Capitolo VII ° Penna rossa- parte seconda
Fuori sul sentiero, invece, c'era una sagoma, definita e immobile, con lo sguardo rivolto alle pareti della casa gialla.
Con le braccia lungo i fianchi e le mani serrate a pugno.
Non osava muoversi, come una guardia del corpo, impegnata a rispettare in pieno il suo dovere.
Di certo non poteva essere la ragazza del pub.
Riconobbi, invece, la figura alta e ben strutturata di Juan.
"Juan?".
Mi chiesi, incredula.
Iniziò a voltarsi e rivoltarsi indietro, cercando con lo sguardo fra gli alberi.
Mi accorsi che, nel frattempo, si era avvicinato a lui, una figura a me familiare, che riusciva a risvegliare, sentimenti nuovi e dolcissimi.
Gli si accostò Gabriel.
Vidi che parlavano, a voce bassa, guardandosi attorno, visibilmente preoccupati.
Che senso aveva tutto questo?
Come potevano conoscersi?
Che cosa avrebbero potuto avere in comune due persone così diverse fra loro ?
Presi una sciarpa e mi infilai il baschetto, perché si era alzato un vento forte.
Quando uscii, Gabriel non c'era più.
Juan mi corse incontro.
"Mio Dio, Angie, ti ho cercata dovunque.
A scuola, eri già andata via.
Il pub era chiuso.
E in biblioteca non c'eri.
Non sapevo cosa pensare...
Non ero più sicuro di nulla.".
"Juan, ma che cosa ci fai qui?
Perché sei così spaventato?
Stai tremando.".
"Io?
No, no, non sono spaventato.
Tremo...".
Ed abbassò, per un attimo, lo sguardo, in cerca di una spiegazione plausibile, per non creare allarmismi.
Ripetè, in cerca delle parole giuste:
"Tremo...
Per il freddo, non senti che gelo?
Si è alzato un bel vento, non trovi?
Accidenti, in Spagna, c'era tutto un altro clima.
Bella l'Inghilterra, eh?".
E rise, più di una risata liberatoria che per la battuta.
"Ma ti ho visto parlare con Gabriel?".
Alzò gli occhi come a cercare di ricordare un nome, che fingeva di non conoscere.
"Gabriel...Gabriel...
Chi, scusa?".
Aggrottò le sopracciglia, tirando indietro la testa, scuotendola.
"No. Non conosco nessuno con quel nome.
Ti sei sbagliata.
Sai, fuori è buio, ci si può confondere.
Poi con questo vento, le ombre degli alberi possono essere scambiate per persone...
Uuuuuuh!".
E mimò un fantasma, sgranando quei suoi occhi scuri ed alzando entrambe le braccia al di sopra della testa.
Mise le mani ad uncino, avvicinandosi a me con fare minaccioso, ondeggiando.
Sembrò ancora più alto di quello che era...
Sorrise, come se volesse esorcizzare, in quel modo, tutte le sue paure.
" Non mi hai ancora risposto, Juan.
Che cosa eri venuto a fare qui, a quest'ora nel bosco?
Che cosa dovevi comunicarmi di tanto urgente?".
Chiesi con fare indagatorio, più per sapere che ruolo avesse Gabriel, in tutta quella faccenda, che per Juan stesso.
"Io ?
Ah, si, me ne stavo scordando...
Così avrei fatto tutta questa strada per niente!
Eh, che furbo, già!".
E così dicendo, si frugò nelle tasche, come a voler cercare qualcosa che nemmeno lui sapeva.
Alla fine, tirò fuori una penna, dal cappuccio rosso.
"Ecco!".
Esclamò trionfante.
"Ti cercavo per darti...
Questa penna...
Di sicuro è tua...
L'ho trovata sul tuo banco, quando sei uscita da scuola.
Disordinata e distratta come sei, ho pensato che l'avessi dimenticata.
E se poi ti fosse servita?".
Tamburellò con le dita, sul suo cappotto, visibilmente imbarazzato:
" Non si possono fare i compiti...
