4 ~ Non nominare in vano!
Sotto il cielo sereno, una macchia nera risaliva la china della gigantesca onda blu prima di abbattersi contro quello che era rimasto della nave per annientarla una volta per tutte. I musi dei cammelli e del dromedario, pilotati da Paura e Terrore, fendevano in verticale la massa liquida come fosse la cosa più normale del mondo. Altrettanto normale non la trovarono quella situazione Stella, Darlina e Sabato, i quali non avevano nessun desiderio di sperimentare ciò che provano gli astronauti a viaggiare in posizione verticale.
Completamente a suo agio stava invece la ninfa Menta, sdraiata sul comodo divanetto di fronte, a osservare come gli occhi dei suoi ospiti uscivano fuori dalle orbite. Essi infatti notarono l'insolita traiettoria che aveva assunto il carro, sapevano che messi così avrebbero dovuto sentire la forza di gravità schiacciar loro le schiene. Il fatto era che dentro quel carro funebre, quella legge della natura, non esisteva. Abolita. Viaggiavano come se il tragitto fosse in piano.
La ninfa Menta ruppe il silenzio subito. «Adesso che siamo tranquilli, cari signori, possiamo organizzare per bene la vostra missione.»
«Mi scusi. A parte il fatto che non mi è chiaro il vostro concetto di tranquillità, c'è da fare altro oltre a sopravvivere?» domandò Stella, in preda alla tremarella.
«Certo. Dovete trovare Mausolo e condurlo al cospetto di Artemisia. È l'unico modo per poter salvare i passeggeri sequestrati» annunciò la creatura sbattendo le ciglia.
«Perché non chiamare la polizia, le forze dell'ordine?» suggerì Darlina. «Sono più congeniali in casi come questi, no?»
«Casi come questi» ribatté Menta, sbattendo ancora le ciglia, «non dovrebbero interessare il vostro mondo. Purtroppo è successo. E secondo le leggi stipulate dai numi maggiori, solo un appartenente al mondo naturale ha la facoltà di rimettere in ordine le cose del mondo soprannaturale.»
Il carro sbucò sulla cresta dell'onda e Paura e Terrore lanciarono un vittorioso grido lugubre. Ora la via era tutta in discesa e la legge di gravità decise di farsi sentire nelle vesti di una infinita discesa come nelle montagne russe. Stella e Darlina urlanti e atterrite stritolarono Sabato in un abbraccio sfonda costole. Secondo i cocchieri, il punto critico era superato, perciò lasciarono le briglie e affidarono ai camelidi la scelta dell'andatura da seguire.
Stavano per stendersi sul poggio, posare le gambe sui sederi degli animali e incrociare le braccia dietro le nuche per godere di un attimo di pausa, senonché furono attratti dall'urlo degli ospiti. Incuriositi, oltrepassarono la carrozza come fossero fantasmi, rimanendo solo col busto dentro e il resto fuori. I tre amici volevano destinare anche a loro urla di spavento, ma la caduta a briglie sciolte del veicolo le pretese tutte per sé.
«Hei! Zietta Menta, che strane salme hai pescato stavolta!» esclamò Terrore.
«Sì, è vero, sono strane. Queste parlano ancora! Non ce ne siamo accorti prima!» aggiunse Paura ridacchiando. «Oltretutto sono ragazzini, per giunta straccioni!» alluse al completo rosa antico maciullato di Darlina, al tubino blu navy di Stella con uno spacco non previsto dal sarto, e per non parlare di Sabato, che era rimasto in mutande, camicia e giacca.
«Questi sono vivi» tagliò corto la ninfa annoiata. «E non sono vostra zietta!»
«Strano! Eppure puzzano come cadaveri!» sghignazzarono i cocchieri.
«Ma poi, perché tre? Di solito ne basta uno da usare come carne da macello» puntualizzò Terrore.
«Che vuoi che ti dica» sbuffò Menta. «Trovarne uno è difficile. Due è impossibile. Tre in una sola volta... boh! Artemisia saprà cosa farne.»
Intanto la discesa sul dorso dell'onda terminò. Ora il carro procedeva sul pelo del Mar Mediterraneo poco mosso. Darlina e Stella rimuginavano sulla brutta fine che vedevano vicina. Stella però a un certo punto rafforzò la lucidità. Tossicchiò.
