3 ~ Menta
L'eruzione d'acqua sfondò e inondò in verticale tutte le hall che si trovavano in traiettoria. Le moquettes, i vasi decorativi in stile etnico assortito furono travolti dalla gente ovunque in cerca di salvezza. I quadri appesi alle pareti rivestite di legno laccato, rovinarono per terra. I sontuosi lampadari di cristallo e tutti i decori circostanti allo squarcio alimentarono il cumulo di macerie. L'aria odorava di salmastro. Il corrimano a spirale dove Stella, Darlina e Sabato erano aggrappati per sfuggire alla folla impazzita, vibrava a causa delle lesioni su più punti. Il frastuono, le grida di paura e il terrore attorno attutivano le loro voci.
«Dobbiamo allontanarci da qui!» urlò Stella.
Darlina, tremante alla vista del getto d'acqua tipo geyser, rimase a bocca aperta. Guardò in alto, e nei suoi occhi nocciola si riflessero cabine, uffici, bar e sale giochi sventrati. Gli oggetti dentro contenuti schizzavano fuori in balia dei colpi d'aria esplosi. «Ci converrà salire più in alto!»
Sabato, serafico, o forse impazzito, rincorse con lo sguardo ancora la moneta rotolante. Non la perse di vista nemmeno quando la notò percorrere il diametro dello squarcio. «No! Ragazze, venite! Andiamo di là!» indicò la via all'indirizzo imboccato dalla moneta che coincideva dove il pericolo si faceva più serio, e dove gente meno fortunata era stata già abbracciata dal getto d'acqua assassino.
A convincere Stella e Darlina a seguire Sabato in quella che sembrava una decisione folle, non fu lui ma quello che videro in quel momento. Un numero improponibile di sottili catene bronzee apparse dal nulla che strisciavano sospese in aria come infiniti serpenti. Sembravano aver vita propria. Ce n'era una per ogni uomo, donna e bambino presente sulla nave che inseguivano, imbrigliavano e trasportavano via quasi non avessero peso. Sollevavano ogni individuo con l'accortezza di non farli sbattere l'un con l'altro e poi li trascinavano via chissà dove.
Quando però tre di quelle catene giunsero di fronte al trio vetusto, Stella si staccò dal corrimano e salì tre gradini puntando il dito in alto e poi contro i catenacci.
«Stella! Attenta! Che fai!» strillò Darlina. Ma Stella era decisa a opporsi all'incatenamento ingiustificato.
«AH! NO! QUESTO, DECISAMENTE, ASSOLUTAMENTE, NO! SIAMO CROCIERISTI, MICA SCHIAVI DEL SETTECENTO! ANDATE VIA! SCIÒ!»
Le tre catene, contro ogni logica, ammesso ce ne fosse in delle catene con volontà senziente, si bloccarono e agitarono tutte gli ultimi anelli come sonagli. Stella, più incavolata che spaventata, fissò quegli oggetti. Sembrava un incontro tra pistoleri a mezzogiorno nel far-West. Alla fine Stella la spuntò. Le catene però, prima di ritrarsi, scattarono di profilo come fossero offese.
«Non so come hai fatto, ma ben fatto» disse Darlina incredula. «Guarda! Quelle catene stanno davvero incatenando tutti i passeggeri!» La conferma fece perdere fiato e vigore a Stella. Si strinse la base del collo con le mani. La bocca poco aperta.
Un gruppo indistinto dopo l'altro, ogni persona incatenata fu trascinata via sollevata in aria. Che quei poveretti gridassero e si dimenassero non contò nulla. Tutti furono fatti prigionieri.
Darlina alzò gli occhi al pozzo di luce aperto dagli energumeni, ora intasato da quelle catene viventi cattura gente. «Dove li staranno portando?»
Sabato, forse per la fretta di recuperare la sua moneta segna via, prese di forza le amiche ciascuna per un braccio. «Forza! La nave non galleggerà ancora per molto!»
