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33 ~ A scuola di eroi

La pigna affissa all'estremità del mattarello d'oro sfiorò la sommità della cupola della torre accendendola come un lampione. Il tocco del tirso provocò una raggiera di crepe che corsero lungo i muri a zigzag fino a disegnare una gabbia distorta lungo ogni superficie interna ed esterna. Frammenti di stucco e tessere di mosaico piovvero attorno al trono, dove Mausolo stava seduto. Un folto sopracciglio sollevato ad agevolare lo sguardo, concesso con un solo occhio sull'emblema di Dionisio che aveva appena sfondato il tetto. La mano sepolta nella barba nera sotto il mento barbuto si mosse irrequieta. Il crepuscolo occhieggiava al di là dello spazio aperto.

«Purtoppo tra un po' qui crollerà tutto. Quel dannato tirso non si arresterà fin quando non avrà demolito tutto,» sorrise. «Vuoi vedere che quell'affare saprebbe distruggere il giogo delle catene di Zeus... Mi è venuta un'idea, e se riuscissi a metterli in traiettoria di collisione?» borbottò tormentandosi il mento, mentre sistemava il gomito in bilico sul bracciolo del trono. Sbuffò e stiracchiò le gambe. «E vedo che la Medusa è ancora viva... Ma di ch'è fatta che non schiatta?» La porta principale della sala circolare esplose.

«E mo' che caspita c'è?»

Sulla soglia tutti gli eroi ingannati dalla falsa direttiva di Stella, sgomitavano per entrare nella stanza privata, «Mio signore! Tutto a posto, signore?» chiese uno; «Abbiamo saputo che sei stato attaccato dai mostri, signore, state bene signore?» fece un altro; «È qui la Medusa?» domandò un altro ancora, al che Mausolo scattò in piedi.

«Maremoto di stupidità stellare che non siete altro! I, MOSTRI, SONO, GIÙ, AL, PIANO, TERRA, IMBECILLI!» i denti canini esposti tipo giaguaro.

La folla di eroi, investita d'insulti, ammutolì. Mausolo diede un manrovescio all'aria generando una tempesta. I guerrieri si protessero dalle gelide sferzate come poterono, essendo pressoché semi nudi.

«I nemici da abbattere sono tre, e li troverete tra le rovine del bar!» tuonò prima d'intensificare il getto di vento al punto da farli ruzzolare fino al pianterreno. Centinaia di scale a spirale a fare da percorso a senso unico in discesa.

«Che vita schifosa fare l'eroe di questi tempi,» lamentò qualcuno a fine ruzzolata.
Qualcun altro invece notò in fondo ai resti del bar Stella, Sabato e Darlina. «Saranno quelli giusti?»

«Boh! Io dico di ammazzarli e via...»

Sabato, sorpreso dalla massa di guerrieri emersa dal polverone che avevano sollevato, dovette sospendere il bisticcio con Stella. La fermò con un braccio, nonostante il divertimento, e le indicò i nuovi "compagni di gioco."

L'odore di sudore investì l'intera zona occupata.

Darlina aprì la bocca e per poco non perse la dentiera. «E adesso che facciamo?»

Stella avanzò incontro ai guerrieri. Erano diverse decine ad affollare la sala disvelta. «Voi andate nei sotterranei e salvate gli ostaggi come da programma. A questi qua ci penso io! Come da... programma.»

«Oh, ma quanto sei dura! Tu non puoi! Non sei invulnerabile come noi! E sei pure già morta proprio ora!»

«Non protestare vecchia Ciabatta, e fai come ti dico!»

Sabato volse lo sguardo fuori dalla finestra, dove il sole era in procinto di tuffarsi all'orizzonte. «Ehi, Capo! Ti mostro qualcosa!» Sfruttando la vista periscopica, già sperimentata durante la traversata del Nilo, Sabato intravide tramite gli occhi del compare di spalla, un puntino luminoso oltre i soffitti di tutti i piani. «Il mattarello d'oro! Donne, lo stendi pasta fresca sta per arrivare!»

«Allora non c'è attimo da perdere, andate!»

