10 ~ Soluzioni cliché
Il silenzio di tomba nella sala della piramide di Cheope era debolmente graffiato da Serapide, che stava spazzando il pavimento. In testa il vaso era sostituito da una piccola pattumiera. Menta, poco lontana dalla scalinata regale, osservava l'antica divinità ridotta a bidello. "Un tempo eravamo potenti, vecchio mio".
Un finto colpo di tosse palesò la presenza di Cleopatra, rimasta a osservare la curiosa Ninfa ancora di spalle. Le sorrise quando si girò.
«I prescelti sono pronti. Non farli attendere.»
«Cleopatra! Mi sorprende la tua accondiscendenza. Immaginavo ne avresti ucciso almeno uno.»
«Oh, non fare la melodrammatica. Siamo un popolo in estinzione. Rimettere Mausolo al suo posto garantirà la sopravvivenza a noi, che ancora resistiamo alle sabbie del tempo. E poi, se proprio ci tieni, sappi che quei tre sventurati moriranno, missione compiuta o meno.»
«Mm. Adesso ti riconosco.» Rise la ninfa lungo tutto il tragitto fino all'uscita dalla piramide. Quando però vide la carrozza già occupata dai signori, ritrovò il solito contegno impassibile. Salita sulla vettura, notò una certa serietà dal discorso che avevano intavolato Stella, Darlina e Sabato.
«Se vogliamo tornare normali come prima, senza bestiole, iguana da spalla e raggiera serpentosa, dobbiamo trovare le rose del deserto,» disse la Chimera Darlina.
«Io non sono un esperto di fiori, ma non credo che crescano rose da queste parti.»
«E infatti, Sabato ha ragione. O ci sfugge qualcosa, oppure, qui la questione sa di fregatura. Il che non mi sorprenderebbe, stando ai tipi che continuamo a incontrare,» confessò Stella, mulinando una mano vicino al viso, incurante della presenza della Ninfa Menta, che la guardò piccata, prima di dare ordine di partire a Terrore e Paura, già pronti sul cocchio.
«Che poi, se non bastasse, c'è anche la questione dei simboli misteriosi che dovrebbero servirci per affrontare i pericoli.» Aggiunse Stella, rivelando la parte di mistero ottenuta da Cleopatra.
«Ma non è detto che affronteremo per forza dei pericoli,» azzardò a dire Darlina, seduta accanto a Sabato.
«Davvero credi che sarà una passeggiata?» Sbuffò Stella a braccia conserte e gambe accavallate. «Certo, anch'io vorrei che tutto finisse nell'arco di questa giornata. Ma il fatto è che non sappiamo nemmeno dove si trova Mausolo.»
«Ehm. Signora Di Marino, forse non è difficile individuare Mausolo.» L'intervento della Ninfa Menta attirò l'attenzione generale. «Eppure lei ha trovato un modo piuttosto efficace per uscire dal labirinto oscuro.»
Stella scattò il volto nella direzione della creatura degli inferi. Si accigliò. Poi allungò un occhio sul ciuffo di serpenti che ondeggiavano sulla fronte, e si stupì di scoprire che effettivamente aveva la possibilità di trovare Mausolo usando le qualità segrete della Medusa.
«Può darsi che abbiamo una possibilità in effetti.» Realizzò la Medusa Stella, ora attratta dal silenzioso Sabato, che per una volta non si era addormentato durante le discussioni. «C'è qualcosa che non va, Sabatino?» Il tono dolce.
«E. Eh. E credo che ci conviene fare le cose bene, perché alla fine verremo anche giudicati.»
«Questa è bella.» Sbottò Darlina. «Vorranno mica darci le pagelle alla fine di questa storia!»
«Fammi indovinare. Questa è la tua parte di mistero che ti hanno svelato.» Sabato annuì a Stella.
Stella cercò di sorridere. «Per lo meno abbiamo un mezzo di trasporto.»
Menta scosse la testa sbattendo le palpebre. «In verità, signori,» la voce stridula.