«E tutte queste persone?» protestò Stella.
«Eloisa aveva detto che avrebbe pensato lei a loro, ricordi? Eh, per quanto strana sia questa situazione, quella lo è di più!» disse l'uomo mentre stringeva i loro fianchi con le sue braccia.
«Quando sei più presente, le tue intuizioni non fanno una piega» ammise Darlina, ora preoccupata di dover scendere a passo di corsa i gradini della scala tortuosa. E divenne più preoccupata quando i gradini finirono e al loro posto c'era un buco talmente enorme da poter vedere i settori inferiori della nave. Era un salto pari a un palazzo di quattro piani. Sabato strinse i denti e labbra, caricò più energia che poté sulle gambe e assicurò la presa sui fianchi delle amiche.
«Che intenzioni hai Sabatino?» piagnucolò Stella a destra.
«Davvero glielo stai domandando?» fece eco l'altra a sinistra, mentre il buon vecchio Sabato aveva già spiccato il salto. Sotto i loro piedi ora c'era il vuoto. La nave prese a sprofondare repentinamente, l'acqua schizzava da ogni dove e investì il trio, la sponda da raggiungere si fece più lontana. Sabato non si diede per vinto. Con l'ultima forza che gli era rimasta, lanciò le donne contro il bordo dei gradini lesionati ancora attaccati all'impalcatura. Darlina e Stella, avvinte dallo spirito di sopravvivenza, allungarono le mani e in qualche modo riuscirono ad aggrapparsi a qualcosa. Sabato invece ruotò il busto all'indietro e finì con le gambe incastrate ad alcuni cavi che pochi minuti prima reggevano un lampadario.
«Accidenti!» imprecò Stella aggrappata con la forza della disperazione a un'asta del corrimano, sentendo il resto del corpo penzolare nel vuoto. «Non voglio morire in questa maniera, no, assolutamente no! No!»
Sarà stata l'adrenalina forse, ma trovò la forza da incanalare sui gomiti, allungò una gamba, strappò il pregiato tubino blu navy, e issò un arto inferiore sul gradino ballerino. Sentì le ossa della spalla e dell'anca slogarsi, ma strinse i denti. Non aveva urlato per il terrore del salto indesiderato appena compiuto, non ci tenne a farlo ora che ne valeva della sua vita e quella dei suoi amici. Indurì il volto come mai aveva fatto e con la determinazione che non credeva di possedere, rotolò sui gradini più sicuri. Non si diede tempo di percepire la precaria solidità della sponda salvifica che già si era lanciata in aiuto di Darlina. Si piegò sulle ginocchia, ignorò il loro sinistro scricchiolio, che aumentava man mano che sollevava l'amica tenendola per i polsi.
«No, Stella, non pensare a me, mettiti in salvo! Tu sei l'unica che può sopravvivere!»
«Sta zitta, vecchia ciabatta! Altrimenti ti lascio crepare sul serio!» Stella sentì i tendini delle braccia strapparsi e il dolore investirla come una scarica elettrica. Ciononostante non mollò la presa, piuttosto strinse i denti deformando il volto in una maschera terribile. Sentiva il peso di Darlina tirarla giù nel vuoto, come fosse un richiamo che non ammetteva declinazione. Ma no. Stella declinò l'invito e centimetro dopo centimetro trasse in salvo l'amica. Darlina si ritrovò carponi sul gradino della salvezza con i gomiti e ginocchia doloranti e sanguinanti. Trovò comunque lo slancio per abbracciare Stella inginocchiata di fronte a riprendere fiato.
«Non c'è tempo per le smancerie. Su dobbiamo salvare Sabato»
«Sì, hai ragione Stellina!»
«Grazie per esservi ricordate di me, signore!» esclamò Sabato a penzoloni a testa in giù. Il volto tondeggiante per l'eccesso di sangue afflusso.