«Darlina, andiamo. Fidiamoci di lei. E poi, mi sa che non abbiamo scelta. Tra un po' qui ci verrà tutto quanto addosso.»

La Chimera si lasciò trascinare dal Basilisco, nonostante la testa ruotata verso Stella fino all'ultimo secondo. Poi svanì nel cunicolo che si era aperto nel muro dov'era il mosaico. Il buio li inghiottì come fatto di liquido impalpabile.

Stella annuì vedendoli svanire, e alzò la soglia di attenzione non appena il pavimento prese a vibrare sotto il passo di marcia guerresca degli eroi. Si erano lanciati tutti insieme all'attacco, e nessuno era sprovvisto di armi da puntare e sventolare.

Gli occhi della donna brillarono, piuttosto che diventare neri come durante le situazioni di pericolo. Le spalle tese e le braccia aperte. I serpenti vispi e più ondeggianti del solito le solleticarono la testa.

«Ragazzi! Ora mammina ha bisogno di tutti i poteri di cui disponete... altrimenti qui son cavoli serpenteschi di dubbio gusto!»

I guerrieri urlanti impiegarono pochi secondi per accerchiarla, e poi cominciarono a urlare bestialità, a battere pugni sugli scudi e schiantare piedoni contro il pavimento.

"Mi stanno assordando!"
«Oh! Ragazzi! Fate presto!»
Due serpenti, uno grigio azzurro e l'altro grigio rosso le avvolsero le braccia a spirale. Sui dorsi le scaglie colorarono delle iscrizioni.

«Siete nuovi. Ma cosa? "Sciatica!" Boh! E qui? "Cuffia dei rotatori?" Ma che significa? Oh caspita, vuoi vedere che sto per schiattare di nuovo!»
Quattro bestioni in gonnellino di cuoio e spadoni chilometrici l'assalirono, di riflesso le braccia di Stella le protessero la faccia dal vento che avevano sollevato, uno dei serpenti scattò e morse a ripetizione gli assalitori e fu subito silenzio, al quale seguirono lamenti gutturali.

Incuriosita dal clangore metallico e sorpresa di non essere stata fatta a fette, Stella scoprì gli occhi verde acqua e li puntò rapida intorno. Le mani dei bestioni erano tutte a premere le schiene inarcate, le armi tutte a terra tra le macerie, i faccioni contratti.

Il labbro inferiore coprì quello superiore mentre osservava uno dei serpenti. «Questa, proprio, non, me, l'aspettavo, ben fatto,» la voce tremolante. Un ruggito corale la sorprese alle spalle, si voltò puntando l'altro serpente che come il compagno morse a velocità impressionante il secondo gruppo di assalitori. Stavolta Stella mantenne alta l'attenzione per vedere quali fossero gli effetti dei morsi della serpe cuffia dei rotatori. Le braccia alzate degli energumeni crollarono lungo i fianchi, le lame e clave mollate a mo' di lancio fiacco, i busti piegati in avanti e le urla a conferma dei dolori lancinanti alle giunture delle spalle.

«Maledetta mostra!» grugnì l'energumeno più vicino, al che la donna incrociò lo sguardo senza piegare il volto mantenendo ritta la statura allampanata.

«Mi sto solo divertendo,» ghignò, e l'attimo dopo si sorprese di sé stessa. Il meritato compiacimento ebbe vita breve, altri eroi deviati le si lanciarono contro.

«Fatevi pure avanti, ce ne ho per tutti, vero ragazzi?» domandò ai serpenti avvinghiati alle braccia, ma quelli si ritrassero in cerca di riparo nella chioma serpentesca. «Ma che fate, battete la ritirata sul più bello? Traditori!» girò sui tacchi e corse via zigzagando tra le macerie buttate all'aria dagli inseguitori più incavolati di quanto fosse lecito. La fuga strategica durò pochi secondi, ma a Stella parvero ore prima che altri due serpenti si decidessero a occupare le braccia vacanti. Lei, col fiatone, sbracciandosi a furia di correre con il cuore fuori dal petto, vide con orrore il muro della sala segnare la fine della fuga. «Sono nella pupù mostruosa!» Gli energumeni in piena salute e con le armi puntate, non attesero nemmeno un momento per buttarsi contro.