«In verità cosa?» Fecero coro i nuovi mostri.
Darlina sbatté le mani sulle ginocchia. «Ormai ho capito. Quando fa quella voce sta per buttarci nelle braci.»
«È che la carrozza non può sopportare per molto tempo il deserto. Perché il deserto è il simbolo del caos, fatta della stessa energia del carro. Se rimanesse esposto a lungo, verrebbe assorbito e svanirebbe.»
«E poi non abbiamo fatto il bollo vetture, e l'ufficio Re Mida ci ha già mandato la cartella esattoriale scaduta,» ridacchiarono Terrore e Paura con le briglie in mano.
«Cioè?» Darlina fece segno di non aver capito.
«Se non ho capito male, la carrozza sulla quale viaggiamo a lungo andare si consumerà come una zolletta di zucchero in una tazza di tè fumante.»
«Senza dubbio, signora Di Marino, lei è molto intelligente.» Disse atona la Ninfa Menta. Al che Stella non la degnò di reazione.
Si indignò però quando Terrore e Paura annunciarono il primo capolinea nel bel mezzo del deserto del Sahara. Dune di sabbia arrossate e arroventate dal sole implacabile africano disegnavano l'intero circolo dell'orizzonte, come un mare immobile. Il cielo sempre più argentato e dannatamente privo di nuvole, prometteva senza sforzo, una terribile giornata tipo girarrosto.
«Ma stiamo scherzando? Come faremo a piedi?! Ma per chi ci avete preso?» Protestò Darlina, saltellando nella sabbia cocente che le friggeva i piedi artigliati. Le lingue della capretta e del leoncino lunghe fino quasi a terra.
Sabato, col suo chitone porpora, pareva non accusare fastidio. «Tranquillo Capo, noi siamo il Basilisco. A noi il sole ci fa un baffo!»
«Già. In quanto rettile, il sole vi ricarica di energia.» Constatò Stella, prima di rivolgersi alla sua chioma serpentesca. «Potete fare qualcosa per me, ragazzi?» I serpenti si disposero a raggiera ordinata sulla testa, fino a formare un bizzarro copricapo simile alle padelle cinesi. L'ombra che proiettava era adeguata. Stella era soddisfatta. «Credo che neanche a me il caldo in fondo faccia tanto effetto.»
Nonostante la scoperta di sopportare il clima sahariano, Stella e Sabato pretesero da Menta una soluzione per Darlina. Non potevano e non volevano veder soffrire la loro amica. La Ninfa chiamò a raccolta i cocchieri per discutere della faccenda. Ma non ne vennero a capo di nulla. Terrore e Paura, però, offrirono in prestito tre dei quattro camelidi per proseguire un altro tratto di strada più comodamente. Di più non poterono.
Stella si avvicinò all'amica, ormai a un passo dallo svenire dal caldo. Strinse le meningi in cerca di un ricordo a riguardo della Chimera mitologica. Ma nulla di ciò che sapeva era utile per sollevarla dalla sofferenza.
«Visto che dovremo morire,» ansimò, «credo che vi farò strada per prima!»
«Non dire sciocchezze, vecchia oca_» Stella abortì il rimprovero a favore di una illuminazione. Si mise dietro le spalle di Darlina e le liberò le ali da oca che aveva tra le scapole. «Sbatti le ali!»
«Che cosa?»
«Sbatti queste dannate ali, vecchia pantofola bucata!» Disse scuotendone una con una mano. Darlina ci provò. Dapprima riuscì a farle vibrare. Il minuscolo rimescolamento d'aria sulla parte scoperta della schiena, la incoraggiò. Ci riprovò ancora. Le ali si mossero debolmente. Infine, strinse la dentiera e iniziò a sfarfallare fino a produrre un vento tanto insperato quanto fresco, che l'avvolse tutta.
«Ooooo! Così si ragiona!» Sorrise Darlina. «Non sapevo che la Chimera avesse l'aria condizionata incorporata!»
