Salvato (seconda parte)
Non appena sento quelle parole, mi irrigidisco: non riesco a trattenermi.
Chi è quel dannato nanerottolo?
Come fa a sapere queste cose?
Il mio dossier dovrebbe essere secretato: questo era stato l'accordo fra me ed il Senatore.
《Cosa vuole?》
Volevo usare il mio tono più minaccioso, ma è uscita una vocetta fioca, quasi tremante, da ragazzino pauroso.
Maledizione!
《Assumerla》mi risponde l'uomo, semplicemente.
Quasi mi cade la mascella tanta è la sorpresa della sua proposta, però, riesco a non far vedere il mio sgomento, mantenendo un'espressione impassibile.
《Se ne vada.》
Non alzo la voce: mi sposto solamente e gli indico la porta con un cenno della testa.
L'uomo continua a fissarmi senza dar segno di avermi udito poi fa un'altra cosa alquanto sconvolgente: si siede sul mio divano, disseminato di carte unte di fast food.
《Forse siamo partiti col piede sbagliato...》esordisce lui, sistemandosi i polsini della giacca.《Mi chiamo Smith e...》
Alla fine la rabbia, che alberga dentro di me come una fiera in gabbia, trova uno sfogo: mi avvicino a lui, con due falcate lo raggiungo, lo agguanto per il bavero e lo trascino in piedi con la forza.
《Ho detto che se ne deve andare.》
Scandisco bene le parole nel caso quell'idiota non ci sentisse bene, ma Smith non fa una piega: mi prende un polso e lo storce, dimostrando una forza che non gli avrei mai concesso.
Siamo in una situazione di stallo.
Io continuo a trattenerlo nonostante il dolore atroce che si irradia dal polso, dove lui sta piegando i tendini, mentre il nanetto non sembra aver alcuna preoccupazione.
Quando realizzo che potremmo rimanete così in eterno, cedo e lo libero dalla presa, arretrando di un paio di passi.
Il polso mi fa una male cane, ma riesco a dissimulare la sofferenza: mai far vedere ad un avversario che il suo colpo è andato a segno.
《Dica al suo capo che ormai sono fuori dall'esercito. Non voglio più saperne》dico con voce fredda, quasi inumana.
Per colpa loro, la mia vita è finita in pezzi.
Non devo pensarci ora...
《Io non ho un capo. Io sono il capo》controbatte l'ometto, rassettandosi la giacca che gli ho sgualcito.
Anche se esteriormente non mostro alcun tipo di emozione, dentro di me un uragano mi sconvolge la mente: furia, tristezza, odio, impotenza.
Ognuna di esse vuole prevale sull'altra, ma, grazie ad anni di addestramento, riesco a non farmi seppellire da loro ed alla fine la ragione prevale.
《Ma davvero? Lei è il capo? E di cosa? Di una squadra di minatori?》lo derido, in tono acido e sarcastico, sperando che finalmente se ne vada via.
Ma ottengo l'effetto contrario: il signor Smith mi sorride come avessi appena detto una battuta divertente.
《Non voglio sapere come un soldato preparato e capace come lei conosca un cartone ormai dimenticato anche dalla mia generazione: questi sono affari suoi.》Il tono dell'uomo è tranquillo e pacato, non sembra per nulla arrabbiato. E questo mi mette in allarme.《Quello che voglio sapere è se accetta la mia proposta.》
Certo che è un tipo testardo!
《Nel caso non le fosse abbastanza chiaro: rifiuto qualsiasi proposta di qualsiasi genere》ribadisco, quasi ringhiando, per poi indicargli la porta un'altra volta.
《Quindi preferisce rimanere qui, seppellito nell'immondizia, in attesa che lui la trovi... È questo il suo piano?》ribatte il signor Smith, facendomi venire i brividi.
Che cosa sa di preciso questo nanetto?!
《No. Non ho chiesto di lei al Senatore.》L'uomo risponde in maniera inquietante ai miei pensieri e stavolta non riesco a trattenere la mia sorpresa.《Scioccato? Conosco molte persone ed alcune mi devono dei favori. Quindi sì, ho letto il suo dossier e sì, la voglio assumere. Lei un soldato leale, un uomo d'onore ed un abile capitano. Non credo che il suo futuro risieda fra queste quattro mura.》
《Lei...》mormoro con voce soffocata dall'amarezza.《Lei non sa nulla di me. Nulla!》grido le ultime parole, totalmente dimentico del rigido autocontrollo che mi contraddistingue.
《So i fatti. So che ha denunciato un commilitone. So che lui ha minacciato vendetta. So che lei non ci ha creduto. So che sua sorella è morta. So che ora lui le dà la caccia.》Il signor Smith riassume la mia vita in pochi ed essenziali fatti.《So anche che lei, capitano, non vuole morire dato che è venuto in questo posto dimenticato da Dio. So che sotto tutto quel dolore esiste ancora il soldato valoroso di una volta. So che...》
《BASTA!》grido, perdendo la pazienza.《Lisa è morta! Ed è colpa mia! Nulla di quello che mi proporrà la riporterà in vita quindi se ne vada!》
Il mio cuore batte così furiosamente che temo possa uscirmi dal petto da un momento all'altro, i polmoni non riescono ad incamerare abbastanza aria, che ho quasi paura di svenire, e la mia testa viene invasa da immagini di lei: sorridente, sanguinante, felice, morta.
L'ho trovata io.
Nella mia carriera militare ho visto molti cadaveri, compagni d'armi uccisi a fucilate oppure da granate, ma quello che ho visto quel giorno...
Lisa era...
《Ha ragione.》La voce calma del signor Smith mi strappa dal passato di sangue e colpa che mi perseguita da anni, riportandomi ad un presente che non voglio vivere senza di lei.《Sua sorella è morta e nessuno può riportarla in vita. Però lei, capitano, ha la possibilità di salvare miliardi di vite. Deve solamente seguirmi e fidarsi di me.》
Studio bene quell'uomo così dannatamente calmo e lo odio, di un odio profondo e lacerante.
Come può venire qui a farmi la predica?
Lui non sa quanto ho sofferto.
Lui non ha mai spezzato la vita di una persona amata.
《Sa una cosa? È con questa scusa che mi hanno fregato la prima volta》commento con voce indifferente, segno che sto meditando seriamente di ucciderlo.《Lisa è morta perché mi sono fidato, perché ho fatto la cosa giusta in nome di un ideale. Quindi la mia risposta rimane no. Non verrò con lei. Le conviene andarsene prima che l'ammazzi. E, si fidi, lo farei con molto piacere.》
Il signor Smith mi fissa negli occhi e capisce che faccio sul serio quindi sospira e si alza molto lentamente dal sofà come se temesse una reazione violenta da parte mia, il che non è da escludere.
Ho i nervi a fior di pelle.
L'uomo si ferma accanto a me ed allunga la mano destra, invitandomi a stringerla.
《Senza rancore, capitano.》
Istintivamente gli stringo la mano, un gesto innocuo, almeno finché non percepisco una puntura sul palmo.
《Ma che...?!》esclamo, scostandomi subito.
Mi guardo la mano e trovo una piccola goccia di sangue: alzo gli occhi e vedo il signor Smith che mi fissa quasi con dispiacere.
《Cosa... mi... ha...》
Le parole mi escono a rallentatore, la vista si fa appannata e le gambe cedono di colpo. Cado in ginocchio prima di accasciarmi a terra: l'ultima cosa che vedo, prima di perdere conoscenza, sono costosi mocassini italiani.
Lo ucciderò...
E mi godrò ogni istante...
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