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16 ~ Che ci azzecca l'Uomo Ragno?

«Non so tu,» disse Stella col fiatone, «ma io sono stufa di essere inseguita!» Incespicò sui ciottoli della battigia e imprecò ancora, «accidenti! Ovunque andiamo c'è sempre da correre qui! Non abbiamo mica l'età!»

«Stella!» ansimò Darlina, balzellando vicina, «perché non provi a pietrificarli?»

«Cosa pietrifico, se hanno dei sassi al posto degli occhi? Sono state furbe quelle due pesti!»
La battigia sassosa non era il massimo per correre, e nonostante i sandali delle donne fossero comodi, mantenere l'equilibrio era una difficoltà aggiunta. Stella si voltò, attratta dallo scricchiolio degli inseguitori. Non notò nessuna espressione nei visi di quelli.

«Darlina, cara, perché non provi tu a fare qualcosa?»

«Tipo?»

«Quella cosa della capra spara spine, o, o, non_»
Darlina, dopo l'ultimo balzello, si fermò e si voltò. «Non lo so se funziona,» confessò, mentre accarezzava la capretta. «Ehy, piccola, fa quello che sai fare per favore.» Afferrò la barbetta del ruminante come fosse il calcio di una pistola, e l'animale prese a mitragliare fasci di spine contro gli inseguitori. Stella si mise alle sue spalle, malgrado fosse più allampanata, e per questo per nulla riparata dall'amica.

«Ma che fai?»

«Mi proteggo. Tanto a te se ti colpiscono non senti niente,» chiosò Stella, «guarda che mi ricordo quando durante la traversata sul Nilo siamo stati attaccati dai reietti, e tu le stavi prendendo di santa ragione senza sentire nemmeno il solletico.»

«Non fare la furba!»

«Infatti, faccio l'intelligente!»

«No, tu stai facendo la str_»

«O-oh! Credo abbiamo peggiorato la situazione! Guarda!» Le spine della capretta si erano piantate nei corpi degli assalitori senza ottenere nessun effetto, tranne quello di farli diventare ricci umani più pericolosi delle palle chiodate. «Se ci vengono addosso con tutti quegli aculei, credo che nemmeno tu ti salveresti, ciabattina,» piagnucolò Stella.

«Come al solito le tue idee non funzionano!» rimbrottò Darlina, ora stretta alla compagna mentre il gruppo umanoide le circondava.

«Il gatto! Prova col gatto,» suggerì la Medusa, «saprà fare qualcosa, oltre a vomitare palle di pelo mi auguro.» Darlina, incoraggiata più dalla cerchia minacciosa di quegli esseri spinosi che non dall'amica, accarezzò la frangia del leoncino.

«Senti bello, se sai fare qualcosa, falla ora o mai più!» esclamò tirando insù la criniera dell'animale. Avvenne qualcosa. Stella, curiosa della reazione della bestiola, si chinò per osservarla meglio. Il leoncino emise un lungo gorgheggio.

«Oh! Si è messo a fare le fusa come una caldaia!» Reclinò la testa, i serpenti che scuotevano le testoline contrariate come la padrona. Poi però gli occhi rosa del leoncino si accesero e divennero amaranto, Darlina emise un verso sofferente, si chinò trattenendosi la pancia.

«Uh! Che dolore! Sarà stato il cibo mangiato in fondo al mare!» disse a un passo dal non reggersi più in piedi. La cerchia degli assalitori cominciava a stringersi sempre di più. Le mani già protese a far loro del male. Stella cercò in tutti i modi di farsi venire un'idea, ma al momento non riusciva a pensare a nulla che non fosse immaginare quanto sarebbe stato doloroso essere colpite da quegli esseri pieni di spine. Darlina iniziò ad avere le convulsioni, mentre il leoncino proseguiva a borbottare come un trattore. Le due decine di malevoli figuri erano ormai a pochi passi, con le braccia sempre più vicine, i volti sempre inespressivi. Darlina ebbe un sussulto, si rizzò sulla schiena ed emise un rutto seguito da un lungo zampillo di lava incandescente che uscì dalla bocca e investì quattro individui.

Darlina, sorpresa di stare a vomitare magma, si girò dalla parte della Medusa, che cacciò un urlo di spavento, protesse la chioma serpentesca con le mani e si accasciò sull'acciottolato. «Fai attenzione!»

Terminato il giro di eruzione vulcanica, la bocca di Darlina prese a fumare come una ciminiera. «Oh, mamma, che, che, che, oh, peggio del peperoncino calabrese! Oh!»