Dalla faccia rallegrata di Darlina, Stella e Sabato passarono agli oscuri deretani neri dei camelidi, sbattuti in faccia non appena si voltarono. A vederli così vicini urlarono.
«Ecco fatto! Le navi del deserto sono pronte per accogliervi!» Ridacchiarono Terrore e Paura. «Al signor Basilisco gli diamo Mary Shelley. Su sali a bordo, signore!» Incitarono i figli di Ares e Afrodite.
«Ma ragazzi, io ho qualche problemino pelvico, ultimamente non è stato trattato molto bene,» farfugliò Sabato, ma i divini ragazzacci lo presero sottobraccio e lo condussero al lato della groppa di Mary Shelley, già accovacciata. E Malgrado le proteste, l'uomo si adagiò tra le gobbe nere dell'animale. Il volto preoccupato per il piercing che sapeva avrebbe causato fastidio sul davanti, per non parlare del resto dietro. E di fatti, non appena si sedette cominciò a lamentarsi. «Aio, uio, aio, uio...» A sentir questi versi, Mary Shelley si alzò in tutta la sua imponenza e iniziò a trottare.
Terrore e Paura applaudirono. «Che bravo! Ha già imparato i comandi per farla muovere!» Disse uno.
«Guarda come va veloce!» Disse l'altro, e insieme lo salutarono con le mani al vento.
Darlina, a veder Sabato sbattuto avanti e indietro dal cammello, si sentiva un tantino preoccupata. Era la più bassa e rotondetta, perciò sapeva già che sarebbe stato difficile per lei cavalcare una bestia alta più di due metri. «No, credo proprio che non faccia per me 'sta storia,» piagnucolò. Ma anche per lei lamentarsi fu inutile.
«Ma nooo! Che dici Chimera Darletta!» Fecero coro scherzoso Terrore e Paura. «A lei tocca Stephen King, il migliore!»
Darlina si voltò in cerca della Ninfa Menta, ma quella era già svanita senza che nessuno se ne fosse accorto. Vide solo Stella, con le palme delle mani in vista e i gomiti piegati, come per dire: che ne so che fine ha fatto quell'altra fonte di genio.
«Su, su, che porta anche il nome di uno scrittore...» Disse Paura.
«Mi sento meglio ora che lo so!» Esclamò Darlina, non convinta. Tuttavia, non poté farci nulla. Le sue gambette finirono ciascuna su un lato del groppone avvallato di Stephen King. Il leoncino faceva capolino a sinistra, mentre la capretta a destra della gobba dorsale. Sembravano impazienti di vedere come andava a finire la faccenda. Di buono c'era che quella gobba frontale aveva degli appigli, che lei usò per tenersi mentre il cammello si alzava veloce. Darlina rise pure, stupita da quell'effetto giostra inatteso. «Non mi sono mai sentita così in alto!»
Poi toccò a Stella, una accigliata Medusa che già sospettava qualche diavoleria da parte di quella coppia di demoni.
«Ihihihihih!» Risolini a denti esposti confermarono i timori della donna. «A te, nonna Stella, la crème de la crème! Drome-Dario Argento!»
«E sentiamo un po', mascalzoni. Perché proprio a me il Drome-Dario Argento?» Le mani sui fianchi a mo' di rimprovero.
«Perché anche noi abbiamo qualcosa da dire.» Risero sotto i baffi che non avevano, prima di fare un doppio inchino vicino al dromedario accovacciato. Si sfilarono persino i cappelli a cilindro per mimare un gentile invito ad accomodarsi in cima all'enorme gobba dell'animale.
«Dai Stella, muoviti! Sabato è ormai a tre dune di distanza! Credo non sappia come fermarsi! E ora che lo dico, non lo so nemmeno io!»
Stella non era convinta, ma siccome Darlina aveva ragione sul fatto che non era saggio dividersi, convenne che fosse meglio recuperare Sabato. Inspirò dal naso. Sollevò il vestito bianco e, agevolata dal vertiginoso spacco, con un balzello si appollaiò in cima alla gobba. Deglutì. Non c'erano appigli. Terrore e Paura ghignarono.
