29 ~ Via col vento!
«E che cavolo!»
«Ma che cavolo lo dico io! Oh! E fai attenzione!»
"Questa voce!" «Da-Darlina! Sei ancora viva, come hai fatto?»
«Esattamente come hai fatto tu! 'Sto leone ha cercato di azzannarmi ma non ce l'ha fatta, sono troppo dura, e così mi ha inghiottita in un sol boccone!»
«Eh, allora è così anche per me. Il mio serpente delle rocce mi ha morso, per il momento sono di pietra, e credo che il leone abbia perso un paio di zanne. Però alla fine è riuscito a fagocitarmi sana,» fece una pausa. «Ma dove siamo, è tutto buio.»
«Vuoi che apra una finestra? Dove credi che siamo finite? Piuttosto, hai un'idea diversa da quella che ti ha fatto divorare da 'sta bestia?»
«No! Non ho ancora capito di che razza di bestie mitologiche si tratta!»
«Andiamo bene! Oh! Qui, anche se c'è lo spazio di una mezza utilitaria, l'aria comincia a...» una luce blu soffusa troncò la lamentela. Il serpente luminoso si erse sopra il resto della chioma della Medusa a mo' di lampada.
«Per lo meno siamo ancora efficienti! oh! Come brilla tutto qui, ma anche la pancia è fatta d'oro allora, che spreco!» Uno scossone fece cozzare le donne l'una contro l'altra. «Ma che succede?»
«Gli saremo rimasti sullo stomaco, tanto per restare in tema. Oh, tu, gattaccio della malora! E piantala! Mi sta venendo il mal di mare!»
«Sembra di essere dentro la lavatrice a gettoni!»
«Perché a gettoni?»
«Ti pare che sia una tipa che fa il bucato a casa? Io? Io sono una donna impegnata io!»
«Allora, donna impegnata, trova il tempo di trovare una soluzione_» Un cellulare trillò bloccando di nuovo il diverbio.
«Uh! È il mio! Accidenti! Questo smartphone prende pure nelle viscere di un leone!» tirò fuori l'apparecchio dalla borsetta. «Scusa cara, è mio figlio, devo rispondere.»
«Starai scherzando?!»
«Ehi, Andrea, amore, che c'è? Sì, sì, la crociera procede bene, sì, sta per finire, e sta andando tutto a put_ ehm, come da programma. Ma dimmi tu, che cosa c'è di nuovo? Oddio! Ma davvero? La tua ragazza è incinta, e la stai accompagnando in ospedale? Sta per nascere! Bene, non ti agitare, il respiro! È importante che si respiri bene, hai abbassato il finestrino? Sì! No! Non sei tu che devi respirare, è lei! Cosa? È lei che sta guidando? Stai facendo guidare una donna incinta di otto mesi? Ma sei impazzito?» Il tarlo del dubbio perforò in ritardo la mente di Stella. «Ma, senti un po', chi è la tua ragazza? Ah, si chiama Cristal come lo champagne e fa l'artista. Capisco, a, e che artista è? Aaaa, sì, capisco il genere, dal momento che ha fatto un collage con tutte le mie foto e ritagli di giornale su una lavagna appuntandole con i chiodi. Oh, sì, immagino che li abbia poi uniti con dello spago colorato, vero? E sì! Ci avrei giurato a occhi chiusi. Eeeee, toglimi un'altra curiosità, da quant'è che ci esci con... Champagne? Adesso è chiaro, questo martedì è una settimana che vi siete conosciuti. Eeeee, razza di cretino, lo sai quanto tempo ci vuole a una donna per far crescere un bambino nella pancia? Sì, bravo, cercatelo su Google e poi liberati di quella stalker!» chiuse il cellulare con la voglia d'ingoiarlo.
«Uh! Congratulazioni!» batté le mani Darlina. «Stai per diventare nonna!»
«Tua nonna, sta per diventare nonna!» fece eco l'altra. «Perfetto! Ammesso che esca viva da tutta questa storia, a casa mi aspetta una che vuole farmi la pelle! È incredibile! Roba dell'altro mondo!»
«Visto che non hai intenzione di diventare nonna, ti va di fare qualcosa per uscire da qui!»
«In effetti, ho un'idea. Sbatti le ali, così si gonfierà la pancia fino a farla scoppiare!»
