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𝚌𝚘𝚗𝚝𝚛𝚘𝚕

⟿ ✿ ship :: IwaOi

➭ ✧❁ SMUT alert :: "Indietreggio fino a sbattere la schiena contro uno degli armadietti di metallo."

➥✱ song :: "Control", Halsey

⤜⇾ parole :: 8.932

➸★✺ disclaimer :: lo smut è particolarmente esplicito e contiene riferimenti a pratiche tipiche del BSDM. La scena in sé non lo è specificatamente ma se non vi mette a vostro agio il contenuto, non ne consiglio la lettura. poi volevo solo dire una cosina veloce. questa storia ha l'idea fanon di oikawa "diva", perchè è divertente, ci sta bene con la trama (secondo me) ed è una storia leggera. non c'è oikawa vero e tridimensionale, che è molto più profondo e complesso di così. non dico che oikawa "diva" faccia schifo perchè io lo amo, ma era solo per essere onesta. se cercate oikawa vero, oikawa quello che è umano, ha dei limiti e delle debolezze, c'è una os dedicata (che si chiama "tu mi hai capito"). niente, solo questo, se leggete spero che vi piaccia <3

➠♡༊ written :: 11/12/20

⧉➫ genre :: smut, kinky

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Ed è con tutta la calma del mondo che sento quella frase. Quella frase così ingenua, e divertente, e pazzamente incomprensibile.

- Secondo me Iwaizumi ci sta provando con te. Ti inviterà ad uscire! - sento dire dalla voce squillante del piccolo libero tedesco che prova ad attirare la mia attenzione saltando qua e là come una molla.

Tento di non scoppiare a ridere. Ci provo, davvero.

Ma questa faccenda è davvero la cosa più divertente che mi sia mai capitata.

Di base, è tutto iniziato quando io e Iwaizumi abbiamo finito l'università. Io ho preso una laurea in lettere - assolutamente inutile visto che la mia occupazione a tempo pieno è la pallavolo, oltre al dominare il mondo con il mio stile da principessa - mentre lui, il mio grande e grosso fidanzato dai tempi del liceo, ha stretto soddisfatto le sue mani attorno al pezzo di carta che lo attestava come medico sportivo.

Laurea presa, io ho preso il primo aereo per l'Argentina. Mi hanno invitato a partecipare sei mesi ad una sorta di campo di allenamento con alcuni fra i giocatori migliori del mondo - e mi sono scampato quel gamberetto arancione di Hinata e il suo fidanzato musone per un soffio - e io, che di questo vivo, mi sono lanciato letteralmente sul primo volo disponibile.

Ovviamente piangevo tutti i giorni.

Sopravvivere senza il mio ragazzo è impossibile.

Primo, ho bisogno di attenzioni. Una diva è una diva solo se le persone la adorano. E qui dove sono tutti alti e muscolosi e super abbronzati, per quanto sappiamo tutti la mia bellezza sia palese e fuori dal comune, non passano le giornate a guardare solo me.

Secondo, non ho passato gli ultimi dieci anni della mia vita a fare sesso sfrenato con Iwa-chan per smettere da un momento all'altro. Scherziamo? Ci sono cose che non potete togliermi.

E terzo, beh, insomma, lo amo. E quando ami qualcuno lo vuoi vedere sempre. No?

Ma la fortuna ha giocato dalla mia parte.

So che non è carino da dire, ma quando il medico sportivo della squadra si è rotto un tendine in qualche scenario improbabile che non ho voglia di ricordarmi, ho percepito l'occasione presentarsi di fronte a me.

E siccome il mio Hajime si è laureato con il massimo dei voti, era disponibile senza preavviso ed è bello come il sole - non che questo importi per assumere qualcuno, ma avevo voglia di dirlo - è stata una suprema botta di culo ritrovarmelo di fronte.

Ma, nonostante io non l'abbia fatto, avevamo entrambi paura che qualcuno potesse pensare che io avessi allungato il suo curriculum all'ufficio assunzioni.

Quindi, abbiamo fatto finta di niente.

Davvero, sono quasi due mesi che fingiamo di essere sconosciuti.

E stiamo arrivati esattamente a questo punto.

I miei compagni di squadra che mi martellano dicendomi che devo provarci, e che secondo loro a lui piaccio - nemmeno mi sembrava di aver detto loro che sono gay, ma potrebbe darsi che le mie converse glitterate e lo smalto abbiano fatto intendere loro che non sono proprio il maschione più etero nel mondo - e che staremmo troppo bene assieme.

Peccato che siamo assieme da una cosa come dieci anni.

Scuoto la testa lasciando ondeggiare i riccioli castani.

- Ma che dici? Iwaizumi quello che ci fa stretching? Ti pare che potrei mettermi con qualcuno che sembra così... aggressivo? - ribatto, la voce che tenta di rimanere seria.

Certo che potrei mettermi con qualcuno che sembra così aggressivo. Che domanda idiota è?