«Come faremo? La nave sta per essere inghiottita dal mare!» Gli occhi spalancati di Darlina riflettevano angoscia. "Spero non siano morte troppe persone".
Stella invece era tutta presa dal come aiutare Sabato che stava penzolando trattenuto per le ginocchia dalla intricata matassa di cavi. La nave intanto affondava sempre più. L'acqua correva a destra e a manca lungo tutti i corridoi, le luci della lampade sfarfallavano, il personale di bordo fu l'ultimo a essere catturato e portato via dalle catene viventi.
Il respiro di Stella non accennava a rilassarsi. Si spostò strisciando sulle ginocchia, si piegò sull'orlo dello squarcio della scala e allungò una mano. Digrignò i denti appena sfiorò i mocassini dell'amico. La nave intanto si inclinò paurosamente di lato, qualcosa urtò il fianco di Stella e lei lo inquadrò accigliata. «È il bastone col quale stava giocando Sabato!» Senza pensarci su un secondo lo afferrò e lo allungò verso l'uomo. Incastrò il manico a becco di tucano nelle brache, tirò di colpo e qualcosa si strappò.
Darlina, incuriosita, si avvicinò a Stella che era scivolata di schiena a braccia all'aria con il bastone in mano e mezzo pantalone di Sabato impigliato sulla cima. «Lo salvi uno straccio per volta?»
«Fa tu qualcosa se ci riesci!» rispose affannata Stella di nuovo piegata sullo squarcio e con il bastone puntato verso Sabato. Si sporse fino al limite. «Ehi! Sabato, che ne diresti di collaborare? Afferra 'sto coso!»
«Non c'è bisogno di essere volgari, mes dames!»
«Non è il momento, stupido vecchiaccio!»
Sabato cercò di far forza sugli addominali. Un tempo lontano erano d'acciaio, ora nemmeno il pallido ricordo. Voltò il braccio lungo il fianco. Il peso sbilanciato stava sciogliendo l'intrico dei cavi che per miracolo l'aveva messo al riparo dalla sicura morte. La mano ricca di venature bluastre arrivò a pochi centimetri dal becco del bastone. Sentiva il peso degli organi interni strozzare il respiro. Aprì la bocca per incamerare più aria. Stella fulminò con gli occhi Darlina.
«E tu? Muoviti! Dammi una mano!» mentre richiamava l'amica, sentì il bastone tirare. «Ce l'ha fatta! Presto Darlina, dammi una mano! Sabato non è certo un grissino!» Darlina agganciò le mani sulla porzione libera del bastone e lo tirò assieme all'altra. Sabato si sentì sollevare. Aveva piegato già il busto quando le gambe si liberarono dai cavi e caddero a penzoloni nel vuoto sotto, sempre più pieno d'acqua; un gorgo che prometteva morte certa. Stella e Darlina subirono il contraccolpo e tutte e due sbatterono il petto sull'orlo zigrinato dei gradini squarciati. Ma per chissà quale residuo di forza o fortuna, non mollarono la presa sul bastone dove Sabato ora era aggrappato stavolta in posizione eretta.
L'immane sforzo di tutti fece sì che anche Sabato trovasse salvezza. Il fiatone dei tre era paragonabile a quello degli atleti olimpici dopo la maratona.
«Non possiamo fermarci! Presto! Andiamo!» ansimò Stella. Sabato, rimasto in mutande, si mise di nuovo in testa al trio nonostante sentisse le orecchie fischiare come sirene dei pompieri, ed eccessiva frescura nelle parti basse. Il pianerottolo rivestito di velluto blu era appena ricoperto dall'acqua del mare che vorace come una fiera stava inghiottendo ogni cosa.
«La poppa del settore "e" è da quella parte!» Sabato indicò la passeggiata esterna alla palestra visibile grazie alle porte sfondate. La percorsero arrancando con l'acqua alle ginocchia. I cuori sbattevano nei petti come calci rabbiosi. Sui volti nuove rughe indelebili.