«Ma tu dici? E se invece si mette a ruttare? Se fa il rutto l'aria gli esce dalla bocca, e_»
«E noi ne approfitteremo per uscire dalla bocca sfruttando lo spostamento d'aria!»
«Sarà. Lo faccio. Ma sai che ho qualche dubbio...» Darlina partì col frullio delle ali d'oca. La temperatura all'interno dello stomaco si abbassò di colpo.
«Stella, stai bene?»
«Non ti preoccupare, sono ancora di pietra, non sento niente.»
Il leone, scosso dai brividi di freddo, grugnì. Zampettò aggravato dal peso ammortizzando le giunture. Il fiato vaporoso come nebbia. Ruotava in modo disordinato il capoccione masticando a vuoto a fauci spalancate. Si diresse contro il primo pioppo del viale alberato e strusciò il fianco. All'interno le donne sobbalzarono.
«E sta fermo tu!» protestò Stella. Intanto l'aria prodotta dalla Chimera cominciava a far dilatare le pareti dello stomaco d'oro. «Dai Darlina! Ci siamo! Ancora un po'...»
«Sì, tranquilla. Ma da dov'è che dovremmo uscire, cioè voglio dire, da che parte è la bocca?»
«Di qua a destra,» indicò col pollice la Medusa.
Il passo del leone era diventato un ballo a quattro zampe. Come fosse ubriaco, si diresse in mezzo alla strada, dove Sabato continuava a battersi contro gli altri felini giganti.
«Oooo, lo senti?»
«Eeee co-co-co-mincia a tra-tra-tra-ballare tu-tu-tu-ttoooo!»
«Sta arrivando! Sta arrivando! Sta per ruttare! Teniamoci pronte Darlina!»
Visto da fuori il leone d'oro appariva gonfio, malaticcio, indisposto. Si reggeva a fatica sulle zampe, sembrava un ippopotamo obeso con le convulsioni per come tremolava. Un primo rigurgito segnò l'avvisaglia del rutto. Il leone piegò la testa sbavando come una fontana. Il respiro così rabbioso da sollevare la polvere del lastricato. Le zampe anteriori cedettero di colpo.
«Oh! 'Sta panza è diventata una capanna!»
«E che faccio? Mi fermo?»
«No-no-no cara, continua, continua a sbattere le alette! Così, brava! Ancora un po', un altro po', sì, così... e...» La bocca del leone si spalancò come una cloaca, la coda tirata in orizzontale sbandierava e frustava a destra e a manca impazzita subendo un rumore assordante.
«Steeeellaaaaa! Aiuto! Che succede?»
«Eeeee il leoooneeee! Ha sbagliato! Doveva ruttare!»
«Oooooo! Ma non mi dire?! Pensa che sto vedendo la luce in fondo di là!»
Stella sgranò gli occhi, l'espulsione dell'aria compressa diretta dalla parte sbagliata. La coda snodata della bestia perse di colpo tutti i peli, si staccò e finì in faccia a un'altra fiera d'oro a caso nella mischia. Il guaito del leone si perse nel boato scostumato, che echeggiò lungo il viale come una bomba atomica. Lo stesso leone affondò gli artigli al suolo per non essere trascinato dalla propria furia intestinale.
Il ciclone innaturale scaraventò a zampe all'aria ogni altra fiera che investiva lungo la traiettoria. Gli altri bestioni, impauriti dal fenomeno turbolento, cessarono gli attacchi contro il Basilisco.
«Ma chi è stato?» domandò Sabato, il volto incassato nelle spalle, la smorfia esclamativa in faccia. «Non vedo le donne...» Individuò il leone petomane che non accennava a desistere dallo strombazzare. «Ma che cos'ha nel culo, un reattore? Mi sta assordando più di quanto già non sono.»
«A NO! QUESTO NO! ASSOLUTAMENTE NO! Io di là non ci passo, mai, e, poi, mai!» Con gli artigli di bronzo sfoderati e infilzati alle pareti dello stomaco dell'animale, Stella si aggrappò per non uscire dalla parte del disonore bestiale. E Darlina le stava stretta legata alla vita col suo nuovo serpente caudale.
Dopo un tempo che parve non finire mai, il leone si accasciò ansimante.