Senza una penna...
E rossa, per giunta...
Già.".
Ed, inspirando a bocca aperta, alzò un dito, scuotendolo in
avanti un paio di volte.
Non sapeva più che cosa dire.
Che cosa inventare.
Quindi strinse le labbra, come chi sta accampando scuse ridicole e, rendendosene conto, ha deciso che è giunto il momento di smettere di offrire uno spettacolo imbarazzante.
Espirando, richiuse la mano a pugno, abbassandola.
" Bhè, ora quello che dovevo fare, l'ho fatto...
E, quindi...
Io me ne andrei...".
Il suo fare impacciato divenne, d' un tratto, serissimo.
Mi sussurrò, all'orecchio, con voce ferma:
"Angie, stai attenta.".
E chiuse gli occhi, sospirando.
Ma si riprese subito, riprendendo quel suo modo di fare, goffo ed intimidito.
Caratteristico di Juan.
"Ehm...
Cioè, voglio dire...
Stai attenta...
A non perdere le penne.
Sono così importanti...".
E cambiò, di nuovo il tono della voce, che divenne quasi solenne.
"Troppo importanti per me.".
Si interruppe un attimo e continuò, cercando di allegerire:
"Cioè, importanti per me...
Voglio dire, per tutti!
Si, cioè, senza penne...
non si può scrivere...".
Mister "Ovvio" aveva colpito ancora!
Ma, non contento, continuò a farfugliare il suo sproloquio senza senso:
"Ed i compiti poi non si possono fare.
Già...
È così.
Ma, credo che, ora...
Farei meglio ad andarmene.
Ora entra in casa, fa freddo fuori.
Allora, ci si rivede, eh, Angie.
Ehm, si...
Credo che mi dovrai rivedere, per forza, sono il tuo prof...".
Alzò la mano, aprendola, in cenno di saluto.
Poi, infilandosi le mani in tasca, se ne andò.
"Ma che idiota!".
Pensai.
Ma chi fa tanta strada, al buio, per una penna.
E poi la penna non era neanche mia!
La gettai in terra, nel buio del giardino, con stizza.
Nulla di quello che aveva detto o fatto aveva un senso.
Perché aveva negato di conoscere Gabriel?
Possibile che potesse essere anche lui coinvolto in tutta questa storia?
Che cosa stava nascondendo?
Come se il professore di storia avesse una seconda identità...
Sembrava come se, in realtà, egli fosse una sorta di supereroe in incognito.
"Ehi, c'è qualcuno qui dentro?".
Mi chiesi, bussandomi sulla testa, ripetutamente, strizzando gli occhi.
Stavo parlando di Juan...
Ok, professore...
Si, va bene, molto attraente...
Ma, andiamo!
Pur sempre un imbranato con i fiocchi.
Rientrai in casa, faceva davvero freddo ed il vento sembrava come impazzito, nel creare vortici di foglie secche e scure, intorno a me.
Decisi di rimandare le mie domande e le eventuali risposte all'indomani.
Quella sera mi addormentai, tenendo stretta la lettera di Gabriel, impaziente di rivederlo il giorno dopo.
Pensai a quanto potesse essere spietato il tempo, così lento quando hai fretta e così veloce, quando vorresti che si fermasse.
Ed io, avrei voluto che la notte passasse in un attimo.
Continuavo a girarmi e rigirarmi nel letto.
Per quanto mi sforzassi non riuscii a prendere sonno.
Avevo in mente un unico pensiero: il mio futuro incontro con Gabriel, il giorno dopo, durante il quale avrei desiderato che il tempo si azzerasse.
Completamente.
Dallo spazio delle illusioni: Nel prossimo capitolo, l'incontro di Angie con Gabriel. Finalmente alcune domande troveranno una risposta, ma il mistero dovrà attendere ancora un po' per essere rivelato del tutto... Non dimenticatemi!!!! Grazie ancora del vostro interesse!!!!
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