𝚙𝚑𝚎𝚗𝚘𝚖𝚎𝚗𝚘𝚗 :: 𝟸
╰┈➤ ❝ continua ❞
Gli altri quattro giorni, d'importante non succede molto.
Il primo, Mirio è venuto a prendere Tamaki e sia io, sia Tetsu con le stampelle sia Fat Gum nella sua versione più esile ci siamo esibiti in un "oooh" di pura tenerezza quando gli ha portato un mazzo di fiori.
Quei due sono adorabili.
Li ho sentiti fare sesso una volta che ero vicino di stanza ad Amajiki e sono fuori di testa, della serie davvero fuori di testa, ma sono adorabili.
Ci ha detto che con Eri procede bene, che potrebbe riuscire a recuperare il suo quirk a momenti, ma che in ogni caso è felice di ciò che ha fatto anche a distanza di anni.
Credo che lui e Midoriya abbiano, riguardo a questo lavoro, qualcosa di diverso che brilla negli occhi, qualcosa di puro e fine a se stesso. Kat combatte per salvare gli altri ma prima di tutto se stesso, io perché voglio essere forte per tutti, loro per... una vocazione innegabile che non ho mai trovato in nessun altro.
Se ne sono andati una ventina di minuti dopo e ho dovuto davvero pensare a qualsiasi altra cosa che non fossero i versi che Tamaki fa.
Kat è rumoroso, Tamaki è... non lo dico con nessun'accezione negativa, lo dico perché è così, sembra una ragazza.
Il secondo giorno, abbiamo firmato le carte di responsabilizzazione per la distruzione degli immobili in missione. So che sembra altisonante, in realtà è solo un foglio che comunica che quel determinato edificio è distrutto perché c'era qualcuno da salvare, e che è la prefettura a dover ripagare ogni danno.
Kat mi ha scritto che aveva fatto pattuglia con Todoroki e che avevano combattuto contro dei ladri. Quando gli ho chiesto se avesse vinto, ha risposto "AHAHAHAHAHAH" e ho sorriso come uno scemo.
La sera stessa siamo andati a mangiare con Fat Gum, Tamaki e Mirio sono tornati e la faccia del mio vecchio amico era troppo eloquente per il mio stesso bene.
Non puoi distogliere lo sguardo, quando ti accorgi come stiano le cose.
E Tamaki aveva la faccia di uno che non ha dormito e quello strano collarino al collo.
Shinso, che di queste cose è il più esperto e che nonostante la facciata è davvero libertino, quando ne ho parlato in sala comune ha spiegato che è una pratica BDSM, mettersi il collare a vicenda. Ha detto che alcuni lo fanno per momenti e altri in senso più stabile, che non è una cosa da animali ma una cosa che può piacere come non piacere.
L'idea che Tamaki e Mirio siano una coppia BDSM mi ha scioccato.
Ma quando poi ho pensato a Denki e Shinso, mi sono scioccato ancora di più.
Nel caso ve lo steste chiedendo, quando ho chiesto a Kat se gli andasse di provare, mi ha detto che potevo ficcarmelo nel culo, il collare.
E non in senso buono.
Il terzo giorno, siamo andati a fare shopping.
Due persone hanno fermato Tetsu nel centro commerciale e l'hanno ringraziato con le lacrime agli occhi di essere il primo Hero apertamente transessuale a combattere senza chinare mai la testa.
Non credevo che fosse così importante, il nostro lavoro, ma lo è, in fondo in fondo, lo è. Credo che il solo essere lì di alcuni di noi sia d'ispirazione per altri, e l'idea mi mette le farfalle allo stomaco.
Io, d'ispirazione.
Come Crimson Riot quando ero alle medie.
Incredibile.
Siamo andati a mangiare di nuovo, anche se erano le quattro e non c'era nessun pasto di mezzo, Fat Gum ha detto che mangiare è importante e che non combatte contro il body shaming ogni giorno per lasciarci morire di fame.
Io comprendo il suo messaggio, ma mi sento un otre di cibo.
Tetsu si è sfondato più di me.
Dice che gli ormoni gli fanno venire fame, ma i suoi occhi dicevano "ti prego Kiri salvami, non voglio fare brutta figura ma sono pieno dal primo dorayaki".
Siamo andati a comprare dei souvenir poco dopo, io ho preso la solita pallina con la neve di rito a Denki, lui un braccialetto a Kendō, poi un portachiavi con la "K" per Kat che odia queste cose ma le ama anche e una cartolina da regalare ad Aizawa.
Dice che non ne fa niente, ma se guardi uno dei libri che tiene nel sacco a pelo giallo ce n'è sempre una come segnalibro, e Hitoshi dice che le conserva tutte religiosamente.
Avere come amico il figlio del tuo professore è meraviglioso.
Tranne quando ovviamente si lascia scappare che esci di nascosto dal dormitorio la notte con Denki per andare a vedere se è vero che se metti la torcia del cellulare sotto le tette si illuminano.