«È finita. Non sento più nulla. Forse l'abbiamo ammazzato.»
«Oh povera bestia,» sussurrò Darlina, guadagnandosi un'occhiataccia dall'amica.
«Oooo! Siamo ancora bloccate!» Ritrasse le unghie. Sbuffò. Si guardò le mani. La pelle affiorava in sostituzione della pietra. "No! Sto tornando normale..." «Darlina! Presto! Usa il magma!»
«Che devo usare?» chiese mentre gestiva il suo serpente che, appena srotolato dai fianchi dell'altra, stava cercando di baciarla.
«Il fuoco tellurico, la lava, sputa il fuoco dalla bocca, presto!»
«Ma non sarà pericoloso? Tu non resisti al fuoco, Stellina.»
«No! Non ti preoccupare, fallo! Sono ancora di pietra. Presto! Non perdere tempo!» All'ennesimo tentennamento di Darlina, Stella individuò il leoncino della Chimera, affondò le dita nella soffice criniera e lo solleticò sotto le orecchie. L'amica non ebbe modo di ribattere che già sentì il primo rigurgito salirle su per la gola, e un fiotto incandescente più esteso del solito schizzò forte contro la parete dello stomaco, mancando di pochi centimetri il viso della Medusa che lo aveva scansato di riflesso.
«Scu-scusa Stellina.»
«Non ti preoccupare cara.»
Il leone guai straziato dal bruciore, si dimenò, le donne sbatterono l'una contro l'altra più volte.
«Ci faremo male sul serio Stella!»
«Non ti fermare! Non ti fermare, per l'amor del cielo!»
La Chimera, seppur riluttante, rincarò il getto di magma, stavolta facendo attenzione a colpire la superficie d'oro. La belva sbatté la testa a terra incrinando il lastricato. Il guaito sempre più intenso, un pianto disperato prima di accasciarsi su un fianco. La parete dello stomaco iniziò a fondere, un paio di gocce d'oro liquido colpirono Stella. «Aaaaaaa! Che caspita di male!»
«Oh mio Dio, Stellina!»
«Ngh! Non ti preoccupare, ti ho detto di continuare!»
Darlina, con gli occhi umidi, decise di dare il massimo a quella cosa mostruosa che le faceva vomitare lava. Spalancò la bocca in maniera innaturale ed eruttò come un vulcano. Il leone prese a fondere, la Chimera agganciò le braccia attorno alla Medusa e la lanciò fuori dal crogiolo dorato facendola rotolare veloce contro un albero. Le mani incastrate tra le gambe. Il volto dolorante.
Darlina emerse dalla pozzanghera d'oro mista a lava. I vapori distorcevano la visuale sui tronchi d'albero attorno. Senza fare una piega, la Chimera corse sciaguattando nella melma rovente gridando il nome di Stella.
«Oh! Poverina! Oh piccola! Aspetta che arrivo!» compì un balzo e la raggiunse. «Dove ti sei scottata?» si chinò e vinse la resistenza opposta dall'amica che mugolava a denti stretti. I serpenti in disordine si agitavano impazziti. «Sta tranquilla Stellina, tranquilla...» allargò le gambe della compagna. L'interno delle cosce erano violacee, ustionate fino alla carne. Avvicinò la bocca del leoncino che subito leccò le parti interessate.
Sabato, approfittando del momento di tregua, accorse dalle donne richiamato dalla risata nella quale la Medusa lì per lì era scoppiata.
Si avvicinò e vide Darlina accovacciata tra le cosce di Stella. «Ullapeppa!» frenò il passo.
«Ehi, Capo! Avvicinati ancora un altro po', voglio vedere! Quello è il famoso, mitologico, fantasmagorico cunnulin_ Aio! Capo!» con un pugno sotto il mento, Sabato mise a tacere il testone iridato. Fece dietrofront come se marciasse e si mise a fischiettare.
«Fate con comodo...» bisbigliò mentre si faceva circondare dalle belve dorate. «Ma non troppo, che qui i leoni stanno per ritornare alla carica!»
«Oh! Darlina! Grazie! Mi sento molto meglio e... Oh! Ahaha» Il serpente delle rocce le si tuffò in faccia solleticandola con la lingua alla stregua di un chihuahua nano. Darlina bloccò un rigurgito di vomito.