«Siamo al capolinea e anche sul pelo dell'acqua» constatò Darlina, appoggiata al parapetto senza più energie per le emozioni. L'acqua che le bagnava i piedi.
Stella aveva gli occhi verde acqua di fuori. «Siamo spacciati!»
Un grido dall'alto attirò l'attenzione di Sabato che a bocca aperta vide precipitare qualcosa. Quel qualcosa centrò lo spazio in mezzo a loro tre. L'acqua schizzò come un colpita da un macigno. E allora sì che Darlina e Stella ritrovarono la forza di gridare più allarmate che mai.
«Ma che cosa?!»
«Oh! Bene!» esordì la figura mentre si risollevava elegante. «Bravi signori! Siete stati puntuali questa volta!» sorrise la ragazza con la divisa blu del personale di bordo tutta strappata. Le braccia abrase e i capelli sconvolti.
«ELOISA!» fecero coro i signori.
Darlina le si avvicinò un po' rincuorata di rivedere la guida turistica. «Ma cosa ti hanno fatto? Sei ferita!»
«Non vi preoccupate. È tutto a posto»
«A posto un corno!» puntualizzò Stella. «Stiamo affondando!»
«Uh, non si preoccupi, è tutto sotto controllo. Tra un po' arriveranno i soccorsi» il tono placido come sempre irritò Stella. Tuttavia, sentire all'improvviso il rumore verticale di elicotteri in avvicinamento le restituì un minimo di sollievo. Entro pochi minuti tutto sarebbe finito. Senonché fu Eloisa ad allarmarsi ora per quel rumore.
«Presto! Presto! Devo fare presto!» disse concitata mentre si sbottonava la giacchetta fradicia mezza stracciata.
«Calmati Eloisa, è tutto finito!» esclamò Stella. «Siamo salvi! Stanno per venire a prenderci. Basterà segnalare la nostra posizione, come sta facendo Sabato.» E difatti l'uomo si stava sbracciando come un dannato rivolto al primo elicottero che macchiava l'azzurro del cielo.
«Menomale qualcuno ha fatto in tempo a chiamare aiuti!» disse allegro.
«No! Non dovete andarvene!» disse Eloisa intenta a sbottonarsi l'indumento.
«Prego?!» fecero coro di nuovo gli altri.
«E poi, perché ti stai spogliando?» chiese Stella come portavoce della perplessità generale.
Eloisa, aperta la giacchetta, posizionò il palmo in mezzo al petto. «Devo liberarmi di questo corpo!»
«Questa poi?» sbottò Darlina. «La gente normale fa di tutto pur di rimanere dentro al proprio corpo. Che c'è che non_ AAAA!» gridò quando vide la giovane penetrarsi il petto con la mano. E anche se non uscì una sola goccia di sangue, Stella si convinse definitivamente della pazzia di quella poveretta. Sabato era esterrefatto. Eloisa, sorda alle esclamazioni di orripilazione dei signori, estrasse dal proprio petto, rimasto illeso, un globo luminoso verdazzurro accompagnato da un fortissimo odore che Darlina riconobbe.
«Cos'è questo profumo? Sembra menta piperita, ottima per profumare l'agnello arrosto!»
Stella non aveva più parole. Non disse nulla nemmeno quando vide tra le mani di Eloisa quella luce fluttuare e diventare più grande. Sempre più grande, fino a formare una silhouette antropomorfa. Dopo un secondo solo, quella forma luminosa si spense e assunse consistenza corporea, rivelandosi un'entità femminile.
«Ragazzi» disse Stella con voce malferma. «Io sono a corto di shock. Ma questa cosa l'ho vista davvero. Vero?»
La creatura appena rivelata diede le spalle al gruppo e fronteggiò il corpo che l'aveva ospitata.
«Signorina Eloisa Bovonne, vi ringrazio per avermi prestato il vostro involucro.»