Non che avessimo le tette, abbiamo provato coi pettorali.
E avevamo visto un TikTok in merito, ci meritavamo questa occasione.
Il quarto mi sono svegliato prestissimo perché saremmo dovuti partire, ho accettato di buon grado le quattro buste di dolci che Fat Gum ha portato per casa, l'ho abbracciato forte perché per me è come un secondo padre – il primo è Aizawa, diciamo che con il mio ho un rapporto un po' turbolento e non credo che sia la migliore delle figure di riferimento – e mi sono addormentato sui sedili posteriori del bus mentre l'autista prendeva le curve di campagna come se fosse un pilota di Formula 1.
Apro gli occhi, quello stesso quarto giorno, che stiamo entrando nel parcheggio del liceo, Tetsu ha il naso incollato al vetro e sta alitando sullo stesso come se non vedesse l'ora di scendere.
Soffre il mal d'auto.
E c'è Kendō in canottiera che l'aspetta.
Tiro su le gambe intorpidite dai sedili, mi lascio scrocchiare la schiena muovendo le spalle, prendo lo zaino per terra e mi alzo facendo attenzione a non sbattere la testa.
− Siamo arrivati? –
Qualcuno che conosco avrebbe detto "no, coglione, ci siamo fermati perché ci piace il panorama", ma Tetsu annuisce selvaggiamente lanciandosi fuori dai primi posti per lanciarsi di sotto.
Ringrazia educatamente l'autista, e non mi rivolge una parola.
Urla un "Itsuka" che sento da qui.
Io sorrido fra me e me zompettando sul tappeto scuro fra le file di poltroncine.
Ho... aspettato questo momento.
L'ho aspettato perché volevo tornare a casa e perché mi manca il mio ragazzo e perché alla fine sono solo un... giovane che vuole stare dove sta meglio.
Sposto sull'altra spalla lo zaino.
Ieri sera mi sono reso conto di essermi completamente dimenticato dei biscotti di Kat.
Ero già pieno di cibo per la cena.
Quando Tetsu mi ha detto di regalarli a Fat Gum per non sprecarli, l'ho guardato come se mi avesse tradito dopo una relazione di sessant'anni.
Io?
Regalare il prezioso tempo del mio incredibile fidanzato-chef che non cucina per nessuno tranne che per me?
Li ho mangiati, cazzo.
Ed erano buoni, un po' stantii per la settimana ma buoni.
Non sarò stato affamato, ma ero innamorato e col cazzo che faccio una cosa del genere.
Scendo le scalette un passo alla volta.
Ci sono Denki e Hitoshi, Jirō no che ha un pranzo programmato da mesi e Mina con lei, Sero al fondo che si fa sistemare la maglietta da Iida e...
È appoggiato al muro.
Le spalle indietro, i pantaloni della tuta larghi sui fianchi, la maglietta nera con il teschio che gli pende sulla spalla e lo sguardo annoiato.
Scendo e mi fissa, lo fisso anch'io.
Ma quando i miei amici mi si buttano addosso, non si muove.
Rimane là, fermo, a guardarmi.
Mi guarda in un modo ben preciso.
E saluto, abbraccio e bacio le guance dei miei amici, sapendo che cosa intenda Kat quando mi guarda a quel modo.
Dice che non vuole condividermi con nessuno, che ho questo momento per salutarli e dir loro che sto bene, perché se lo meritano, e che poi sarò unicamente suo per le prossime ore.
Apprezzo che faccia così.
Non mi piace essere monopolizzato, mi è capitato di vedere relazioni monopolizzanti, e le persone come Kat si pensa possano far parte di quelle che ti rubano al resto.
In realtà, no.
Lui ama la socialità? La odia, cazzo, la odia. Ogni tanto esce, con i ragazzi sta volentieri, ma se mi invitano a bere la sera non è che voglia venire, non si diverte.
Questo non vuol dire che debba essere così anche per me.
Ce lo siamo detti una delle prime volte, ai miei "ma sei sicuro che non debba rimanere qui con te". Mi ha urlato in faccia che ero un perdente a chiedergli il permesso e che non dovevo trattarlo come un cretino che non sa stare da solo.
Fra le righe intendeva che non c'era bisogno di domandargli la minima cosa e che se avesse avuto davvero bisogno di me, l'avrebbe fatto capire chiaramente. Senza dirlo, magari, ma chiaramente.
Sono queste le cose che funzionano, quelle che ti lasciano sentire bene e a posto con tutta la sfera delle cose che ami, non solo la persona con cui stai.
Finisco di salutare Denki che viene trascinato indietro dal colletto della maglietta da uno Shinso con la faccia seria e non un accenno di emozione, lascio una pacca sulla spalla di Sero, sorrido ai miei amici.
− Me l'hai portata la pallina con la neve? – mi sento chiedere dal mio amico biondo, e annuisco sorridendo.
− La più brutta che ho trovato, proprio come piace a te. –
− Ah, ti amo Kiri, sei il miglior fratello che potessi desiderare. –
Vedo Shinso pizzicargli il fianco.
