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8 ~ Sicurezza relativa

«Quindi, non ci sorprende sapere che stiamo andando a conoscere Cleopatra.»

«Perché mai?» Ribatté Darlina, disgustata dal vedere come l'amica stava offrendo le dita alla chioma di rettili, e come questi zigzagavano tra essi. «Se è reale quella tipa, Artemisia, che nessuno conosce, figuriamoci la Cleopa_ Senti, potresti smetterla di giocare con quei cosi? Oltretutto fino a stamattina manco ti piacevano!»

«Mm, si può cambiare idea, no? E poi senti chi parla. Tu non fai altro che accarezzare le teste che ti hanno usurpato il davanzale.»

«Se permetti, leoncino e capretta, sono più pucciosi di vipere e compagnia strisciante.»

Seduto di fronte alle donne, Sabato, senza alzare la testa ma solo con gli occhi diretti verso l'alto, fissava il cielo oltre il soffitto invisibile, alla ricerca di una quiete inesistente.

«Che cosa guardiamo, Capo?» Gli chiese la testona del Basilisco, imitandolo. Sabato gli diede delle pacche gentili sulla guancia scagliosa, facendo passare il braccio sotto la sua gola.

«Poi ti spiego, caro, poi ti spiego.» Ripeté. Allungando il braccio per accarezzare le sua bestia, l'uomo s'accorse di avere qualcosa che gli premeva il pettorale. Si accigliò. Arricciò il naso e l'orlo superiore degli occhiali gli pettinarono le bianche sopracciglia verso l'alto. Ritrasse il braccio e infilò la mano sotto il chitone. Dentro una tasca interna, della quale non sapeva l'esistenza, ritrovò la moneta da due euro. Fece una smorfia fino a ritrarre il mento.

«È lei. Buon cielo, non me ne ero accorto, di averla ancora.» L'istinto gli suggerì di riporla e di non perderla.

Si voltò verso le schiene dei cocchieri, strisciò più in là e oltre le groppe dei camelidi, scorse all'orizzonte la linea di terra d'approdo. «Siamo quasi arr_» Un'esplosione fece sobbalzare lui e gridare Darlina e Stella. L'aria nell'abitacolo profumò di erba balsamica. La Ninfa Menta era piombata in mezzo a loro attraverso il tettuccio. Le donne, abbracciate per lo spavento, la misero a fuoco a fatica. I serpenti di Stella sibilarono e boccheggiarono aggressivi. La capretta e il leoncino di Darlina soffiarono malevoli contro la creatura degli inferi.

«Signori, stiamo per approdare a Rosetta, o Bashir se preferite.»

«Buongiorno, eh?» Disse Stella, appena la riconobbe. «Sai, credo che forse dovresti trovare una maniera meno detonante per apparire. No, dico, ogni volta rischiamo un infarto collettivo!»

Menta, come niente fosse, si sedette accanto a Sabato a gambe accavallate. Le perle della frangia della veste tintinnarono come campanule al vento. «Vedo che l'avete presa bene la nuova condizione. Ne sono lieta. Non è da tutti accettare di diventare il Basilisco, la Chimera o addirittura la Medusa.»

«Abbiamo pensato alla chirurgia zoo-riduttiva, ma ancora non l'hanno inventata!» Esclamò Darlina, accarezzando le bestiole per calmarle. Il suo respiro però tradiva l'agitazione del momento, e la capretta e il leoncino l'avvertivano.

Stella, seduta a gambe unite, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e sopra le palme delle mani la testa. Gli occhiali neri scivolarono sul naso, svelando il verde acqua dei suoi occhi fissi su quelli scuri della Ninfa Menta.

«La vedo migliorata, signora Di Marino. Ha fatto qualcosa alla pelle del viso?»

Stella ritrasse il volto con uno scatto. «Non capisco perché non funziona.»

Menta sogghignò. «Se sta cercando di pietrificarmi, signora Di Marino, non ci siamo. Non è una capacità facile da usare, specie se si è per due terzi umani.»

«Siamo a posto. Sono una Medusa difettata!»

«Non direi. La chioma di serpenti della Gorgone ha molte potenzialità. Una delle quali, la più abusata, è agevolare la vanità.»

