Capitolo 20
Scopro felicemente che la sede della New Life si trova in un grattacielo, vicino al centro di Londra. Si tratta di una multinazionale che si occupa di immobili: nulla di emozionante o spaventoso.
Non so se esserne felice.
Di solito le cose non sono mai facili quindi tutta questa fortuna mi sembra alquanto sospetta.
O forse sono io che mi faccio troppe paranoie...
Il resto del viaggio trascorre in silenzio, un silenzio caldo e amichevole, per nulla imbarazzato.
Quando giungiamo a destinazione, chiedo a Ian perché non ci siano altri soldati con noi: il mio capitano si portava sempre una squadra in appoggio.
Liam...
Quanto vorrei averlo qui con me...
《Di norma, in effetti, avrei dovuto chiedere una squadra, però...》Ian smonta dal SUV e viene ad aprirmi la portiera, battendomi sul tempo.《Se questo è il varco giusto per te, preferisco non avere testimoni》aggiunge, abbassando il tono di voce, anche se Connor è già di fronte all'edificio, che si guarda intorno pensieroso.
《Giusto... Sei... previdente...》commento, incerta, scendendo dall'auto.
Ian mi abbaglia con un sorriso meravigliosamente radioso e poi mi fa cenno di affiancarmi a lui. Non me lo faccio ripetere e lo prendo sottobraccio, pervasa da una strana gioia.
Sto per tornare a casa...
Quando raggiungiamo Connor, il ragazzo ci guarda curioso, ma si astiene dal fare commenti, cosa che apprezzo enormemente.
《Come entriamo?》domanda a Ian, mettendosi le mani in tasca e sistemandosi la cinghia della zaino sulla spalla.
Gli rivolgo un'occhiata perplessa, ma non chiedo nulla.
《Dovrebbe essere aperto》gli risponde l'uomo, sciogliendo la mia presa e avvicinandosi alla porta principale.
L'entrata è costituita da due pannelli di cristallo con incise le parole New Life in rosso scarlatto. Appena Ian entra nel raggio d'azione della fotocellula, la porta automatica si apre con un leggero sibilo.
《Visto?》
L'uomo ci rivolge un sorrisetto ironico per poi varcare la soglia dell'edificio.
Io e Connor ci scambiamo un'occhiata, scrolliamo le spalle all'unisono e seguiamo Ian all'interno.
《Come hai fatto?》chiedo all'uomo, affiancandomi nuovamente a lui.
La reception è costituita da un'immensa hall con un tabellone adornato con un numero imprecisato di targhe, nomi e titoli. La scrivania dove, di giorno, lavorano le segretarie è in puro cristallo nero, elegante e ovviamente al di sopra delle finanze della maggior parte della gente.
《Zeke》mi risponde, con naturalezza, Ian, come se dovessi conoscere quel nome.《Ha creato il supercomputer del Centro e monitora ogni anomalia presente sul pianeta. Potremmo dire che si occupa di sicurezza globale》mi spiega quando capisce che non conosco l'uomo che ha appena nominato.
Quindi qui Kelly non esiste...
Un'altra cosa che archivio nel mio cervello: non so se può tornarmi utile saperlo però cerco di immagazzinare quante più informazioni possibile su questo mondo alternativo.
《Ed è un tipo strano...》commenta Connor, che evidentemente ha origliato la nostra breve conversazione.
Infatti quando io e Ian ci voltiamo verso di lui, il ragazzo abbassa lo sguardo, imbarazzato, per essere stato colto in flagrante.
《Scusate...》Alza le mani in segno di resa.《Ma questo posto ha un'acustica pazzesca!》
Inaspettatamente, scoppio a ridere, seguita a ruota da Ian e Connor.
Quel ragazzo è identico in ogni realtà alternativa!
《Non fa nulla...》Lo tranquillizzo non appena smetto di ridacchiare.《Comunque mi piacerebbe conoscerlo questo Zeke...》aggiungo, curiosa di sapere che uomo sia.
《Se avremo tempo, vedrò che posso fare》afferma Ian, tornando serio.《Allora, Genietto... Dove si trova il varco?》
In risposta a questa domanda, Connor trae dalla tasca dei pantaloni una penna argentata e se la posa sul palmo aperto. Lo guardo incuriosita finché non capisco che cosa sta facendo.
《La forza elettromagnetica...》mormoro, affascinata da questo metodo molto semplice per rilevare la presenza di un varco dimensionale.
《Esatto, prof!》esclama Connor, contento di aver trovato qualcuno che capisce cosa fa un Genietto come lui.
Ma...
《Come mi hai chiamata?》chiedo, realizzando dopo qualche secondo come si è rivolto a me.
《Che ho fatto ora?》ribatte lui, un poco confuso dalla mia espressione, che sono certa sia piena di sgomento.
《Rispondimi!》gli ordino in tono autoritario.
Non puo essere...
Magari me lo sono immaginata...
《Io... ehm... credo di averle dato della prof...》ammette Connor, a disagio di fronte a me.《Mi dispiace. Non pensavo che... Scusi se l'ho offesa, però...》
Il mio entusiasmo si sgonfia come un palloncino bucato da un ago sottilissimo chiamato dura realtà.
Che stupida...
Ovviamente non sa chi sono io...
《No... Io non mi sono offesa. Mi spiace per la reazione che ho avuto. Scusa, Connor. Scusami davvero》gli dico in tono incerto e decisamente sofferente per poi allontanarmi da lui.
Devo riprendere il controllo di me stessa.
Sentire l'appellativo "prof" uscire dalle sue labbra è stato il colpo finale, doloroso quanto una pugnalata in pieno petto.
《Dobbiamo raggiungere il decimo piano》mi informa Ian, poggiandomi una mano sulla spalla e stringendola lievemente.
Prendo un respiro profondo e mi giro nuovamente verso i miei compagni, certa che la maschera di normalità sia tornata al suo posto pronta a coprire qualsiasi mia emozione.
《Decimo piano hai detto?》ripeto, incamminandomi verso gli ascensori.《Risorse Umane》leggo sul tabellone affianco al tastierino numerico quando premo il pulsante per la chiamata.
Appena le porte d'argento si spalancano, entriamo nell'ampio abitacolo, Connor schiaccia il bottone nero corrispondente al 10 e subito inizia la nostra salita.
《Cosa faremo quando troveremo il varco?》domando ai ragazzi.
《Lo chiuderemo》risponde prontamente il Genietto.《O no?》aggiunge, correggendosi, appena scorge lo sguardo di Ian.
《Non proprio...》afferma l'uomo in tono che non ammette repliche.《Quando lo troveremo, prima di tutto proveremo il dispositivo di datazione di Liv. Controlleremo se ci sono stata incursioni. E poi lo chiuderemo.》
Spero che sia il varco giusto...
Lo spero con tutto il cuore...
Trovarmi a pochi passi dalla possibilità di tornare a casa mi destabilizza: dentro me, avverto un vorticare di emozioni fortissime che non riesco nemmeno a catalogare.
Dling!
Arrivati al piano calcolato da Connor, le porte di metallo di aprono su un lungo corridoio dalle pareti chiare di cui, però, non riusciamo a scorgere il pavimento.
Infatti, l'ambiente è avvolto da una bassa e fitta nebbia che odora di zolfo.
《Aiuto! Qualcuno mi aiuti!!》
Mi pareva troppo bello...
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