− Oikawa ti abbiamo letteralmente visto arrivare qui con i segni delle mani attorno al collo. Vuoi davvero dirmi che quel genere di cose non ti piace? -

Ops.

Non sanno chi me li abbia fatti, ma quando Iwa-chan è arrivato qui diciamo che non ho tanto pensato "chissà cosa diranno i miei compagni di squadra" o "no Hajime non lasciarmi segni sul corpo che devo lavorare". Eh, mi sa che stavo più pensando cose come "strozzami", "scopami", "mi sei mancato da morire, fammi sentire quanto sono tuo" e stronzate del genere.

Alzo gli occhi al cielo.

− No è no! Ti ho detto che quello proprio non è il mio tipo, smetti di pressarmi! - grido, e dentro di me sto letteralmente morendo dal ridere.

Invece è esattamente il mio tipo.

Cioè, sul serio.

Muscoloso, musone, aggressivo, segretamente tenero, bello, determinato, protettivo, geloso quanto basta, bravo a letto, virile, paziente, e se continuo in questo modo potrei davvero riempire un papiro di aggettivi che si adattano perfettamente ad Iwaizumi.

− Guarda che lo so che stai dicendo una cazzata, 'Kawa. Ieri durante lo stretching eravate in una posizione allucinante e sembravate così a vostro agio fra voi... non scherziamo. -

Ok su questo posso persino dargli ragione.

Dopo che l'acido lattico mi aveva devastato il retro delle cosce, ieri, Iwaizumi ha appoggiato le mie caviglie alle sue spalle e si è piegato sopra di me in una posizione che davvero poco si distingueva da una sessuale.

E non dirò che la sera stessa quando sono tornato a casa mi ha fatto la festa in quello stesso identico incrocio di corpi, ma ecco, cosa pretendeva? Che fingessi di arrossire quando il mio uomo mi piega come se fossi un origami? Quando lo fa una cosa come due volte al giorno?

Sbuffo.

− Se gli interessassi davvero mi avrebbe già chiesto di uscire, non credi? Posso capire che sono una stella luminosa e magnifica e che chiunque morirebbe di paura anche solo al pensiero di dovermi parlare, ma non mi sembra tipo da preoccuparsi da queste cose, no? -

Il libero, che si chiama con un qualche nome tedesco impronunciabile che ho autonomamente deciso essere "Hans", increspa le labbra.

− Su questo non posso darti torto. - conferma, e per un attimo mi sembra quasi che abbia concluso le domande.

Ma purtroppo, per quest'unica volta nella vita, non ho avuto ragione.

− Ma tu sei proprio sicuro che lui non ti piaccia nemmeno un pochino? Insomma, ho visto che lo fissi quando si cambia in spogliatoio. - mi fa notare.

E che cosa dovrei rispondergli?

No?

È una bugia che le mie labbra delicate da regina non possono pronunciare.

− Trovarlo bello non vuol dire che sia il mio tipo, ok? - sbotto di rimando, e un sorriso malefico gli si apre sul viso.

− Non credo ad una singola parola di quello che dici, Oikawa. -

Alzo gli occhi al cielo.

Sto per elaborare una qualche altra elegante risposta quando improvvisamente sento una grande mano stringersi sul muscolo della mia spalla.

È un tocco che riconoscerei fra milioni. Forte, saldo, appena aggressivo.

− Non dovreste fare il riscaldamento, voi due? Non ho nessuna intenzione di rimanere oltre orario per stirarvi i muscoli, se state qui a ciarlare invece di riscaldarvi. - dice la voce bassa e suadente di Iwaizumi dietro di me.

Per un secondo sono così scioccato che mi dimentico di come si parla.

Il mio meraviglioso Iwa-chan rimane fermo al mio fianco, la mano che non lascia la mia spalla e le dita dure sulla mia pelle, il suo corpo - che adoro, Dio solo sa quanto lo adoro - rigido addosso al mio.

Ad Hans brillano per un secondo gli occhi.

− Ecco, te lo dicevo, Oikawa! Guarda come state bene assieme! - grida con quella sua vocina petulante.

Vorrei arrossire, ma Iwaizumi lo fa prima di me.

− Co...cosa? Io... io e Oikawa? Ma... ma che cosa stai dicendo? - sputa fuori, gelato dall'attacco che non si aspettava.

Scuoto selvaggiamente la testa.

Ma il biondino non vuole proprio lasciar correre.

− Stavo dicendo ad Oikawa che sembrate proprio fatti l'uno per l'altro! Non prendetemi in giro e ammettetelo a voi stessi! - urla, convinto come pochi.

Questo stupido piccolo tedesco deve smettere di giocare a fare il Cupido.

Sbuffo ad alta voce.

− Hans, davvero, puoi smetterla? Siamo due persone adulte e non penso che sia appropriato da parte tua comportarti come se fossimo dei liceali. - borbotto.

− Ma io non mi chiamo Hans! -

Iwaizumi prova a non ridere, ma non ce la fa proprio.

− Persona adulta? Tu, Merdakawa? "Appropriato"? - riesce a comporre, fra una presa di fiato a l'altra.