Stella si risollevò, si sistemò l'abito bianco, che chissà perché sembrava incolume a tutti i maltrattamenti, e diede un'occhiata alla compagna con la bocca ora spenta.

«Che è successo, è finito il gas?»

«Non ho pagato la bolletta!»

«Sei sempre la solita!» Versi strozzati come ringhi di belve misero a tacere la baruffa delle due.

«Eee-chee-caavoloo!» intonarono strette l'una all'altra, ammirando gli aguzzini diventati oltreché ricci umanoidi anche infuocati, e adesso pure incavolati.

«Ma di cosa sono fatti, nemmeno la tua brodaglia bollente gli ha fatto nulla!» Stella respirava pesante, gli occhi verdi allargati. Un colosso mosse un passo in mezzo al rivolo incandescente che scorreva verso il vicino mare. Scivolò e la pendenza della battigia lo trascinò in acqua, e appena si bagnò le caviglie questi divennero di pietra, prima di scoppiare in tanti sassolini come popcorn nella padella. Stella ricordò ciò che avevano detto le bimbe più antiche del mondo: "Voi entrerete se con i sassi, come Decaulione e Pirra farete," e le si aprì all'istante un altro cassetto della memoria.

«Ragazzi!» si rivolse ai serpenti, «dobbiamo portare in acqua questi zombies di marmo, c'è qualcun_» un serpente si staccò dalla chioma e strisciò lungo un braccio della Medusa. «Oh! Che solerzia! Ma come posso fare.» Il rettile si distese rigido, non era più lungo di trenta centimetri. Sul dorso si aprirono dei fori allineati e la testolina triangolare si dispose a boccaglio, con tanto di vibrante linguetta biforcuta. «Ah, no, questo proprio no! Ma come ti viene in mente che possa mettermi in bocca un serpente? E poi mica so suonare il flauto.»

«Stella! AAAA! Sbrigati a fare chissà cosa, qui si mette malissimo!» urlò Darlina, intenta a non farsi prendere dagli esseri pietrosi.

«Tienili a bada un secondo, mi sto organizzando,» rimpallò l'urlo l'altra che le stava vicina mezzo passo. Il serpente fece una smorfia prima di appiattirsi tutto e arrotolarsi su sé stesso. «Oh, è diventato una lingua di Menelik,» disse impressionata, impressionata soprattutto dalla lingua che lo sfacciato serpentello vibrava in continuazione. «E va bene, se proprio non ho scelta. Bleach! Speriamo di non vomitare troppo. Mi sto sentendo già male,» piagnucolò, e con una smorfia di disgusto puntò le labbra sul musino del rettile, le cui scaglie sotto gli occhi arrossirono. Partì un fischio sgraziato, le mani puntute delle creature coriacee si bloccarono allo sfiorare Darlina, che si era fatta piccola, stringendosi le braccia ai fianchi.

«Oh, dai, toglietevi,» biascicò la Chimera. Stella sputò per terra. «Che schifo santo cielo!» "Decaulione e Pirra ripopolarono la terra dopo l'alluvione mandato da Zeus per punire gli uomini per la loro lascivia, buttando in mare sassi, che si trasformarono nella nuova generazione di umani," chiosò mentalmente in un attimo. «Se ho intuito bene, se riesco a riportare in mare 'sti cosi, forse ritornano pietre,» sussurrò per prendere nuovo coraggio e suonare ancora una volta la lingua di Menelik. Ma fece di più, s'incamminò verso il mare e il gruppo umanoide la seguì in fila indiana. Man mano che questi entravano a contatto con l'acqua esplosero come mais sul fuoco come il primo, diventando ghiaia piovente dappertutto come grandine. Stella era arrivata a bagnarsi fino al seno, ma non mollò il serpente arrotolato dalla bocca. Fischiava e fischiava, fin quando non vide fino all'ultimo quei cosi immergersi ed esplodere. L'ultimo, a dire il vero, lo stava spintonando Darlina a suon di mattarello da viaggio, e forse si sarà tuffato da solo, esasperato dalle bastonate.

«Grazie,» farfugliò Stella, osservando il serpente ritornare lungo, «ci hai messo un po' troppa lingua però,» un moto di disgusto in faccia. Il rettile dondolò la testolina, le iridi artigliate ora a forma di cuoricini. E sospirando strisciò al suo posto nella chioma. "Tutte a me capitano," pensò la Medusa mentre tornava affianco alla Chimera.

«Ma non te la potevi far venire prima questa idea?»