All'udire quella osservazione, nella mente di Stella riaffiorò il ricordo ancora fresco di quando due dei suoi serpenti l'avevano morso la faccia cancellando le rughe. Si mise il dorso della mano davanti la bocca. «Questo, no, non è possibile. Sono vanitosa?»

«SÌ!» Fecero coro Darlina, Sabato e, per burla, lo dissero anche Terrore e Paura, che stavano sempre a origliare mentre cantavano.

La nuova Medusa incrociò le braccia e ruotò la testa di lato facendo oscillare la chioma vivente. Notò qualcosa sulle dita e le studiò.

«E questo smalto?» Allungò le braccia, e allargò le dita per vedere meglio il color bronzo glitterato, che di punto in bianco aveva ricoperto le unghie. «Non mi piace.» Si accigliò.

Menta inarcò le sopracciglia. «Le piacerà.»

Stella avrebbe voluto ribattere, ma cambiò idea appena vide due sponde delimitare il mare sul quale viaggiava la carrozza.

«Siamo entrati nel delta del Nilo. Credevo dovessimo scendere e camminare sulla terra ferma.»

«Passare attraverso le sacre acqua del Nilo è la via più sicura.» Affermò la Ninfa Menta. «Però, il vostro desiderio di sgranchirvi le gambe sarà esaudito non appena arriveremo a Rosetta, o Rashid, come preferite. Da lì proseguiremo per Giza.»

Darlina ebbe un sussulto. I suoi animali da seno fiutarono l'aria emettendo versi con le zanne digrignate. Il Basilisco allungò il capoccione iridato fino a oltrepassare il tettuccio della carrozza. Sabato rimase a bocca aperta. «Capo! Adesso ti passo il comando!»

Sabato farfugliò qualcosa. Non capì. D'un tratto non vide più con i suoi occhi celesti, ma con quelli rubino del Basilisco. La bocca aperta a mostrare tutti i ponti dentari. Stella e Darlina si protesero in avanti verso l'amico. «Che accidenti gli sta succedendo?»

«Il signor Dello Montesilvano sta avendo la prova di ciò che può fare quando assume il comando del Basilisco.»

«E?» Fecero coro le donne rivolte verso Menta, per esortarla a elaborare più informazioni, ma la ninfa degli Inferi tacque. Si limitò a sbattere le ciglia. Qualcosa alle spalle delle signore la attirò. Darlina e Stella si voltarono a guardare nella stessa direzione. La trasparenza della carrozza galleggiante permise di osservare l'acqua del Nilo ribollere.

«Ma che succede?» Biascicò Darlina.

«State per dare prova delle capacità appena acquisite.» Disse Menta alzandosi. «State per essere attaccati dai reietti.»

«State?» Ripeté Stella. «Che significa state? E chi è che ci sta per attaccare? Ma non doveva essere un posto sicuro il Nilo?»

La Ninfa Menta ghignò. «I reietti sono la parte del popolo dell'antico Egitto che non ha beneficiato dei rituali di sepoltura a causa della loro condotta immorale in vita. Sono stati per questo motivo condannati a vagare non morti per l'eternità. A meno che non li sistemiate.»

«Chi? Ma cosa? Ma che c_» Stella non ebbe il tempo di strepitare che la Ninfa fece un balzo e svanì oltre il tettuccio.

Sabato aggiunse i particolari che aveva richiesto l'amica. «Ragazze. C'è gente molto dotata di polmoni che sta emergendo dall'acqua. Chissà da quanto tempo erano lì sotto. Vengono dalla nostra parte. Chissà cosa vorranno. E come nuotano veloci!»

Stella e Darlina andarono a sedersi accanto a Sabato, ora ritornato a vedere con i suoi occhi, e il Basilisco aveva ritratto il collo.

Darlina strinse le labbra. «Che cosa facciamo? Quelle persone non nuotano, saltellano a mezzo busto nell'acqua, guardate!»

«Ehi! Terrore, Paura! Accelerate con i cammelli!» Formulò un pensiero. "Se è vero che mi dovete ubbidienza dopo che ho inquadrato i nomi dei vostri genitori, dovete darci una mano con quei cosi." I cocchieri si protesero con i busti nell'abitacolo.