«Senta, signora Salvia, noi 'sto giro lo saltiamo» annunciò appena compresa la relativa sicurezza offerta dal mezzo di trasporto sovrannaturale. «Devo assolutamente tornare a casa. Mi attende un convegno sulle scoperte storiche della Magna Grecia, e non posso assolutamente mancare. Io sono la curatrice e capo didatta della discussione! Ci sarà pure la televisione nazionale.»
«Uh! Ma cara Stella, che meraviglia!» esclamò Darlina staccandosi dal braccio, anchilosato, di Sabato. «Sono felice per te. Ma non ce l'avevi detto, ma perché?»
«Ve l'avrei detto. Avrebbe dovuto essere oggetto di discussione questa sera a cena.» Il tono rassicurante di Stella e la virata repentina del discorso lasciò la ninfa Menta a bocca aperta. Le ciglia impazzite a furia di sbattere.
«E tu? Deliziosa "Pantofolina", che mi dici di quel programma?» domandò a Darlina.
«Oh, morbidissima "Babbuccia", guarda, io ho superato le selezioni, tieniti forte, niente meno che per il programma della Clerici!»
«Ma è fantastico, cara! Non so che darei per vederti friggere polpi in diretta!»
«Tua nonna frigge i polpi!» digrignò la dentiera Darlina.
Il discorso tra le due donne proseguì, ora orientato su quanto facessero male: le braccia, le gambe, i lombi, i fianchi i colli... A sentire quelle due, i volti di Sabato e della ninfa Menta crollarono di lato e gli occhi scelsero un punto a caso nel cielo.
«Ma fanno sempre così?»
«Di solito peggio. Saranno stanche oggi»
«Ma perché tutti questi dolori adesso? Mi sembra di essere masticata da uno squalo!» disse Stella puntando il mare sotto i piedi. «Proprio come quello!» indicò l'animale evocato che in carne e ossa stava puntando a fauci spalancate la carrozza.
Sabato, mezzo stonato dai discorsi delle amiche, abbassò lo sguardo sul pavimento trasparente della carrozza. Un luccichio lo aveva attratto. Non era la corona di denti triangolari dello squalo a brillare, cosa che rinverdì la paura di Stella e Darlina facendole strillare come mai prima. No. Era la dannata moneta da due euro che ammiccava in tutto il suo splendore. Sabato allungò il piede, dal momento che le donne lo stringevano forte ai fianchi impedendogli di piegarsi per recuperare l'esigua valuta.
Mentre le amiche gridavano ai cocchieri il saggio consiglio di accelerare, la ninfa Menta le esortò a restare calme. Cosa al momento impossibile.
«Signori, state tranquilli. La carrozza è inattaccabile. Al momento è il posto più sicuro» spiegò con poco entusiasmo e con gli occhi imploranti al cielo visibile oltre il tettuccio trasparente. Difatti, lo squalo, nonostante la bramosia di un veloce pasto, abboccò la carrozza, o almeno così aveva creduto, dal momento che la oltrepassò come fosse una illusione proiettata sul pelo del mare. Nonostante ciò, la sensazione di essere oltrepassati da un bestione marino scatenò nelle donne il peggiore moto di terrore. Nemmeno quando l'animale si rituffò in mare a bocca asciutta Darlina e Stella smisero di gridare. Sabato, intanto, in qualche modo riuscì a lanciare un piede e recuperare finalmente le due euro e a metterle al sicuro dentro il taschino della camicia. Il volto soddisfatto.
Le amiche lo fissarono ammutolite. Sbigottite dal recupero di quella insulsa moneta. Sembravano chiedergli con gli occhi quanto fosse importante per lui quella cosa.
«Che c'è? È successo qualcosa?» domandò Sabato rimasto completamente all'oscuro dell'assalto dello squalo.
Le braccia della ninfa Menta crollarono.
«Ciao salme! Come procede il viaggio?» si intromisero di nuovo i cocchieri sbucando per metà corpo nella carrozza. Stella e Darlina sussultarono appena. Ormai cominciavano ad abituarsi, più o meno, a tutte le assurdità alle quali stavano assistendo.
«Terrore, Paura, ritornate a pilotare il carro! Non abbiamo tempo da perdere!»
«Uffa, zietta Menta!» cantilenarono i due. «Volevamo solo socializzare con i morti viventi!» ridacchiarono, incuranti degli sguardi ora omicidi dei passeggeri. Comunque, ubbidirono e tornarono a cantare.