Strabuzzo gli occhi.

Sono l'unica principessa che tenta di mandare avanti questa farsa, qui? Eh?

− Che... che cosa vorresti dire? Come ti permetti? Nemmeno mi conosci! - ribatto, offeso, cercando di fargli capire dallo sguardo di smetterla immediatamente.

Hans ci guarda impietrito.

− Ma... voi due... voi due... − tenta di dire, ma le parole non escono.

− Senti, bambino, preoccupati per te, ora. -

− Ma ti ha chiamato... Merdakawa! -

Perché sembra così divertito mentre pronuncia quella parola?

Cos'è, questo? Il festival del "prendiamo per il culo la persona più meravigliosa del mondo solo perché siamo stupidi plebei"?

− Lascia... lascia perdere, Hans. Non è stato nulla. - mormora poi Hajime, asciugandosi il lato dell'occhio. Sospira profondamente.

− Io e Oikawa siamo amici, nulla di più. - continua.

Alla faccia. Io, i miei amici, non li bacio. E non ci faccio sesso. E non gli dico di certo cose come "ti amo tantissimo, non riuscirei mai a vivere senza la tua brutta faccia da culo".

Ma, comunque.

Annuisco selvaggiamente appigliandomi all'unica via di uscita possibile.

− Ci siamo conosciuti... ci siamo conosciuti ad una partita in Giappone. - mento spudoratamente.

Iwaizumi lascia la presa sulla mia spalla con un una pacca amichevole sul centro della schiena.

Bastardo.

Sa perfettamente che la mia schiena chiede pietà da ieri sera, quando mi ha fatto fare cose che non credevo fossero umanamente concepibili.

− Infatti. Io e Merdakawa a malapena ci conosciamo. -

E come pensa che sia possibile, se mi chiama "Merdakawa"? Come? Che bugia è?

L'unica cosa che mi rassicura è che quest'uomo mente talmente male che non potrebbe mai tradirmi. Lo scoprirei in venti secondi, date le sue penose doti attoriali.

Hans non sembra credere a nulla, ma contro ogni pronostico annuisce convinto e stringe gli occhi.

− Sarà. Continuo a pensare che fareste una bella coppia, voi due. E non ditemi che non l'avevo detto. - ribatte, prima di girare sui talloni e correre come l'idiota che è verso lo spogliatoio, la mano che si agita impaziente verso altri nostri compagni di squadra appena arrivati.

Mi lascio andare in un sospiro di sollievo quando il campo auditivo delle sue orecchie scompare da noi.

− Iwa-chan, ci hai quasi fatti scoprire. - commento, rivolgendo gli occhi nei suoi.

Si morde il labbro.

− Non rompere il cazzo, Schifokawa. È difficile fare finta di non conoscerti, quando sono costretto a starti appiccicato da dieci anni. - risponde, ma il tono è giocoso, nonostante le parole aggressive.

Con un gesto veloce ed impercettibile colpisco il suo mento da sotto, lasciando che il suo sguardo si leghi al mio, appena più alto.

− Io il cazzo te lo rompo come e quando mi pare, Iwa-chan. - ribatto.

Mi fissa per un secondo prima di allontanarsi e ridacchiare piano.

− Su questo non ci piove. -

Impasta le mani fra di loro un altro paio di secondi, prima di parlare ancora.

− Però, pensavo, forse questa comica dovremmo chiuderla qui. Lo so che sei preoccupato per la mia reputazione, ma tutti sanno che sono qui perché so fare il mio lavoro, ormai. Non capisco perché dobbiamo far finta di non conoscerci. -

Spalanco gli occhi castani.

− Cosa sentono le mie orecchie! Iwaizumi Hajime è per caso frustrato all'idea di non potermi stare appiccicato tutto il giorno? - lo stuzzico, la voce che si stringe quando pronuncio il suo nome.

Alza gli occhi al cielo.

− Sei sempre il solito Schifokawa, non capisci mai un cazzo. - ribatte, indignato.

Ma sappiamo entrambi che non detto niente se non la verità.

Annuisco.

− Ok, allora. Se ci tieni così tanto possiamo anche dirlo. Ma non ora. Farebbero un macello. Alla fine dell'allenamento. - gli concedo.

Quanto sono magnanimo. Sono un monarca gentile, io.

− Non dirlo come se mi stessi facendo un cazzo di favore, Oikawa. Guarda che potrei continuare a fare finta che tu non esista per altri quattro mesi e anche per tutta la vita, bastardo. - sputa fuori.

Oh, il mio piccolo rabbioso Iwa-chan.

Appoggio la mano sulla sua guancia - non devo più trattenermi, no? L'ha detto lui - e muovo il pollice sulla pelle abbronzata.

− Non si dicono le bugie, Iwa-chan. -

Mi guarda con una vena di scuse negli occhi brillanti.

Si mangia il suo orgoglio per un secondo.