"Sono spacciata!"
«Ehi, giovanottoni, che intenzioni avete?» Appoggiò la schiena contro il muro, sussultò per il contatto freddo e allungò le braccia, e solo allora si accorse che erano spiralate da altri serpenti. «Oh! E potevate avvisare, mannaggia,» adocchiò rapida i dorsi. «Che c'è scritto qui? Osteoporosi? E qui? Prostatite

«È la tua fine, mostra"!» ringhiò il più audace, avventandosi con tutta la ferraglia bellica che possedeva. Sembrava un Rambo ante litteram.

«Vediamo che effetto fa questo.» Stella si scostò veloce, il muro accolse il bestione e un fragore di ossa rotte tipo vetri dal tintinnio stridulo la fece sussultare. Il guerriero crollò a terra tra contorsioni e strilla trattenendo a turno ogni parte del corpo. "Non si è nemmeno accorto di essere stato morso!"

«Osteoporosi... Sul serio?» biascicò accigliata. «Dite un po' ragazzi, ma che per caso siete tutti così? Mi avete dato i poteri degli acciacchi della vecchiaia?» Un gruppo di serpenti annuì tipo ventaglio e la padrona fece una smorfia. «Questo mi ricorda la visita dalla ginecologa di Gibilterra... Spero non ci sia un nesso...»
"Un lato positivo c'è: credo di avere la situazione in pugno, almeno per il momento."

Nonostante l'evidenza dei suoi poteri, gli eroi ancora in salute la persero man mano che la assalivano. Al tramonto completo la sala invece di essere un Colosseo apparve come l'ala terremotata di un traumatologico zeppo d'infermi.

«Allora? Che vi prende? Non vi sentite più forti e vigorosi, eh?!» puntò sull'ultimo gruppo ancora sano. Erano in dieci dotati sì, di muscoli e armamenti assortiti, ma anche di quel minimo di cervello necessario per comprendere quanto fosse stupido attaccare quella vecchia, secca e allampanata Medusa. Tutti eccetto uno, che scattò rapido incontro al destino.

"Veeloocee," risuonò nella mente di Stella, che non se lo fece ripetere alla vista del rapido guerriero coraggioso. L'inseguimento non la sorprese come la capacità che aveva di correre alla stregua del vento, zigzagare tra le macerie e i catorci guerrieri che aveva già affrontato.

«Chi sei?» gli domandò in corsa, e l'altro le scoccò uno sguardo offeso.

«Sono il più valoroso di tutti gli eroi! Ecco chi sono!» accompagnò la risposta con un affondo di spada, che Stella schivò senza difficoltà. Trovò però difficile attribuire quella voce delicata a un pezzo d'uomo tutto muscoli, biondo e nonostante l'istinto omicida bellissimo. Ma l'interesse per l'avvenenza dell'eroe passò in secondo piano quando si vide bloccata la strada dalle macerie. L'altro affondò la spada dall'alto, lei incrociò le mani e dalle dita crebbero a dismisura gli artigli di bronzo sui quali sbatté la lama producendo scintille. Stavano viso a viso. Uno fiero, l'altra caparbia. L'atto di forza durò secondi interminabili. Le braccia di Stella cominciarono a mal sopportare la forza dell'eroe. Tremavano. Il filo della lama davanti agli occhi tagliava in due parti uno il volto dell'altra. I serpenti a ondeggiare partecipi alla lotta.

«Ehi! Amico!»

«Non sono tuo amico! Mostro!»

«Non stavo parlando con te!» ribatté la Medusa a denti stretti, e in un lampo venne morsa dal serpente delle rocce diventando di pietra. L'eroe, vedendo il mostro pietrificarsi, mollò l'affondo, compì un gran balzo all'indietro, gli occhi coperti all'istante col braccio sguarnito di armi.