− Lo amo in senso platonico, Hitoshi, non essere sempre geloso! – sbotta, con il tono che lo prega di esserlo e di esserlo più spesso.
− Non voglio essere coinvolto in tutto questo. – comunico, alzando le mani.
Hitoshi scuote la testa verso di me in un gesto che indica che io non c'entro niente.
Vorrei dir loro di tenere le loro sporche faccende lontane da me, ma certe cose non posso proprio esprimerle ad alta voce e credo capiscano l'antifona.
− Se riesci a sopravvivere a Katsuki ci vediamo per cena? – mi sento chiedere da Sero, che attira la mia attenzione colpendomi la spalla.
L'ho detto, non l'ho detto? Socialità e amore sono due cose alle quali non rinuncio, cerco solo di trovare fra loro una qualche forma di equilibrio.
E l'equilibrio sta nello scegliere come gestirle in maniera totalmente libera.
È quello che faccio sempre.
− Ceno con lui, se non vi dispiace. – dico, sorridendo.
Scuotono la testa.
− Lecito. –
− Giustissimo. –
Sorrido ancora di più quando gli lancio un'occhiata. Leggo le sue labbra comunicare di spicciarmi, ma non si muove neanche questa volta.
− Mi salutate Kyōka e Mina quando tornano? Dite loro che sto bene e vado a trovarle domani mattina, ok? –
Sero annuisce, Denki mi fa l'occhiolino.
E poi si aprono dai miei fianchi, si allontanano da me e sono improvvisamente solo.
Mi sembra di camminare a tre metri da terra, quando procedo lentamente, un passo alla volta, verso chi ho davvero voglia di vedere, in questo momento.
Mi sembra che ogni passo mi alleggerisca di qualcosa che non pensavo di portare in spalla.
Mi sembra che...
Non si lancia verso di me, non mi corre in braccio, non mi stringe la testa fra le braccia ringraziando il cielo che sono vivo.
Quella cosa è passata quando ha saputo che ero intero e ha avuto tempo per metabolizzarla.
Ora, Katsuki è fiero.
È fiero e ha una faccia che mi dice che non aveva dubbi, che non sarebbe neppure dovuto passargli per la testa, perché lui non sta con un perdente e perché aveva la certezza completa che sarei tornato.
Non è vero, ma questo è l'atteggiamento.
− Katsuki. – mormoro, quando sono abbastanza vicino perché mi senta.
Alza un solo angolo del viso.
Si stacca dal muro prendendo un po' di forza dal movimento dei fianchi, si appoggia sui piedi e mi supera, lasciando che le porte automatiche del dormitorio si aprano alla sua presenza.
Non mi dice di seguirlo, ma so che siamo andando nello stesso posto.
− Ti fa male qualcosa? – dice invece, senza guardarmi, solo camminando di fronte a me.
Ci penso un po' su.
− Non particolarmente. –
− Perfetto. –
Procede con calma sulle scale, non versa una goccia di sudore, supera la sala comune senza dire niente e imbocca il corridoio con la stessa verve.
− Ti sono mancato? – mi azzardo a chiedere, sporgendomi verso la sua spalla.
Non reagisce, sospira e basta.
− Ti direi "no, cazzo", ma non mi piace dire stronzate. –
Nascondo una risata bloccandola sul nascere.
− Perché non ti giri e mi dai un bacio? –
− Perché non riuscirei a staccarmi e non voglio spiegare ai professori come siamo finiti a scopare in un posto pubblico. –
Oh, comprendo.
Ha senso.
Molto senso.
Accelera un po' quando vedo la porta di camera mia al fondo del corridoio.
− Sei sicuro di non voler nemmeno sentire le storie di Osaka, prima? – lo prendo in giro, mentre lo osservo prendere la mia chiave dalla sua tasca, girarla e aprire per farmi entrare.
Alza le spalle.
− Me le racconterai dopo. –
Entro, abbasso lo zaino per terra a fianco del letto.
Un secondo prima, la porta è aperta, quello dopo è chiusa, la schiena di Kat ci è appoggiata sopra ed è addosso a me in punta di piedi che mi bacia come se non lo facesse da mesi.
È passata una settimana, lo so, una settimana.
Ma con la faccenda della missione sembra molto di più, e so che entrambi abbiamo patito molto di più.
La testa di Katsuki sbatte contro il legno, le sue gambe si chiudono attorno alla sua vita, le mani si infilano sotto la maglietta.
Se mi chiedessero di descrivere cosa sta succedendo, non credo che sarei in grado di farlo coscientemente.
So che apre le gambe quando spingo una coscia fra le sue e che mugugna di stupore misto ad eccitazione quando lo tiro su semplicemente alzando di poco il ginocchio.
Tiro su i muri, di solito, e Kat per quanto sia composto di puro muscolo, è leggero.
Non ho messo il gel, i capelli sono morbidi quando ci infila le dita dentro e spinge la mia faccia contro la sua.