− Certe volte mi sembra davvero paradossale che ti amo. Non so come hai fatto a farmi innamorare di te. È un vero mistero. - risponde, e so che ha detto questa marea di parole di contorno solo perché recepissi il "ti amo" velato.

Sorrido.

− Anche io ti amo, Hajime. Ora mollami, che devo andare a cambiarmi. Il medico mi ha detto prima che non mi stirerà i muscoli se non vado a fare il riscaldamento. -

− Il tuo medico è davvero saggio. -

Mi allontano da lui e mi volto solo per un secondo, facendogli l'occhiolino e tirando fuori la lingua in mezzo ai denti.

− Dovresti vedere come mi stira i muscoli. Quell'uomo ha le mani di un mago. -

Scappo con un risolino mentre lo sento sbuffare.

In realtà, sono felice. Sono davvero, davvero felice.

Se c'è una cosa che amo fare, quella è arrampicarmi sul corpo tonico e muscoloso di Iwa-chan e marchiare il mio reame con le mie lunghe e principesche braccia attorcigliate addosso a lui.

Mi manca, toccarlo continuamente.

Lascio che la prospettiva si faccia strada nella mia mente mentre le mie gambe chilometriche - che tutti invidiano, perché sono lisce e lunghe e magre e lo so che sono un po' autocelebrativo, ma lo sareste anche voi se aveste la possibilità di vedere la magnificenza di Oikawa Tooru allo specchio la mattina - mi portano fino al corridoio principale dello spogliatoio.

Sto per entrare quando sento pronunciare il mio nome dall'interno e la mia mano rimane aperta sulla porta, prima ancora di spingerla.

− Amico, ascolta. L'ha chiamato Merdakawa. "Merdakawa". E questo può voler dire solo due cose. - sento dire dalla voce squillante di Hans.

O, ma io voglio saperle, queste due cose.

− O sono amici per davvero e si detestano, ma questo mi sembra improbabile. -

Oppure? Vai, bambino tedesco, parla, cazzo!

− O quei due hanno fatto sesso almeno una volta. -

Che cervellino ridicolmente sveglio che ha. E dire che sembra uscito da una pubblicità Kinder e l'ho visto indossare i calzini sotto i sandali. Chi l'avrebbe mai detto.

− La tua teoria non ha senso. Perché dovrei dare della merda a qualcuno con cui ho fatto sesso, scusa? - chiede un'altra voce, forse quella dell'enorme centrale brasiliano che fa sembrare la mia regale altezza poco più di qualcosa appena fuori dalla norma.

− Si vede che sei un verginello. La confidenza, amico, la confidenza. Se hai fatto sesso hai confidenza. - ribatte Hans e ci manca poco che scoppi a ridere.

Lui, un metro e sessanta di orgoglio tedesco, che chiama due metri di uomo "verginello"? È ridicolo? O forse è tenero?

− Dici un sacco di stronzate, per essere così piccolo. Ti ho detto che i soldi non te li do finché non mi porti delle prove concrete. Non abbiamo scommesso duemila pesos per queste stronzate. -

Duemila pesos? Sono una cosa come cento dollari nella valuta argentina, duemila pesos. Vale così poco l'immenso amore che lega me e Iwa-chan?

Marcio nello spogliatoio con fierezza.

− Poveracci. Siete dei poveracci. Io e Iwa−chan ce ne meritiamo almeno diecimila. - annuncio, entrando.

Rimangono pietrificati, quando mi vedono.

Come se li avessi beccati a fare qualcosa che non dovevano.

− Iwa... Iwa-chan? - vedo dire da Hans. Il suo cervello è andato in crash totale.

− Iwaizumi, Iwa-chan, Hajime. Insomma, lui. -

Svolazzo la mano in aria.

− Io e Iwa-chan ci meritiamo più di cento miseri dollari. Per cosa, poi? Per una scommessa? -

L'asso ha la faccia più colpevole che abbia mai visto. Sembra volersi inchinare dai suoi millemila metri di elevazione per chiedermi pietà in ginocchio.

Bravo.

Suddito obbediente.

− Avevamo solo scommesso che vi sareste messi assieme. Non volevo offenderti, Oikawa. - dice, la voce bassa e tremendamente pietosa.

Sorrido di superiorità.

− La prossima volta pensaci meglio, prima di puntare così poco su di me. Che cosa ti dico sempre? -

− Che sei una regina bellissima e che devo baciare la terra dove cammini. -

Hans spalanca gli occhi.

− Ma che gli hai fatto? Il lavaggio del cervello? -

Scuoto la testa ridacchiando.

− Mi sono fatto mandare da Tokyo l'autografo di Bokuto e quello di Ushijima e glieli ho regalati. E' tipo impazzito. Ora mi adora. - rispondo pacatamente.

Immagino che siano delle icone sacre, per un asso.

Ma per me rimangono un gufo troppo cresciuto e un irritante pezzo di merda. Non so davvero come abbia fatto quella ciambellina alla panna di Tendou a mettersi con quel noioso tronco d'uomo.

− Esatto. - conferma, ed è l'unica cosa che risponde.