Eloisa sembrava assonnata. Non capì una sillaba di quanto l'altra le stava dicendo. Quando però vide la nave sulla quale lavorava inabissarsi sotto i suoi piedi, capì di essere nei guai fino al collo. Incapace di controllarsi, sgambettò a destra e a sinistra urlando all'impazzata. Almeno fino a quando svanì di punto in bianco e di lei restò il vuoto.
Stella e compagni si strinsero insieme. «Mi è ritornato lo shock» disse Stella dopo aver visto la creatura far sparire la loro brava guida turistica nel nulla con un gesto della mano.
«Sei una prestigiatrice?» azzardò a domandare l'uomo.
«Non c'è tempo per le presentazioni. Comunque, sono Menta, prima ninfa... ve lo dico dopo.»
Stella agitò il braccio in alto e poi in basso. «Ah no! Dopo no! Assolutamente no! No tu ora ci dici che cosa hai fatto a quella ragazza, che caspita succede e chi diamine sei tu! E non necessariamente in questo ordine! Hai capitooo?!»
La ninfa ispirò dal naso. Centrò lo sguardo di Stella e poi allungò il braccio destro pieno di bracciali d'oro verso il mare. Sembrava stesse facendo qualcosa. Stella accartocciò le palpebre e strinse le labbra. "Che ca_"
«Ho usato delle catene incantate per imbrigliare le vite dei passeggeri della nave affinché non possano subire danni. Purtroppo Mausolo, durante la lotta, ha avuto la meglio e mi ha sottratto il bandolo magico, e con esso ha preso in ostaggio cinquemiladuecentosessantasei, meno quattro, esseri umani. Adesso sono suoi prigionieri. Li libererà a patto che Artemisia rinunci al suo ritorno a casa. Io sono Menta, la prima ninfa degli Inferi. L'involucro umano denominato Eloisa l'ho rimandato a casa sua ed è al sicuro ora. Voi, signori, siete l'unica speranza che hanno quelle persone di avere salva la vita.»
Mentre la voracità del mare non dava tregua alla nave, un'onda in lontananza correva veloce nella stessa direzione.
La ninfa alzò anche il braccio spoglio di gioielli e lo puntò sullo stesso punto indistinto in mare aperto. La veste bianca, orlata di perle tintinnanti simili a lacrime, decorava ondeggiando al vento il terribile momento. Anche i capelli, lunghi e lisci, di un nero assoluto ubbidivano ai capricci dell'aria.
«Quanto ci vuole ancora, ragazzi!» esclamò la ninfa Menta. Lo sventurato trio, nel poco tempo che aveva ancora da vivere, metabolizzò le assurdità appena udite. Tra tutti un particolare aveva riscontrato maggior eco nel loro borbottio: Menta era una ninfa degli Inferi. Stella, Sabato e Darlina si strinsero ancora di più e strisciarono lontano da quella creatura.
«Che dite, ce la facciamo a nuotare fino in Marocco?» disse Darlina e gli altri due la guardarono perplessi.
«Ma se a malapena fai la morta a galla tu!» esclamò Sabato.
«Sempre meglio che fare la morta originale insieme a questa svitata!» indicò la ninfa con le braccia ancora protese verso il mare.
Stella udì qualcosa. "Qui si tratta solo di fare il conto alla rovescia prima di morire".
Subito dopo, nel punto indicato dalla creatura, un cumulo di acqua si sollevò come fosse fluido vischioso. Qualcosa stava emergendo. Quando la massa acquosa si dissipò, si fece chiara la forma di un carro tutto nero, sui cui lati traboccavano ombre tremule. A trainarlo c'era una quadriglia di cammelli, meno uno sostituito da un dromedario, tutti dal manto nero e lucido. A vista erano alti più di due metri. Gli animali erano imbrigliati a redini divise tra i due cocchieri appollaiati all'esterno, che non la smettevano di canticchiare:
«Io penso positivo
perché son vivo, perché son vivo
...almeno per il momento,
quest'onda che viene che va oo!» *¹
«Che forza quel Lorenzo Cherubini!» ridacchiò uno.