«Vieni, sulla strada del bosco
Il tuo loculo conosco
Puoi conoscerlo tuuu...»
Darlina si sentì oltraggiata. «Era la canzone preferita di mia nonna!» esclamò, poi si rivolse alla ninfa Menta. «Non è possibile cambiare musica, questa è la playlist del Demonio!»
«È probabile» sospirò la creatura sovrannaturale. «Duecento anni fa li avevo visti assieme durante un convegno tra i Pantheon mondiali che chiacchieravano di melodie allietanti.»
Stella cercò di non mettere assieme tutti gli elementi che aveva assimilato, ma il suo cervello ebbe la meglio.
«Ammesso, e sottolineo molte volte il termine, che tutto quello che è successo fino adesso e continua ad accadere sia vero, vuol dire che esistono sul serio eroi come Ercole, Perseo?»
La ninfa Menta abbandonò la posa rilassata e si protese verso Stella. «Finalmente un'apertura mentale.»
«E seguendo la stessa linea tu dovresti essere?» domandò Stella indicando Menta.
«Me lo dica lei, signora Di Marino» ribatté la ninfa.
«Tu, sei l'amante di Ade.»
Darlina scosse la testa catturata dal discorso appena nato. Sabato fece un occhiolino e alzò un pollice.
«Qualche scappatella ogni tanto è approvata!»
«Mica tanto!» esclamò Stella. «La ninfa Menta fu punita da Persefone con la sterilità...»
«Hem, hem!» tossicchiò Menta, forse in imbarazzo. «Sono qui, nel presente. E comunque non c'era bisogno di scendere in particolari che non vi sono utili» sospirò infine. «Comunque, signora Di Marino, continui pure il suo discorso, la prego.»
Stella, mai indifferente alla buona creanza, accondiscese. «Gli omaccioni giganteschi che abbiamo incontrato, Ercole e Perseo, sono considerati da tutti coloro che hanno un minimo di base culturale come degli eroi. Non mi spiego perché invece di aiutare le persone in pericolo sulla nave, abbiano invece fatto il possibile per farli nuocere.»
«Ottima osservazione, signora Di Marino» valutò Menta. «Ho la risposta che cerca. Però, vorrei sapere fin dove arriva il vostro sapere. Ad esempio, nomi come Artemisia e Mausolo, cosa le dicono?»
Darlina socchiuse la bocca, ma non disse nulla. Stella aveva occupato cattedre di prestigio nella migliori università d'Italia. Era impossibile non sapesse ribattere. Infatti Stella, seppur riluttante nel dover dar per vere le leggende che per anni aveva insegnato, espose le proprie conoscenze.
«Artemisia è colei che aveva fatto erigere la tomba del marito, il Mausoleo di Alicarnasso. Difatti, Mausolo è il nome dal quale ha origine il termine mausoleo.»
Sabato e Darlina subirono l'emozione della scoperta come fosse lo strappo di un cerotto su una ferita ancora aperta.
La ninfa Menta sbatté le palpebre a ripetizione. «Ma è sempre così diretta?»
«Sì!» fecero coro secco Darlina e Sabato.
Menta sollevò le spalle. «D'accordo» inspirò. «Adesso tocca a me. Il Mausoleo di Alicarnasso deve contenere i coniugi Artemisia e Mausolo per poter mantenere quello che è rimasto dell'equilibrio tra le luci e le ombre. Insieme formano il simbolo dell'equilibrio della percezione del bene e del male dell'umanità.»
«E che succede se si rompe questo equilibrio?» domandò accigliata Darlina, arci sicura di non aver capito nulla.
«Tutti voi umani perderete la cognizione di ciò che è giusto o sbagliato. Vivrete con la sola esigenze primaria da soddisfare» affermò Menta, pareggiando il modo di parlare diretto di Stella, la quale trasalì. I suoi amici la fissarono chiedendo in maniera tacita una spiegazione a parole più povere.
«Mangiare. Nutrirsi. È la necessità primaria di ogni singolo essere vivente animale o vegetale.»
«Sii più chiara Stella!» sbottò Darlina sempre più accigliata. «Capirti quando parli da maestrina è peggio che decifrare le cifre sulle bollette della luce!»
Stella lanciò lo sguardo a destra e a sinistra, come se il mare ondoso attorno, visto in totale trasparenza da dentro la carrozza galleggiante potesse suggerirle le parole. Ma non aveva bisogno di cercarle. Le conosceva.