«Basta, basta così,» Stella accarezzò il serpente e lo esortò a tornare nella chioma. Si alzò e si stiracchiò l'abito bianco non sorpresa che fosse rimasto incolume dalla lava della Chimera. «Credo di sapere contro cosa stiamo facendo i conti. Mi sono ricordata. Sono leoni di Nemeo. Sono come te e Sabato, indistruttibili.»
«Saperlo non è di aiuto,» ribatté l'altra.
«A eliminare l'originale mitologico fu Ercole, che lo strozzò a braccia nude.»
«Ehm, sì, affascinante,» mentì Darlina. «Peccato che siamo a corto di "Ercoli", e quello che c'è è cattivissimo, e al momento irrintracciabile. Come pensi ci possa essere utile questa informazione tardiva?»
Stella sorrise, i fiocchi di neve che in quell'attimo si stavano intensificando, parvero più gelidi. «È che mi è venuta un'idea niente male.»
«Oh, ci risiamo, poveri a noi!»
Una mezza dozzina di leoni atterrarono nei pressi della pozzanghera di oro fuso e lava ancora fumante. Darlina aguzzò la vista. Sabato, piuttosto lontano in mezzo al viale, stava menando pugni e coda all'impazzata. Un grugnito orientò l'attenzione a un leone che si stava strofinando il nasone con la zampa mentre scuoteva la criniera. Incrociò lo sguardo con la Chimera e ringhiò acquattato, pronto ad assalirla. E il resto del gruppo lo imitò.
«Ste-Stellina, va bene, se davvero hai un'altra idea, è il momento di...»
«Vieni dietro me e cerca un riparo. Ora mammina è incazzata sul serio.» Chinò lo sguardo rendendolo più acuto e all'altezza della prima fiera a capo del branco. Si piegò a ginocchia unite e posò il palmo della mano sul terriccio attorno al pioppo distante un soffio.
«Demetra, dea della terra, dobbiamo uscire vivi da questa situazione per salvare la vita a un sacco di persone. Dammi un aiuto.»
"Donna, la tua generosità è sincera. Purtroppo non posso esaudire la tua richiesta."
«E ma che ca_» sbatté gli occhi come se avesse ricevuto una secchiata d'acqua gelata in faccia. «E mo' sento pure le voci! È come se qualcuno mi parlasse dal fondo di un pozzo vuoto...»
Darlina aggrottò la fronte quadruplicando le onde di rughe. «Perfetto! È ufficiale, è pazza! Parla da sola adesso!»
La voce nella testa di Stella risuonò ancora. "Non posso perché io rappresento la forza neutra della terra. Sono troppo potente. Un mio intervento provocherebbe una nuova guerra tra dèi e il mondo verrebbe distrutto completamente. Posso però girare la richiesta d'aiuto al dio legato all'emblema di cui sei in possesso."
«Eeee, fallo, lo faccia, sì, ma in fretta!» Tre leoni avevano appena aggirato la pozzanghera di lava mista oro, ringhiando come tromboni infernali.
"Bene," disse placida la voce di Demetra. Al trillo tipo campanello interno di un ufficio postale, seguì il nome della divinità dell'emblema in possesso della Medusa. Le bestie incavolate però ruggirono così forte che quel santo nome nella mente di Stella rimase inascoltato.
«Non ho capito il nume al quale devo rivolgermi.» Si rialzò tenendo lo sguardo fisso sui leoni ormai prossimi a un assalto di gruppo. Tuttavia avanzò incontro alle belve. Lo sguardo vetusto non meno affilato. I serpenti in testa si arrotolarono come tante spirali a imitare una capigliatura riccia. Il formicolio in mezzo alle scapole, che mai l'aveva abbandonata, divenne un forte pizzicore.
«E va bene! Faccio anche senza aiuto!»
«Stellina, no!» gridò straziata Darlina, ma l'altra aveva già deciso. Incrociò le braccia senza che lo volesse. Piegò di poco il busto, lo sguardo attento al primo leone che con un balzo le fu addosso.
Avvenne qualcosa.
