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𝚜𝚞𝚙𝚎𝚛𝚗𝚘𝚟𝚊

⟿ ✿ ship :: IidaSero

➭ ✧❁ SMUT alert :: "Poi si sporge oltre il mio corpo, preme il mozzicone contro il posacenere, lo spinge sul pavimento per allontanarlo"

➥✱ song :: "Supernova", Ansel Elgort

⤜⇾ parole :: 8.069

➤♡❆ comfort fic for :: Yakulev311

➸★✺ disclaimer :: come ho già detto nella prima, so che la ship è strana, so che è campata in aria, so che non c'è niente nell'anime che la faccia intendere. ma siccome tendo a lavorare coi caratteri dei personaggi più che con le azioni, credo che loro due insieme starebbero molto bene, quindi vi prego, se la ship non vi piace, go on ;D

➠♡༊ written :: 27/09/21

⧉➫ genre :: fluff, chill

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Espiro il fumo fra le labbra secche, lo osservo volteggiare nell'aria.

La mia schiena cade indietro, le palpebre sempre più pesanti, sento il mio respiro farsi più leggero e distante, per un attimo i rumori sono spenti, lontani, come se li sentissi rimbombare in un'eco lontana.

Molle, sono molle.

Sono rilassatissimo.

Mi scordo sempre di quanto sia divertente, qualche volta, fumare anche l'erba illegale.

Denki ride con il suo rumore isterico dal fondo della stanza.

− Stai bene, Sero? –

− Ah-ah, una meraviglia. –

Gli occhi si chiudono, sto fluttuando nella calma.

− Lo stronzo fuma erba tutti i giorni ma non regge un cazzo. –

− Parli tu, Bakugō. Guardati. –

Registro col fondo della testa un'esplosione appena percettibile.

− Katsuki! –

− Scusalo, Mina, sai che diventa... violento. –

− Diventa?! Lo stronzo è violento. –

Le voci dei miei amici sono così... ovattate. Distanti, persino.

− Senti, Occhi Neri, non è colpa mia se il tuo culo da zitella è invidioso. –

Qualcun altro ride.

− Che schifo, scherzi? Almeno non vado in giro a chiedere il mio ragazzo di farmi i grattini davanti ai miei amici. –

− Denki ha chiesto a Shinso di mandargli una foto del cazzo e tu che l'hai con me? –

Sono io, a ridere.

− Meglio la foto del cazzo dei grattini. Ti sei rammollito, Bakugō? –

− Jirō dice "tette" da venti minuti sbavando, non dovremmo portarla a letto? –

− Tette... −

Caotici stronzi.

− Ei, voglio scopare. –

− Te l'avevo detto! Diventa uno schifoso perdente, quando fuma. Qualcuno lo picchi, vi prego, sto per vomitare. –

− Come se tu non facessi sesso. –

Fanno così tanto rumore, ma sono anche così divertenti, cazzo.

− Tu sei l'ultimo a poter parlare, Denki. Se la parola "troia" si personificasse, saresti tu. –

− Io non sono una troia! –

− Shinso ti chiama "troia", quando fate sesso. Vi sento da camera mia. –

Il rumore di uno schiocco cattura l'attenzione del mio udito ovattato.

− Anche tu mi chiami "troia", quando facciamo sesso. –

− Qualcuno abbatta Bakugō! –

− Lo faccio solo perché ti amo. –

Umidiccio di baci.

Qualcuno si sta baciando.

Sicuro sono Kirishima e Bakugō, quei due si baciano sempre.

Anch'io voglio un bacio.

− Tette... −

− Qualcuno abbatta anche Jirō, vi prego. Sta diventando inquietante. –

− La tua faccia è inquietante, puttana rosa. –

− Denki! –

Rumore secco di schiaffo. Non è forte, deve averglielo tirato sul braccio come fa sempre.

− Che c'è, dov'è finita la parità dei sessi? Tu puoi darmi della troia e io no? –

− La differenza è che tu sei una troia, io no. Troia. –

− Stronzi, guardate che sono io la troia, qui. –

− Kat, non mi sembra il caso, amore. –

Fumare con gli amici il sabato sera prima dell'inizio delle lezioni è divertente. Aizawa ci ha beccati a comprarla, ma ci ha detto letteralmente "che cosa credevate che facessi io alla vostra età? Evitate di ammazzarvi, non ho voglia di spiegarlo alla commissione disciplinare. E state attenti a Denki, non vorrei che mio figlio si suicidasse per il dolore".

Quindi siamo autorizzati.

Chissà se il rappresentante di classe lo sa.

Il rappresentante di classe...

A che ora arriva?

Tutto questo parlare di sesso mi ha acceso un calorino nello stomaco.

− Secondo voi Sero è vivo? –

− È vivo, è solo fatto. Colpiscilo, vedi se reagisce. –

Che ottimi amici.

Che faccio, fingo di essere morto?

Così si spaventano.

Sarebbe uno scherzo meraviglioso.

− Quanto forte? –

− Non devi ammazzarlo, Bakugō, dagli un colpetto. Ma chi ti ha cresciuto, le capre? –

− Hai dato a mia madre della capra? –

− No, tua madre è una milf. –

Dov'è, l'uomo delle regole?

È in ritardo.

O forse no, il tempo è così lento, così dilatato e pacifico.

− Amore, non ti devi arrabbiare. Vieni qui. –

− Smettete di limonare, voi due. Siete due schifosi. –

− Tette... −

Sto fluttuando.

Sto così bene.

Sto così bene ma ho caldo alla pancia.

Miseria, rappresentante, è il caso di farsi aspettare?

− Devo fare più squat, mi sento il culo moscio. –

− Il tuo culo non è moscio, Mina, è solo che quello di Bakugō ti mette insicurezza. –

− Perché state parlando del mio culo? –

Il mio culo... fluttua pure lui.

Ecco, pensare al mio culo mi ricorda che...

Il rappresentante?

Dov'è?

− Jirō, smetti di mordermi! –

− Tette... −

− Non sono tette! Sono pettorali, Orecchie Lunghe! –

− Tette! –

Pettorali, sì, sì.

Mi piacciono i pettorali.

Mi piacciono le braccia, i capelli scuri e il taglio severo, gli occhi espressivi dietro le lenti degli occhiali.

Capoclasse, sei morto?

− Ei, mi ha morso le tette. –

− Non avevi detto che non erano tette? –

− Non bullizzatelo, io amo le sue tette. Quando facciamo sesso fanno... −

Ooh, il sesso.

Che bello, il sesso.

− Perché voi due parlate solo di sesso? Depravati. –

− Ti fai mettere il collare da cagna dal tuo tipo, Denki, sei l'ultimo a poter parlare. –

− Si chiama pet play, non fare kinkshaming, ignorante. –

− Kinkche? –

Allungo le gambe sul pavimento.

− È vivo! –

− Sero? –

Non apro gli occhi, apro solo la bocca.

− Il capoclasse... −

− Che merda, non parlarmi del capoclasse. Già il fatto che voi due facciate le cose sporche mi mette il vomito, ti prego. –

Un braccio si alza verso la voce.

− Stai zitto, Bakugō. Tu ti scopi le pietre. –

− Io non sono una pietra! –

Rido alla mia stessa battuta.

− Denki? –

− Eh? –

Rido di nuovo.

− 'Fanculo. –

Rido davvero forte.

− Che ti ho fatto? –

− Esisti, Pikachu di merda. –

− Cattivo! –

Appoggio i piedi sul tappeto, li tiro verso di me alzando le ginocchia.

L'ondata sta finendo.

Mi sto...

Non riprendendo, quantomeno assumendo un po' di coscienza di me stesso.

− Mina? –

− Eh? –

Sono così scemi, quei due.

− 'Fanculo. –

Sento Kirishima scoppiare a ridere, Jirō persino, nel suo marasma di "tette" totalizzante, la mia pancia fa male.

− Sero, sei un bastardo. Se ti uccido è un crimine d'odio razziale? –

Alzo il pollice verso l'alto.

− Colpa del mio sangue caliente, tesoro. –

Sangue caliente, eh?

So per chi lo farei ribollire un po'.

− Che ore sono? –

− L'una e cinquantanove, perché? –

Devo contare fino a sessanta.

Posso?

Oh, ma i numeri sembrano essere tutti uguali.

Si comincia dall'uno. O forse dallo zero?

Devo contare lo zero se conto i secondi?

− Kirishima, Bakugō, davvero, parliamone. La dipendenza da sesso è un problema serio. –

− Potete uscirne. Andare ai ninfomani anonimi, che cazzo ne so. –

Devo contare in sessagesimale?

Ma in sessagesimale i numeri sono sempre gli stessi, solo cambia il raggruppamento unitario, vero?

Merda.

− Non siamo ninfomani. –

− Siete in calore, è diverso. –

Un'altra esplosione distante.

Potrei inventare un nuovo modo di contare. Prima tutti i numeri che hanno uno all'unità. Uno, undici, ventuno, trentuno, quarantuno, cinquantuno. Poi quelli con il due...

Merda, ma le decine pulite?

− Ma voi scopate tutti i giorni? Guarda che ti fa male al culo, Bakugō, prima o poi si rompe. –

− Sei tu quello che si fa rompere il culo, Kaminari di merda. –

− Il culo di Kat è perfetto, te lo assicuro. Anzi, se vuoi gua... −

Ok, partiamo dallo zero.

Zero, dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, sessanta.

Poi l'uno.

Il due.

Il tre e...

Forse ho contato troppo lentamente.

Forse il tempo che mi sembrava passare come melassa attraverso un colino a maglie strettissime, è scorso come scorre nel mondo reale.

Meglio così.

Scatto in alto con il busto, le spalle che si alzano dal tappeto e gli occhi che si aprono, appena sento bussare.

Mi gira un po' la testa, come se qualcuno stesse mescolando con troppa foga tutto quello che c'è dentro, e i lati della visuale sembrano raggrumarsi a puntini bianchi e neri, ma reggo botta e non cado indietro.

La scena davanti a me è la solita.

Denki e Mina sul mio letto, uno con le gambe per aria e la testa in giù dal bordo, l'altra in reggiseno perché ha caldo, seduta a gambe incrociate.

Jirō è accasciata al muro, la faccia non propriamente sveglia, una bottiglia d'acqua a fianco.

Patisce la bocca secca.

Kirishima e Bakugō, sempre quando fumano o bevono o fanno qualsiasi cosa, spiaccicati l'uno contro l'altro che si baciano come due adolescenti in calore ad ogni occasione.

− Hanno bussato? – chiedo, dimenticandomene improvvisamente.

− Forse. –

− Vai tu, Denki. –

Denki scuote la testa, indica Kirishima.

− Va' lui. È quello più sobrio di tutto. –

Bakugō acciglia la fronte.

− Col cazzo. Eijirō sta con me. –

− Non è che muori se stai lontano due secondi da lui, idiota. –

Kirishima e Bakugō sono quei due amici di un gruppo che stanno insieme da che mondo è mondo, anche quando non stavano assieme, stavano assieme.

Fanno ridere.

Quantomeno, prendere in giro Bakugō fa ridere.

Ma cosa fa ancora più ridere?

Io che faccio sesso.

− Kyōka, apri per favore la porta? – ritento.

È strafatta, ma è vicina alla maniglia.

Penso di avere un'espressione sufficientemente di preghiera perché mi ascolti, strisci un po' di lato e allunghi il braccio molle verso la porta.

La apre di uno spiraglio.

La persona fuori procede ad aprirla completamente.

− Hanta? –

Oh, Tenya Iida, quanto sei bello.

Sorrido e rido insieme.

− Ciao ciao, sono io, sono qui. – è quello che sento di dire, agitando la mano e indicandomi con l'indice in senso plateale.

Rimane fermo immobile.

Ci guarda.

Poi come nulla fosse, entra superando Jirō che ora si è spiaccicata a terra, evita Bakugō e Kirishima che hanno ricominciato il loro sesso non molto esplicito in pubblico e arriva verso di me.

− Scusa il ritardo, abbiamo perso Todoroki e c'è voluto un po' a ritrovarlo. – spiega, quando mi arruffa delicatamente i capelli.

Sorride.

Ooh, che bello, il capoclasse.

− Siete usciti a bere? – chiede Mina, che per prima si sta alzando dal letto.

Annuisce.

− Dov'era il Bastardo a Metà? –

− Voleva dare fuoco a casa di suo padre. L'abbiamo trovato in mezzo alla strada che urlava. –

Rido all'immagine.

− Shinso e Midoriya sono andati a cercarlo, ma Izuku si è sentito male e ha vomitato per strada. Ochaco era devastata, ho dovuto fare tutto da solo. –

Allungo un braccio pesante verso una delle sue gambe e l'avvolgo attorno alla coscia.

− Ti affaticano sempre, povero Tenya. – commento, strofinando la faccia sopra il suo ginocchio.

Alza le spalle.

− Sono il capoclasse, no? –

− Oh, ma certo che sì. –

Di nuovo, mi arruffa i capelli, poi indietreggia e sistema l'amaca di modo da potercisi sedere sopra.

− Shinso è tornato in camera? –

La faccia di Denki è più che esaltata all'idea.

− Tornato sano e salvo. Quell'uomo ha bevuto l'imbevibile ed è tutto intero, è pazzesco. –

Il mio amico biondo, si alza dal letto di scatto.

Lo vedo barcollare allo sbalzo di pressione.

− Hitoshi regge bene l'alcol, ma c'è una cosa che diventa quando beve. –

Non voglio spiegazioni.

Ma Bakugō fa l'errore di chiedere.

− Cioè? –

− Eccitato. Ciao, stronzi, vado a farmi fottere. Letteralmente. –

Si dilegua praticamente correndo, ma il rumore secco che proviene dalla porta aperta comunica che è probabile che sia caduto come il coglione che è in mezzo al corridoio.

Mina lo segue.

− Denki! –

Jirō striscia fuori.

Lo dico sempre che è troppo minuta per l'erba, le fa l'effetto che farebbe un anestetico per elefanti ad uno qualsiasi di noi.

Bakugō e Kirishima sono occupatissimi, quando lancio loro il più eloquente degli sguardi.

− Che c'è Faccia Piatta? – sbotta il primo, accorgendosi che lo sto fissando.

Ehm, insomma.

− Avete una camera, non siete dei senzatetto. Scopate in camera vostra. –

Kirishima inclina la testa.

− Non stiamo scopando. –

Boh, quel che vedo io è l'incazzato Katsuki a cavalcioni su di te e tu che gli tasti il culo come se fosse la cosa più normale del mondo, dimmi tu se state scopando.

− Andate a non scopare in camera vostra, allora. – mi concedo di dire.

Più che altro, che loro stiano facendo le cose sporche o meno, di sicuro le voglio fare io.

E non posso proprio con i miei stupidi amici qui, no?

Bakugō emette uno di quei terrificanti versetti acuti di stizza, quando Kirishima smette di toccarlo e gli dice all'orecchio di alzarsi.

Davvero, se non fosse in grado di uccidermi usando una sola mano e col sorriso sulle labbra, crederei all'immagine del piccolo passivo lagnoso malato di sesso.

− Capoclasse? – sento dire ad Eijrō, prima di uscire, Katsuki appiccicato al braccio che lo tira fuori.

Tenya sbatte le palpebre e lo guarda.

− Sai che sei molto più fico di quanto sembra? –

Iida ridacchia, Kirishima alza il pollice verso di lui e tutte le farfalle momentaneamente in pace nel mio petto ricominciano a svolazzare come delle bastarde nella mia cassa toracica.

La porta si chiude con un tonfo l'istante dopo, il rumore si riduce di colpo ad un confuso mugugnare fuori dalla porta, l'aria si fa improvvisamente meno caotica e più... intima, credo.

Il capoclasse.

Eccolo, il capoclasse.

Tenya non è timido, è però riservato nei gesti d'affetto. In pubblico non ama essere molto appiccicoso, in privato questa cosa si riduce drasticamente in favore di tutta una serie di dimostrazioni romantiche quasi casuali.

Io mi giro verso di lui, appoggio le mani sulle sue ginocchia e mi tiro un po' su perché si chini e mi baci le labbra come a salutarmi.

− Ciao, Hanta. –

Farfalle nello stomaco?

Quante farfalle.

Sorrido, so di star sorridendo.

Ma la mia faccia e tutto il mio corpo sembrano essere di qualche minuscolo istante più avanti del mio cervello, e me ne rendo conto con una distanza temporale che mi fa sentire lento e formicolante.

− Quanto hai fumato? –

− Eheh, un po'. Tu hai bevuto? –

Scuote la testa.

− Erba illegale? –

− Già. –

Non tradisce la minima emozione. Avrei assunto, prima di conoscerlo davvero, che avrebbe fatto un'espressione di pura delusione, che mi avrebbe spiegato le controindicazioni a qualcosa del genere.

Ma Tenya, per quanto possa sembrare in quel modo, non è davvero così.

Alzo le sopracciglia.

− Che vuoi fare? Mettermi le manette e portarmi in prigione, Signor Rappresentante di Classe? –

Piega appena la testa, mi bacia di nuovo le labbra.

− Non fare proposte che potresti non condividere, Hanta. –

Se fossi stato perfettamente sobrio, a questo avrei reagito in pochi secondi.

Avrei metabolizzato la risposta, sarei arrossito e poi mi sarei lanciato sul letto urlando "facciamolo!", ma al momento avviene tutto un po' più lentamente della norma.

Questa lentezza gli permette di parlare.

− L'hai finita? –

Ho la faccia tutta rossa, incastrata nel reale pensiero del capoclasse che mi mette le manette, quando gli rivolgo pura confusione.

− Cosa? –

− L'erba. –

Se l'ho...

No, non l'ho finita.

Denki ha iniziato a dire di volerla fumare tutta ma Jirō era in condizioni pietose, Bakugō a un passo dallo spogliarsi davanti a tutti e io un po' stanco.

Ma...

− No, perché? –

Indico con la testa il mio comodino.

Bustina di plastica, cartine lunghe, filtri carta, grinder olografico di Denki.

− Ho avuto una giornata molto lunga, sai. –

Lui vuole...

Vuole fumare erba?

No, non sarà quello.

Tenya Iida non fuma erba.

Magari vuole... provare?

− Se aspetti due minuti mi riprendo e ne giro un'altra. –

Scuote la testa.

− So fare da solo, non ti preoccupare. –

Un aaaattimo.

Sono fatto, vero? Sono io, è colpa mia. Di sicuro ho capito male.

Lo osservo alzarsi dall'amaca, prendere le mie cose e sedersi per terra con la schiena contro il letto.

Sono strafatto.

È l'unica spiegazione logica.

È...

− Non guardarmi così, Tensei la usava per i dolori quando l'hanno attaccato al primo anno. –

Oh, merda, forse lo sto guardando in modo strano.

Ma come dovrei guardarlo?

− Ma sei... il capoclasse. –

Ride appena.

− Sì, sono il capoclasse e ho fumato erba nella mia vita. È così strano? –

Non so bene cosa rispondere, so che ho probabilmente la bocca aperta.

− Ho anche fatto sesso, se proprio vuoi saperlo. Più di due volte, persino. –

Una delle mie mani si gira verso di me, l'indice preme contro lo sterno.

− Con me! –

Annuisce.

− Con te, con te. –

Procedo carponi verso di lui sul tappeto.

− Wow. – mi scappa dalle labbra.

Non risponde, lascia semplicemente le cose sul suo grembo prima di fare quel che credevo di saper fare solo io fra i due.

Dio, se non è attraente un ragazzo che gira una canna.

Tenya è attraente per un miliardo di cose, non sto dicendo che lo sia solo ora, ma cazzo, è... così...

Mettiamola così, ho un sacco caldo.

Il mio ragazzo, che oltre ad essere molto responsabile, bello, adorabile, maturo e adulto è anche un po' spericolato, è, ogni giorno che passa, sempre più il mio tipo di persona.

Non che ce l'avessi.

Diciamo che ora ce l'ho.

Piega il filtro fra le dita senza guardarmi.

Mi piacciono i suoi occhi concentrati dietro gli occhiali.

Mi avvicino ancora un po', mi accorgo di essergli appiccicato quando invece di spostare la mano sul tappeto a quattro zampe, la appoggio sulla sua gamba.

Non reagisce.

In ogni caso, io pretendo e voglio avere un posto in prima fila.

Apre il grinder, l'odore familiare che si espande ancora di più, sistema il filtro, l'erba, poi gira la cartina fra le dita.

Il momento migliore?

Ora, con grande onestà, siamo seri.

Un ragazzo brutto che gira una sigaretta, quando lecca la colla della cartina, diventa attraente.

Un ragazzo bello, incredibilmente attraente.

Uno che rappresenta l'essere adulti, con la faccia perfetta sempre cacciata fra i libri e il modo di fare come se potesse sempre risolvere qualsiasi problema, si trasforma in sesso, per me.

È il contrasto.

Tenya Iida, quello a cui Aizawa dice di controllarci perché non siamo in grado di farlo da soli.

Quel Tenya Iida, il mio fottuto ragazzo, seduto sul tappeto a quadri messicano che mi ha regalato mia madre, che tira fuori la lingua e fa quel movimento orizzontale sulla superficie sottile della cartina.

Wow, per davvero, wow.

Le mie ginocchia sono di burro.

Credo che il mio sguardo vaghi su di lui in modo più che eloquente, perché solleva gli occhi.

Ok, scherzavo.

Ora, le mie ginocchia sono di burro.

Mi guarda da sopra gli occhiali, le ciglia scure che contornano le iridi blu notte, le dita che tengono tesa la carta mentre la inumidisce per poterla togliere.

Merda.

Credo di... innamorarmi una volta ancora?

L'istante, penso sia l'erba che ho fumato o qualche strana coincidenza astrale, sembra durare un'eternità, ma poi svanisce, se ne va, e io rimango col cuore che batte troppo forte per essere normale e le mani che iniziano a sudare.

Mi sistemo al suo fianco.

− Non so come sia successa questa cosa fra noi due ma senti, è la cosa migliore dell'anno. – borbotto, appoggiando la testa sulla sua spalla mentre toglie l'eccesso della cartina con le dita.

Annuisce.

− Concordo. –

Sistema il filtro fra le labbra.

Che bello, che bello.

Capisco l'ondata affettuosa di Kirishima e Bakugō meglio, al momento.

Anche a me viene un'impellente voglia di saltargli addosso.

Ignoro l'istinto quando vengo completamente rapito dalla fiamma che s'illumina sull'accendino.

L'attimo dopo, fumo denso fra le labbra, odore forte di erba nella stanza che già sembra essere un ritrovo giamaicano anni ottanta, una mano che si avvicina alla mia e ci incrocia le dita insieme.

− Ti chiederei se ne vuoi, ma mi sembra che tu sia un po'... andato. –

Alzo le sopracciglia.

− Io? Io sono fresco come una rosa. –

Si gira verso di me e mi bacia la punta del naso.

− Certo, come no. –

Metto su il broncio, ma mi dimentico di tenerlo in visa qualche secondo dopo.

Lo osservo fumare e si vede, che non è la prima volta. E chi l'avrebbe mai detto, quante sorprese può avere questo maledetto rappresentante.

− Perché hai avuto una giornata lunga? – mi ritrovo a chiedere, qualche istante dopo.

Piega la testa, le dita si stringono sulle mie.

− Lunedì ricominciano le lezioni e Aizawa mi ha convocato per aggiornarmi sulle vostre condizioni di salute. Lo sapevi che Kaminari è allergico al mango? L'ha scoperto quest'estate. –

Scuoto la testa.

− No, non lo sapevo. –

− Ora lo sai. –

Al mango, ma dimmi tu.

− Poi mi ha fatto la solita ramanzina infinita sul fatto che siate, tu compreso, dei disastri ambulanti e che è mia diretta responsabilità fare in modo che non distruggiate la Yuei. –

Annuisco ridendo.

− Un disastro ambulante? È così che si chiamano ora le persone che stanno insieme? –

Espira il fumo di fronte a se stesso, si avvicina verso di me e appoggia la fronte sulla mia prima di baciarmi.

− Tu sei il mio ragazzo, ma sei anche un disastro ambulante, facci l'abitudine. –

− Ok, ok, mi sembra giusto. –

Cade un'altra volta un piccolo spazietto di silenzio.

Poi ricomincia a parlare.

− Poi sono dovuto andare alla fisioterapia di Tensei per accompagnarlo e sta meglio, cammina quasi bene, ma ogni volta che ce lo porto mi ricordo quanto sia stato merdoso quello che è successo due anni fa. –

Questo è un argomento... delicato.

Forse avrei dovuto capire allora, anche se non me ne sono reso conto, quanto poco della perfezione rigorosa che tutti notavano ci fosse di vero in Tenya.

Mi avvicino ancora di più, stringendo più forte la sua mano e baciandogli la guancia.

− Tensei camminerà prima che tu finisca il liceo. Starà benone, è un ragazzo forte. –

Fuma prima di rispondere e vedo diverse emozioni attraversargli il viso.

Incertezza, forse, un grammo di paura, un po' di fierezza.

− Lo è, lui è forte. Vorrei essere come lui. –

− Tu sei come lui. Nessuno è più forte di te, Tenya. Bakugō urla e uccide, ma gestire noi, tutti e venti, cazzo quello sì che è fenomenale. –

Vedo un colorino formarsi sulla cima dei suoi zigomi, e potrei dire con sufficiente sicurezza che non è il caldo.

− Lo pensi? –

Lo bacio un'altra volta.

− Non sarei qui a dirtelo, se non lo pensassi. –

Ricomincia a fumare in silenzio, ma sorride di uno di quei sorrisetti piccoli e soddisfatti che non puoi respingere neppure provandoci.

Non sembra rallentato, dall'erba, sembra solo... che i suoi muscoli tesi si sciolgano.

− Patisci l'erba? –

− Non patisco quasi niente, tranne il vino. –

Il vino, merda, il vino lo patiscono tutti. Ti sale al cervello che è una meraviglia.

− Nessun collasso in camera mia, allora? –

Prende il filtro fra indice e pollice, batte via la cenere sul bordo di resina, alza un sopracciglio verso di me.

− Teoricamente no, credo. Potrei... sentirmi male, o avere un'aritmia, o avere reazione con un problema digestivo o... −

− Rappresentante, era una battuta. –

Smette di parlare ridacchiando appena.

− In effetti. –

Non fatto, non patisce, in effetti. Non è sverso come Jirō, né scombinato come me.

È solo un po' più... chiacchierone?

Mi sento scompigliare i capelli da una mano fra le ciocche scure e lisce.

− Sei proprio carino, lo sai? –

Io, carino?

Carino, cazzo, sono davvero carino.

− È che mi sento così... rilassato, quando sono con te, cazzo. –

Aggrotto le sopracciglia.

− Non dire "cazzo". –

Infila la lingua fra le labbra come a prendermi per il culo.

− Ops. –

Non è che mi dia fastidio. È che mi diverte dirglielo, lo facciamo sempre.

Stringo gli occhi verso di lui per cercare di guardarlo male, anche se alla fine tutto quello che faccio è non vedere niente di niente.

− Cazzo. – ripete, guardandomi allo stesso modo.

− Ora ti meno. –

Fischia appena.

− Che paura. Non voglio assaggiare la furia del Messico, oggi. –

Mi batto il bicipite.

− L'America Centrale è con me, stronzo. –

− Non dire "stronzo". –

− Merda. –

Inizio a ridere appena, ma quella risatina diventa ben più fragorosa quando Tenya si unisce a me.

− Sei volgare. – dico, respirando più o meno in una risata non esattamente sobria.

− Tremendamente volgare. Dovresti segnalarmi alla Buon Costume, sai? Ma poi chi lo direbbe a mia madre? –

L'immagine della madre di Tenya, bella signora, ricca sfondata, amante delle regole e del rispetto, si forma nella mia mente.

− Oh, merda, le verrebbe un infarto. Peggio di quando tua nonna ha sputato la dentiera sul piatto alle loro nozze d'argento. –

Ricomincia a ridere Tenya e ricomincio a ridere io.

− Ti prego, non ricordarmelo. È la cosa più schifosa che abbia mai visto. –

− Che dici? È stato epico. A tuo fratello è uscito il vino dal naso perché non riusciva a trattenersi dal ridere, epico. –

È stata la presentazione ufficiale alla famiglia meno simile a quello che mi sarei immaginato al mondo, davvero. Credevo che sarei stato così fuori posto in quella casa enorme e con quella gente perfetta, ma i genitori di Iida sono persone alla mano, per quanto ricche e rigorose, suo fratello è adorabile e sua nonna...

Sua nonna ha sputato la dentiera sul piatto.

Scena migliore della mia vita, garantisco.

Meglio persino di quando Aizawa ha aperto lo spogliatoio dei maschi perché io e Kaminari eravamo in mutande e stavamo tentando di replicare il bacio di Spiderman a testa in giù.

− Ai miei genitori sei piaciuto perché hai mantenuto la calma, ma io so che stavi crepando dentro, ti si vedeva in faccia. – commenta, ripassando la fiamma sull'estremità della canna per accendere la cartina spenta.

− Cazzo, stavo per esplodere. –

Ricordo solo il mio viso assolutamente impassibile e le lacrime che mi scendono dai lati degli occhi.

Tenya sistema il braccio verso il basso, mi stringe la mano oltre la vita e mi avvicina a sé.

Quando riappoggio la testa sulla sua spalla, è così vicino al collo che sento il suo profumo costoso oltre la nebbia che ha permeato camera mia.

− Se ci pensi è la prima volta che facciamo la festa di apertura come una coppia. – commento, squadrando il suo profilo elegante.

Annuisce.

− Anche l'ultima. Se Dio vuole l'anno prossimo siamo ben che diplomati. –

− E poi? –

− Poi cosa? –

Poi...

No, la cosa non mi mette ansia, no. Non è perché abbia fumato, o perché non voglia mettergli pressione.

Credo sia perché funzioniamo in un modo talmente naturale che le cose verranno davvero da sole e succederanno perché è così confortevole che succedano, senza doverle programmare.

− Poi staremo assieme. – confermo, ad una domanda che io stesso avevo posto a lui.

Mi sento baciare di nuovo la guancia.

− Non prevedo il futuro, ma sono piuttosto sicuro di sì, sai. –

Non so se posso esserne sicuro, ma nell'ovatta che mi riempie la testa credo di sapere che cosa pensi anche lui.

Non è che stiamo insieme perché abbiamo deciso di farlo.

Stiamo insieme perché stiamo meglio, così.

Perché siamo come... il giusto incastro di cose nel modo corretto?

Funzioniamo.

Ed è divertente, davvero divertente.

− Non sei fatto neanche un pochino? – chiedo, quando batte via l'ennesima montagnetta di cenere dalla canna che continua ad accorciarsi.

Scuote la testa.

− Rilassato vale? –

− No che non vale. –

Fa spallucce.

− Se vuoi ti chiedo scusa. Scusa, Hanta, se non sono fatto. –

Storco il naso.

− Antipatico. –

Mi bacia la fronte.

− Fattuale. –

Mi distacco di poco per sfarmi e rifarmi quella strana mezza cosa che non è una coda ma neanche uno chignon che porto per togliere i capelli dal viso, poi torno tutto felice nel mio spazietto fra i muscoli delle braccia e quelli del petto del mio adorabile fidanzato.

− E non hai bevuto fuori? Non potevi chiedere a Shinso di stare attento al posto tuo, per una volta? –

− No, no. Mi mette così tanta ansia che sapevo mi sarei rovinato la serata a pensare a cos'altro avrei potuto fare per proteggere gli altri. –

Sento un angolo della mia bocca salire.

− E ora? Perché ora va bene? –

Il fumo gli si annida attorno al viso, poi si dirada verso l'alto.

− Tre cose. –

− Quali? –

La sua mano, quella attorno alla mia vita, si infila sotto la maglietta larga e stringe il fianco nudo dolcemente, come per farmi... una coccola, credo.

− Primo, siamo al dormitorio. Non ci sono sconosciuti potenzialmente pericolosi, nessuno rischia di venire investito, non possiamo perdere nessuno. –

Annuisco.

− Secondo, l'erba non mi fa stare una merda il giorno dopo. –

Annuisco di nuovo.

− Terzo, mi fido di te. –

Spalanco gli occhi.

− Degli altri no? –

Piega le labbra in una linea e scuote la testa.

− Diciamo che di loro mi fido come amici. Di te mi fido come... se facessi parte della famiglia? –

Ah, cazzo, ora che ci penso ha senso.

Ha detto che fumava con... suo fratello.

Sento la mia faccia aprirsi in un sorriso gigantesco.

− Questa è una delle cose più dolci che qualcuno mi abbia mai detto in tutta la mia vita, Tenya, davvero. Non so se me la merito ma... grazie, credo. –

Arrossisce di nuovo, sulla cima degli zigomi.

− Ma di che, è la verità. –

Mi sporgo per baciargli le labbra.

− È una bella verità. –

Quando mi stacco, appoggio di nuovo la testa sulla sua spalla, ma lasciandomi andare di più.

Non è che non lo trovassi accogliente, prima, ma potrei ben dire che questa cosa che mi ha detto, ha gonfiato terribilmente la mia autostima.

Io sono come un pezzo della famiglia, no?

Non credo di capire in prima persona cosa significhi, io sono davvero legato ai miei amici e caratterialmente tendo a fidarmi di tutti, ma credo che per qualcuno come Tenya sia diverso.

Della serie "non serve che ti protegga, mi fido del fatto che non ti metterai in qualche pericolosa" o "magari potremmo anche proteggerci un po' a vicenda".

È carino.

Mi piace... tanto.

Ricomincia ad accarezzarmi il fianco, lungo la spina dorsale e la pelle chiara, con calma e pacatezza mentre finisce di fumare.

I suoi muscoli si rilassano, gli occhi un po' si chiudono, le pupille sono meno strette e attente.

Quando vedo la cartina avvicinarsi al filtro getto un braccio oltre la sua spalla.

Gli batte il cuore più forte, si sente contro la mia mano.

− Com'è? –

− Sto benissimo. –

− Perfetto. –

Sono io a tirare su i suoi occhiali, toglierli dal ponte del suo naso e appoggiarli per terra da qualche parte lontano da noi.

Lui lascia cadere indietro la testa sul letto, la glottide e il pomo d'Adamo che s'intravedono contro la luce soffusa delle lampade basse che tengo in camera, l'espressione serena.

È così raro vederlo sereno.

In realtà per gli altri, è raro.

Con me, il mio ragazzo, con me lui è quasi sempre sereno.

Dice che lo rilasso.

Credo di amarlo anche per questo.

L'immagine della canna fra le sue labbra e la testa gettata indietro, è un'altra di quelle che merita attenzione speciale.

Wow, Tenya, wow.

Davvero.

Potessi farti una foto, ci tappezzerei camera.

Ma a dirla tutta, foto o meno, anche solo avere la possibilità di vedere questa cosa mi fa sentire così speciale, così felice.

− Sei davvero bello. – dico, pensandolo, volendolo dire.

Sorride appena, non apre gli occhi.

Allungo la mano, passo il polpastrello dell'indice dal centro delle sopracciglia alla linea dritta ed elegante del naso.

− Della serie incredibilmente bello, Tenya. Davvero. –

Di nuovo, non risponde, non apre gli occhi.

Sembra cristallizzato nel tempo, questo esatto istante. Il fumo che volteggia verso il soffitto, la luce calda sul suo viso, il mezzo sorriso che comunica che ascolta quel che dico.

Il calorino nella pancia ritorna.

Ritorna e si accende alla base dello stomaco.

− Amo stare qui a fumare con gli altri, ma certi momenti preferirei che ci fossi anche tu. No, aspetta. Solo tu. – mi scappa dalle labbra.

È vero.

Sbatte le ciglia mentre apre gli occhi, incolla le iridi scure su di me.

− Anche a me succede. Questo non mi rende un amico di merda, vero? –

− Non penso, no. –

Annuisce appena.

Mi sporge la mano libera, la prendo e mi tira verso di sé ancora un po'.

Inizio a pensare che qualcosa si sia acceso anche alla base del suo, di stomaco.

− E cosa mi rende? –

Stringo le labbra.

− Mmh, fammi pensare. –

Faccio leva sulle ginocchia per tirarmi su quel che basta per sedermi sul suo grembo. Non a cavalcioni, solo seduto di traverso con la guancia premuta contro il suo petto.

Prende uno degli ultimi tiri che gli pesco la canna dalle labbra appoggiandola fra le mie.

− Innamoratissimo? –

− Di te, sì, sì, forse. –

Espiro verso l'alto, risistemo il filtro sulla sua bocca.

− Il fidanzato perfetto, anche. –

− Dici? –

Annuisco.

Infilo una mano sotto il suo mento, lo prendo fra le dita e lo piego verso di me.

Aspetto che espiri prima di baciarlo.

− Per me, non per tutti, forse. Ma direi che se sei perfetto per me e stai con me, allora sei il fidanzato perfetto. Perché io penso per me. –

Scuote la testa.

− Non ho tanto capito, ti offendi se te lo dico? –

− Naah, mi sa che non so nemmeno io cosa ho detto. –

Ride piano, rido anch'io.

Poi si sporge oltre il mio corpo, preme il mozzicone contro il posacenere, lo spinge sul pavimento per allontanarlo.

− Ora che facciamo? – chiede, con gli occhi che comunicano perfettamente cosa stiamo per fare ma la faccia tosta di chiederlo lo stesso.

Il suo naso è letteralmente a due millimetri dal mio e gli sto fissando le labbra.

Cosa pensa che voglia fare?

Non rispondo e quando non rispondo, inizia solo a sorridere di più.

− Potremmo andare a dormire, che dici? –

La mia testa fa "no".

− No? Non hai sonno? –

Di nuovo, faccio "no".

Bastardo, è bastardo quando fa così. Mi allungo verso di lui e lui... lui indietreggia.

− Non riesco proprio a capire cosa vuoi dirmi. Magari vuoi che io vada a dormire in camera mia? –

Ride appena quando vede come le mie sopracciglia si acciglino alla proposta.

Quando apre bocca per parlare un'altra volta, non appena vedo che forma strafottente assuma il suo viso, lo pizzico sotto la maglietta facendolo ridere.

− Ok, ok, la smetto. Tieniti. –

L'attimo dopo sono per aria, quello dopo ancora vengo spostato fra le braccia di qualcuno che non dovrebbe essere così forte dopo aver fumato e quello finale sto sbattendo la schiena contro il materasso.

− Tenya! – mi viene istintivo dire, più per la sorpresa che per altro.

− Tutto bene? Ti ho fatto male? –

− Mi hai fatto prendere un infarto, stronzo. –

È sopra di me prima che me ne renda conto e questa volta è lui che guarda le bocca a me, mentre appoggia il pollice sul labbro inferiore.

− Non si dicono le parolacce. –

− Non si dicono? –

Non lo so se si dicano o meno, perché a quella domanda, Tenya non risponde proprio. No, direi che non risponde.

Non può rispondere se mi sta baciando.

No di certo se la sua lingua non è nella sua bocca ma nella mia.

No?

No, direi di no.

So che le mie gambe si chiudono attorno alla sua vita con calma, le sue braccia si appoggiano ai lati del mio corpo con calma, ci baciamo con calma.

Comprendo le fascinazioni del fantomatico sesso violento di Denki, di Bakugō persino, ma non fa per me.

Non fa per noi.

Noi funzioniamo in modo naturale.

Non perché ci sia stata una voglia bruciante all'inizio, non combattendo conflitti né lottando contro il pregiudizio.

Si dà così per scontato, l'amore come il nostro.

Ma non vale forse quanto gli altri?

Noi stiamo insieme perché siamo naturalmente combinati assieme in un modo così confortevole e perfetto, che non ci sarebbe motivo per non farlo.

Non è "semplice".

È giusto.

Sa di fumo come so io di fumo, la sua bocca, e sa della mia schiena che s'inarca nell'aria alla ricerca del calore del corpo di qualcuno che non credevo fosse così, ma a ragion veduta lo è ed è perfetto per questo.

Dolce, calmo, tranquillo.

Non fiacco, pacifico.

L'atmosfera è pesante, lo spiraglio aperto di finestra non rilassa di certo il banco di fumo che si è raccolto attorno a noi in maniera sufficiente, tutto è soffuso e morbido.

− Il lubrificante, Tenya. – dico, quando le mani iniziano a infilarsi più insistentemente sotto la maglietta, dentro gli spazi più morbidi dei pantaloncini che cadono indietro sulle cosce.

− Sì, un attimo, un attimo... −

− Tenya... −

Il ragazzo tende ad essere lento e straziante.

Potrei pregarlo ore, piangere e chiedere per favore, ma non cambierebbe il modo di fare. Nasconde questo dietro alla premura, ma è una forma di sadismo anche la sua.

Non è violento, no, è calmo.

Ma chi ha detto che non possa esserci quel pizzico speziato e piccante anche nella calma?

Un cretino, di sicuro.

Un cretino.

Inizia sempre con contatti periferici e mani che sfiorano.

Non stringe, all'inizio, non prende con le mani la carne stringendola come se fosse sua, ma la sfiora appena, accarezza, delicatamente.

− Tenya, il... −

− Un attimo. –

"Un attimo".

È sempre un "attimo".

Non è mai un "attimo".

Tira su la maglietta piano, la tira dietro il letto, bacia il mio collo, le clavicole, le spalle.

Ma se la mia voce si stringe, se il corpo si tende, smette.

− Ti ho fatto male? –

Lo sa, che non mi ha fatto male.

Me lo chiede sorridendo, come a dirmi che tanto cosa posso farci, io? Lui è premuroso, no di certo uno stronzo che vuole farmi patire.

− No, Tenya, no, no. –

Passa le punte delle dita sul segno rosso che si sta appena gonfiando sul mio collo.

Il brivido che mi corre sulla schiena è più che eloquente.

− Oh, menomale. Pensavo che magari... non sto, ti desse fastidio. –

Il modo in cui stringo le ginocchia contro la tua vita, dovrebbe darti fastidio, o quello in cui tiro la tua maglietta cercando di reprimere la stizza di essere toccato e non toccato contemporaneamente.

− Non mi dà fastidio. –

− Sicuro? –

Cazzo, cazzo.

− Sicurissimo. –

− Perfetto. –

E da dove ricomincia, da dove si era interrotto?

No, Tenya ricomincia dalle labbra, e ricomincia con le labbra che più che spalancare le mie, le convincono ad aprirsi, e anche se sono io a offrirgli completo accesso, lui fa con calma lo stesso.

Non affonda nei pantaloni, li toglie poco alla volta.

E di certo non tira via le mutande insieme alla tuta, no, lui lo fa un indumento dopo l'altro.

Calma, calma, sì.

Calma straziante.

Perché le mutande superino le mie caviglie, ci vuole sempre una vita.

Prima si dedica a tutti i punti più sensibili del mio viso, al punto sotto l'orecchio e le clavicole che sporgono, il centro del petto, la zona sopra l'ombelico.

Come fossero di velluto, le dita sopra il retro delle gambe, sulla schiena, appena nell'incrocio delle gambe.

Piano, piano, piano.

E quando sto per urlare, quando sto per pregare e rompermi, solo allora, toglie le mutande.

Non so quanto sia passato, l'erba mi rallenta di nuovo, so solo che quando rimango nudo, mi sembra di essere andato a fuoco, di essermi spento e riacceso tutto da capo.

Merda.

Miseria.

Cosa non mi fa quest'uomo.

− Sembra che tu stia male, vuoi fermarti? – è quello che chiede quando si sporge oltre il letto per prendere il lubrificante dal cassettone sotto il materasso.

Scuoto la testa.

− Sei cattivo, Tenya? –

Si indica con le ciglia che sbattono.

− Io? Voglio solo essere sicuro che tu stia bene, Hanta. Non vorrei mai che non ti piacesse. –

Mi mordo forte il labbro mentre aspetto che apra il flacone.

− Sei uno stronzo. –

− Che crudeltà. –

Crudeltà?

Questa è disperazione, amore mio, disperazione nuda e cruda.

Apro le gambe con una fretta nervosa quando si inizia appena ad avvicinare, le ginocchia che sbattono contro il materasso di fretta e la sua mano che sobbalza per la velocità del mio movimento.

− Fai piano. –

Scuoto la testa.

− No, no, basta piano. –

Per arrivare verso di me, dentro di me, le dita ci mettono troppo tempo.

− Cosa vorrebbe dire "basta piano"? Non vuoi che mi prenda cura di te? È il mio modo di amarti, lo sai. –

Vorrei urlare di frustrazione ma gemo invece con la testa che affonda indietro perché la sua mano non è fuori da me ma dentro, ora.

− Tenya... −

− Non sarò crudele con te, non voglio proprio farlo. –

Non sarai crudele, eh?

Tu sei crudele.

E io credo di amarti crudele.

Forse la lentezza rende tutto più vero, più lungo, più duraturo e profondo.

Mentre apre le dita dentro di me e le tira fuori, il rumore del lubrificante più che chiaro in merito a quello che stiamo facendo, mi guarda.

Mi fissa.

E io che dovrei fare?

Provo a lamentarmi che è lento, ma quando apro bocca la sua mano è fino in fondo e mi escono solo gemiti.

Quando il calore si espande, immediatamente lo raffredda rallentando.

Crudele.

Lo amo crudele.

Quanto lo amo, crudele.

− Sei bello, con quella faccia che un po' prega, lo sai? – si lascia scappare, uscendo per un istante dal personaggio del fidanzato premuroso e prendendosi la responsabilità di ciò che sta facendo.

− Ti odio... cazzo! –

− Non dirmi che mi odi se poi gemi, non è molto credibile. –

Si china verso di me, io alzo il collo e quando sto per baciarlo, indietreggia di botto piegando le dita dentro di me.

Merda, merda.

Quest'uomo ha troppa coordinazione.

Mi si stringe tutto, poi si rilassa e il cuore è come se si fermasse.

− Cazzo! –

− Così bello, da vedere. –

Mi mordo forte il labbro quando piega di nuovo le falangi.

− L'erba ti rende... ah... più stronzo? –

Alza un sopracciglio.

− Forse. Se la cosa ti dispiace... no, lo sappiamo che non ti dispiace. –

Mi dispiace, mi dispiace perché mi fai...

No, mi piace.

Fuori e dentro.

Mi piace, mi piace, mi piace e...

Non mi piace più.

Fermo.

Fermo e sorridente a guardarmi che mi contorco.

Bastardo.

Stronzo.

Io...

Alzo la testa per guardarlo e mi fissa come se si aspettasse qualcosa. Che si aspetta? Che lo insulti?

Perché sto per farlo.

Sto per farlo.

Davvero, sto per...

Mette le mani sui suoi, di pantaloni, e fa per abbassarli.

Non lo insulto. Abbassali, abbassali, abbassali...

Toglie le mani.

Gli urlo addosso?

Le rimette.

Li abbassa.

Quanto lo diverte vedermi in queste condizioni? Si diverte proprio, il sadico stronzo a vedere con quale sete guardi i suoi movimenti.

Bastardo.

Lascio cadere la testa indietro sul materasso, fisso il soffitto, torno verso di lui quando mi prende le gambe con le mani e mi sposta.

− Aspetterei ancora ma credo di non riuscirci tanto bene nemmeno io. Ma possiamo sempre farlo... piano, non credi? –

− No, possiamo farlo anche... −

Piano.

La risposta è una.

Ed è piano.

Ma piano, con Tenya, vuol dire a fondo e con quel ritmo che ti sembra distruggerti ad ogni spinta. Non è frenetico.

È ovunque.

C'è, poi non c'è.

Ma quando c'è, lo senti parecchio e il fiato ti manca nei polmoni.

− Merda, dovevo farlo subito. – mi dice, quando arriva in fondo la prima volta, gli occhi più caldi di prima e il sorriso da stronzo sulle labbra.

− Che cosa ti avevo... −

Non faccio in tempo a finire che esce, aspetta quell'attimo di patimento e poi rientra.

Cazzo.

Cazzo, cazzo.

− Sempre così stretto, Hanta, cazzo. –

Mi ruotano gli occhi indietro al commento, ma non fanno in tempo a tornare a posto che il piacere scompare, poi torna.

Così, funziona.

Con calma.

Non è violento, no, non è violento della violenza di Denki e Shinso.

È subdolo, finge un rigore e una premura indubbie, ma sotto sotto fa il cazzo che gli pare come e quando gli pare, e credo mi piaccia come poche cose al mondo, lasciarglielo fare.

Rilassato, lo rilasso.

Tanto al punto da essere persino crudele.

Iniziano a scendermi le lacrime più le spinte si fanno forti.

Il suo bacino sbatte contro il mio e la schiena s'inarca.

La voce non la controllo più, davvero, faccio casino e non me ne vergogno, tanto...

Esce da me, si ferma, mi guarda.

− Vuoi per caso svegliare Todoroki? Ti sembra una cosa corretta nei suoi confonti? –

Spalanco gli occhi.

− Eh? –

− Maleducato, Hanta, davvero. –

Merda, merda, lo rivoglio dentro.

Lo tiro verso di me.

− Todoroki ha il sonno pesante, non si sveglierà, te lo giuro. –

− Chi te l'ha detto? –

Me l'ha detto Tenya, un sacco di volte.

− Me l'hai detto... −

Scuote la testa.

− Non sono per niente fiero di te. –

Non sto capendo.

Sono troppo fatto, a metà di un orgasmo rovinato, stanco ed eccitato insieme e Tenya...

Lui è il peggiore degli stronzi.

− Dovremo trovare una soluzione. Oh, ne ho una in mente. Ti va? –

A me va... qualsiasi cosa mi andrebbe, se devo essere onesto.

Annuisco forsennatamente.

L'attimo prima ero a pancia in su con le gambe aperte, quello dopo sono a pancia in giù con le spalle sul materasso e una mano che si aggrappa alla testiera del letto.

La sua mano si avvicina al mio... gomito.

Ho capito.

Guarda tu lo stronzo.

Quando attacca un bel pezzo di scotch sulle mie labbra, non so se vorrei insultarlo o pregarlo di metterne di più, ma la cosa defluisce quando torna dietro di me e sembra ben più soddisfatto di prima.

− Ora non sveglieremo nessuno. Era davvero necessario. –

Sto per rispondere qualcosa quando primo, mi accorgo che le labbra non si muovono, e secondo, lo stronzo pensa di alzare il mio bacino con le mani, allinearsi a me, e entrare fino in fondo senza avvertire.

Il gemito... me lo mangio.

Esce come un mugugno.

Non è vero, che si sente di meno. Si sente come prima, solo non si capiscono le parole.

Guarda tu questo stro...

Dentro.

Dentro e non riesco a pensare.

− Fai rumore anche così, non è vero? Forse dovrei smettere o forse... 'fanculo, non ce la faccio più. –

Eh?

Sono fatto, sono fatto, ok.

Ma è fatto anche lui.

O è...

Mi sembra di prendere fuoco, quando il ritmo rimane sì calmo ma diventa anche regolare, quando le sue mani mi stringono forte i capelli indietro.

− Cazzo! – lo sento dire, quando involontariamente i miei muscoli si stringono più forte contro di lui.

Più sale l'eccitazione, più mi sembra che si annebbi con l'erba che ho fumato prima. Inizio a sfocare i lati della visuale, a sentirmi teso e rilassato insieme, a perdermi e sciogliermi.

E provo a respirare ma il naso non basta, la bocca è necessariamente chiusa.

La voce risuona nella mia stessa testa non riuscendo a separare le labbra.

È...

Troppo.

È tutto troppo.

Ed è solo quando Tenya chiama il mio nome spingendo i miei capelli in alto e mordendomi forte la spalla, che quel troppo diventa niente.

Non so neppure quanto duri l'orgasmo.

Perché sembrano secondi, ma sembrano anche ore insieme.

Mi sembra di...

Perdere conoscenza?

Vedo, sento, percepisco, ma è tutto distante.

E come mi sento tremare mi sento anche inerme.

Non so cosa succeda.

Chiudo gli occhi, sbatto le palpebre, sento Tenya dentro di me, sento la sua voce come se fosse al fondo di una galleria.

La stanza sa di erba ma anche di sudore, il mio corpo è pesante.

Non respiro bene.

Fanno male le labbra quando sento che qualcuno stacca qualcosa dalla mia faccia.

È...

Rilassante.

Bello.

Distante.

Naturale.

Sbatto le ciglia che sembrano di ferro.

Qualcuno parla con me, ma non capisco bene.

Sorride, mi dice che mi ama.

Oh, il capoclasse.

Eccolo, il capoclasse.

Che bello, il capoclasse.

Mi mette una maglietta, il capoclasse, mi sistema sul letto.

Ero sul tappeto, prima che arrivasse, a guardare il soffitto fluttuando nella calma.

Ed eppure non credo sia l'erba, ora.

Mi piace.

Wow, che sensazione.

È come se tutto formicolasse e non formicolasse uguale.

Mi piace l'erba illegale, sì sì, mi piace.

Ma il capoclasse mi piace di più.

E l'effetto è uguale.

Ripete che mi ama.

Dice che sto dicendo cose senza senso.

Sto parlando?

Mi sento ridere.

Forse se penso qualcosa forte, poi nella vita reale lo dico. Magari mi sente.

Chiudo gli occhi.

Ti amo, capoclasse.

Ci penso davvero.

Spero di dirlo, ma mi addormento prima di rendermene davvero conto.

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

➤♡❆ note :: olè me la chiedevate da una vita ed eccola qui, credo? è d'impostazione simile alla prima perchè volevo che si notassero le "differenze" nel modo di porsi fra i personaggi quindi... spero che si siano notate ecco :D

spero che vi sia piaciuta

ora vado a dormire che domani mi devo svegliare alle sette

kisses

mel :D

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