«Nonnina Stella Medusa, noi non possiamo aiutarti. Non abbiamo il permesso.» Disse uno.

«Ci hanno detto di lasciarvi in un mare di guai appena se ne presenta l'occasione.» Disse l'altro. Entrambi sghignazzarono prima di svanire in una fumosa esplosione. La carrozza si fermò.

Stella strinse i pugni, lanciò lo sguardo verso l'antica marmaglia che si avvicinava sempre più, poi puntò al lato opposto. «Non abbiamo bisogno di quei mocciosi per far muovere questa carriola!» Oltrepassò la facciata, si sedette sull'appoggio, afferrò le briglie fatte di ombra, diete un colpo di redini e i cammelli scomparvero. «Eh, no! Questo proprio no! Non vi permetto di scomparire, stupide bestiacce!»

«Brava! Li hai fatti sparire!» Recriminò Darlina. «Se hai un'altra idea, lascia perdere!»

«E tu, se ne hai una, datti da fare!» Ribatté l'altra riguadagnando il posto dentro la vettura. «Menta, però, ha detto che la carrozza galleggiante è il luogo più sicuro del mondo.» Un energumeno piombò dentro la carrozza, sfatando così la rassicurazione della Ninfa Menta. Stella e Darlina, invece di urlare per lo spavento, dedicarono un attimo a Menta, per augurarle ogni colorita maledizione conosciuta, e con la pretesa che le fischiassero le orecchie come una caffetteria napoletana caricata male.

Il bestione era alto, spalle larghe, braghe simili a pannolone geriatrico, e seppur fossero cascanti, i muscoli che aveva promettevano pericolo. Mugugnò qualcosa d'ignoto. I connotati decaduti facevano appena intuire il volto umano che era millenni prima. Quando spalancò braccia e fauci, Darlina e Stella per poco stritolarono Sabato che stava in mezzo.

«Qui si mette male.» Sussurrò Sabato.

«Capo, ti passo il comando, attacca!» Sabato non trovò le parole per esprimere la fifa che lo stava paralizzando. Quando però il bestione gli lanciò un manrovescio contro, protesse la faccia con le braccia e chiuse gli occhi. Un agglomerato sabbioso rossiccio lo sporcò tutto. Le donne non credettero a ciò che avevano appena assistito. Lo stesso bestione era sorpreso di vedere il braccio sgretolato.

Stella scosse le spalla dell'amico. «Ehi, Sabatino! Guarda!»

«Ascolta la pupa, Capo! Vedi quanto siamo forti!» Sabato abbassò le braccia. Non aveva nemmeno accusato il colpo. Vedeva l'intruso che si rigirava il moncone. Si alzò.

«Capo! Un gancio!»

L'uomo Basilisco ci provò. Colpì al petto il reietto scaraventandolo all'istante nel Nilo in mezzo al resto della folla ormai a un passo dall'assaltare la carrozza.

«Però!»Disse Sabato, ammirando il pugno che brillava come le scaglie multicolori del passeggero incollato addosso.

«Eh, ora ne mancano un paio di centinaia!» Annunciò Darlina, mentre trafficava con la borsetta. Non s'accorse dell'altro invasore che dal fiume stava per entrare nella vettura, dritto verso lei. Indaffarata a impugnare il suo mattarello da viaggio, ignorò tanto Stella, che farfugliava di stare attenta alle spalle, quanto il pugno di quel reietto che la colpì in testa. L'amica strisciò lontano sul divanetto, il volto nascosto dalla chioma di serpenti. Darlina si grattò il punto colpito. «Ci mancavano pure le zanzare!» Sbottò. Si alzò e appena vide la figura ostile alzò il matterello con tutte e due le braccia, e avvenne qualcosa.

Gli occhi azzurri della capretta divennero fluorescenti. Demoniaci. Spalancò la bocca e sputò un fitto flusso di spine. Darlina per prima era sorpresa. Le scivolò dalle mani il mattarello che sobbalzò fino a colpire la tibia di Stella.

«Ah! Mi hanno colpita, mi hanno colpita! Che male!» Accusò Stella, reggendosi la tibia.