Nessuno dei due sta respirando.
A nessuno dei due sembra importare.
Inizio a sentire caldo, terribilmente caldo sulle scapole quando ci appoggia le mani sopra, le indurisco prima che scoppino.
È... un po' fuori controllo, Kat?
Non si scusa, sposta le mani sulla mia faccia e questa volta hanno una temperatura normale, tiene il mio viso fermo e immobile mentre continua a baciarmi.
Siamo costretti a staccarci quando l'aria nei polmoni finisce e, quando lo facciamo, abbiamo entrambi il fiatone.
So che vedo i suoi occhi brillare e un sorriso malizioso formarglisi in viso, mentre appoggia la fronte sulla mia e sfrega un paio di volte.
− Volevi farmi saltare in aria? –
Scuote la testa.
− Non lo controllo bene. –
Mmh, mi piace questa risposta.
− Ti sono mancato, mio piccolo, tenero Katsuki? – ripeto, come prima, come quando non riusciva a rispondere qualche istante fa, in corridoio.
Ma ora Kat non si sente forte e al comando.
Si sente fragile ed esposto, persino adorabile, se è possibile che nella sua mente si formi una tale immagine.
Annuisce sporgendo il labbro.
− Un sacco. Perché te ne vai sempre via senza di me? –
Non è vero, no? No, non lo è.
Sono andato via due volte, entrambe ad Osaka, e una delle due era per un lavoro minore che Fat Gum ha fatto svolgere a me e Tetsu da soli.
Lui, d'altro canto, è sempre in giro.
Ma non è la verità, che conta, non lo è proprio.
Appoggio le labbra su suo zigomo.
− La prossima volta ti porto con me, Kat, va bene? –
Non perde il broncio né il labbro che sporge, annuisce e si avvicina alla mia bocca per baciarla. Ma non è fiero, è... servizievole.
Mi bacia come se volesse far piacere a me.
Come se a lui non importasse che risultato ottiene, solo che io stia bene.
E non è romantica, questa cosa, né sana al di fuori della camera da letto.
Questa è una forma di degradazione che per quanto Kat denigri parlando male di tutte le pratiche meno vanilla del sesso, lui stesso adora.
L'ho detto, uomo forte che ha bisogno di mollare.
In questo posto lui non è potente.
Non gli piace esserlo.
In questo posto lo sono io.
Sento le sue ginocchia chiudersi contro la mia coscia, il suo bacino muoversi una, due volte.
Ha le labbra separate, gli occhi come glassati da una patina di lacrime inespresse, le guance rosse.
− Chi ti ha detto di strusciarti su di me? – lo riprendo, alzando di poco un sopracciglio, guardandolo dritto in faccia.
Si ferma.
Si ferma e si sente che vorrebbe ricominciare, ma si ferma.
Si avvicina verso il mio viso, mi bacia la punta del naso, la guancia, scende per il collo.
− Per favore, per favore, per favore, per... −
− Fai pure. –
Appoggio una delle mani sul suo fianco e accompagno il movimento, mentre guardo il suo bacino strisciare perfettamente contro la mia gamba con l'inarcarsi della schiena.
Si morde forte il labbro inferiore per evitare che i versi fuoriescano dalla sua bocca, ma fallisce e si sentono, io li sento.
− Ti sei sentito solo, non è vero? –
Fa un accennato "sì" con la testa, si ferma e aggrappa alle mie spalle.
− È che sei stato tutto quel tempo con gli altri e credevo che non volessi venire da me. –
Di nuovo, non è vero.
Ma non è che sia vero, l'importante.
Fondo le labbra con le sue, lo tiro su con le braccia e lascio scendere la mia gamba a terra trasportandolo con le mani sui suoi fianchi.
− No, no, non vedevo l'ora di venire da te, Kat. –
− Davvero? –
− Mentre mi parlavano riuscivo solo a pensare quando volessi venire da te. –
Si spalma contro il mio corpo, inclina la testa e la infila nell'incavo del mio collo con un verso di soddisfazione, poi strofina la fronte contro la mia mascella e stringe il muscolo della mia spalla con la mano opposta.
− Tu vuoi solo me? –
− Oh, tesoro, certo che voglio solo te. –
Si attacca di più su di me.
− Non avrei le forze per scopare qualcun altro tanto quanto lo faccio con te. – rispondo, guardandolo negli occhi e osservando le pupille che si dilatano.
− Nessuno riesce a farti star bene come me? –
Sorrido, la mano sul fianco sale e stringe il retro della coscia.
− Nessuno, Kat, nessuno. Nessuno mi prende come lo fai tu. –
Gli si arrossa il ponte del naso, si scalda di una tinta rosata che dolcemente compare sulla pelle chiara.
Gli piacciono i complimenti, gli piacciono.
Indietreggio verso il letto, quando il retro delle mie ginocchia sbatte contro il materasso, ci adagio il suo corpo sopra.