«Prego eh! Sempre a brontolare tu!» la riprese l'altra mentre strizzava i lembi del vestito. «Guarda qua! E dire che ero riuscita a mantenermi asciutta anche in fondo al mare, oh! Che fastidio!»

«E adesso? Speriamo che non ci sia qualche altra diavoleria di mezzo,» brontolò Darlina saltellando accanto a Stella.

«Chi può saperlo,» sospirò la Medusa, «certo è che sono stanca. Essere diventata un mostro mi ha aumentato la resistenza fisica, ma a una certa srotolo la lingua fino a terra come facevo anche prima.»

«Allora è lo stesso che capita a me,» convenne l'altra, «e a proposito di forza fisica, non mi ero resa conto che abbiamo corso così tanto. Guarda com'è lontana la grotta della fattucchiera!»

Stella si voltò invece dalla parte opposta, prima di aguzzare la vista strizzando le rughe intorno agli occhi. La via lungo la battigia terminò di nuovo sotto l'arco mezzo tuffato in mare. Darlina, lungo il percorso, aveva notato l'amica più pensosa del solito, e prima di scoprire l'entrata della grotta, trovò il coraggio di chiederle a cosa stava pensando.

«A Riva,» rispose lapidaria, e Darlina si rattristò di colpo.

«Povera figlia! Quella piccolina. Graziosa con le guanciotte paffute. Si era persa sulla nave e l'avevamo riportata dai genitori in pena per lei,» ricordò a voce la Chimera. «Chissà come starà? Avrà più paura di tutti gli ostaggi di Mausolo, essendo cieca, poverina,» chiosò con la voce strozzata.

Stella invece ricordò in segreto la giornata che aveva trascorso insieme a Riva, in accordo con i genitori, che sin da subito avevano compreso la bonarietà sua, di Darlina e dello svampito Sabato. «Menomale che non può vedere. Se ci vedesse così, altro che incubi, povero angelo,» borbottò a sguardo basso. I serpenti la ondeggiarono intorno agli occhi, mossi da quella che sembrava un'accusa. «Senza offesa, ragazzi,» aggiunse atona, e i rettili ritornarono in posa.

L'entrata della grotta era alta, dalla vaga forma a triangolo, non molto stretta. A un lato, piantato trai sassi, un cartello di legno con su scritto un annuncio: "AAA urgente! Operatrice domestica cercasi, precedenza a esperienza con le ragnatele..."

«Ma! Che!» sbottò Darlina, «adesso ci toccherà pure fare le donne delle pulizie, oh!»

«Nemmeno se me lo ordina Zeus!» esclamò Stella puntando il cartello, che raggiunse incespicando sui ciottoli, sradicò con un calcio e poi lo buttò in mare. «I giochi sono finiti! Ora ci riprendiamo Sabato e troviamo la maniera per tornare nel deserto del Sahara. «Entriamo!»

«Non ti si può dir di no,» commentò l'altra seguendola. L'antro era buio, o così apparve appena tuffati dentro quel luogo, la cui luce era diffusa da torce incastonate in alto tra le rocce interne. Di fronte parve esserci qualcosa. Le donne aguzzarono la vista con molto sforzo prima di realizzare d'essere sorprese da un faccione che occupava l'intera parete di fronte. «AAAAA! Ma che caspita!» urlò Darlina.

«Che mi venga un colpo! Che spavento!» Il cuore in gola a Stella. Mosse un passo indietro, prevedendo chissà cosa da quella faccia dagli occhi sgranati. Il sorriso da pazzo era in posa statica, il che le fece dubitare sulla minaccia che aveva immaginato.

«Stella, è inquietante!»

«Sì, un po' lo è. Ma non ti sembra di conoscerlo? Guardalo bene.»

Darlina ritrasse il volto di scatto. «Oh, ma, è una foto ritratto. Non so proprio chi possa essere, ma è solo una foto,» realizzò riportando i solchi rugosi del viso al livello di nonnina serena.

«È Tobey Maguire!»

«E chi se ne frega!» esclamò Darlina alzando un braccio, «basta che non rompa come chiunque abbiamo incontrato finora,» aggiunse, mentre abituava la vista a un altro punto dell'entrata della spelonca. «Toh! Lì c'è un'altra foto.

Stella fece una smorfia. «Che ci farà mai una foto dell'attore che ha impersonato l'uomo ragno,» borbottò seguendo la visuale suggerita dalla compagna. E quando inquadrò pure l'altra immagine riconobbe anche l'altro personaggio ritratto. «E quello è Andrew Garfield.»