Lancio il mio borsone nell'armadietto e faccio per sfilarmi la maglietta di dosso quando un'idea inizia a frullarmi nel cervello.

Una grande, grandissima idea.

Giusto ieri quando sono passato a Plaza de Mayo, qui, a Buenos Aires, la tipa del negozietto ambulante di panini al latte mi ha detto che non accettava la carta di credito. Che voleva i pesos.

E farseli cambiare alla banca è un furto.

− Li daresti anche a me, se vincessi quella scommessa? I duemila pesos, intendo. - sbotto di colpo.

Hans si gonfia offesissimo ma l'asso annuisce.

− Vale per tutti. Prove tangibili che tu e il medico incazzato stiate assieme, e vi do i soldi. -

− Ma non vale! Se partecipi anche tu non vale! - prova ad urlare il piccolo tedesco infuriato, ma faccio finta che non esista.

− Prove tangibili senza alcun dubbio? -

L'asso annuisce ancora.

Potrei fargli vedere delle foto. O come ho salvato Iwaizumi sul cellulare, o il mio salvaschermo, o persino i messaggi che ci mandiamo.

Ma ha detto senza alcun dubbio.

E io voglio i pesos.

Perché voglio i panini al latte.

− Perfetto. Rimanete qui. Fermi immobili. - gli grido, prima di buttarmi correndo fuori dallo spogliatoio.

− Iwaizumi, Iwaizuuuuumi vieni qui immediatamente! - urlo verso il corridoio, il tono volutamente allarmato perché si muova e mi raggiunga. Non mi dà mai retta, se non faccio finta che ci sia qualcosa di importante in ballo.

Dice che gli faccio perdere tempo.

Come l'enorme iperprotettiva testa calda che è, appare nel corridoio in un attimo.

− Tooru? Tutto bene? Cosa è successo? - mi chiede immediatamente, lo sguardo appena spaventato che corre sul mio corpo come alla ricerca di qualche ferita.

Alzo le spalle.

- Sto bene. Ma mi è venuta voglia di stare un po' con te da solo. -

Alza gli occhi al cielo e si ferma improvvisamente.

− Mi sono anche spaventato, Schifokawa! Che cosa vuoi, ora? Abbiamo parlato venti secondi fa! Sei così irritante che non puoi lasciarmi in pace neanche un minuto? -

Ok, potrebbe essere più complicato del previsto.

Iwa-chan è duro da convincere, e il suo carattere si trasforma in quella melassa dolce e tenera che conosco solo io unicamente quando siamo da soli. Ma io so che tasti schiacciare e ho tutta l'intenzione di farlo, ora.

Per i panini al latte.

Ad ogni regina la sua corona, no?

− Non essere musone, Hajime. Non ti manco nemmeno un po'? - mormoro piano, e la mia voce ora è appena un sussurro, quando lo guardo.

Sbatto appena le ciglia lunghe, lo fisso dritto negli occhi.

− No... non mi manchi. Non mi manchi... per... per niente, cazzo. - tenta di ribattere, ma ora la sua voce trema.

Con la coda dell'occhio vedo i miei compagni di squadra tesi ad ascoltare dallo spiraglio che la porta lascia intravedere. Sono ancora in attesa di qualcosa di inconfondibile.

− E a me manca tantissimo abbracciarti in questo momento. Posso? Solo... solo un attimo. - continuo.

Ogni parola è pronunciata meno rumorosamente e si riduce ad un semplice impasto di lettere, ma non posso fare a meno di percepire come Iwaizumi si ritrovi a fissarmi le labbra.

So come far cadere in ginocchio il mio uomo.

Lo so molto, molto bene.

E fare la reginetta irritante in astinenza dal suo principe azzurro è qualcosa che, inspiegabilmente, funziona.

− Solo... solo un pochino. - cede, e apre appena le braccia muscolose per accogliermi.

Infilo il capo nell'incavo del suo collo e per un attimo mi dimentico di tutto, della scommessa, delle cazzate, persino dei panini al latte.

Profuma di buono.

Profuma di casa.

Ne avevo più bisogno di quanto credessi.

− Ti amo, Iwa-chan. - dico, baciandogli la guancia con delicatezza.

Si guarda furtivamente attorno prima di appoggiare la fronte sulla mia e unire per un secondo le nostre labbra in un bacio.

− Anche io ti amo, Tooru. Ma non dirlo a nessuno. Ne va della mia reputazione. - risponde, e mi si stringe il cuore.

Premo un'altra volta la bocca sulla sua.

È che proprio non ce la faccio, a stare senza. Iwa-chan ha ragione. Dobbiamo smetterla con questo teatrino, perché poter fare questo tutti i giorni e tutte le volte che voglio mi manca terribilmente.

Un urletto attira la mia attenzione e mi riporta sul pianeta Terra.

− Non vale! Non vale! Quelli erano i mei pesos! Non puoi darli a Merdakawa! - urla la voce di Hans, e Iwaizumi si stacca da me con un movimento brusco.