Sulla schiena della Medusa si aprirono due luminosi squarci verticali. I tre leoni lanciati con le loro moli da pickup extra large impattarono contro qualcosa di estremamente coriaceo. Ma Stella non si mosse di un centimetro. Sugli occhiali di Darlina si riflesse un'intensa luce. Stella era racchiusa in un altissimo e avvolgente bozzolo e capì.
«Ma certo! Perché non ci ho ragionato prima? La Medusa originale era alata!» Al sicuro nella barriera appena scoperta, sorrise a trentadue denti. Indurì lo sguardo e spalancò rapida braccia e ali insieme, e una potente onda d'urto si propagò come uno tsunami invisibile, spazzando via tutte le fiere esistenti nel viale. Sabato, preso alle spalle, anche lui fu scaraventato in aria.
Darlina stava aggrappata ancora al fusto mentre il prodigio continuava a espandersi offuscando la vista. «Eeeeeee ooooo aaaaaa! Ma che caspita succede?!»
Stella era lì, davanti a lei di spalle, con le ali a forma di pipistrello spalancate, quando l'onda d'urto era cessata e i leoni spariti dalla vista. Si staccò dall'albero e la raggiunse, quasi timorosa di scoprire qualcosa di terribile a riguardo dell'amica.
«Ste-Stellina? Tu-tutto bene?» Aggirò l'allampanata Medusa, scoprendola rigida come uno stoccafisso.
«Eh, eh, Ciabattina cara. Sì. Credo che vada bene. Come vedi, ho le ali. Solo che sono così pesanti che non riesco a muovermi.»
«Oh! Questa è bella. E come facciamo se non riesci più a camminare?»
Stella ruotò la testa a destra e a sinistra per vedere com'erano fatte le giunture appena scoperte. «Ah! Però! Questa poi! Sono d'oro! Ho le ali d'oro! Ah sì! Queste sì! Assolutamente sì! Queste, queste me le voglio portare a casa, così potrò passare la vecchia_ ehm, la maturità stra ricca e trattare gli uomini come giocattoli! Oh!»
«Vecchia giraffa pazza, la seconda cosa è una vita che la stai facendo! No dico, hai persino dato alle tue carte di credito i nomi dei tuoi ex mariti ai quali hai prosciugato il conto! Trattati da giocattoli più di così! Dico!»
«Be', sì, in effetti, sono una donna di successo, che vuoi che ti dica,» ridacchiò l'altra.
L'alto palazzo in centro città prese a tremare. Mausolo, con al collo diciotto giri di sciarpa a causa della brusca caduta della temperatura causata dallo scioglimento della sua barriera di ghiaccio, sussultò, e per poco non cadde. «Che accidenti è stato? Ho sguinzagliato tutti i leoni di Nemea che avevo! È impossibile che...» Una ventina delle bestie appena menzionate centrarono le finestre e rotolarono guaendo sul pavimento della grande sala circolare. Una gli rotolò incontro. «Ma che è?» Fece un salto mortale in avanti e schivò l'animale. Soffiò scocciato, «Argo!»
«Siiii mio bel signoruccio! Cosa posso fare per l'uomo più affascinante di tutte le tombe dell'oltretomba?»
«Butta un occhio sul viale Est! Presto!»
«Oh nonno-no-no-nonnò! Mi bruciano ancora gli occhi dacché ho visto: disumane oscenità e dove filmarle!» tremò tutto il guardiano Cent'occhi. Tremò ancora di più non appena vide Mausolo incedere verso la sua parte con passo spavaldo. Le cosce muscolose scoperte dal gonnellino del chitone bianco bordato d'oro. Le spalle larghe ondeggianti, fiere, possenti. «Uh, signoruccio Mausoluccio, co-cos'ha intenzione di fare?» Il signore delle tombe, con lo sguardo animalesco, agli occhi di Argo erano forieri di promesse appassionate. «Ma cosa fa, signoruccio?» domandò voltando la testa super occhiuta dall'altra parte, mentre Mausolo gli afferrava con virilità innata il braccio. «Uh, lo facciamo così? Lei è così, mascalzone, così... senza un po'... oh, mi fa il solletico... lei è_ AAAAAAA! Impazzito per caso?» la mano a trattenersi il polso da dove Mausolo aveva appena cavato mezza dozzina di occhi. Lo vide dirigersi alla finestra, ignorando i leoni d'oro che gli ringhiavano attorno. Si mise in posa da lanciatore e scaraventò i bulbi oculari in direzione del viale alberato occupato dai mostri.