Sulle braccia ora fortificate strisciarono ancora altri serpenti, e Stella li accolse con un sorriso. Sorriso che scemò in smorfia quando lesse i bugiardini sui dorsi squamosi. «Progesterone! E l'altro? Piattole? Bleach! Che schifo! E tu sei rimasto a strisciare sulla mia testa per tutto questo tempo? Ohibò!» Agitò il braccio sul quale era spiralato il serpente pulcioso ruotando su sé stessa. «Non prenderla sul personale, ma: che schifo che schifo che schifo!» Il crotalo sballonzolato invece di mordere come avevano fatto gli altri sputò all'impazzata raffiche di saliva addosso alla massa di guerrieri già acciaccati. Le mani dei guerrieri, che stavano trattenendo le parti doloranti, si riversarono sotto la cintura dando il via a una chiassosa grattugiata di gruppo.

Anche l'altra serpe, agitata da Stella, prese a colpire a casaccio chiunque sotto tiro, e quando Stella si fu calmata, la situazione apparve più caotica che mai.

«Oh, Dio! Che schifo!» continuò a ripetere la Medusa quando vide i serpenti ritirarsi verso la chioma. «Oh, e adesso... Ma che?» Oltre il folto gruppo di guerrieri in piena attività manuale sotto i basso ventri, una decina se ne stava in fondo alla sala a tastarsi il petto e a ondeggiare le chiome crespe e a lamentare altri disturbi.

«Oh... Ma guarda che disastro i miei capelli!»

«Le mie mani! Sono così callose!»

«Questo gonnellino è indecente! Mi scopre tutta! Non è una minigonna, è una giro passera!»

«Le gambe tutte storte, oh... Le caviglie gonfie!»

«Ho male ai capezzoli!»

Con le labbra risucchiate all'interno della bocca e le palpebre sbattute più volte, Stella osservò il risultato della battaglia più assurda di sempre.

«Sei un mostro!»

Stella si voltò verso il bel guerriero che ancheggiava in ritirata. Socchiuse gli occhi. "Se riuscissi a spezzare l'influsso malefico di Tantalo, tutta questa gente mitologica potrebbe ritornarsene nel loro mondo. Oppure, a essere ottimisti oltre ogni limite, potrebbero darci una mano a combattere Tantalo. E per essere realistici, potrebbero farmi fuori dal momento che rappresento la Medusa. Non ho tempo per riflettere più di così. Devo andare a vedere cosa stanno facendo Sabato e Darlina. Senza di me quelli..."

«Ragazzi! Adesso ho bisogno di un qualcosa di definitivo. Dobbiamo rieducare questi...» seminò lo sguardo attorno agli omaccioni che si grattavano i gioielli lamentando tutti gli acciacchi che le aveva inflitto. «Bah! Eroi?»

L'ennesima coppia di serpenti le avvilupparono le braccia e lei lesse ancora i bugiardini sui dorsi.

«Ah no! Questo no! Assolutamente no! Non sono così cattiva! La vipera matematica! E tu, sei, la biscia algebrica?! Oh! Allora è proprio destino. E sia. Fate in fretta che non c'è più tempo.»

Senza che lo volesse, le braccia si spalancarono da sole, la vipera e la biscia si srotolarono e avvolsero in spire scintillanti tutta l'area della sala, illuminandola a giorno. La luce divenne pura, bianca e dopo un po' non si sentivano più i lamenti degli eroi. Un attimo dopo, la luce svelò un ambiente che Stella riconobbe all'istante.

«Oh perbacco! Ma questa è una classe di scuola!» Distribuì lo sguardo tra le file di banchi tutti occupati dai guerrieri, che data la mole più che seduti erano incastrati. "Di buono c'è che non si lamentano e soprattutto stanno con le mani a posto."

In mezzo a mille ragionamenti in rapida successione, le si aprì un cassetto della memoria. Passò in rassegna i volti prima di adocchiare alle spalle la cattedra. "Non so se questa è una illusione, né quanto possa durare."

«Bene, ragazzi! Adesso faremo l'appello!»

«Nooo! L'appello è difficilissimo prof! E non siamo preparati!» fecero in coro quelli sollevando brusii e proteste, al che Stella richiamò il serpente delle rocce irrigidito e lo sbatté sulla cattedra. Le percussioni acquietarono all'istante la classe.