Non riesco a spiegare nulla che trascina me e se stesso nello spogliatoio.

− Hey, tu. Merdakawa lo dico solo io. - sbotta, e sorrido di soddisfazione prima di rendermi conto che il mio piano malefico sta per andare in fumo.

Se Iwa-chan scopre che ho sfruttato l'amore che prova per me per i panini al latte mi taglia la testa.

− Oh, ma è tardissimo. Andiamo a riscaldarci, su! - tento di dire per attirare l'attenzione su qualcos'altro. Ma inutilmente.

L'asso ha la faccia confusa e si cerca qualcosa nelle tasche.

− Aspetta, Oikawa. Devo darti i soldi. Ho promesso. -

Hans sbuffa ancora.

− Non glieli puoi dare, cazzo! Era la nostra scommessa! -

In tutto questo Hajime cambia focus del suo sguardo da uno all'altro di noi non capendo. E detesta sentirti l'unico cretino lasciato fuori.

− Che scommessa? Che hai fatto questa volta, Schifokawa? -

Oof. Non voglio che mi ammazzi.

− Niente. Nessuna scommessa. Ti dico dopo. - borbotto.

E contro ogni mia previsione, contro l'impressione che sarebbe stato il bambino biondiccio a farmi fare un'epocale figura di merda, a parlare non è lui.

È il centrale.

− Avevamo scommesso che tu e Oikawa steste assieme. - dice, e rimango di stucco.

Cosa?

Tradito proprio da lui?

Come è possibile?

− E poi? - chiede il mio ragazzo, il tono improvvisamente più duro e rigido.

− E poi Oikawa ci ha detto che voleva i duemila pesos se avesse portato delle prove tangibili che eravate davvero in una relazione. -

Mi escono fuori gli occhi dalle orbite.

− Ma cosa stai dicendo? Perché stai raccontando tutto? Dov'è finita la fiducia di prima? - inveisco, puntando il dito contro di lui.

Scuote la testa.

− Scusa, Oikawa. Ma il medico incazzato mi fa molta più paura di te. -

Inspiro rumorosamente cercando di sembrare offeso, ma c'è qualcuno molto, molto più spaventoso di me al mio fianco, e il mio muso lungo non suscita la reazione sperata.

Anzi, sembra che sia Hans sia l'altro traditore non abbiano alcuna voglia di parlare. Guardano fissi Iwaizumi che sprizza rabbia da ogni poro.

− Via dalle palle. Tutti e due. Ora. - sentenzia, la voce dura e severa che non lascia spazio al minimo dubbio.

Filano via con reverenza quasi.

Chiudono persino la porta.

E io che speravo la loro presenza potesse salvarmi il culo, almeno per questa volta. Pare che non sia stato abbastanza fortunato.

Indietreggio fino a sbattere la schiena contro uno degli armadietti di metallo.

− Dai, Hajime, era uno scherzo, non ti arrabbiare... − provo a dire, ma mi sa che questa volta l'ho proprio combinata grossa.

Iwa-chan non ama le manifestazioni pubbliche d'affetto. Lo fanno sentire stupido, debole e a disagio. E, insomma, potrei averlo costretto a metterne in piedi una solo per un mio tornaconto personale. Ma Iwa-chan ama di me anche che sono una serpe. No?

− Mi stavi prendendo per il culo, prima? - chiede, la voce severa.

Scuoto la testa.

− No, Hajime, no, assolutamente. Volevo solo che facessi qualcosa di tenero davanti agli altri... per comprare i panini al latte... − cerco di rispondere.

Strabuzza gli occhi.

− Mi hai fatto fare la figura dello schifoso sdolcinato per i tuoi fottuti panini al latte? -

Annuisco timidamente.

− E perché sapevo che non sarebbe stato un problema. Non ti arrabbi mai se ti bacio in pubblico. -

Sbuffa ad alta voce.

− Non ci sarebbe stato nessun problema, infatti. Se sono non mi avessi usato come un cazzo di burattino. -

Avvicina qualche passo a me.

− In ginocchio, Tooru. -

Sono le uniche parole che registro.

Ci sono momenti dove persino il mio orgoglio cede. E la maggior parte di essi hanno a che fare con Iwa-chan che mi ordina di fare qualcosa.

Non so come disobbedirgli. Non ne ho la capacità.

Seguo il suo comando, sul pavimento dello spogliatoio della palestra dove lavoriamo entrambi. Quando ammutolisco completamente e non faccio altro che ascoltare i suoi ordini.

Afferra una mia guancia lattiginosa con la mano.

− Mi fai sempre incazzare, in un modo o nell'altro. -

I suoi occhi sono infuriati, ma in modo non malefico o propriamente cattivo. Si sta divertendo, e questa cosa mi sciocca ogni istante di più.

Dicono sempre che sono io dei due quello senza freni. Ma, guardatelo. Guardatelo e ditemi che non è Iwaizumi il depravato maniaco del sesso, ora.

Sospira.