«Ma chi sono?»

«Ah, Darlina! Ma tu dimmi un po', che torto ti ha fatto il cinema? No, dico, sono attori che hanno interpretato l'uomo ragno.»

«Oh, adesso che lo so, dormirò serena,» ribatté la Chimera, giocherellando con il leoncino e la capretta.

«Se la metti su questo piano. Comunque, ho il sospetto che, - girò su sé stessa - ci deve essere anche... sì, eccolo dall'altro lato, Tom Holland, quel giovanotto ha davvero un bel culetto,» confessò.

«Stella! Ma come ti viene in mente! Potresti essere sua trisavola!»

«Tua nonna!» ribatté Stella.

«Ma come mai sei così ferrata anche di queste cose da ragazzini?» chiese poi a bruciapelo Darlina.

«Non si vive solo di ricerche e polverose biblioteche,» rispose di getto Stella, e avrebbe aggiunto altro se non avesse dovuto afferrare al volo un sasso che altrimenti avrebbe colpito in faccia l'amica. Si voltò nella direzione opposta la traiettoria del lancio. Due ombre tremolanti al fuoco delle torce tradirono le cecchine. «Piccole pesti elleniche! Vi stavo aspettando,» disse con voce nasale, mentre faceva cenno al serpente fune di strisciare lungo il braccio. Il rettile fu solerte, e senza che la Medusa glielo comandasse, si insinuò nell'ombra del suolo e raggiunse il nascondiglio di Rosalia e Ina. Ignare, quelle, ridevano e scherzavano, ma quando furono avvinghiate dal serpente fune, emisero urla stridule spacca timpani. Stella e Darlina si tapparono le orecchie.

«Accidenti! Oh! È insopportabile!» piagnucolò a voce smorzata la Chimera. Stella cercò un punto, qualcosa che potesse suggerirle come fare smettere di urlare le bimbe. Le onde sonore di quelle erano così devastanti che molte torce si spensero e il soffitto iniziava a sgretolarsi.

«Lasciale andare, Stella, o qui crollerà tutto!»

«Ah, no! Assolutamente no! Non le lascio nemmeno se divento sorda come te! A quelle due oggi nulla le salverà da una sculacciata epica!» promise tenendo salda la presa sul rettile cordato. Tirò e tirò, stringendo i denti. Le bambine, con le boccucce spalancate e le ugole estroflesse, non accennavano a ridurre i decibel. Ina, vedendo però la tenacia della vecchia Medusa, tentò l'ultima mossa: le puntò una manina contro e sul pavimento della grotta prese a brulicare un fitto tappeto di ragni.

Presa dall'istinto di conservazione, Darlina, con gli occhi terrorizzati dagli insetti, impugnò la barbetta della capretta e a un cenno di far fuoco quella sputò spine dappertutto, infilzandoli quasi tutti. I ragni superstiti furono divorati dai serpenti della Medusa, che nel frattempo si erano allungati di proposito per cacciarli in autonomia. Le mani della Medusa erano giunte a un soffio dall'acciuffare Ina, legata per la vita assieme a Rosalia, che le stava di schiena. E appena sfiorò la capo peste, silenzio di tomba di colpo.

«Pace?» sorrise Ina, sbattendo gli occhietti, e Stella e Darlina per poco non persero l'equilibrio.

«Ma che pac_»

«Che cos'è tutto questo baccano?» tuonò una voce nuova di lato al gruppo contendente. Fu così squillante che Stella non riuscì a completare il pensiero, troppo sorpresa di scoprire che a parlare era stata una donna alta quanto lei, magra come lei, con addosso cortissimo short gialli con la riga rossa ai lati, e una canotta ampia e sufficiente a coprire le generosità mammarie.

La nuova entrata trovò luce sotto le torce ancora accese, e fece sussultare Darlina quando rivelò la quantità di ragni che sostituivano in tutto e per tutto i capelli. Fattasi vicina, rivelò gli occhi riparati da spessi occhialoni, dai cui lati della montatura facevano lo yo-yo una coppia di ragnetti rosa. Mentre si lasciava studiare, Stella con un'abile mossa liberò le bimbe dal serpente fune, prima che la situazione andasse a rotoli come prevedibile.

La strana donna emetteva versi che Stella non comprese. Intuì però che lei non poteva stare muta, e così lanciò un'occhiata veloce attorno in cerca di un'idea lampo. La trovò.

«Hai delle belle foto degli attori che hanno impersonato l'uomo ragno.»