«Quanta disciplina! Bene. Io vi chiamo per nome e voi rispondete "presente", va bene così?»

«La strategia così è più semplice,» concesse qualcuno.

«Bene, incominciamo, dunque, state attenti...» scostò la testa alla vista di un sasso che altrimenti l'avrebbe centrata in faccia. «Chi è stato?» tuonò, e un gigantesco eroe si sollevò dalla sedia indicando col braccio il guerriero seduto al lato opposto. Era più mingherlino e Stella lo individuò subito. «Tu, che cerchi di nascondere la fionda dietro la schiena, vieni subito qui!»

Il compagno di banco gli diede una gomitata per incoraggiarlo a ubbidire, ma siccome quello non accennava ad alzarsi, lo trascinò al cospetto della maestra Medusa. Dietro la coppia si unì anche l'eroe gigante.

«Beh? Che significa tutti e tre?»

«Ehm, ecco, noi, ecco, siamo, io Sansone,» il guerriero che aveva trascinato il cecchino della fionda indicò sé stesso, poi puntò il proprietario del braccio che teneva stretto. «Lui è Davide, e,» puntò il pollice della mano libera in direzione del gigante. «E lui è Golia. Noi, ecco, insomma, ecco non facciamo, ecco, parte, insomma, di questa baraonda mitica, ecco. Possiamo andare via?»

Il mento di Stella scattò contro il collo. «In effetti... Non è che c'entrate molto... E va bene, siete esonerati,» indicò a piene mani la porta dell'aula e il terzetto d'intrusi svanì appena varcata la soglia.

«Ah! Adesso comincio a capire come funziona.» "Se ammettono il proprio nome, loro poi svaniscono."

«C'è qualcun altro?»

«Noooo, siamo apposto!» fece coro il resto della classe.

«Bene! Cominciamo!» A Stella ci volle un breve giro di nomi prima di arrivare al turno di Achille, il veloce bel guerriero biondo che si era distinto dalla massa. Soltanto che invece di svanire come i precedenti, dopo aver tuonato: «Presente!» si accasciò sul banco. Dalle orecchie fuoriuscirono volute fumose, l'emanazione malefica di Tantalo.

«Non si finisce mai d'imparare!» convenne la Medusa sorpresa dal nuovo effetto dato dall'appello. Diede un finto colpo di tosse prima di passare in rassegna tutti i nomi dei guerrieri facendo appello esclusivamente ai personali cassetti della memoria. Quando pronunciò gli ultimi nomi che ricordava, nonostante avesse sfoltito la maggioranza degli eroi facendoli svanire, le venne un lampo di genio.

«Siete stati tutti quanti bravi. Ora però, cambiamo. Facciamo il dettato. Prendete carta e penna e scrivete: "io mi chiamo," e poi il vostro nome. È tutto chiaro? Iniziate! Che così faccio pure prima che non ho più tempo,» ridacchiò fintamente impettita la Medusa.

«No!»

«Chi è che ha parlato?» lo sguardo alto e il mento orientato in fondo alla classe, dove un guerriero si stava agitando prendendo a pugni il banco.

Stella socchiuse gli occhi. "Vuoi vedere che quello è... Come si chiama... Ma quello! Quello l'ho già visto! È il tipo che mi aveva attaccata sulla nave!"
«Sei Perseo?» tuonò il nome ricordato, ma la voce rimbombò senza la risposta di ritorno.

«Sei Perseo?» ripeté, ma niente. Scena muta.

Seeeiii Peeeerseeeoooo?»

«Trentaseoooo!»

«Screanzato!» Il bastone serpentesco sbattuto più volte contro il pavimento. «Adesso tu mi scrivi il tuo nome cento volte!» ordinò mentre si avvicinava all'ultimo banco. «E vediamo cos'altro hai da dire!»

«No! Io scriverebbi di meglio col le presenza dello avocado!»

«No! Tu scriveresti meglio in presenza di un dizionario! Penseo

«Sono Perseo-oh!» confessò l'altro scattando in piedi, e subito si accasciò sul bancone senza svanire, proprio com'era successo ad Achille.