− Mi chiedo perché tu non stia zitto più spesso, Oikawa. Guarda quanto sei bello quando taci. -

Passa le dita fra i miei riccioli scuri e con il pollice disegna il contorno delle mie labbra semi aperte.

− Perché devi sempre fare casino? Eh? Perché ti piace essere punito? -

Non posso fare a meno di annuire.

Non ho di certo fatto questa scenetta per questo, ma non posso davvero lamentarmi. È un approdo che nemmeno speravo, e comunque è il migliore che potessi mai ricevere.

− Mi dispiace, Iwa-chan. Mi dispiace davvero. Non volevo essere... − provo a rispondere, ma le parole vengono scacciate immediatamente.

Il rumore secco della sua mano sul mio viso mi interrompe.

Mi ha tirato uno schiaffo.

In piena faccia.

Prendo fuoco.

− Ti ho dato il fottuto permesso di parlare? Non mi sembra. Chiudi quella cazzo di bocca. - intima, la mano ancora a mezz'aria e la forma delle sue dita che brucia sulla pelle della mia guancia.

Mi ammutolisco.

− Tu non hai fatto questa scenetta per i panini al latte. L'hai fatta perché volevi dimostrare qualcosa. Che non so resisterti? Che ti amo troppo per dirti di no? Non riesco a capire. -

Stringe i miei capelli nel pugno e li tira indietro.

− Guarda cosa mi stai costringendo a fare. Guarda come cazzo sono ridotto per insegnarti un po' di disciplina. -

Tremo. Letteralmente, tremo in tutto il corpo.

Se c'è qualcosa che mi manda nell'iperuranio, quella è la dinamica di potere che c'è fra noi. Il modo velatamente paterno e dominante con cui Iwaizumi mi parla, come stringe violentemente i miei capelli, come la sua presenza mi investe completamente e mi lascia boccheggiante.

Si slaccia la cintura di fronte ai miei occhi, e lo vedo passare la superficie scura e rigida del cuoio fra le dita. Ne saggia la consistenza e poi sembra improvvisamente convinto.

− Visto che hai deciso di metterti a fare la troia in giro non ho niente con cui insegnarti come ci si comporta. Dovremo accontentarci di questo. Togliti la maglietta. - ordina.

Mando giù rumorosamente.

Vuole...

Con la cintura...?

Nello spogliatoio?

Dove potrebbe entrare chiunque?

Potrei svenire al pensiero.

Sono un inguaribile esibizionista, devo ammetterlo. E l'idea che Hajime voglia fare qualcosa del genere in un posto pubblico, insomma. Mi manda letteralmente fuori di testa.

Alzo le braccia assieme con la maglietta.

− Va tutto bene, Tooru? - sento dire dalla voce di Iwa-chan per un singolo istante.

Annuisco, e ritorna nella sua bolla di dominanza.

Voleva solo sapere se quello che sta facendo fosse troppo. Come se potesse davvero esistere qualcosa di "troppo" per la regina che sono.

Ingenuo.

Osserva il mio petto magro mordendosi il labbro.

La forma di un morso circonda il mio capezzolo, e sappiamo entrambi chi ha lasciato quel segno rosso e pulsante là, sulla pelle chiara.

− Sei un idiota. Ma sei un idiota bellissimo. - commenta, guardandomi.

Lascia che una mano si apra sulla mia gola, e percorre la forma sottile e allungata del collo con le dita.

− Il mio idiota bellissimo. -

Perde il calore nel tono della voce in un attimo.

− Ora girati, Tooru. -

Ho già detto che ho un debole per Iwaizumi che mi chiama per nome? No, perché la sua voce bassa, calda e incazzata che dice "Tooru" è qualcosa di rara bellezza.

Ancora, ascolto il suo comando. Mi ruoto e torno in ginocchio, rivolgendogli la schiena, le mani aggrappate al ripiano di un armadietto aperto per aiutarmi a reggere il mio peso sulle cosce che tremano.

Schiocca la lingua quando vede la mia schiena nuda. Ci sono altri lividi, altri morsi, altri segni. Non ho bisogno nemmeno di vederli, lo so e basta. Ci passa giusto il movimento di un polpastrello, la linea percorsa in corrispondenza della spina dorsale.

Prima di allontanarsi.

Lo sento girare la cintura fra le mani.

Sporgo il capo per guardare che cosa stia succedendo.

E prima che me ne renda conto la consistenza dura del cuoio si schianta contro la mia schiena, il rumore alto e ben distinto della pelle colpita, la mia voce che si piega in un gemito di dolore quasi involontario.

Mi ha appena frustato? Con... con la cintura? In un luogo pubblico?

Non riesco ad elaborare il pensiero.

Perché ne arriva un'altra. In un punto diverso, egualmente violenta, egualmente dolorosa.

Stringo le dita sudate sul metallo facendo per aggrapparmi.

Un'altra.

La mia schiena si inarca all'indietro, una curva perfetta disegnata nell'aria, e inizio a sentire anche un sentore piacevole accumularsi attorno al dolore.

− Ti sta davvero piacendo? -

Faccio sì con la testa mentre la cintura schiocca ancora una volta fra le mie scapole.