«E voi, insieme a tutti gli altri, tornate alla carica!» con un gesto tutte le fiere leonine schizzarono fuori dalla finestra trascinati dal vento richiamato da Mausolo. «Argo! Accendi il video!» L'ordine fu così perentorio che il guardiano Cent'occhi ubbidì di riflesso.
Gli occhi fluttuanti ripresero tutto di nascosto.
«Ah, no, però, se non posso muovermi, non va bene, affatto! E tu piantala di girarmi attorno, sono ali, non credo non l'abbia capito!»
«Boh, magari c'è un, aaaaaa!» Stella perse l'equilibrio e cadde di schiena addosso a Darlina. «Togliti, togliti, pipistrellona! Mi stai schiacciando!»
«Ah, mannaggia!» Stella si dimenò, ruotò da un lato, fece forza sulle braccia, e liberò l'amica dal peso per poi aiutarla a rialzarsi.
"Avviso messaggio in corso." «Ci risiamo, ancora la voce!» "Accetta la missiva vocale? Se si, risponda col numero nucleare di quello che ci mettono nel termometro. Se no, risponda col numero nucleare di quello che ci mettono nei proiettili."
«Sì, accetto.»
"Risposta non valida. Avviso messaggio in corso. Accetta la missiva vocale..."
«Ma con chi stai parlando?»
Stella alzò il palmo per zittirla. Riascoltò di nuovo la comunicazione via mnemonica e poi ci ragionò rapida. «Nel termometro una volta ci mettevano il mercurio. E il numero nucleare del mercurio, è OTTANTA!»
«Ma stai dando i numeri?!»
"Ha scelto di accettare il messaggio vocale del direttore. Mi raccomando_" Un colpo di vento tirò tutti i serpenti da un lato. Darlina si sporse dall'albero e strizzò gli occhi.
«Cara, credo che i leoni stanno tornando per farci a pezzi. E stavolta sono piuttosto incavolati seri.»
Stella aveva già notato il polverone misto a fiocchi di neve che si stava alzando in fondo al viale.
«E vai un po' più veloce, voce stramaledetta!»
"Lei, Medusa da strapazzo, è stramaledetta. Io faccio la centralinista! Ha idea di quanto siamo maltrattate e sottopagate noi altre, lo sa, eh? Lo sa?"
«Sì, lo so,» bisbigliò, «ma. E PAAARLAAA!»
"Le-lei è o-orribile," singhiozzò la voce, che chiuse con un clic la comunicazione. Il respiro di Stella cominciava a esser visibile a causa della temperatura sempre più bassa. I leoni, una massa incalcolabili di bestie ringhianti, erano a un passo dall'assaltare le donne, quando Stella udì una voce nuova: "Veloce!"
«Tutto qui il messaggio verbale?» ribatté e poi ripeté: «Veeloocee!» e trascinata da una forza interiore inattesa allargò di poco le braccia, le ali giganti si ritrassero, e una decina di serpenti si arrotolarono lungo ciascun braccio fino a formare ventagli di teste tese e ordinate. Non ebbe tempo di riflettere su nulla. Ne agitò un gruppo e dai serpenti partirono rapidi come fulmini una dozzina di funi che si annodarono sul collo dei leoni più vicini.
«Ah-hha! Forse ho capito, veeloocee!» scattò con la rapidità delle saette di Zeus, raggiunse il primo bestione, afferrò il guinzaglio, spiccò un salto fino a raggiungere il ramo più alto del pioppo più vicino e lì lo legò impiccandolo; il tutto in meno di un decimo di secondo. Un ghigno nuovo le illuminò malevoli gli occhi verdi mentre assisteva alla dipartita della prima bestia infernale. Si voltò verso il resto della colonia. «Sotto a chi tocca!»
«Ehi, Capo! Tutto apposto Capo?»
Con gli occhiali storti sul naso, e lo sguardo a testa obliqua, il mondo gli apparve tipo caleidoscopio. Mise i palmi sul punto dov'era seduto. «Oh perbacco! Come ci sono finito sul tetto?» ritirò le mani, sorpreso dal contatto freddo. «Sta pure nevicando!» strizzò gli occhi guardando il cielo bianchissimo. «Ma non eravamo in un deserto del... vattelapesca? Boh? Sarà il cambiamento climatico, vai a capire...»