«Dilettante! Io sono più furba» sogghignò Stella.

Alla fine rimase solo uno. Stella lo osservò. Tremava. Era circospetto. Guardava a destra e a manca, quasi avesse paura delle spade che aveva allacciate ai fianchi. Lei si avvicinò a guardia alta.

«E tu? Devo averti saltato. Chi sei che non mi vieni in mente?»

«No, non, non ti avvicinare. Sono, sono pericoloso.»

«Lo siamo un po' tutti da queste parti. Se pronunci il tuo nome tutto sarà finito. Te lo prometto.»

«È che io. Io sono cattivo. Io da piccolo ho ucciso mio fratello.»

"Fa che non sia Caino," sospirò muta Stella. «Chi era tuo fratello?»

«Be-Bellero...» biascicò lui a volto basso, e Stella comprese.

«E allora tu. Tu saresti... Bellerofonte?»

«Sono Bellerofonte,» ammise. «Ma io non l'avevo fatto a posta... Io, io non...» Non terminò lo sfogo che anche lui si accasciò e dalle orecchie espulse la malvagità fumosa di Tantalo.»

«È fatta. Li ho sistemati tutti. Solo non capisco perché,» si guardò attorno, «Achille, Perseo e Bellerofonte sono ancora qui.»

L'ambiente scolastico vorticò, distorcendo come un gigantesco caleidoscopio: pavimento immacolato, pareti asettiche, banchi e tutto il resto rivelando la sala terremotata del bar della torre.

«Oh, ma quanto mi piace questo potere!» mentì trattenendosi le tempie. Gli occhi a girare all'impazzata. I tre eroi superstiti erano riversi e immobili tra i cumuli di macerie. «Accidenti, io non li volevo morti. Mi sarebbe bastato che fossero tornati nel loro mondo.»

Un punto di luce d'oro si fece spazio dal soffitto e catalizzò l'attenzione della donna. «Porca donna allegra! Il tirso è già arrivato al pianterreno!»

«Non senza un piccolo aiuto da parte mia, vecchiaccia mostruosa!»

Stella scattò indietro con un balzo così alto da stupirsene. Atterrò e individuò l'uomo alto, i cui muscoli scoperti dal chitone bianco guizzavano di potenza. La barba nera e riccia come i capelli, gli occhi profondi e il naso alla greca.

«Però!» Le guance arrossite. «Fammi indovinare, tu dovresti essere Mausolo.»

Il rossore sulle guance svanì sotto la sferza di un gelido colpo di vento. Si rannicchiò al suolo, incrociò le braccia sul viso per ripararsi e sbirciò attraverso lo spazio tra gli arti per non perdere di vista Mausolo.

«Avresti dovuto rimanere morta!»

«E tu avresti dovuto chiedere aiuto per il casino che hai combinato con Tantalo, invece di crearne un altro peggiore!»

Mausolo sgranò gli occhi e distese le spalle, diminuì la potenza del vento gelido per un attimo. Attimo che Stella colse al volo per spalancare di colpo le ali d'oro frullandole all'impazzata. Il vento caldo che generò si scontrò contro la massa gelida generando fulmini lineari che si dispersero attorno.

«Oh ca***!» sputarono insieme, e insieme deposero le sferze ventose.

«Di gran lunga sei la versione più potente della Medusa,» ammise Mausolo, il fiato corto, lo sguardo a fare la ronda ai cumuli di macerie esplosi dai fulmini.

«Non sono in competizione con nessuno. Il mio obbiettivo è fermarti.»

Mausolo alzò la testa ed emise un mezzo colpo di risata. «Vuoi fermarmi? Eh? Stupida. Sono io che ti sto bloccando. Senza te i tuoi amici si saranno già persi nel labirinto dei sotterranei.»

Le spalle di Stella si irrigidirono nonostante fosse tornata in carne e ossa. Sostenendo senza fatica il peso delle ali d'oro, si voltò verso il passaggio aperto nel muro. Fece per schizzare incontro, ma un enorme globo di fuoco apparve a guardia dell'entrata. Si bloccò. Mausolo rise incassando lo sguardo affilato della donna.