Rimane a pancia in su, con le cosce aperte e le braccia spalancate che mi chiedono di buttarmi contro di lui.
Sfilo le scarpe e lo fa anche lui, poi appoggio un ginocchio fra le sue gambe e mi spingo sopra di lui.
Atterro con gli avambracci a lato delle sue orecchie, il corpo più esile che si contorce sotto il mio.
Passa i gomiti dietro il mio collo e alza il bacino contro il mio addome in un gesto curvilineo e davvero affascinante ai miei occhi.
− La maglietta, amore. – dico, prima che s'inebri al punto di non capire che cosa gli stia dicendo.
Apre gli occhi verso di me, sembra non comprendere le mie parole, poi annuisce e corre con le mani all'orlo della t-shirt levandosela di dosso.
Mi alzo da lui, per permettergli il movimento, ma mugugna di stizza e mi spinge sopra se stesso appena ha finito.
− Non andare via. –
− Non vado da nessuna parte, Kat, volevo solo... −
Scuote la testa piano, di nuovo il broncio carino sul suo viso.
− Voglio che tu stia qui sopra di me ancora un po', per favore. –
Annuisco senza pensarci due volte.
− Come vuoi, Kat, come vuoi. –
Infila le mani sotto la mia, di maglietta, e le lascia lentamente salire fino alle spalle, godendosi ogni centimetro.
− Come cazzo fai ad essere così, lo sai solo tu. – borbotta.
Alzo un sopracciglio.
− Non dirmi che non ti piace che sia molto più grosso di te perché non ci crederei. –
Ruota gli occhi verso l'altro.
− Non l'ho mai detto. –
Sorrido e gli bacio la guancia mentre continua a tastare.
− È che mi fa sentire al sicuro, anche se sono perfettamente in grado di proteggermi da solo. Non lo so, non so che cazzo di discorso sia. – commenta.
Scendo sul collo.
− Non c'è bisogno che ti proteggi sempre da solo, però. Se ogni tanto vuoi che lo faccia io, non c'è problema. –
Una delle mani si chiude fra i miei capelli e mi preme più forte contro l'incavo della spalla mentre alza la testa per offrirmi accesso più facilmente.
− Mi piace essere quello più debole quando siamo solo noi due, anche se fuori è tutto il contrario perché ti farei saltare in aria in venti secondi. –
Lo so, vorrei dirgli, ma non c'è bisogno.
Apro la bocca e mordo un segno scuro sulla carne morbida del suo collo.
Inarca la schiena e reagisce gemendo il mio nome.
Passo la lingua sulla ferita piano, godendomi ogni istante della sua pelle che si tende e rilassa spasmodicamente sotto di me.
− Ti amo, Ei. – lo sento sussurrare mentre mi accarezza la testa.
Sorrido contro di lui.
− Ti amo anch'io. –
Fa un po' di fatica nel marasma delle cose che succedono a scendere con le mani sull'elastico dei pantaloni, ma ci arriva di fretta e lo aiuto ad abbassarli.
Lui è... nudo, io completamente vestito.
È come se mi si stesse offrendo.
La cosa non lo disturba, no, lo fa solo sentire vulnerabile come non riesce ad essere mai.
So di essere la persona giusta per lui quando si comporta così, quando mi fa vedere quanto poco gl'importi della forza che vuole sempre dimostrare di avere in favore di darsi a me completamente.
Funzioniamo perché ci rafforziamo a vicenda, perché ci amiamo in tutte le sfumature che possiamo assumere.
Noi... lo dico con il tono di un ragazzino sognante che guarda un film d'amore anni novanta, noi siamo davvero fatti per stare insieme.
Nessun'altro per me.
E imparo ogni volta, che nessun'altro neppure per lui.
Corro con una delle mani sul suo fianco, stringo il culo con le dita aperte, godendomi la forma del muscolo che s'impasta contro i miei polpastrelli.
Culo migliore del mondo, l'ho già detto?
Lo sanno tutti, che lo è, lo è e basta.
Ed è per... me.
Sento qualcosa di bagnaticcio quando mi sposto verso l'interno coscia.
− Tu... ? – inizio a dire, con le informazioni che si sommano nella mia testa.
Annuisce.
− Non volevo aspettare. –
Oh, merda.
− Ti sei preparato per me prima che arrivassi? –
− Te l'ho detto, non volevo aspettare. –
L'immagine mi manda fuori di testa.
Lui... si è alzato, oggi, si è spremuto il lubrificante sulle dita e l'ha fatto qui, immagino l'abbia fatto qui, poi si è rimesso i pantaloni come niente fosse ed è sceso a prendermi.
− Wow, Kat. –
Arrossisce, distoglie lo sguardo.
− Non sono venuto, se te lo stessi chiedendo, e sì, è stato una merda. –
Lo spingo in alto dalle ginocchia, le apro spingendole verso il materasso e guardo senza vergogna che cosa abbia fatto per me.
− Aspettavi me? –
− Te l'ho detto l'altro giorno al telefono, da solo faccio una fatica boia a venire in quel modo. –
Oh, ora ricordo.
