Capitolo 17
È chino su un groviglio di cavi e piccoli pezzi di metallo. Indossa jeans neri abbinati ad una maglietta a pois gialli.
Quasi piango quando vedo quell'orrore che ben si amalgama alla confusione del laboratorio.
È lui...
È davvero lui...
《Connor...》 sussurro il suo nome in un respiro mozzato.
La mia voce è fioca, ma il ragazzo mi sente e si alza di scatto, lasciando a metà il lavoro che sta facendo.
Due occhi scuri come la notte e tristi come pochi si perdono nei miei, densi di lacrime e affetto a stento trattenuti.
È identico a lui.
Il mio corpo si muove prima che la ragione e la razionalità tornino padroni delle mie membra: corro verso quel ragazzo dall'aria arruffata e confusa e gli getto le braccia al collo.
So che non è il mio Connor, ne sono consapevole, eppure...
È così bello riaverlo con me...
《Ehm... Signora...》balbetta lui, evidentemente a disagio.
Non ricambia il mio abbraccio però non mi allontana. A me non importa: mi basta poterlo stringere per qualche attimo.
Connor mi manca così tanto...
《Lo so...》mormoro, con voce roca di lacrime che mi ostino a non versare.《Ancora un istante ti prego...》
Incerto e molto confuso, ricambia il mio abbraccio, posando dolcemente le braccia intorno a me. Vengo sommersa dal suo profumo e somiglia immensamente all'aroma di casa: odora di amicizia e sicurezza.
Troppo presto devo separarmi da lui ed è una cosa tremendamente difficile.
Quando sciogliamo l'abbraccio, fra noi, passa un breve momento di imbarazzo che viene, però, risolto da Ian.
《Genietto. Ci serve il tuo aiuto...》esordisce l'uomo, avvicinandosi a noi.
Connor mi rivolge uno sguardo dolce prima di scoccare un'occhiata ad Ian. Con un gesto repentino, mi asciugo la guancia dove una lacrima ha lasciato la sua scia salata e poi mi inserisco nella conversazione.
《Dovresti aggiustare un... congegno...》gli sta spiegando l'uomo, cercando di esprimersi in maniera criptica senza svelare nulla al ragazzo.
Mi frugo nella tasca dei pantaloni e recupero il piccolo oggetto nero.
《È un dispositivo per la datazione dei varchi.》
A quelle parole Connor sgrana gli occhi e subito tende la mano per ricevere l'oggetto in questione. Non esito un attimo e glielo cedo volentieri.
Mi fido di lui ciecamente.
Può non essere il mio Connor, ma sono sicura che ci assomiglia moltissimo.
《Wow... Chi l'ha costruito è un genio...》borbotta, girandosi il congegno fra le dita come un prestigiatore.《Per funzionare sfrutta l'energia elettromagnetica dei varchi però... Ahi, ahi, ahi... Qui si è danneggiato un microchip...》
Mentre parla, ritorna al suo tavolo da lavoro, ingombro di tecnologia di ogni genere, e smonta il dispositivo con delicatezza. Si siede e, col braccio teso, spazza via tutto ciò che si trova sul tavolo, che crolla a terra con rumori metallici di diversa intensità.
Io e Ian ci guardiamo e poi scrollarmi le spalle: i geni sono incomprensibili.
《Datemi un minuto e sono da voi...》
Connor ci caccia con un gesto svolazzante della mano per dopo recuperare una piccola pinzetta e mettersi ad armeggiare col mio congegno.
《Vieni con me... Ti mostro una cosa...》suggerisce Ian visto che il ragazzo non vuole averci fra i piedi.
Accetto la sua proposta e ci dirigiamo verso la parte opposta della stanza: dobbiamo stare attenti a dove poggiamo i piedi perché anche il pavimento è pieno di cose.
Non esiste un altro termine per descrivere quello che vedo a terra: un martello, una lamina di acciaio, un sacchettino di patatine al formaggio e molto altro.
《Mi dispiace per prima... Sicuramente l'avrò spaventato, però...》inizio a scusarmi un'altra volta per il mio comportamento, ma Ian mi mette un dito sulle labbra per zittirmi.
《Basta scuse. Ti prego. Immagino quello che hai provato rivedendolo, anche se non so che rapporti hai con Connor nel tuo tempo... Ma lui non si è spaventato. Te lo garantisco. È più forte di quello che sembra.》
Quest'ultima frase mi ha fatto venire i brividi lungo la schiena. Il mio cuore perde un battito mentre racimolo il coraggio necessario per porre la domanda.
《Cosa gli è successo?》
Parlo a bassa voce. Il dito di Ian sfiora ancora le mie labbra, ma la cosa non mi dispiace.
Da molto tempo non ho contatti umani e ora bramo il conforto di un'altra persona come l'aria che respiro.
《Sua madre è scappata di casa quando lui era bambino. Suo padre si è risposato, ma la matrigna lo molestava così lui è fuggito. Ha vissuto per strada per un lungo periodo...》Mentre racconta la storia di Connor, il mio sguardo si appanna un'altra volta di lacrime che, però, lascio scorrere libere sul volto.
《Non volevo rattristarti...》mormora Ian, catturando le gocce salate col pollice.
《Te l'ho chiesto io. E poi...》mi interrompo, restia a svelare i segreti del mio Connor.
Ma l'uomo che mi sta vicino non è certamente uno stupido e capisce al volo.
《Quindi anche il tuo...》Lascia la frase in sospeso e io scuoto la testa.
No.
Il mio Connor non è stato molestato, anche se ha subito altrettanta violenza.
《E pensare che volevo aiutarti...》Ian rompe il silenzio denso di dolore, ritirando la mano con cui mi carezzava la guancia umida.《Invece ho solo aggiunto altra sofferenza...》
《Non dire così...》ribatto con un lieve sorriso.《Mi stai aiutando moltissimo. È solo che ogni tanto la solitudine è così forte che mi sembra di soffocare... Ma non parliamo più di cose tristi. Volevi mostrarmi qualcosa o sbaglio?》Il mio tono è forzatamente allegro, ma Ian accetta di cambiare discorso, tornando su sentieri meno accidentati.
《Giusto...》concorda l'uomo per poi accovacciarsi a terra per recuperare qualcosa.《Questo!》esclama, raggiante, mostrandomi una specie di sfera rossa.
Allungo una mano e lui la fa cadere sul mio palmo aperto. L'oggetto è caldo al tatto e non è per nulla una sfera. Sembra una sorta di icosaedro di metallo con qualche punta che fuoriesce dalla struttura ad intervalli regolari. Il nucleo di quel congegno è rosso e pulsante, anche se non so di che materiale si tratta.
《Cos'è?》domando, estremamente affascinata da ciò che stringo nella mano.
《Quello è il Chiudi Varco!》
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