«È davvero quello che vuoi? Vuoi distruggere l'intera umanità per difendere Artemisia da Tantalo?»

Qualcosa nel bel volto di Mausolo parve mutare. La convinzione granitica di trovarsi di fronte a un nemico però era tenace, ragion per cui scosse la testa come a scacciare un insetto posato sul naso.

«Mi sembra ormai chiaro che tutta questa storia è stata causata da una infelice casualità. Un terremoto incrina la gabbia di Tantalo. Artemisia, fatalmente assente, non ha potuto contenerlo. L'unico presente eri tu, Mausolo. Ma siccome sei il simbolo dell'oscurità... Ma certo! Ora è tutto chiaro! Tu sei stato soggiogato come gli eroi! Ma perché voi divinità fate le cose così complicate non lo capirò mai, oh!»

Dagli occhi di Mausolo si protesero tentacoli d'ombra, Stella indietreggiò.

«Ho fame!»

«Vuoi una torta? La mia specialità è quella dei morti!»

«Zitta! Non sai contro chi ti stai confrontando!»

la voce cavernosa, piena, tonante le diede per buono il ragionamento che aveva elaborato. «Nemmeno tu! Ehi! Mausolo! Se mi senti ancora, combatti Tantalo! Sei pur sempre un simbolo divino!»

«Sprechi il fiato. Mausolo non è più tra noi.»

«Amen!»

«Ti farò passare la voglia di scherzare!» Achille, Bellerofonte e Perseo si sollevarono da terra come fossero marionette. Occhi chiusi e armi in pugno, assalirono all'istante la Medusa. Con un gesto estremo lei richiamò il serpente verde addetto all'orientamento, quello già usato nella piramide di Cleopatra, e tante volte tra le dune del deserto del Sahara.

«Va, cerca Sabato e Darlina, e indica loro la giusta strada verso i reclusi!» lanciò il serpente e Mausolo, posseduto, lo incenerì all'istante. La polvere del rettile si disperse nell'aria come l'ultimo atto disperato di Stella.

«Non sottovalutarmi, Medusa!»

«E tu non sottovalutare i miei amici!» ribatté scansando gli affondi dei guerrieri fantoccio.

«E adesso dove si va?»

Le sette porte chiuse, seminate lungo il muro circolare attorno allo spiazzo sotterraneo raggiunto insieme a Sabato, disorientarono Darlina.

«Se ci fosse Stella, saprebbe quale scegliere. Magari leggendo le cose scolpite sulle porte. Ho visto che fa così nei documentari che aveva girato per il mondo.»

«Ma Stella...» boati a ripetizione fecero alzare il capo a entrambi verso il soffitto.

«Si dev'essere incavolata. Questa baraonda è la sua firma. Vuoi vedere che quella è capace di sfondare il soffitto.»

«Oh, sì, Capo, la Pupa è una forza della natura!»

«Be', non possiamo far fare tutto a lei. Facciamo noi qui adesso,» propose la Chimera, raggiungendo con un balzo una porta a caso. La studiò. C'erano scritture dappertutto.

«Questo è greco. Tu lo sai leggere Sabato?»

«Non leggo nemmeno i bugiardini delle medicine, donna!»

«Questa parola, credo, ὕδωρ, significa via libera! E qui ci sono delle manopole di pietra. Mmm sono umide. Boh? Adesso le girOOOOO!» La porta si sgretolò preceduta da un fragore tipo cascata di montagna, Darlina incassò in pieno il getto e fu sbalzata all'indietro trascinata dall'acqua. Sabato resistette alla corrente mantenendosi saldo sulle gambe, allungò la coda e avvolse Darlina trascinandola a se.

«Ho il dubbio che quella parolaccia diceva: non aprire, acqua incazzata sottochiave, donna!»

Darlina, con le braccia a trattenere la coda del Basilisco attorno alla vita a mo' di salvagente, scrollò l'acqua dalla faccia fradicia. I capelli schiacciati contro gli occhiali.

«Forse dovevamo aspettare Stellina...»

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