«Zombies. Hai presente "L'alba dei morti viventi"? Se questa storia è vera, il bisogno di nutrirci lo soddisfaremo mangiandoci l'uno con l'altro, e non in senso figurato.»
«Oh!» sbuffò Darlina facendo rimbalzare i palmi delle mani sulle ginocchia. «Questa poi. Come se non bastassero tutte le notizie sui telegiornali pieni di omicidi in famiglia!» esclamò rivolta alla ninfa Menta. Poi ritornò a Stella. «Però a me piace di più "La casa" con quel Bruce Campbell terribile e sexy con la motosega al posto del braccio.»
Sabato chinò la testa annuendo.
«Sabato è d'accordo con me.» Lo accarezzò. «Bravo Sabato!»
Stella aveva ancora da dire qualcosa, ma tentennava fintamente interessata alle schiene dei cocchieri e dalle canzoni che cantavano, tutte di gusto macabro.
Menta se ne accorse, mosse le labbra ma fu Darlina a superare loro in velocità. «Perché noi. Perché dobbiamo essere noi a dover fare questa cosa. C'erano un sacco di giovani sulla nave, più gagliardi e forti. Perché proprio noi?»
Menta si avvalse di tutte le sue più profonde convinzioni per risponderle. «Siete stati scelti voi perché tra tutti, nel momento del pericolo avete pensato al vostro prossimo più vicino. Mentre tutti gli altri cercavano di salvare solo se stessi e i propri famigliari, voi, signora Orsolese, avete salvato un gruppo di bambini.» Poi spostò lo sguardo verso Sabato. «E voi, signor Dello Montesilvano, vi siete buttato nella piscina per salvare il figlio di quella povera donna disperata.»
Sabato, sempre a testa china, annuì di nuovo.
E di nuovo Menta tornò a fissare Stella. «E voi, signora Di Marino, avete...» cercò di ricordare la prodezza dell'ultima signora ma si trovò in deficit di ricordi. «Vabbè, c'è un motivo, ora non mi viene...»
«Ehi!» esclamò piccata e imbronciata Stella.
«Per il vostro sapere, deve essere così...» La ninfa cercò di non essere scortese con Stella, malgrado non avesse salvato nessuno. «Sono certa che la vostra progenie dev'essere alquanto intelligente...» Il trillo del cellulare di Stella frenò la scivolata sugli specchi della ninfa. La donna recuperò stizzita il telefonino e rispose borbottando. Almeno fino a quando non scoprì che a chiamarla era suo figlio. Le si illuminò il viso.
«Andrea! Ciao! Sì... sì, sono in crociera, abbiamo appena passato le colonne d'Ercole. Va tutto bene...» la voce più convincente e poco credibile possibile. «Come? Dove si trovano i calzini? Terzo cassetto del settimanale del corridoio. Come? Hai buttato l'acqua bollente nel frigorifero per sbrinarlo? Cosa? È saltato in aria?» la voce crescente e stridula. La luce negli occhi ora spenta. «Hai provocato un incendio?! No! Mi hai ammazzato il gatto perché si trovava sulla traiettoria del frigorifero?! Come dici? Cosa vuol dire: È SOLO CROLLATA LA FACCIATA DELLA CASA?! MA COS'HAI NELLA TESTA, LE PIGNE?» Stella raggelò l'aria attorno con sguardi omicidi. «A NO! QUESTO NO! E ANCORA CON QUESTI CALZINI? NON ME NE IMPORTA NIENTE DEI TUOI DANNATI CALZI_ pronto! Pronto! Mi ha sbattuto il telefono in faccia dicendomi che con me è impossibile avere un dialogo civile ed equilibrato! Questo è il colmo!»
«È la vostra progenie intelligente, signora Di Marino?»
«Ma piantala tu!» disse Stella, e la ninfa si ritrasse coprendosi il viso col gomito piegato.
Darlina si coprì la bocca con una mano. «Non dirmi che ne ha fatta una delle sue.»
«Ah! Non farmici pensare!» sbottò immaginando la propria casa mezza distrutta. «Avrei dovuto mandarlo via di casa!»
«A vent'anni, avresti dovuto. Ora ne avrà quaranta. È troppo tardi ormai per recidere il cordone ombelicale. A quest'ora sarà diventato un cavo d'acciaio!» commentò Darlina.