Darlina abbassò le braccia e le mise ai fianchi, stupita del prodigio della capretta. Osservò come il fiotto di spine stava riempiendo il corpo del reietto, e come questi in fine si sgretolò come il precedente. Solo allora la capretta chiuse la bocca e gli occhi tornarono com'erano sempre stati. La donna non resistette alla voglia di accarezzarle la testolina in mezzo ai cornetti. Il leoncino accanto storse il muso, come per dire: "tutto qui?"

Mezz'ora dopo, il Basilisco Sabato era in acqua, a nuotare attorno alla carrozza a velocità innaturale. Al suo passaggio investiva e spappolava i natanti invasori. I pochi che erano riusciti a oltrepassarlo e a salire sulla vettura, presero a botte la Chimera Darlina. Stella, rannicchiata nel suo angolo era sempre più impietrita. Non aveva il coraggio di veder l'amica pestata a morte. "Ma chi ce l'ha fatta fare!" Strinse gli occhi sperando fosse un incubo.

«Ehi, Stella! Fatti colpire anche tu, è rilassante!» Ridacchiò Darlina. La Medusa Stella alzò la testa e il broncio di terrore tramutò in meraviglia. Darlina, colpita come un sacco di patate, stava ridendo. Nessun pugno, calcio, botta da orbi era in grado di nuocerle. Stava lì, a prenderle quasi di proposito.

«Più giù, ragazzi!» Rise ancora. «Sui lombi per favore, che ce li ho sempre annodati.» Sentiva le stessero praticando il massaggio shiatsu.

«Non è possibile. Ma allora è vero. La Chimera è invulnerabile.» Lanciò lo sguardo alla scia acquea dietro Sabato, che se la spassava come l'altra sbatacchiando e affondando mezze dozzine di reietti per volta. La coda del Basilisco, della quale Stella non voleva immaginarne l'origine, frustava e mulinava all'impazzata, scatenando onde e rivoltando decine di metri cubi d'acqua, sotto la quale i reietti perivano come mosche.

Stella contrasse gli occhi lucidi. "Se tutte le caratteristiche dei mostri sono vere, allora io sono l'unica a non essere invulnerabile. Oltretutto come Medusa faccio schifo, non riesco nemmeno a pietrificare con lo sguardo!" Si protesse la gola con le mani. "Prima o poi qualcuno me la taglierà, me lo sento."

Quando Darlina ritenne di essere soddisfatta del "massaggio", accarezzò la capretta, le sollevò il muso e disse: «Su bella, dacci dentro!» L'animale accese di nuovo gli occhi al neon e tornò a sputare spine a flusso continuo. La Chimera Darlina ebbe cura di ruotare attorno per distribuire l'encomio al pestaggio più rilassante del mondo ai ceffi che gliel'avevano offerto.

Un povero pescatore locale, che si trovava di passaggio nelle vicinanze, trovò singolare la nube polverosa che poco distante dalla sua barchetta stava esplodendo. Col remo iniziò a fare manovra d'inversione, mantenendo però lo sguardo teso al misterioso avvenimento. Non poteva immaginare di trovarsi di fronte a una carrozza trasparente, occupata da creature fuori dal comune, e che i reietti millenari, dei quali era a conoscenza solo sotto forma di spauracchio infantile, erano tutt'altro che frutto della fantasia dei suoi nonni. No. Erano reali, e stavano perendo sotto il getto spinoso della Chimera Darlina.

A quel caro pescatore però, non era sfuggito neanche il ribollire dell'acqua attorno, e giurò fosse prodotto da un enorme coccodrillo a due teste, una umana, l'altra di scaglie. Sbatté gli occhi. Il volto bruciato dal sole, serio.

Il Basilisco Sabato, maciullati gli ultimi reietti, saltò nella carrozza. Il respiro sincrono bocca e naso. «Non so voi.» Tirò fiato. «Ma io, sono, a, pezzi.» E crollò sul divanetto libero.

Darlina era già seduta poco distante da Stella. «Non mi sento più le braccia, le gambe.» Tirò lunghi respiri anche lei.

Stella accusava la botta di mattarello alla tibia. «Menomale che ci siete voi», sospirò imbronciata.

«Menomale che ci hanno fatto diventare dei mostri!» Rise Darlina. «Una frase che non immaginavo mai di dire.»

«Adesso che facciamo?» Domandò Sabato, reclinando la schiena sul divano. La mano lanciata ad accarezzare il compagno scaglioso. «Siamo fermi. Ci toccherà sul serio farcela a nuoto in riva, e camminare per la strada così conciati?» L'uomo sussultò una mezza risata.

«Per lo meno adesso siamo più tranqui_» Un verso cavernoso gelò il pensiero di Stella. Due grosse mani artigliate emersero da sotto la carrozza. «Ragazzi! Ve n'è sfuggito uno!» Indicò la testona putrescente che si stava facendo largo in mezzo a loro.

«Io sono stanca, non ce la faccio più.» Biascicò l'amica.

«Vorrei tanto muovermi, ma è come se fossi paralizzato», rivelò Sabato.

«Ehi! Non fate così, proprio sul più bello! Io sono la più vulnerabile! La più delicata, la meno adatta agli scontri!»

Nel frattempo, l'ultimo reietto emerse in tutta la sua stazza. Era più grosso degli altri. Aveva cicatrici ovunque sul torace verdognolo. Muco che volava dal foro una volta tappato dal naso. Occhi che penzolavano attaccati per misericordia dei nervi non ancora vinti dall'usura dei millenni.

«Ragazzi! Sul serio, non facciamo scherzi!»

«Vedrai che te la caverai. È uno solo.» Sospirò Darlina.

«Sarà, ma questo è più grosso, e ha in testa pure una specie di corona!» Sbuffò affranta. «Ehi, Sabatin_» Un sonoro ronfo segnalò l'addormentarsi dell'uomo.

«Niente da fare Pupa, è cotto!» Sottolineò il capoccione iridato.

L'ultimo reietto, rivolto a Darlina, emise versi di non chiara comprensione. Lo stesso fece puntando Sabato, ma quando si voltò verso Stella tacque e l'assalì. La Medusa Stella fece in tempo solo ad alzarsi, ma nulla poté per le mani sudice che le strinsero le braccia. Il nido di serpenti sibilò e si mosse per mordere la faccia del reietto. Un bulbo oculare finì inghiottito da un crotalo nero, l'altro diviso tra tre vipere di diverse specie. Vedendo quello spuntino, Darlina ebbe un rigurgito.

La montagna di muscoli putridi si allontanò, disorientato per aver perso la vista; ammesso che ci vedesse.

«Stella! Che fai lì impalata, avanti, guardalo e prova a pietrificarlo!» La incitò Darlina. «Incrocia lo sguardo!»

«Ma cosa incrocio, che non gli sono rimasti nemmeno gli occhi per piangere a 'sto disgraziato!» Esclamò massaggiandosi le braccia. «Mamma quant'è brutto, non lo posso vedere!»

«Allora fagli un lifting prima!»

Intanto il bestione accecato arrancava. Protese una mano in cerca di un appiglio e lo trovò, sul seno di Stella. Stella divenne rossa in faccia. Gli occhi freddi. «Come osi?!» Scacciò la mano inopportuna, incurante di averla affettata con gli artigli di bronzo, che in sua insaputa avevano sostituito le unghie.

«AH, NO!» Puntò le braccia in alto e poi le abbatté sul reietto. «QUESTO, PROPRIO NO!» Rimbrottò a ogni fendente, incurante delle orecchie che fece saltare, una delle quali arrivò al leoncino di Darlina che lo divorò. No, Stella, offesa dal gesto inelegante del reietto, non badò neppure di stare a squarciargli la gola, d'infilzarlo con gli artigli, di prelevare dal busto il fegato, il cuore, la milza e tutto il caotico nodo intestinale, macellandolo all'impazzata.

No, Stella stava a occhi chiusi a menar artigliate come una pazza. Del trito di reietto furono testimoni solo Darlina, le sue bestiole e il capoccione iridato di Sabato, i quali ce la misero tutta per mettere la testa fuori dalla carrozza e vomitare lontano dalla scena. E lo fecero sotto gli occhi del caro buon pescatore locale, il quale, vedendo sbucare dal nulla le teste di un'anziana signora, di un leone, di una capretta e di un rettile mastodontico, afferrò velocemente la bottiglia di liquore che teneva nascosta sottocoperta e la buttò nel Nilo, come fosse la cosa più fetida del mondo. «Aveva ragione nonna. Alcol è altro nome del male!» Riuscì a dire prima di vomitare pure lui.