«Capo, è stata quella furia della Pupa! Guardala capo! È lì! Ora là! Ora su! Ora giù!»
Il Basilisco si sporse sul perimetro del tetto, in basso al quale c'era Stella che pareva sdoppiata, se non moltiplicata per come era veloce ad accalappiare i leoni e a impiccarli sugli alberi. Sabato sollevò una guancia, si grattò l'altra con un dito e si aggiustò l'occhiale. «Boh! Io non vedo niente,» guardò dritto sotto e notò una testa biondastra oscillare a destra e a manca. «Oh, quella è Darlina che fa gli esercizi per la cervicale! Andiamo a trovarla,» senza badare all'altezza balzò giù. Darlina stava con le mani ora a schiacciarsi le guance, ora a coprire gli occhi dei suoi animali da seno, e quando Sabato le piombò accanto cacciò un urlo.
«Sabato! Ma sei impazzito? Sto già morendo dal terrore!»
«Oh, scusa cara. Che cos'è che ti fa paura?» Darlina lo prese per un braccio e cercò di indicare Stella in un punto preciso senza riuscirci.
«È impossibile, non si capisce come fa a fare quello che sta facendo!»
I lamenti degli animali appesi ad addobbare gli alberi attorno si aggiudicarono l'attenzione dell'uomo. «Oh! Dobbiamo chiamare la forestale! Ci sono i bracconieri!»
Darlina storse gli occhi e sbuffò. I guaiti straziati la fecero sussultare, abbracciò Sabato che l'accolse tra le sue braccia. «Quella è Stella!»
«Aaaaaa, ora è chiaro. Si sarà arrabbiata come al solito. Bisogna che le diciamo qualcosa. Eh, potrebbe essere un pericolo per sé stessa e per gli altri.»
«Oh! Quello era l'ultimo!» esclamò la Medusa battendo le mani a forbice un paio di volte mentre si avvicinava ai compagni stretti l'uno all'altra, con tanto di occhi di fuori. «Be'?» si sventolò con una mano, l'altra sul fianco, avanzando come se sfilasse. «Non fa troppo caldo? Voi che dite?» domandò mentre la neve aveva imbiancato tutt'attorno.
«Strano!»
«Perché strano, Darlina?»
«Perché nevica e tu sei completamente nuda! Dove è finita la sottana?»
Stella abbassò lo sguardo, «porca...» incrociò le braccia in modo da coprirsi il più possibile. I sei occhi guardoni di Argo, che avevano ripreso e trasmesso tutto alla torre di Mausolo, rimpiansero di non essere dotati di palpebre. Il primo s'infilzò su uno spuntone di pioppo e gli altri li seguirono a ruota fino a formare uno spiedino di bulbi oculari.
«Quella maledetta Medusa! È decisamente un problema! Le scatenerò contro tutti gli eroi di cui dispongo!»
Un occhio scampato allo spiedo di gruppo si trovò a fluttuare attorno a Stella, che nel frattempo aveva chiesto ai compagni di ritrovare il suo unico abito. Abito che per fortuna era rimasto impigliato a un albero non troppo lontano. Il Basilisco, con l'ausilio della coda allungabile, glielo tirò giù.
«Grazie Sabatino,» disse la donna mentre se lo infilava, e l'occhio curiosava quasi a stretto contatto. Stella, quando lo notò, si accigliò. «E tu? Come ti permetti tu?» lo fissò ricambiato, il nero ombra sostituì il verde delle iridi e il bulbo oculare, pietrificato, cadde nel nevischio a terra.
«Aaaaaaaa! Signoruccioooo! Mi-mi-mi stooooo aaaaaa!» Mausolo si voltò verso Argo.
«Che c'è, che vuoi?!» La risposta si perse nel mutismo della statua di pietra nella quale Argo Cent'occhi si stava trasformando. Mausolo socchiuse la bocca. Fece una smorfia. «Mm, va bene, tanto non mi era nemmeno simpatico.» Chiamò una dozzina di servi per riordinare l'enorme sala circolare. Al termine chiamò: «Phaia! Vieni subito qui!»
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