Ricordo che aveva detto...
− Ti ho davvero abituato male, piccolo Katsuki. –
Fa "sì" con la testa con il labbro che sporge.
− Come pensi che possa fare da solo? – si lagna.
− Non ti preoccupare, amore, ci sono, ora. Non c'è bisogno. –
Lega gli occhi ai miei.
− Sai quanto è stato difficile tutta la settimana? Cazzo, è stato tremendo. È tutta colpa tua. –
− Tutta colpa mia? –
Apre di più le gambe, per quanto fossero già completamente spalancate, poi cerca di arrivare ai miei jeans e slacciarli.
− Dormo male se non mi scopi, Eijirō. E tu mi scopi tutte le sere, tutte le cazzo di sere. –
− Povero piccolo, così disperato. –
Assecondo i suoi movimenti, mi slaccio il bottone dei pantaloni, lascio scendere la zip.
− Ora però sono tornato, non devi preoccuparti più di nulla. – aggiungo, guardando come le sue ciglia sfarfallino all'idea e la sua bocca si apra appena.
Invece di parlare, tira su la sua stessa mano, lascia che la lingua superi le labbra, lascia una striscia umida sul palmo.
Merda, Kat, se non sei l'esserino più erotico che esista.
Aspetta che abbassi le mutande e non faccio nemmeno in tempo a vedere me stesso che le sue dita sono chiuse su di me.
− Mi sei mancato. –
− Anche tu mi sei... −
− Non sto parlando con te. –
Alzo le sopracciglia.
− Devo essere geloso del mio stesso cazzo, Kat? –
Scuote la testa, si lecca le labbra.
Nemmeno mi guarda negli occhi.
− No, amo lui molto più di te. –
Rido appena, a guardare con quale fame lo dica.
Stringe più forte le dita, le lascia salire e scendere e tocca a me, ora, gemere il suo nome e farmi scuotere dalle fondamenta.
− L'hai dovuto fare da solo, quando eravamo al telefono? –
− Ah-ah. –
Si lecca le labbra.
− Insoddisfacente, non è vero? – chiede, carpendo esattamente il punto.
In effetti, sì.
Sono in grado di farmi venire da solo, perfettamente in grado. Ma da qui a dire che mi soddisfa farlo, insomma...
− Girati, Eijirō. –
− Che? –
− Girati di schiena. –
Rimango un attimo fermo.
− Perché? –
− Perché voglio succhiarlo, ora. –
Una parte di me, quella giovane, quella un po' scema e fuori controllo, nel mio cervello salta in aria e urla che la mia vita è fantastica.
Lo è.
Sarò pure quello più dominante, a letto, ma sono pur sempre un ragazzo con un'erezione che guarda il corpo nudo della creatura più bella del mondo.
Mi giro?
No, mi lancio sul letto di schiena con le braccia sotto la testa.
− Su, avanti, fammi tuo. – lo incito.
Ride appena, scuotendo la testa e dicendo che sono un cretino.
Sono un cretino, ok, ma l'ha detto lui che l'avrebbe fatto.
Cos'avrei dovuto fare?
Dire di "no"?
Direi di no letteralmente solo se qualcuno me l'avesse staccato.
Si tira su dal letto con un colpo delle anche, si spinge sul tappeto, s'infila fra le mie gambe aperte.
Appoggia una mano sulla mia coscia, l'altra riprende la stessa attività che stava facendo prima, sbatte le ciglia folte guardandomi dal basso.
Grazie al cielo, grazie.
− Sai a cosa ho pensato quando mi preparavo, prima? – chiede, leccandosi un'altra volta la mano per inumidirla e rendere il tutto più scivoloso.
Scuoto la testa senza parlare.
Mi prende un braccio e lo porta verso la sua testa.
− A come mi spingi su di te quando faccio questa cosa. –
Ah, ok, wow.
Ora, sono così duro che fa male, non l'altro giorno in ospedale.
Ora fa davvero male.
Se c'è un talento che Kat non ha, non è di certo questo.
Kat è uno che fa le cose fino in fondo, che s'impegna per essere il migliore in tutto, e nel sesso è esattamente così.
Se gli direi di norma di non spingersi oltre i suoi limiti, non mi passa neppure per l'anticamera del cervello la richiesta, ora.
Apre le labbra, tira fuori la lingua e lecca la punta, prima di prendere un grande respiro, chiudermi la bocca addosso e scendere.
Scende... così bene.
Così... tanto.
Quando geme di pura soddisfazione contro di me, sento la vibrazione della sua voce propagarsi su tutto il mio corpo.
Mi alzo di poco per vedere meglio.
Lo lascia uscire, si asciuga con il dorso della mano la saliva che cola dal mento.
− È sempre più grosso di quanto me lo ricordi. – commenta, sorridendo verso una parte di me ben precisa.
− Davvero? –
Annuisce, si indica la glottide.