Menta, irritata dalla facilità con la quale le donne cambiavano ogni volta discorso, sbuffò appoggiata al davanzale di una finestra che poteva vedere e toccare solo lei. Avevano così tante cose da dirsi che iniziò a provare pena per Sabato rimasto incastrato tra le due chiacchierone costretto ad annuire sempre. Quando parvero finito di dare aria alle bocche scatenate, all'orizzonte apparve la terra.
«Ma dove siamo arrivati?» disse Darlina indicando il cambiamento dello scenario. Menta parve ringraziare qualche nume di sua conoscenza.
«Signori, siamo arrivati in Turchia»
«In Turchia?!» fecero coro Stella e Darlina.
«Ma a quanto andavamo? Poco fa eravamo dall'altro capo del Mediterraneo!» esclamò Darlina.
Stella schioccò le labbra. «Vediamo il lato positivo. Comincio ad avere sete. Adesso ci fermiamo a un bar e poi vedremo come ritornare a casa.»
Menta sbatté le palpebre più di prima. «Signori, avrete tutta l'acqua che vorrete, ma non potete andarvene.»
«E chi ce lo impedisce?» ribatté Stella.
«Le vostre coscienze. La responsabilità di sapere di essere le uniche persone umane che possano salvare la vita di migliaia di passeggeri ora in ostaggio di Mausolo.» Le donne si guardarono in faccia, mute. Sabato annuì più forte e sobbalzò.
«Tre volte sono troppe, donna! Non sono mica un martello pneumati_» spalancò gli occhi azzurri spaesati. «Dove siamo?»
«Sabato! Ma stavi dormendo!» sorrise Darlina.
«Siamo a posto!» esclamò Stella. «Non hai sentito niente degli aggiornamenti assurdi, oh!»
Sabato sbuffò infastidito dalla bocca impastata. «Devo fare pipì»
Menta si irrigidì. "Io questi tre tra un po' li butto in mare!"
«Si avvisano i signori passeggeri, che stiamo per approdare Bodrum, un tempo conosciuta come Alicarnasso» annunciarono divertiti Terrore e Paura. «La Dead Express vi ringrazia per aver scelto il nostro servizio e vi augura una buona mort_ ehm, pessima giornata!» sghignazzarono infine facendo il batti cinque.
Stella a momenti ruggì. «Ehi, voi due! Piantatela, non siete divertenti!»
La ninfa, affascinata ancora una volta dalla grinta di Stella, ebbe un ritorno di entusiasmo. «Signora Di Marino, se vuole farsi ubbidire da Terrore e Paura, deve pronunciare i nomi dei loro genitori.»
«Eh? E che razza di cosa... mm, va bene. Tanto niente supererà l'assurdità di andare a trovare le macerie del Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo antico.» Respirò a fondo per concentrarsi sui nomi dei cocchieri. "La nozionistica mitologica greca è la più vasta in assoluto. Vediamo di aprire il giusto cassetto della memoria... Ci sono".
Si schiarì la voce. «Ehi! Paura, Terrore!» li chiamò e quelli si voltarono pur rimanendo seduto a guidare la quadriglia di camelidi. Sui volti la curiosità. «Figli di Ares, dio della guerra, e di Afrodite, dea dell'amore!» I cocchieri allargarono le orbite.
«Ci ha scoperti» sussurrarono l'uno all'altro. Stella proseguì.
«La volete smettere di torturare le canzoni?»
Paura e Terrore si fiondarono dentro la carrozza oltrepassadola completamente. I volti ora erano maschere atroci. Stella si rannicchiò sul divanetto raccolta con le ginocchia in mano. "Ma che caspita!" Darlina, che aveva appena finito di aggiornare Sabato sulle novità dell'ultima ora in carrozza, scosse la testa.
«Stella! Dovevi proprio farli arrabbiare?!»
«Che volete farmi?» tremò Stella a un passo dal piangere a dirotto. I due figli delle divinità ghignarono perfidi. Gli occhi delle mezzelune brillanti e demoniache. Aprirono lentamente le bocche dalle quali fecero capolino aguzzi denti vampireschi. Darlina e Sabato strisciarono più in là allontanandosi dalla compagna incauta.
«Stavolta sono fatti suoi» borbottò Darlina. Menta invece incrociò le braccia, stranamente sorrideva, anche se in modo impercettibile.
Paura e Terrore intanto aprirono le braccia, sfoderarono gli artigli e in un attimo assalirono Stella.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro