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7 ~ La coscienza chiama

Stella, Darlina e Sabato si trovarono di fronte a una scelta obbligata. La possibilità di tornare com'erano prima, privi di innesti animaleschi, fece però sì che vedessero un barlume di luce. Ancora a tavola, nonostante la colazione fosse finita e i camerieri avessero sparecchiato da un pezzo, i tre ascoltarono tutto quello che ancora aveva da raccontare Artemisia.

«Mausolo deve tornare al Mausoleo di Alicarnasso al più presto, altrimenti l'umanità perderà la parte più profonda della coscienza. Quella che indirizza alla ragione e ai sentimenti.»

«E questo concetto, l'abbiamo capito», disse Stella, guardando in cagnesco una ciocca di serpenti che le ondeggiava sulla fronte. «Ci pare chiaro anche che non siamo equipaggiati nel modo giusto però. Mausolo ha dalla sua parte i veri eroi del mito. Noi raffiguriamo il motivo per il quale lo sono diventati.»

Artemisia avvicinò due dita agli occhiali neri appena messi. «Tutt'altro che vero, signora Di Marino_»

«Funziona tutto al contrario.» S'introdusse Darlina, a testa bassa a coccolare i musi delle bestiole. «Se ho capito bene, e ne dubito, gli eroi di Mausolo sono corrotti perché lui ha cambiato l'ordine tra il bene e il male.»

Le lenti di Artemisia scivolarono dal naso. Gli occhi scuri brillanti. «Signora Orsolese, è esattamente così», disse sospirando di soddisfazione. «Gli eroi del quale dispone mio marito sono la versione corrotta.»

«È un controsenso», disse Sabato, guancia a guancia col testone del Basilisco. «Se sono eroi, non possono essere corrotti.»

«Quello che dice Sabato è vero solo in parte», ribatté Stella, mossa da una sorta di sfida culturale. «Gli eroi sono stati tali per poco tempo. Alla fine furono tutti sconfitti dalla propria smania di grandezza. Ed è per questo motivo che quelli che abbiamo conosciuto sono tutti corrotti.»

Artemisia allargò le braccia e reclinò la schiena sulla sedia imbottita. «Ecco. Siete più equipaggiati di quanto immaginate. Sapere è potere.» Posò i gomiti sul tavolo, unì le mani e sopra depositò il mento. «Se vogliamo che tutto questo finisca al più presto, dobbiamo agire subito. Adesso, organizzo il vostro viaggio verso casa di una mia amica che saprà darvi preziose indicazioni su come sfruttare le vostre nuove nature, e dove trovare Mausolo.»

«Non correre!» Stella alzò un dito e un lampadario alle sue spalle crollò dal soffitto. Tutti sobbalzarono, si girarono e notarono i frantumi di pietra esplosi sul pavimento azzurro cielo.

Artemisia calò gli occhiali di pochi millimetri, il necessario per appurare che il lampadario avrebbe dovuto essere di cristallo piuttosto che di pietra. Deglutì. "Qui si mette male." Fissò Stella atterrita. "Devo farli schiodare subito!"

«Forse ho un'idea di come farvi schiarire le idee.» Disse Artemisia battendo le mani. La sala pranzo si oscurò, sulla parete priva di decori di fronte agli ospiti, apparve un televisore a schermo piatto, sintonizzato sul notiziario internazionale. Stella, Darlina e Sabato non ebbero più nulla su cui ribattere. La notizia principale riportava il disastro della nave da crociera distrutta e affondata a largo delle Colonne d'Ercole. La sparizione dell'equipaggio e le infinite interviste dei parenti disperati per aver perso i loro cari, suonò come un monito silenzioso che percosse le coscienze dei tre nuovi mostri. Si guardarono l'un l'altro riconoscendosi fortunati e colpevoli per essere i soli sopravvissuti.

Gli occhi di Stella generarono lacrime incontrollate. «Eh, no! Questo no! Assolutamente no!» Tirò su col naso. La voce tremula. «Questo è un colpo bass_ AAAAAA!» La zazzera di serpenti si azzuffò per bere dai suoi occhi, Stella cadde dalla sedia e invano cercò di allontanarla. Darlina e Sabato si alzarono di scatto dalle sedie, incapaci però di aiutare l'amica.

«Ma che cosa le sta capitando? Santo cielo, le stanno mangiando la faccia!» Esclamò Darlina. Artemisia piegò la testa, impassibile. Attese che i serpenti ritornassero al loro posto. Poi si offrì di aiutare la donna a rialzarsi. Era come sorreggere un enorme budino tremolante.

«Non deve temere, signora Di Marino, quando succede questo evento.» Disse facendola accomodare di nuovo sulla sedia. «I serpenti della Medusa si nutrono delle lacrime della proprietaria.»

«Allora, moriranno obesi!» Soffiò Stella, che effettivamente non aveva accusato nessun danno.

Artemisia, senza aggiungere altro, ottenne il consenso per organizzare il viaggio d'inizio della missione, che sarebbe iniziata il giorno dopo. Nel frattempo consigliò gli ospiti di riposare. Stella, Darlina e Sabato fecero di meglio. Andarono dritti in spiaggia a prendere il sole e a fare il bagno in mare, visto che non era una zona ignorata dai bagnanti.

«Che razza di vacanza, ragazzi.» Lamentò Stella in bikini viola, sdraiata sul lettino, con un mano un cocktail di frutta e il corpo lucido di filtro solare. Gli occhiali da sole che riflettevano il Mediterraneo.

«Avremo qualcosa di più interessante da raccontarci», ribatté Darlina, distesa sul lettino accanto, la pancia all'aria e le lingue della capretta e del leoncino a sottolineare la sofferenza da calura.

«Ma non ti danno fastidio quelli?»

«Ah, ti riferisci a...» Indicò la capretta e il leoncino. «È stata più la paura stamattina vederli al posto delle mie solite bombe. E pensare che erano le uniche cose mi stavano su, nonostante l'età.» Spiegò agitando il ventaglio che teneva sempre nella borsa. «E tu, quei serpenti in testa? Come ti fanno sentire?»

«Ah. Non sono i serpenti che mi fanno paura. Non me ne hanno mai fatto. Vedermi circondata da loro però, sfido chiunque a rimanere lucido.»

«E Sabato?»

«Non credo abbia realizzato appieno la situazione.» Stella indicò col mento l'increspatura sul mare che seguiva Sabato, che nuotava alla velocità di una moto d'acqua.

«Ehi, Capo! Mi piace l'acqua!» Disse la testa iridata, ben tesa in avanti.

«È bello nuotare, visto che avevo ragione!» Rispose Sabato tra una bracciata e l'altra.

Da una finestra del Mausoleo, Artemisia di tanto in tanto controllava gli ospiti. «Hanno sangue freddo. Guarda come sono rilassati.» Un inserviente interruppe le congetture.

«Vostra sepolcralità, il collegamento è pronto.» Artemisia seguì la strada segnata dal servo, fino a fermarsi nella stanza piramidale situata in cima al mausoleo. La postura solenne, crollò.

«Porca tomba quante scale ho messo che sfacchinata! La prossima volta istallo un ascensore, e con il condizionatore!» Disse piegata in avanti, zuppa di sudore e il respiro asinino.

Quando giudicò accettabile il ritorno del respiro, si raddrizzò e allargò le braccia di fronte all'ara incisa in mezzo alla piramide, dove un fuoco d'oro si accese. Pensò alla sua amica secolare. Una donna virtuosa, a modo, gentile, delicata, educata. Un fiore di campo. La fiamma dopo un po' si aprì come un bocciolo e in mezzo apparve l'immagine di una donna immersa in un liquido lattiginoso. Lo sguardo acuto.

«BRUTTA CRETINA! MA CHE TI SEI BEVUTA IL CERVELLO?!»

Artemisia si tappò le orecchie e voltò la testa.

«Buongiorno anche a te!»

«LASCIA PERDERE I CONVENEVOLI E MANDAMI IMMEDIATAMENTE I PRESCELTI! HAI COMBINATO UN BEL CASINO LASCIANDO LIBERO MAUSOLO! LA TRIBUNA DEGLI INFERI È NEL CAOS!» Dalla bocca della donna nelle fiamme provennero onde sonore talmente dirompenti che disfecero l'acconciatura di Artemisia facendo schizzare la tiara contro il muro dietro. Per poco ella stessa non cadde sul pavimento.

«Non è andata esattamente così e lo sai! E datti una calmata una buona volta! Se continui così farai cagliare il latte del tuo bagno! Sento già odore di pecorino!»

La donna per un soffio non muggì. «Mi auguro almeno che siano all'altezza del pasticcio che hai provocato!»

«E che vuoi da me, quando li vedrai giudicherai tu stessa!» Ribatté l'altra, massaggiandosi i contorni delle orecchie assalite da fitte crampiformi. «Devo avvertirti però, che_»

«Va bene, va bene. Falli venire al più presto!» La liquidò veloce la donna nel latte, e senza ascoltare una parola di più, svanì nel fuoco che si spense di colpo.

«Ecco qua un'altra stronza!»

Quando abbandonò il tetto piramidale del mausoleo, Darlina aveva fatto in tempo a intrufolarsi nella cucina, dove si era messa a impartire lezioni al personale addetto. Il mare e il sole le piacevano, ma aveva sempre avuto una scarsa resistenza a tenere le mani in mano. Oltretutto provava piacere nell'illustrare le meraviglie contenute nel suo famoso ricettario. Oggetto che attirò l'attenzione di Artemisia non appena si trovò a passare nelle vicinanze. Lo vide tra le mani della nuova Chimera e le parve fosse una qualche fonte di verità trascendentale. Approfittando della loquacità dell'ospite, entrò in cucina con discrezione e si mescolò con lo staff di cucina.

Darlina la notò e le sorrise mentre stava dando dimostrazione della preparazione di una sua specialità. La invitò poi a porre domande, se ne sentiva il bisogno, e Artemisia colse l'occasione.

«Quel libro, è magico?» Le chiese indicandolo.

«Dipende!» Scattò a ridere. «Se usato bene, è in grado di prendere per la gola chiunque!»

La padrona di casa travisò l'espressione. «Davvero? Anche prendere per la gola il marito?»

«Sicuro! Marito, amante, fidanzato, bambini schizzinosi...» Rise di gusto Darlina.

«Ma allora è un libro magico davvero!» Realizzò osservandolo con avidità. Darlina, divertita dalla piega fantasiosa che aveva preso la sua lezione, alla fine decise di regalarle una copia del libro.

«Se vuoi un risultato perfetto, prova con la parmigiana, pagina sessantanove.» Le fece l'occhiolino. Artemisia prese alla lettera il suggerimento e cominciò, giorni dopo, a dilettarsi in cucina, con quelle che lei aveva inteso essere preparazioni magiche.

Alla fine, il proposito di Stella di evitare l'acqua del mare fu vinta dalla calura. Si alzò dal lettino e raggiunse il perimetro umido. Il contatto con il bagnasciuga, fresco e accarezzato da veli di mare schiumosi, le provocò brividi su tutto il corpo accaldato. Sorrise. Prese coraggio e avanzò nella fresca sabbia reticolata da fili di luce del sole. Piegò i gomiti e strinse i pugni. «È freddo questo punto!» Sorrise alla scoperta sul fondo tremolante di una creatura che le era cara, una stella marina che strisciava lenta. Le era cara perché suo padre era un biologo marino, innamorato delle stelle marine, ragion per cui le aveva dato il nome riferito all'animale piuttosto che alle luci del firmamento. Il cognome poi era fagiuolo cascato per volere del destino.

La prodezza subacquea di Stella non fu apprezzata dai serpenti sostituti dei capelli, tranne da alcuni acquatici che si allungarono diversi metri per tuffarsi nell'acqua man mano che la donna avanzava verso il largo. Il resto dei crotali stettero ben lanciati verso l'alto, dritti come spaghetti di ferro per evitare il contatto col mare. La manovra per rimanere asciutti però fu vanificata da un'onda provocata dall'arrivo di Sabato, il nuovo Basilisco.

L'acqua in faccia irritò anche Stella, che ne bevve un po'.

«Ehi! Ciao pupa marina!» Salutò la testona dalle scaglie iridate. Sabato scattò il volto alla sua direzione.

«Ti piace proprio?»

Stella tirò un respiro ostacolato dall'acqua finita nella gola. «A me no!» Con le mani scacciò le gocce di mare che le rigavano il volto. «Questo no! Non mi piace assolutamente! L'acqua di mare in faccia! Fa venire le rughe!» Protestò, e Sabato ruotò gli occhi celesti al cielo. Poi ne approfittò per nuotare sul dorso attorno all'amica che continuava a lamentarsi.

«Perché non ti fai una nuotata? Fino a quando ricordo, nuoti come una sirena.»

«Non chiedermelo. Non lo so. Non riesco a lanciarmi. È una conquista già camminare dentro l'acqua.» Fece una smorfia a vedere il serpente mocassino acquatico, e uno sottile a righe bianche e nere disegnare curve sinuose nel mare blu.

«Ehi, pupa!»

«Piantala di chiamarmi così, Geco parassita!» Ringhiò quasi Stella, fronteggiando il muso del Basilisco allungatosi verso lei.

«Guarda cosa ho pescato per te!» L'animale sputò un ramo di corallo rosso colpendola in fronte. Stella accusò il colpo, Sabato accorse in aiuto, anticipando tre gabbiani scesi in picchiata attratti dai serpenti scambiati per succulenti pesci gattucci; ma si accorsero d'aver sbagliato prede solo quando furono divorati all'istante da essi.

L'uomo, mentre consolava Stella/Medusa, tenne un occhio attento allo scempio che stavano consumando i rettili. Piume svolazzanti e scarti di becchi piovvero all'insaputa della donna che si copriva la faccia e malediceva il rettile compagno di Sabato.

«Ma cos'è successo?» Disse quando finì il repertorio di rimproveri.

«Nulla di cui preoccuparsi, cara!» Affermò Sabato, trattenendole il viso per non farle realizzare il massacro sopra la testa.

«Però! Ti dona la nuova acconciatura!»

«Oh! Sabato!» Stella era sorpresa e un tantino confusa dalla strana situazione, sottolineata anche dalla fatalità di occupare il centro del cuore che avevano disegnato i serpenti acquatici allungati in mare.

«Eh! Te l'ho detto Capo! È figa!» Avanzò il giudizio il testone multicolore allegro, rovinando di colpo lo strano momento. Tutto sommato, gli amici convennero fosse saggio tornare al Mausoleo e fare finta non fosse successo nulla.

Il resto della giornata trascorse tranquilla. Artemisia aveva organizzato la partenza degli ospiti per il giorno dopo. Darlina, grazie alle sue doti culinarie, aveva accumulato nuovi ammiratori da parte del personale di cucina del Mausoleo.

Artemisia poteva dirsi soddisfatta. I prescelti dal destino avevano deciso d'intraprendere la missione, ragion per cui apparve assai rilassata a cena. A dire il vero anche Sabato, Stella e Darlina iniziavano a sentirsi a proprio agio con le nuove forme assunte. Trascorsero la notte in tutta tranquillità.

Il risveglio al mattino successivo fu meno traumatico del precedente. Ognuno si preparò per la partenza scegliendo l'abito secondo loro più adatto. Ma non ce ne fu bisogno. Darlina si svegliò con una veste dorata, scollata al punto da poter lasciare in bella mostra la capretta e il leoncino. Sulle braccia, legacci incrociate impreziositi da gemme gialle, e la veste ampia stile impero le dava l'agio di muoversi. Ai piedi sandali adeguati alle dita artigliate. Quando si specchiò si disse: «Grazie a chi mi ha vestita. Un lavoro in meno!»

Sabato col passeggero iridato, si ritrovò avvolto in un chitone bianco e porpora. Sembrava cucito addosso. Quando se ne accorse, e non dopo poco tempo, fece una smorfia. «Sembro Nerone!»

Stella invece, dopo gli abituali esercizi di ginnastica, andò dritta a sedersi davanti allo specchio a studiarsi il viso. I rettili frondosi ondeggiavano e strisciavano l'uno sull'altro. Ma non erano loro ad aggiudicarsi la sua attenzione. Erano le rughe. Fece per aprire il vasetto del cosmetico, ma alla fine desistette e lo buttò dietro le spalle.

«È la fine. Addio fascino. Ogni giorno questi solchi sul viso mi tolgono la voglia di specchiarmi. Mi ci vorrebbe un aiuto dall'alto.» Gli occhi verdi acqua demoralizzati.

«Stella! Andiamo! Dobbiamo partire!» La voce di Darlina dietro la porta non la sfiorò nemmeno.

Stella caricò al minimo la voce. «Veng_ ma cosa?» E quel poco che voleva dire fu interrotto da due serpenti protesi dalla chioma vivente. Si allungarono curvando eleganti su ciascun lato del viso della loro padrona, quasi a volerla abbracciare. Uno era un serpente corallo, l'altro una vipera striata.

«Che intenzioni avete voi due? Guardate che non ho proprio l'umore adatto per...» I due rettili le mostrarono i dorsi e Stella notò che alcune scaglie stavano scurendosi fino a formare delle sillabe. Le lesse, nonostante l'incredulità.

Puntò quello a sinistra. «Lif_» Poi a destra. «_ting.» Sbatté gli occhi. «Lifting?» Deglutì. I serpenti spalancarono le fauci mostrandole le minuscole zanne a sciabola gocciolanti veleno. Lei si irrigidì, cacciò un urlo, ma non poté evitare loro di morderle gli zigomi. Cadde riversa come il mattino precedente. Darlina, allarmata, aprì la porta e la soccorse.

«Oh, santo cielo! Stellina!» Si piegò come poté, dato l'ingombro animalesco sul davanzale, e in qualche modo l'aiutò a sollevarsi. «Ma cosa ti è successo? Perché hai le mani sul viso?»

«Chiama un'ambulanza. Questi serpenti bastardi mi hanno morso!»

Darlina rimase impietrita. "Non immaginavo che queste bestie che ci ritroviamo incollate addosso potessero ribellarsi!" Di colpo l'idea di partire per la missione cominciava a non piacerle di nuovo.

Il trambusto richiamò l'attenzione di Artemisia, e appresso anche Sabato, che raggiunsero la stanza di Stella. Darlina appena vide la padrona del Mausoleo l'assalì. «Ehi, tu! Non ci avevi mica detto quanto fossero pericolose queste bestiacce che ci hai cucito addosso!» Gli occhi marroni duri come macigni. «Stella è stata appena morsa in faccia dai serpenti!»

Artemisia era incredula. Lo si vedeva dal volto contratto. Come se avesse appena udito una scempiaggine. Si avvicinò alla donna Medusa e le accarezzò le mani.

«Signora Di Marino, mi faccia dare un'occhiata.»

Stella rimuginò la sua esclamazione rituale, soffocata dalle mani che teneva premute in faccia. «Ah, no, questo, no, assolutamente, no!» Il respiro forzato. Artemisia prese coraggio e la obbligò a mostrare i segni dei morsi. Il suo coraggio però era qualificato dagli occhi tenuti socchiusi e dalla speranza di non tramutarsi in pietra non appena avrebbe incrociato lo sguardo con la Medusa.

Le mani di Stella cedettero sotto la presa di Artemisia e le mostrò il danno.

«Per Ade e Persefone e tutta l'oltretomba!» Esclamò sconvolta la signora del Mausoleo. «Si guardi! Si guardi!»

Stella si strinse sulle spalle, puntò il dito contro il soffitto, poi ovunque, e ruotò il busto verso lo specchio. «AH, NO! ASSOLUTAMENTE NO! NON MI SPECCHIER_ WOW!» Bloccò la sfuriata appena realizzò il danno. Avvicinò il volto sulla superficie riflettente. Non c'erano nemmeno i segni dei morsi. Tutt'altro. Non c'era più nemmeno l'ombra di una sola ruga.

Si allontanò dallo specchio, stavolta con un broncio allegro. «Hem. Bravi ragazzi, ben fatto!» Disse rivolgendo lo sguardo alla chioma. I serpenti artefici del restyling ruotarono gli occhietti artigliati al soffitto, come per dire: "sul serio credeva che volessimo ammazzarla? E noi poi come sopravviviamo?"

Stella si schiarì la voce. «Tutto a posto. Possiamo andare.» Disse come se non fosse successo nulla. Non si accorse nemmeno d'indossare un abito lungo ellenico, tutto bianco. Si premurò soltanto di recuperare la borsetta e di ricontrollare allo specchio il beneficio insperato, e completare il look con gli occhiali da sole. Sabato e Darlina repressero l'impulso di prenderla a schiaffi.

Artemisia aveva sudato freddo. "Non ho idea di cosa possano fare il Basilisco e la Chimera, ma quella Medusa..." Rabbrividì per il rischio appena corso. «Signora Di Marino.» La fermò sulla porta. «Non tolga gli occhiali da sole. Se pietrificasse qualcuno è la fine. Non esiste nessun modo per invertire l'effetto. Mi capisce?»

Stella strinse le labbra e sistemò meglio gli occhiali. «Se accadrà non sarà una mia responsabilità. Non ho voluto diventare la Medusa.» Il ringhio di Stella la colpì, ma non retrocesse.

«Dico solo che al vostro posto sarei più cauta. Tutto qui.»

Darlina si assunse il compito di trascinare Stella lontano da Artemisia. «Vieni che dobbiamo andare, non fare capricci.» Disse invece di: "chissà che guerra scatenerebbero 'ste due".

«Il punto di partenza è la spiaggia, la via il mare.» Annunciò Artemisia appena scortati gli ospiti fuori dal Mausoleo.

«Mica vorrai farcela fare a nuoto?» Protestò Darlina. Artemisia sbuffò un sorriso.

«No.» Raggiunse il bagnasciuga e protese un braccio verso il mare.

Sabato aveva intuito cosa stava per emergere dall'acqua. La carrozza fatta d'ombra fumosa, trainata dai tre cammelli e il dromedario, guidati da Terrore e Paura, ritornò dalle profondità degli abissi e oltre. Appena la vide cominciò a fare esercizi di riscaldamento per le braccia, prevedendo di dover buttare a forza dentro l'abitacolo le sue amiche. Ma non ce ne fu bisogno. Gli allegri cocchieri degli inferi fermarono la carrozza galleggiante una ventina di metri lontano dalla spiaggia.

«Torno a ripetere che non ho intenzione di nuotare!»

«Non credo ce ne sarà bisogno.» Disse Stella. «Guarda. Dalla carrozza sta venendo verso noi una specie di passaggio. Sembra una passerella tutta nera.»

Infatti, un tappeto d'ombra si allungò sulla superficie del mare fino alla spiaggia. Artemisia esortò gli ospiti ad andare. Solo che nessuno si fidava di quel passaggio. Nessuno tranne Sabato che, per coraggio o per incoscienza, ne testò per primo la solidità. «Venite! È sicuro!»

Stella e Darlina si guardarono l'un l'altra. Fecero spallucce.

«Da qualche parte doveva pure iniziare quest'altro viaggio.» Disse Darlina, avviandosi balzello dopo balzello sulla lingua ombrosa.

«Già.» Ribatté asciutta Stella, che rimase di proposito dietro ai due. Si voltò verso Artemisia.

«Tanto per sapere. Dove stiamo andando?»

«In Egitto. Da Cleopatra.» La serietà di Artemisia demolì il proposito di Stella di lanciare un'ultima frecciatina. «Signora di Marino!» Stella si voltò. «Farò tutto quello che è in mio potere per assistervi.»

La nuova Medusa ruppe il rigore sul volto con un accenno di sorriso. «Ci conto.» Disse infine, e si incamminò sul tappeto d'ombra fino a raggiungere la carrozza.

«Se ancora non lo sapete, stiamo andando a conoscere Cleopatra.» Annunciò sedendosi sul divano nero dov'era già Darlina.

«Esiste pure quella?» Domandò accigliata Darlina, guardando ora l'amica ora Sabato seduto di fronte.

«A quanto pare.» Fece eco Stella, incuriosita ora dall'espressione assunta da Sabato e dalla testona iridata del compare. «A che pensate tutti e due?»

«No, niente...» fece eco Sabato/Basilisco, perso nell'immaginare una Cleopatra super sexy.

«Tutti pronti?!» Tuonarono Terrore e Paura.

«Fate partire 'sto carrozzone», sospirò Stella.

E la carrozza trainata dai camelidi partì sulle note di:

«Magari ti chiamerò
trottolino schifoso
e t'incenerirò...»* alla volta del misterioso Egitto.

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* Vattene amore, Mietta e Minghi

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