Esausta pure Stella, si accasciò sul divanetto. Gli artigli tornarono unghie. Per il resto era tutta impiastricciata di resti di reietto. Dopo un po', anche gli altri due si trascinarono a sedere, uno distante dall'altro. I serpenti della chioma, approfittando del momento di quiete, offrirono un altro bonus a Stella. Si allungarono a dismisura, avvolsero tutto il corpo dell'ospite quasi a volerlo soffocare. Darlina e la testa di Basilisco, assistendo all'ennesimo spettacolo, tornarono a rimettere con la testa fuori dall'abitacolo. Stella non aveva più neanche la forza per opporsi. Però quando i rettili si ritrassero, notò di essere ritornata tutta pulita, priva di graffi, senza il dolore alla tibia, e perfino profumata di ambra.

«Okay, ragazzi. Grazie. Ma la prossima volta, più collaborazione in caso di pericolo, per favore.» Le testoline sibilarono tra loro. Pareva stessero valutando la richiesta.

Sabato, di punto in bianco, sobbalzò. «Oh! Che c'è? Chi mi ha scambiato il dentifricio con la colla dentaria?»

«Non ci credo. Stavi dormendo.» Stella incrociò gli occhi al cielo oltre il tettuccio trasparente del veicolo.

«Perché, mi sono perso qualcosa?»

Darlina agitò una mano. «Meglio così, guarda,» poi sbadigliò. «Sono stanca.» Anche Stella sentiva il peso della giornata, e anche se fece forza per non chiudere gli occhi come i compagni, alla fine cedette. Un attimo dopo un tuono li fece scattare in piedi e urlare in modi che in decenni di vita non avevano mai sperimentato.

«Congratulazioni, signori!» La Ninfa Menta, apparsa con la solita esplosione, assorbì gli sguardi più truci della storia.

«Devi proprio apparire così?» Senza pensarci, Stella le buttò un manrovescio in faccia. La Ninfa degli inferi si fece trasparente, il braccio della Medusa frustò l'aria sbilanciandola e facendola piroettare addosso a Darlina.

La creatura dell'oltretomba tornò materica e, sorda alle vessazioni, si sedette accanto a Sabato. «Avete superato la prova che vi ha mandato Cleopatra. Così ha acconsentito a ricevervi. Mi raccomando, una volta nel suo palazzo, siate a modo, gentili, cordiali, pudici e virtuosi.»

«Che ci vuole vergini?» Darlina reclinò il mento.

«Questa è buona!» Il volto di Stella ritrovò il sorriso.

«No no! Nonna Stella, questo è buono!» Dissero insieme i cocchieri Terrore e Paura sbucando all'interno della carrozza, indicando le manciate di cornetti gelato che portavano ciascuno.

«Non chiamatemi così.» Si trattenne dal dire altro. I gelati in effetti le risultavano invitanti. «Li offriamo anche agli altri?»

«Certo!» Fecero coro i figli di Ares e Afrodite.

Un po' contrariata, la Ninfa Menta col suo gelato in mano, riprese a impartire istruzioni su come rapportarsi alla regina egiziana più famosa della storia. O almeno ci provò, dal momento che squillò il telefono di Darlina, Sabato si scambiava il cornetto con la sua seconda testa, e Stella era alle prese con Terrore e Paura.

«Ma no! Questa canzone l'abbiamo composta solo per te!» Confessò uno dei due cocchieri.

«Immagino che poesia!» Esclamò Stella, osservando le schiene dei conducenti dei camelidi, ora riapparsi pure quelli.

«Sì, fa così!:
Stella stellina,
la morte si avvicina_ AAAAIOO!» I cantanti si massaggiarono le nuche, e Stella dietro loro, si scrocchiava le falangi.

«Adesso intoneremo insieme: "se sei felice tu lo sai batti le mani!"»

Mai urla di terrore, di Terrore, e paura, di Paura, furono registrati da alcun cantore nell'arco di millenni.


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