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Capitolo 16

Non mi giro.

So che si tratta di lui, però, non mi volto.

Rivederlo sarebbe come ricevere una pugnalata in pieno petto.

Purtroppo non sono io a decidere.

Prima che io possa fare, o dire, qualcosa, mi sento abbrancare per un braccio da una mano forte. Fortunatamente Liam mi ha preso per l'arto sano.

《Lei non dovrebbe trovarsi qui》sibila in tono contrariato, continuando a serrare la presa su di me.

Come in trance, fisso il soldato che mi sta strattonando con malagrazia e cerco di trovare le differenze con il mio capitano.

Nessuna.

Entrambi possiedono capelli corvini e occhi azzurri molto intensi, un'aura di comando innata e un carattere decisamente forte, però...

Lui non mi tratterebbe mai così!

Proprio quando Ian sta per giustificare la mia presenza nel serraglio, io inizio a dimenarmi finché non ottengo l'attenzione di Liam.

《Non ti permetto di trattarmi così.》

È l'unico avviso che riceve prima che la mia mano voli verso la sua guancia.

Il rumore sordo dello schiaffo risuona nel silenzio venutosi a creare dopo l'arrivo dell'uomo.

Le iridi azzurre, così dolorosamente familiari da farmi venire le lacrime agli occhi, mi inchiodano sul posto, riempiendosi di sconcerto e ira.

Nello stesso istante in cui Liam apre la bocca per insultarmi o forse solamente per bestemmiare, una risata di puro divertimento lo fa bloccare e voltare di scatto: Ian è quasi piegato in due dal ridere e non ha alcuna intenzione di smettere.

Il capitano rimane interdetto, senza saper cosa fare, per alcuni minuti, ma poi recupera la sua maschera di compostezza e imperscrutabilità.

Mi lascia andare il braccio così repentinamente che quasi cado a terra per poi voltarsi e allontanarsi a grandi, e furiosi, passi.

《Sei stata magnifica, Liv. La faccia di Liam è stata impagabile.》Ian continua a sghignazzare allegramente sui miei problemi, ma non me la sento di dire alcunché, anche perché l'espressione di Liam è stata davvero fantastica.

Un improbabile sorriso mi spunta in volto soppiantato presto, però, dalla malinconia.

Rivedere Liam è stato doloroso come immaginavo, anzi molto più difficile di quanto pensassi.

Eppure...

Questo capitano è estremamente diverso dal mio capitano, ma il suo viso, la sua voce, i suoi gesti, tutto in lui me lo ricorda un maniera crudele.

Soprattutto perché, quel giorno di un anno fa, ci siamo lasciati litigando.

Una cosa per cui non mi sono ancora perdonata.

《Scusami, Liv. Davvero...》mormora Ian al mio orecchio.

Sobbalzo lievemente. Non l'ho sentito avvicinarsi e, se da un lato la cosa mi intimidisce un poco, dall'altro sono davvero felice di poter contare su di lui.

Sono stata una donna indipendente per tutta la vita, ma, di tanto in tanto, fa piacere avere qualcuno al proprio fianco a cui appoggiarsi.

《Non hai fatto nulla, Ian. Non devi scusarti》gli dico, voltandomi verso di lui.

Non credevo fosse così vicino...

Il suo respiro caldo mi inebria i sensi mentre i suoi dolci occhi nocciola percorrono i miei lineamenti. L'uomo alza una mano, l'avvicina al mio viso e mi scosta una ciocca di capelli dalla guancia.

《Grazie...》sussurro senza fiato per questo gesto carino.

Come mi sta succedendo?

Noi dovremmo andare, ma...

Dove...?

Ian continua a fissarmi senza proferire parola. Non so come comportarmi. Non so nemmeno cosa stia accadendo e perché.

So solamente che Ian è reale, il suo corpo irradia calore e il suo profumo mi impedisce di pensare.

《Dovremmo andare...》mormora lui, ponendo fine a questa... cosa.

Di scatto mi scosto da lui e gli volto le spalle: ho le guance bollenti, segno che sto arrossendo.

Liv. Sei. Una. Stupida.

《Sì... Giusto... Andiamo...》bofonchio, mettendomi in marcia, diretta nelle profondità del serraglio.

Qualche attimo dopo odo i passi lenti di Ian seguirmi, ma lui rimane in silenzio. E, in silenzio, giungiamo alla porta di quello strano zoo improvvisato.

Sono felice di constatare che alcune gabbie sono vuote e spero che Ian abbia ragione e che gli uomini della signora Smith riescano a riportare a casa quelle povere bestie che non meritano una vita dietro le sbarre.

Mi sento un po' come loro in questo momento: anch'io sto aspettando qualcuno che mi indichi la giusta via da percorrere.

Mentre io mi perdo nuovamente nei miei pensieri, Ian apre la porta metallica, priva di qualsiasi orpello tecnologico, e stavolta mi precede.

Lo seguo, rimanendo in silenzio e continuando a guardarmi intorno, ma questa versione del Centro è quasi più anonima della mia.

Percorriamo un labirintico corridoio dalle ovvie pareti bianche, intervallate qualche volta da rettangoli di una tonalità più scura.

Porte dietro alle quali non ho alcuna voglia di sapere cosa si cela.

Le mie elucubrazioni mentali vengono interrotte da un lieve bussare.

Subito rivolgo la mia attenzione al mio accompagnatore e noto che siamo giunti ad una porta rossa, dotata di un grande cartello giallo dalla scritta NON DISTURBARE di colore viola acceso.

Quelle tinte unite così a casaccio, giusto per dare i brividi ai visitatori, non possono che portare al luogo in cui si trova Connor.

Un sorriso mi incurva le labbra e, senza aspettare una risposta affermativa, stringo la maniglia d'ottone in mano, l'abbasso e spalanco la porta, in barba all'avvertimento psichedelico.

Non ho la più pallida idea di ciò che troverò varcata la soglia, ma non ha alcuna importanza.

Voglio rivederlo.

So che non è il mio Connor, però, avverto lo strano bisogno di vederlo.

Ian non tenta di fermarmi, forse perché intuisce il mio desiderio, fatto sta che, praticamente, irrompo nella stanza con la forza di un uragano.

I miei occhi registrano milioni di particolari nello stesso istante.

Come prima cosa, la stanza non è una vera stanza: è ampia quanto un campo da calcio e ingombra di cose dall'aspetto bislacco e tecnologico. La luce è fioca, praticamente penombra, ma illumina abbastanza l'ambiente per farmi notare l'assenza di finestre e la presenza di due grate per il ricambio dell'aria.

In mezzo a quel caos, su una sedia nera, da ufficio, scorgo alcuni abiti dai colori improbabili e il mio sorriso si allarga a dismisura.

Proprio quando sto per gridare il suo nome, lo vedo e il resto del mondo scompare.

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