«Un po' troppo positivo, secondo il mio gusto!» sghignazzò l'altro.
Darlina allungò il collo. «Avete, o state vedendo la stessa cosa?»
«Sembra un carro funebre!» esclamò Stella.
Sabato puntava lo sguardo ora sul carro ora sulla ninfa. «E. Ma. Come. Fa. A. Stare. A. Galla?»
«Entrate, presto! Non c'è più tempo!» la voce concitata della ninfa Menta era quasi supplicante. «Il servizio di trasporto Dead Express è qui per voi!»
«Questo non c'era sul dépliant della crociera!» protestò Stella. «E poi, come nome di un servizio di trasporto non mi convince assolutamente per niente!»
«Stella! Questa non è più una crociera già da un pezzo!» rettificò Darlina.
«Infatti! È diventato un funerale!» sbottò Stella rossa in faccia.
«E ammesso che volessimo entrare» commentò Sabato, «come facciamo? Non ci sono né porte né finestrini!»
Nel frattempo, l'onda avvistata prima stava risucchiando tanto di quel mare che la nave mezza affondata si inclinò ancora di più.
I cocchieri, che avevano l'aspetto di adolescenti vestiti con eleganti completi neri, cappelli a cilindro a righe bianche e azzurre uno e bianco e rosso l'altro, si sporsero sorridenti e risposero insieme.
«Si entra con le braccia incrociate e i piedi davanti!» sghignazzarono incuranti dell'onda diventata ormai una muraglia d'acqua alta un palazzo. L'impatto era imminente.
La ninfa Menta iniziava ad allarmarsi. «Signori! Entrate! Vi supplico! Per l'amor di Ade!»
«Per l'amor di chi?!» Stella era scandalizzata. Sabato decise per tutti. Sollevò Stella a mo' di sposa.
«Ehi, dolcezza! Incrocia le braccia!»
«Sabato! Non ti permettere!» Ma Sabato sistemò a forza le sue braccia a croce.
«Ah, no! Questo no! Assolut_ AAAAAAA!» Sabato la lanciò tipo tonno pescato contro la carrozza galleggiante che la risucchiò.
«Darlina, tocca a te!»
«A tua nonna!» disse quella. «Non ci penso proprio!» Ma l'uomo ormai l'aveva già presa in braccio con tutta la borsetta. Un tonfo però lo frenò. Sentì qualcosa di pesante avergli colpito un piede.
«Ma cos'è?» disse guardando in basso. «Ma che ci fai con un mattarello nella borsetta?»
«È il mio mattarello da viaggio!»
«Ma che avevi intenzione di preparare ravioli durante la crociera?»
«È per autodifesa!»
«Una pistola sarebbe stata più adatta!»
«Quella me l'hanno sequestrata ai controlli!» si imbronciò Darlina.
Sabato fece una smorfia e poi lanciò l'amica contro il carro. «Spero di non aver fatto una stronzata!» Il tempo di dare voce alle sue preoccupazioni e un oblò alle sue spalle esplose sotto la pressione dell'affondamento. Un oggetto schizzò rapido e Sabato lo riconobbe. Era la famosa moneta da due euro che aveva seguito, e che ora stava svanendo dentro il carro. «E va bene.» Incrociò le braccia, spiccò un salto ed entrò anche lui a piedi uniti dentro il carro.