La donna smise di emettere versi. Persino i ragni della chioma si bloccarono sulla testa. Si avvicinò ancora. Stella fu sul punto d'indietreggiare, quando quella allargò un sorriso.

«Siete assunte!» annunciò indietreggiando. «Bene,» squittì, «se siete state così brave a tenere a bada le piccole Rosalia e Vedovinanerina, potrete sicuramente sopravvivere fino al tramonto,» sorrise, «tanto qui le colf hanno vita breve,» aggiunse allegra. Si voltò e poi di nuovo si girò, perdendosi in giro colonie di ragni dappertutto che solerti risalirono lungo tutto il corpo fino a riposizionarsi sul capo. «Ah, dimenticavo, io sono Aracne, e voi?»

«Noi non siamo, colf, non siamo in cerca di un impiego, io sono una divulgatrice storico scientifica, la mia amica è una cuoca di fama, e grazie a una magica squilibrata siamo pure: la Chimera - indicò l'amica - e la Medusa! - indicò sé stessa,» chiosò con la furia che le saliva di parola in parola. «E siamo qui per riprenderci il nostro amico Sabato, alias il Basilisco,» ringhiò infine.

Le bimbe intanto andarono a rifugiarsi dietro le gambe di Aracne, che le accarezzò brevemente sulla testa. «Sono impressionata,» ammise poi, osservando verso la Medusa.

«E di cosa?» domandò Stella, dopo aver atteso un tempo ragionevole affinché l'altra potesse completare l'ammissione rimasta sospesa.

«Da tutto. Dalla vostra conoscenza dei miei attori preferiti,» avanzò di nuovo verso Stella, stavolta con l'aria di volerle mettere le mani addosso, l'altra indietreggiava man mano che si avvicinava. «Dalla vostra audacia nell'entrare dentro la grotta di Calipso,» avanzò ancora, determinata, «dall'aver giocato con mia figlia e la sua amica,» lo sguardo oltre gli occhiali a rivelare quattro pupille per occhio blu notte, glaciali, «ma soprattutto per aver_»

«Darlina!»

«Siiiiì?!»

«Scaaappaaa!» strillò Stella, perdendo di colpo tutta la baldanza. Aracne lanciò un gomitolo per terra, fece un gesto circolare con le mani, e quello prese a girare intorno a Stella e Darlina bloccandole in una rete tanto bella quanto inespugnabile.

Aracne recuperò il gomitolo, che non sembrò essersi consumato, raggiunse Stella e le si avvicinò di nuovo a meno di un palmo dal naso. «Dicevo, sono rimasta impressionata dal fatto che abbiamo qualcosa in comune,» disse sorridendo, come se fosse normale bloccare la gente con ragnatele stile pizzo di Cantù.

Darlina e Stella, anche se la situazione era spiacevole essendo immobilizzate, riuscivano lo stesso respirare e parlare.

«E, cosa, dovremmo avere in comune, di grazia?»

Aracne tornò a sorridere. «Sei la Medusa!»

«Ne sono consapevole.»

«Vuol dire che anche a te Atena sta antipatica!» esclamò battendo le mani e saltellando sul posto.

Stella conosceva la faccenda della dea Atena che trasforma in ragno Aracne dopo una competizione al telaio, e tramuta in mostro Medusa per vanità di quest'ultima. "Peccato che non mi è venuto in mente prima!" pensò rammaricata, "avrei potuto gestire la situazione con più scaltrezza," convenne in ritardo con sé stessa.

«Sento odore di bruciato,» avvertì Darlina, puntando il naso all'insù, imitata dalla capretta e dal leoncino.

«Per tutti i muliné! La cena!»

«Bleach!» fecero coro Ina e Rosalia.

«Brucerò la cena!» strepitò correndo con le braccia alzate verso la sua spelonca.

«Bella mossa,» bisbigliò Stella a Darlina. «Ehm! Noi qui, che si fa'?» urlò poi ad Aracne.

«Ah, eh, sì! Siete mie ospiti,» disse, e la rete che le teneva paralizzate si disfece come zucchero filato.

«Adesso che facciamo?» chiese Darlina spolverandosi il vestito dorato.

«E che vogliamo fare?» fece eco retorico Stella, dirigendosi con le mani ai fianchi laddove le bambine stavano indicando di entrare.

«Ahi-aho! Senti che puzza di bruciato! Mi sa che mi toccherà cucinare per davvero...»

Di malavoglia, svanirono oltre la spelonca di Aracne, con in mente ogni dubbio su cosa sarebbe successo.

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