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Capitolo 6

《... la ringrazio infinitamente, Rettore... Non si preoccupi... Arrivederci!》Chiudo la telefonata all'università con un sospiro, appoggiandomi alla parete bianca del bagno dove mi sono rifugiata.

È andata stranamente bene.

Ho dovuto chiamare il Rettore per metterlo al corrente della mia idea di prendere Connor come coinquilino e l'uomo, di norma arcigno, è stato molto... comprensivo.

Il che è abbastanza strano, ma, ora come ora, non ho il tempo necessario per indagare sul suo comportamento insolito.

Ho lasciato Connor al computer perché sento il bisogno di stare sola, soprattutto dopo la sua ultima scoperta.

È lui, prof!

L'uomo della foto è suo marito!

Non ci sono dubbi!

Il brillante studente mi ha detto queste esatte parole poco più di mezz'ora fa e da allora io sono chiusa in bagno, senza alcuna voglia di uscire.

Sei una cordarda, Liv...

Molto probabilmente è vero.

Ho paura.

Paura di sapere cos'ha fatto Kevin durante questi anni di lontananza.

Paura d'incontrarlo.

Paura di conoscere la verità.

Appoggio il cellullare sul ripiano, accanto al lavandino, e fisso la mia immagine allo specchio.

Due occhi verdi e profondi mi scrutano a loro volta, esortandomi a partire, a cercare Kevin, l'unica persona che può rispondere a tutte le mie domande.

Potrebbe essere scappato con un'altra donna...

Scarto subito l'idea, una smorfia mi distorce i lineamenti: è impossibile che Kevin sia fuggito con un'altra donna, per lui esisteva solo il lavoro e, occasionalmente, io.
Non avrebbe avuto tempo per un'altra relazione.

Cerco di convincermi di questa teoria, quando, improvvisamente, odo un lieve bussare, una mano incerta che accarezza la porta.

《Prof...》La voce di Connor mi arriva attutita, ma densa di preoccupazione.《È chiusa lì dentro da un'eternità. Sta bene?》chiede, quasi esitando.

Probabilmente deriva dal fatto che non è mai successa una cosa del genere: mi ha sempre vista come un punto di riferimento, una persona salda che scioglie tutti i suoi dubbi e risolve tutti i suoi problemi.

Peccato che ora sia io quella nei guai...

《Sto bene... Io... Arrivo tra cinque minuti...》gli rispondo, continuando a fissare l'immagine nello specchio.

È passato molto tempo dall'ultima volta che mi sono specchiata: all'incirca quattro anni.

Una volta mi truccavo spesso, sperando in una parola d'apprezzamento da parte di mio marito, ma dopo qualche tempo desistetti.

Sapevo che mi amava quindi la cosa non mi fece soffrire particolarmente; poi, quando lui scomparve, non avevo più motivo né di specchiarmi né di truccarmi.

Ed ora l'immagine che vedo non è la stessa che mi ricordo.

I capelli scuri sono lunghi e folti, decisamente fuori taglio; le guance un po' scavate mi donano un'aria patita, compensata, però, dai miei occhi verdi, luminosi e vivaci.

Il mio corpo è sotto tono, decisamente magro; tutte le curve di cui sono sempre andata fiera sono quasi scomparse così come la mia felicità e tutta la mia vita.

Tirati su, Liv...

Tu non sei così...

Facile a dirsi, più difficile a farsi.

Senza degnare un altro sguardo allo specchio, mi sciacquo il viso con l'acqua fredda: un bello shock termico è quello che mi ci vuole per tornare me stessa.

Mi asciugo velocemente, esco dal bagno e torno, a passi rapidi, nello studio, dove trovo Connor ancora intento a pigiare tasti sul computer di Kevin.

《Ho sistemato le cose all'università...》esordisco, appoggiandomi alla scrivania.《Preparo uno zaino e poi sono pronta a partire. Hai stampato l'itinerario?》gli chiedo in tono pressante.

Il mio cervello va a mille: preparo una lista mentale di tutto ciò che potrebbe servirci mentre con un orecchio ascolto Connor che mi spiega il nostro percorso.

《Arriveremo in serata, allora...》rifletto a voce alta.

Non che la cosa crei problemi, ma se fossimo riusciti ad arrivare nel pomeriggio avremmo potuto parlare coi paesani.

Così, invece...

《Purtoppo sì》risponde Connor, desolato. Finisce di scrivere qualcosa e poi chiude il computer.《Questo lo portiamo con noi. Se a lei va bene, ovviamente...》aggiunge, un poco imbarazzato.

È così carino quando arrossisce: sembra un adolescente.

《Per me va benissimo》lo rassicuro con un sorriso.《Dammi due minuti e poi andiamo. Ah, se hai fame dovrebbe esserci qualcosa in frigo...》aggiungo prima di uscire dallo studio diretta al piano di sotto.

Accanto al soggiorno, c'è una porta che conduce al seminterrato, dove ho stipato un sacco di cose e mobili che abbiamo raccattato in giro per il mondo.

La fioce luce della lampadina mi regala la poca illuminazione di cui ho bisogno; dopotutto devo solo recuperare il mio zaino marrone e nero, quello che mi ha sempre accompagnato nelle mie spedizioni.

Tombola!

Appena raggiungo l'ultimo gradino, intravedo della stoffa scura occhieggiare da uno scatolone aperto.

Lo recupero e mi siedo a terra per controllarne il contenuto: dopotutto lo tengo sempre pronto.

《Torcia, corda, bussola, varie cartine, un paio di barrette energetiche...》Le annuso, arricciando il naso: la plastica è strappata e sono decisamente andate a male.

Bleah!

Meglio buttarle!

《Un cambio di vestiti...》Annuso anche loro: odorano di chiuso, ma non è importante, basta che non siano strappati.

Ad un tratto le mie dita toccano una superficie rigida, affondo la mano e recupero un fodero nero contenente un coltello dal manico scuro.

《Ma questo...》mormoro senza fiato dalla sorpresa.

Non avrei mai pensato di rivederlo.

Me l'ha regalato la guida che mi aveva accompagnata in una grande cava, situata nell'entroterra cinese, un bel po' di anni fa.

Secondo quell'uomo, se non erro il suo nome era Xi, una donna doveva sempre portare con sé una lama; era rimasto scioccato quando gli avevo detto che ero disarmata.

Quando mi aveva accompagnata all'aeroporto, mi aveva consegnato questo affilato regalino che, fortunatamente, non ho mai dovuto usare.

《Male non può fare...》Mi convinco a portarla via con me.

Ripongo l'arma bianca nello zaino, accanto ai vestiti, per averne libero accesso in caso di emergenza.

Emergenza?

Il mio istinto, quello che mi ha salvato la vita in almeno un paio di occasioni, ora sta gridando a squarciagola.

Non andare!!

Ma non posso: io devo andare.

Qualsiasi cosa scoprirò in quella foresta non potrà essere più brutta della sofferenza che mi ha accompagnato in questi ultimi quattro anni.

Vero?

Senza altri indugi, richiudo lo zaino e m'inerpico sulle traballanti scale che mi riportano in soggiorno.

《Connor! Sono pronta!》grido alla casa, dato che non so dove si sia cacciato quel ragazzo.

《Anch'io!》La risposta mi arriva dalla cucina, un po' soffocata come se avesse la bocca piena.

Allora ogni tanto mi ascolta...

Un lieve sorriso m'increspa le labbra mentre mi dirigo in cucina: stare con Connor è così divertente!

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