«Nonna Stella!»
«Che c'è?»
«Turista fai da te? No, Alpitour?» Il dromedario scattò con la culata, e Stella schizzò in cielo come un missile, urlando.
«Aia-ia-ia-iaiii!» Sghignazzarono all'apice del divertimento Terrore e Paura.
«Hai ripreso tutto?» Disse uno.
«Certo! Sono un professionista col cellulare! Questo finisce su YouTube, canale inferno quattro!» Disse l'altro.
«Diventeremo famosi!» Dissero insieme, e prima di svanire in una nuvola fumosa, svelarono alla vicina Darlina i comandi per guidare i camelidi infernali.
Il profilo di un'alta duna accolse l'atterraggio di Stella, che rotolò sul fianco lasciando dietro sé una lunga scia di sabbia rivoltata fino a valle. Non riuscì in alcun modo a frenare la discesa, se non alla fine, e per merito pure di una iguana del deserto contro la quale urtò alla fine. Con la testa che girava, i serpenti arrotolati a cono sulla testa e le orecchie che fischiavano, faticò a mettere a fuoco il muso dell'animale. Quando questo le leccò il naso, Stella non ci vide più.
«Aaarg! Sta lontano da me!» Gracchiò, e il lucertolone fece manovra, impacciato e terrorizzato. «Terrore! Paura! Se vi acchiappo sono ***** vostri!» Diede un pugno furioso alla sabbia, ma inutilmente. Dalla cima della duna sentì Darlina chiamarla preoccupata. Stella imprecò e si adoperò a risalire la china, strisciando tipo passo di giaguaro. Non si accorse però, che man mano che risaliva, i granelli di sabbia che si lasciava dietro diventavano grigie pietruzze di ghiaia fine.
Imbestialita come mai nella vita, non le riuscì di addolcire lo sguardo all'amica non appena la raggiunse.
«Quei due furfanti, è meglio che non si facciano mai più rivedere.»
«Puoi giurarci, Darlina, puoi giurarci!»
Ancora incollerita, Stella convinse con le cattive a farsi ubbidire dal Drome-Dario Argento, informandolo che se era complice di Terrore e Paura avrebbe fatto una fine orribile. L'animale rimase con gli occhioni spalancati per tutto il resto del viaggio. Agevolò la salita sulla gobba, e grazie a Darlina, che sapeva i comandi, si lanciò insieme a lei all'inseguimento di Sabato.
Ci vollero ore di trotto prima di avvistare Mary Shelley che, confusa dai lamenti di Sabato, correva come un cavallo selvaggio. E Sabato che sbatteva in avanti e indietro di certo non accennava a smettere di dare l'ordine errato di sfrecciare sempre più veloce.
In qualche modo Darlina, e a suon di minacce Stella, alla fine raggiunsero Sabato affiancandolo su ciascun lato.
«Freno! Freno!» Ripetevano le donne.
«Aio! Cosa? Aio! C'è un treno? Aio!Dove? Aio!» Travisò Sabato a causa della velocità che distorceva le voci.
Stella, in bilico sul cucuzzolo della gobba del dromedario, con le briglie in una mano, e la chioma serpentesca al vento, chiese disperata un aiuto ai suoi rettili. Un serpente corallo blu si allungò fino a mostrarle il dorso, dove le scaglie scurendosi formarono la parola "melanina". Il muso del prescelto, fiero di sapersi utile, sgranò gli occhietti artigliati quando Stella gli disse: «no! La melanina servirà a me per dormire stanotte. Perché con tutto quello che sta capitando _» Lasciò il discorso in sospeso, ora che aveva raggiunto la testa iridata del compare di Sabato. Appena fu a tiro di sberla, lo colpì.
«Ehi, ciao Pupa!»
«Ciao Pupa un corno! Di' al cammello: freno! Prima che vi ammazziate!»
Il testone ubbidì, diede l'ordine, Mary Shelley inchiodò, Sabato schizzò fuori dalle gobbe finendo con la testa ficcata nella duna di fronte. Drome-Dario Argento e Stephen King invece rallentarono dolcemente e si accovacciarono con grazia, facilitando la discesa alle passeggere, che corsero a soccorrere l'amico.
«Non credo che potevamo iniziare questo viaggio in una maniera più disastrosa!» Commentò Darlina, mentre spolverava il chitone porporato di Sabato, ora seduto a terra come un bambino. Gli occhiali di onice di traverso.
«Già. Ci conviene bere un po' di acqua. Voi ne avete?» Disse Stella, anche lei accudendo Sabato.
«Oh, che botta!»
«Eh, te la potevi risparmiare, Sabatino! Ma che accidenti ti è preso, incitare come un forsennato al galoppo la cammella!» Rimbrottò la Medusa.
Darlina rovistò nella sua borsa. «Per quanto riguarda l'acqua, no. Come degli stupidi non l'abbiamo chiesta ai tizi della piramide. Però, ho tre bicchieri di fortuna. Se trovassimo un'oasi, forse...»
«Aspetta. Mi è venuta un'idea.» Disse Stella. «Ehi, serpentello indicatore, sai indicarmi la fonte d'acqua più vicina?»
Sabato e Darlina, di nuovo in piedi, osservarono sbigottiti il serpente sottile abbandonare la nidiata e avvolgere il braccio destro di Stella, e dopo aver vibrato la lingua biforcuta, stendere il braccio della compagna verso una direzione.
«Da quella parte!» Esclamò la Medusa Stella, fiera della trovata. «Su, in groppa a 'sti cosi!»
Gli amici la guardarono a bocca aperta. «Che cambio di umore!» Bisbigliò Sabato.
«Nah, sono scherzi della menopausa,» ridacchiò silenziosa Darlina.
Trascorsero altre ore, e quando il sole arrivò più vicino all'orizzonte, Darlina, incastrata tra le gobbe di Stephen King, sbottò. «Quanto manca ancora? Non ne posso più di fare la versione horror de i Re Magi!»
«Toh! Guardate! Una grotta!» Disse Sabato!»
Stella strabuzzò gli occhi appena la vide. «C'è anche qualcosa che luccica!»
Motivati dalla curiosità, raggiunsero presto la nicchia, e scoprirono una pozza d'acqua che rifletteva la luce che il trio aveva visto da lontano.
«Chissà se è buona,» disse Sabato. Le donne erano dello stesso dubbio. Ragion per cui discussero molto. A un certo punto, la chioma serpentesca di Stella si ammutinò, si allungò tutta e si tuffò nella pozza aspirandola fino all'ultima goccia. Infine i serpenti ruttarono a gruppi alterni.
Darlina era allibita. «Te la sei bevuta tutta!»
«Ah, no! Questo no! Io non c'entro nulla! Sono i serpenti che fanno quello che vogliono! Oltretutto non mi sento dissetata, non sono Sabato che beve col culo!» Sabato e il suo testone si misero a fischiettare ammirando la volta della grotta, che era pure insolitamente luminosa. Darlina invece fece una smorfia.
«Per lo meno abbiamo trovato un luogo dove accamparci.» Convenne Sabato.
«Sì, però rimane il fatto che moriremo di sete!» Protestò Darlina, con la fronte crespa di rughe ancora più increspata. E continuò a rimuginare tutto il tempo fino a sera, che non era nemmeno lontana dal sopraggiungere. Il trio ebbe comunque modo di accomodarsi alla meno peggio dentro il rifugio. Ebbero anche modo di notare come i due cammelli e il dromedario, erano quieti. Sembravano non patire nulla. Nessun disagio. Convennero che fosse la loro natura magica a renderli resistenti. Di diversa fattura erano però loro tre, ora che alla sete si era aggiunta pure la fame.
«Chissà come fanno i beduini a sopravvivere in questo posto!» Sbottò Darlina, seduta a terra con le gambe aperte e le bestiole sul petto a darle ragione ansimando.
Sabato, anche lui a terra e poco distante dalla Chimera, stava con la testa appoggiata a quella del Basilisco, a darle ragione in silenzio.
Stella, pure lei seduta giù, trovò un appoggio per la schiena, e lì stette a braccia conserte e le gambe accavallate. «Altro che salvare i passeggeri della nave, qui c'è bisogno che qualcuno salvi noi piuttosto!» Esclamò quasi ridendo. Al che, tre serpenti si allungarono a dismisura, fino a raggiungere Darlina.
«Ehi! Che fanno? Richiamali! Mi fanno paura! Che fanno?»
«Non lo so!» Confessò Stella, salvo poi scoprire che i tre rettili si erano tuffati dentro la borsa di Darlina per recuperare i tre bicchieri di fortuna.
«Non capisco! Che intenzioni avete?» Biascicò la Medusa, tradendo un po' di divertimento. La curiosità generale fu subito soddisfatta. Un crotalo rubino si allungò fino al centro di un bicchiere, aprì le fauci ed espulse un fiotto liquido profumato di lambrusco; sul dorso le scaglie indicarono il Basilisco.
«Sabatino! Credo che questo sia per te.» Annunciò sorpresa. Stella liberò il bicchiere dalla stretta del serpente e lo porse all'amico. Darlina non fece in tempo a raccomandare di non fidarsi della produzione vinicola dei serpenti, che Sabato stava già chiedendo il bis. Fu accontentato.
Intanto, un serpente mocassino acquatico riempì il bicchiere per Darlina con fumante cioccolata calda macchiata di panna.
«E questo è per te, vecchia ciabatta!» Sorrise Stella, passando alla compagna la sua bevanda. «Mi sembro una barista!» Rise, in attesa di essere servita. A lei ci pensò una vipera albina a colmare l'ultimo contenitore di latte. Si accigliò. «Eh, no! Mi rifiuto! Ma cos'è questo? Un cliché?»
Darlina rise di colpo, e per poco non le sfuggì il bicchiere di mano. «E quello è l'ideale per te, latte di vipera!»
Contro ogni previsione, la sete fu domata. Persino le bestie a carico fisico non lamentarono disagi. Vero era che il trio di vecchi amici aveva bisogno di mettere qualcosa di solido nella pancia. Scherzosamente Stella mise alla prova per l'ennesima volta la prodigiosa chioma serpentesca, al che quella si dimostrò all'altezza delle sue aspettative. Un oggetto tondo le cascò davanti al volto, e lei l'afferrò di riflesso. La studiò.
«È una mela!» Esordì Darlina, con gli occhi fuori dalle orbite.
«Già. Mela e serpente. Un altro cliché. Questo però è più raffinato.» Ringraziò le creature che il destino aveva voluto assegnarle, per quella mela e le altre che condivise con i suoi amici.
L'oscurità della notte inondò la grotta, e stavolta fu il Basilisco a rendersi utile, essendo in grado di emanare luminescenza iridata. Di male c'era che non si poteva spegnere, e così il sonno sarebbe stato un po' disturbato da troppa luce. Ci volle molto sonno per poter chiudere gli occhi. Darlina, insonne, ne approfittò per chiedere a Stella un'altra mela da sbocconcellare in attesa che si fulminasse la testa del Basilisco. L'amica gliela passò con piccolo lancio ad arco. Quando la mela raggiunse il punto più alto della traiettoria, una freccia la infilzò piantandola contro la parete dietro Darlina.
Sabato sobbalzò. «E adesso chi è questo Guglielmo Tell?»
«Ancora un altro cliché!» Sbuffò Stella, e avrebbe commentato ancora, se non fosse stata colta di sorpresa da un'altra mezza dozzina di frecce che in qualche modo l'avevano mancata, ma che avevano centrato in pieno Darlina, facendola sbalzare contro il muro di roccia, rimanendovi affissa accanto alla mela.
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