Contrariamente all'attesa di ritrovarsi immersi nel buio più completo dentro un angusto spazio, si ritrovarono piuttosto in un salottino spazioso. C'erano solo delle sedute in pelle nera, tutto intorno invece era trasparente, anche se oscurato come lenti da sole. Si poteva vedere il mare in ogni angolazione, pure quello sotto i piedi. In alto il cielo, le nuvole e il sole. E nonostante l'invisibilità, le superfici erano solide e l'ambiente protetto dalle intemperie. Tutto il comfort che poteva o meno esserci lì dentro però, non sarebbe bastato per tranquillizzare Darlina e Stella che si sedettero strette e vicine ai fianchi di Sabato. Erano foglie tremanti. Vedevano le schiene dei due cocchieri che si spintonavano e scherzavano tra loro, come se non si fosse appena consumata una sciagura. Vedevano quattro deretani camelidi ingobbiti, in completo agio sul pelo del Mar Mediterraneo.
«Cos'altro potrà mai succedere adesso?» domandò Stella atterrita. Manco il tempo di riflettere un tonfo ai loro piedi li fece urlare tutti.
«Questo!» rispose Darlina indicando la ninfa piombata dal tettuccio senza sfondarlo.
«Finalmente!» esclamò la ninfa Menta in ginocchio prima di rialzarsi solenne.
Terrore! Paura!» si rivolse ai cocchieri. «Veloci! Portateci a casa!»
«Ma magari!» esclamò il trio sentendo la parola casa.
«Ma aspetta! Com'è che li ha chiamati? Paura? Terrore?» rimuginò Stella con la voce strozzata.
«Agli ordini zietta Menta!» risposero cantilenando quei due in piedi sul poggio. Intanto l'onda montava e adombrava la carrozza come una fauce, pronta a inghiottire nave e vettura in un sol boccone.
«Non sono vostra zia!» ribatté la ninfa Menta, ma i cocchieri non le diedero ascolto. Si alzarono in piedi e puntarono la nave ormai mezza affondata.
«Prima di partire, bisogna rendere omaggio al veliero coraggioso con un inno!» disse Paura.
«Propongo la traccia 90!» ribatté Terrore e l'altro annuì.
«A questa nave che va controvento,
Perché chi sale sia morto contento,
A chi è convinto di averci spento,
Ma nella tomba non sa che c'è dentro...
O o o ò, oo oo oo oo oo oo,
O o o ò, oo oo oo oo oo oo,...» *
Sabato, Stella e Darlina erano senza parole. E l'onda intanto era a un soffio dall'abbattersi contro ogni cosa.
«Ma, dico tanto per dire...» biascicò Stella rivolta alla ninfa Menta. «Questi due che massacrano le canzoni de i Ricchi e Poveri, da quale cappero di parte sono? No, dico, altrimenti tanto valeva restare sulla nave!»
Menta si adagiò tutta rilassata sul divanetto di fronte al trio. «Oh, non fateci caso. Sono bravi ragazzi.» Sospirò. «Paura, Terrore, datevi una mossa!»
I due cocchieri invece esplicarono con calma la loro prassi - ammesso ne avessero una. Alla fine chiamarono i loro destrieri gobbuti.
«Su le gobbe, Edgar Allan Poe! Anche tu, Mary Shelley!» tuonò Paura e la coppia di camelidi al suo comando bramirono. Poi toccò a Terrore.
«Dateci dentro Stephen King e il mio preferito, Drome-Dario Argento!»
«Dopo tutta sta cerimonia, finalmente ci muoviamo» constatò Darlina.
«Peccato che andiamo più lenti delle lumache!» disse stizzito Sabato.
«E non so voi, ma non credo abbiano preso nemmeno la giusta direzione, guardate!» Stella indicò l'onda gigante verso la quale il carro si stava dirigendo.
«Ragazze, avete delle pillole nelle borsette?»
«Ti senti poco bene, Sabatino?»
«No, Stella, no, voglio suicidarmi prima di annegare!»
La muraglia d'acqua di mare, come aveva promesso, si abbatté contro ogni cosa con tutta la ferocia della natura.
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*¹ Io penso positivo - Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti
*² Canzone d'amore - Ricchi e Poveri
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