto più anglosassone: una "y".
Era un tuo avo.
Lei è qui perché ha giurato di distruggere ogni discendente di quell'alchimista e scoprire il segreto che la riporterà definitivamente sulla terra.
Vuole la terra, vuole il dominio sul mondo terrestre.
Il mio compito è quello di avvisarti.
Sono tornato, insieme a lei, dalla Voragine Nera, per proteggerti e per salvare gli uomini.".
Allungò un braccio, nel vano tentativo di accarezzarmi, ma la sua mano penetrò all'interno del mio viso, come se fosse trasparente.
Senza materia.
Abbassò la testa, sospirando, in una smorfia di sofferenza.
Né lui, né io potemmo sentire più quel contatto fisico, quelle inebrianti sensazioni, provate poco prima, mentre potevamo toccarci.
Il dono di poter sentire i nostri corpi era svanito.
Quell'abbraccio caldo e coinvolgente apparteneva ormai ad un ricordo, tanto crudele perché così lontano, anche se era trascorsa solo una manciata di minuti.
Gabriel alzò lo sguardo verso di me, malinconico e triste, ma allo stesso tempo, preoccupato.
Si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio:
"Angie , stai in guardia.
Io, comunque, veglierò sempre su di te.".
Sporse le labbra, socchiudendo gli occhi, mimando un tenero ed affettuoso bacio sui miei capelli.
Chiusi gli occhi, inebriandomi di quel momento.
Era come se sentissi il contatto delle sue labbra.
Un soffio leggero, che penetra giù, fino nell'anima, a riempire un freddo vuoto, inondando di raggi di luce, un buio sottobosco.
Era lì per proteggermi, davvero e per salvarmi, ma anche per non farmi sentire tanto sola.
"Puoi giurarci, riusciremo a sconfiggere Isadora e rispedirla dove merita." .
La sua voce, da dolce e sensuale, era, ad un tratto, divenuta aspra, determinata, quasi crudele.
Ma fu un attimo.
Quindi riprese il controllo su sé stesso.
Poi, guardandomi ancora una volta con un tenero sorriso, si allontanò.
In lontananza, socchiuse per un momento gli occhi e, riaprendoli, guardandomi dolcemente, si dissolse, lentamente.
Dallo spazio delle illusioni: I simboli, che Angie continua a vedere, infine hanno una spiegazione e la Voragine Nera, finalmente ha un nome e tutto prende i contorni più netti. Come aveva preannunciato Gabriel ad Angie, tutto comincia ad avere più senso e le domande iniziano ad avere risposte precise. Ma non è tutto. Questo è solo l'inizio... Grazie a tutti i quasi 160 lettori affezionati!!! Non dimenticatemi! Tra poco la seconda parte del capitolo, divisa, come al solito, per musica e contenuto dalla prima.
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