− Mi arriva in gola fino a qui. –
Se davvero non avessi un minimo di autocontrollo, sarei già venuto venti volte, credo.
Cazzo, Katsuki, cazzo.
Aspetta che stringa le dita fra le ciocche bionde prima di aprire di nuovo la bocca, riprenderlo fra le labbra e ricominciare piano.
Inizia sempre con più calma, coi movimenti che gli lascio fare da solo, pacificamente.
Poi, ad un certo punto, perdiamo tutti e due il controllo.
Di solito è quando mi pugnala il fianco con le unghie e inizia a piangere per lo sforzo di avere... qualcosa così a fondo dentro la bocca.
Questa volta, non c'è la parte della calma.
Assume un ritmo che mi fa pensare che in un'altra vita facesse questo di lavoro, cazzo.
Sento la voce che si strozza, la gola che si stringe, il rumore umidiccio della saliva e il fiato corto.
E sento anche tutta la sequela di versi che faccio io stesso.
Mi rendo conto di star muovendo la sua testa quando geme più forte su di me.
Lo sto... spingendo contro di me un po' troppo forte.
Lascio che lo tiri fuori.
− Ti ho fatto... −
− No, cazzo, continua. –
Oh, ok.
Cambio di programma.
Infilo meglio le dita a contatto con la testa, stringo bene i capelli, aspetto che apra la bocca, lo trascino su di me finché non è completamente, inevitabilmente dentro.
Merda.
Merda, cazzo.
− Dio, Katsuki... −
Mi guarda.
Apre le ciglia e mi guarda.
E nella foschia di sentirmi stretto e stritolato dalla sua bocca, noto anche che con la mano libera sta toccando se stesso.
Gli piace così tanto?
A questo punto, quando il calore si costruisce dentro di me, decido che o mi muovo in fretta o la cosa potrebbe esplodere prima che io possa farci nulla.
Nell'ordine, spingo la sua testa indietro, mi alzo col torso dal letto, lo tiro su dalle spalle e lo butto al mio fianco prima di salirgli sopra e aprirgli a forza le gambe.
Non fa in tempo a reagire.
Inizia a dire il mio nome che sono già dentro di lui.
Ah, merda.
Questa sensazione.
Un po' di romantico essere a casa e un po' di erotico farsi accogliere dal calore di qualcuno che ti vuole.
− Eijirō! –
Gli bacio le labbra aspettando che si abitui per un solo istante a me.
− Scusa, non sono riuscito a resistere. Ti sarei venuto in bocca, se no. –
Inarca le sopracciglia.
− E dove sarebbe stato il proble... ah! –
Non finisce di parlare quando mi muovo su di lui.
No, stringe le ginocchia su di me e accetta tutto quello che ho da dargli.
− Io voglio venire qui dentro. – rispondo, la mia mano che si appoggia sulla sua pancia.
Gli ruotano gli occhi verso l'indietro.
− Quando... ah, quando vuoi. –
Quando voglio, eh?
Quando voglio.
I primi movimenti sono profondi ma sono lenti, prima che una delle sue mani esploda sul mio fianco e le unghie si arpionino alla mia schiena con violenza.
− Cosa c'è che non va? –
− Dammelo più forte. –
Chi sono io, umile uomo, per dire di no?
Sorrido e salgo con le mani fino al retro delle sue ginocchia, chiudo le dita sulle gambe, le spingo un po' indietro per modificare l'angolazione.
E poi lascio andare le redini dell'autocontrollo.
Se nessuno ci aveva sentiti prima, lo stanno facendo adesso.
Non urla come una ragazza, ma geme parecchio e parecchio forte, si stringe e inarca come se non riuscisse a fare altrimenti.
− Prenditelo, se lo vuoi, Katsuki, prendilo, prendi... −
Rimango incantato di fronte a quella cosa che pensavo qualche giorno fa parlando di pettorali.
Ad ogni spinta, ogni istante, il tessuto muscolare fa un po' e un po' giù.
Cazzo, è ipnotico.
Penso che potrei passare tutta la vita a guardarlo.
Nel dubbio allungo un braccio e stringo un pettorale fra le mani spingendolo giù verso il materasso.
Si sbaglia, Denki, quando dice che sono tette.
Si sbaglia perché sono pettorali e sono fottutamente perfetti.
− Eijirō! –
− Merda. –
È che sono... morbidi al tatto, si prendono così bene, e lui prende me così bene e...
Il calore ritorna.
Il calore ritorna quando un paio di lacrime timide sembrano voler uscire dai suoi occhi e la saliva gli bagna le labbra aperte, il calore ritorna e vuole esplodere.
Non lo fa.
Non lo fa finché Kat non mi guarda come se mi stesse pregando.
Dio, quanto è bello.
− Vieni per me, Katsuki. – chiedo, sapendo che è questo che vuole da me.
La testa cade indietro e le spalle si alzano.
La mia mano scorre dal pettorale al lato del viso, trascina via le lacrime versate per lo sforzo.
− Vieni e fammi vedere quanto sei bello, Kat. –
La sua voce è acuta, poi silenziosa, e poi dice il mio nome in un modo che mi impedisce di controllarmi.
Sento una, due, tre spinte e poi lo vedo venire contro se stesso e lo raggiungo con un gemito particolarmente rumoroso, sciogliendomi dentro di lui.
Cazzo.
Mi sembra di non...
No, così non l'avevamo mai fatto.
Facciamo sesso da poco, sarà un mese?
Il modo in cui l'energia defluisce da me e si raccoglie dentro di lui, il modo in cui le ginocchia diventano molli e il fiato si spezza, quello in cui tutto si riduce ad un ronzio appagato nelle mie orecchie, non l'avevo mai provato.
Avevamo fatto sesso.
Non in questo modo.
Mi sembra di ricominciare a vedere bene una marea di tempo dopo, e non mi ero accorto di essergli finito praticamente addosso.
Non lo sto esattamente schiacciando, ma sono fra le sue braccia più di quanto lui sia fra le mie.
C'è una mano delle sue che mi accarezza la schiena, dall'alto in basso, e l'altra che rimane aggrappata sul mio braccio.
Non parla.
Ha la faccia sfinita, ma soddisfatta.
La mattina, Kat è adorabile.
Dopo aver fatto sesso, è come se tutta la rabbia, tutta la difesa e la cattiveria fossero succhiate via da lui con l'orgasmo.
È dolce.
− È stato... wow. – commento, con la voce che gratta al fondo della gola.
Annuisce.
− Sono felice che tu non sia morto in missione. – risponde.
Suonerebbe come una presa per il culo, ma non credo lo sia. È... solo la verità.
− Per il sesso? –
− No, scemo. Te l'ho detto nei messaggi, non saprei davvero cosa fare se non ci fossi tu. –
Mi si addolcisce il viso come si addolcisce a lui.
− Per me vale lo stesso, lo sai? –
− Tu sei forte anche senza di me. Io sono bravo a combattere, ma forte è tutta un'altra cosa. –
Scuoto la testa, mi sporgo per baciargli la fronte.
− Tu sei la persona più forte che conosca. –
Sorride e gli si scaldano le guance.
− Sono fortunato ad averti. –
Scuoto la testa.
No.
Non è fortunato.
− Tu te lo meriti. Ti meriti di essere felice e non sai quando mi riempia il cuore sapere che ti faccio questo effetto. –
− Non sono uno stronzo che non piace a nessuno? –
Scendo con le labbra dalla fronte alla guancia, poi sulle sue.
− Sei uno stronzo che piace a tutti. Se hanno il coraggio di conoscerti, piaci a tutti e tutti ti vogliono bene. –
Gli si formano delle rughette piccine che non si vedono mai, quando sorride davvero.
− Tu credi? –
− Oh, piccolo Kat, io lo so. Sono il primo degli scemi che ti conosce e che ti vuole bene. –
Non smette di accarezzarmi la schiena.
Chiude un attimo gli occhi.
− In realtà non è che ti voglia bene, ti amo proprio. – mi correggo.
Apre piano le ciglia.
Così forte, quest'uomo, così minaccioso, così letale.
Ma così dolce, quando sa di essere al sicuro.
− Anche io ti amo. –
Penso una cosa, quando mi godo gli ultimi istanti prima di alzarmi e rimettere tutto a posto.
Penso, sorridendo, che vorrei che fosse così per sempre.
Che lo sarà, forse.
Che io non lo abbandonerò mai.
Penso, guardando Katsuki che mi coccola come se non potesse fare altro, che farò di tutto per tutta la vita, pur di far sentire questa piccola, dolce ma anche pericolosa creatura, finalmente al sicuro.
─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───
➥✱ note :: alloooora so che si è fatta attendere e spero davvero che vi piaccia! a me piace molto e non so per quale motivo tutte le storie a cui lavoro ultimamente vengono su chilometriche eheh m sorry
per il resto volevo solo ricordare a tutt* che scottish sithe (per la quale ricevo domande tutti i giorni), finchè non finiscono le os esce UNA VOLTA ALLA SETTIMANA, di mercoledì. quando finirò le os su richiesta, le stopperò e mi dedicherò solo a quella
altr* mi hanno chiesto, mel ma dove è finita la miritama? allora le storie le cui persone non mi rispondono sono rimaste al fondo della lista in attesa che qualcuno batta un colpo dicendomi che è ancora vivo, ma quella non era una comfort fic, l'avevo segnata male, per cui dalla lista, per non rubare tempo a chi invece ha fatto quel tipo di richiesta, l'ho tolta
! NON DISPERATE ! io amo la miritama (e la kyōhaba) e quando avrò un po' di tempo finite queste richieste ne scriverò una, solo non ora
per le altre richieste "non programmate", penso che dovrete aspettare che mi rimetta bene in pari con scottish sithe prima che inizi a lavorare a quelle
credo che sia tutto
kisses
mel :D
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