− Sei davvero una troia, Tooru. Una piccola troia insaziabile. Non posso credere che ti piaccia farti frustare in un cazzo di spogliatoio. -

La mia voce si leva più alta ancora.

I colpi diventano violenti, dolorosi.

Ma non per questo insopportabili. Anzi. Ad ogni frustata, ad ogni rumore che emetto, ad ogni fitta alla schiena, il piacere aumenta.

− Dillo. - mi minaccia poi.

Prendo aria per parlare, ma le parole mi muoiono in gola.

Sento una frustata particolarmente violenta infrangersi contro di me. Fa malissimo, e mi sembra quasi di sentire l'umidità bollente del sangue che sgorga. Non so se sia sufficientemente incazzato da lasciar aprire delle ferite sulla pelle chiara, ma anche fosse, non mi lamenterei.

Sono una persona adulta. Non mi lamento mai.

− Dillo, cazzo. -

Tiro su con il naso mentre le lacrime scendono sul mio viso senza che possa fare nulla.

− Sono... sono una troia. - piango.

Le frustate smettono ma sento distintamente una mano che si stringe fra i miei riccioli.

− E di chi sei, tu? -

− Sono la tua... sono la tua troia. -

Non riesco a smettere di singhiozzare. Il dolore alla schiena è infernale, la stretta di Hajime violenta allo stesso modo, eppure il calore che si espande nel mio corpo non si spegne. Rimane bruciante e acceso, e vuole di più. Vuole ancora, e ancora.

Sento il cuoio stringersi attorno al mio collo, e vedo appena fra le lacrime che mi coprono la visuale Iwaizumi che lega la fibbia attorno alla mia carotide, l'aria che mi manca di colpo.

Stringe tirando indietro il lembo della cintura con un braccio, intravedo la forma del bicipite che si flette, e con l'altra mano tiene saldo e fermo il mio capo.

I miei polmoni si svuotano completamente.

Passano interi secondi in cui davvero, non riesco a respirare.

E poi, l'aria rientra di colpo.

Il mio cuore batte nel petto facendomi rimbombare le orecchie, la soddisfazione di riuscire di nuovo a respirare si mischia al mio corpo che si rilassa.

È una sensazione meravigliosa.

È come se fossi dentro una fiamma viva, quando finalmente mi viene concesso di respirare, e il piacere si propaga dentro di me assieme con l'ossigeno che tanto mi mancava.

Il fiatone mi spalanca la gola, le lacrime ormai un torrente, il sudore freddo sul corpo.

− Bellissimo, Tooru. Sei bellissimo. - mormora Iwaizumi, baciando il retro del mio orecchio mentre sento il cuoio scivolare via dal mio collo.

Aspetto che mi tocchi, che faccia qualcosa, che dica qualcosa.

Ma sento solo lo stesso ripetitivo e irritante rumore della cintura che si piega.

− Hajime? - chiedo, cercandolo con lo sguardo.

Ma, forse, ho pensato che la sua furia si fosse scaricata prima del tempo. Forse ho lasciato che il mio istinto si dimenticasse di chi è che ha il comando qui.

Stringe i miei capelli così forte che penso davvero potrebbe strapparli, mentre porta il mio capo, legato alla schiena ormai completamente inarcata, al suo orecchio.

− Ti ho detto che non devi parlare. Non l'ho forse fatto, Tooru? -

Ancora annuisco disperato.

Ma non basta.

− Sei così stupido che non riesci ad ascoltare nemmeno un ordine? E io che pensavo di aver quasi finito, con te. -

I miei polsi vengono tirati indietro, due occhielli formati dal cuoio della cintura - questa cintura ha una varietà spaziale di utilizzi - che vi si stringono attorno a mo' di manette.

Fa per tirarmi su ma sentiamo entrambi il rumore di passi sul corridoio a fianco a noi.

Iwaizumi si pietrifica solo per un istante.

− Ah, che noia. Oggi non avevo proprio voglia di venire agli allenamenti. - dice uno.

− Lasciamo perdere. L'unica cosa che mi ha convinto è che oggi è venerdì. E il venerdì Oikawa si allena sempre con i pantaloncini, quelli azzurri che metteva al liceo che gli stanno stretti. - risponde l'altro.

Oh, dei miei ammiratori. Chissà se fanno parte del mio fanclub ufficiale.

Tra le lacrime e la saliva e tutto quello che ho addosso alla faccia, ridacchio appena.

− Ancora con Oikawa? Non ti aveva già rifiutato? - continua la voce del primo.

Sentiamo sbuffare.

− E allora? Guardare non è un reato. E poi ha la faccia da uno che se insisti un po' cede, non so te. -

Sono onestamente offeso.

Non sono un tronco che se colpisci ripetutamente si spezza. No, io sono un dolce ed elegante filo d'erba che si piega ma rimane sempre intatto.

Ma, metafore vegetali a parte, la reazione che mi colpisce di più è quella di Iwaizumi.

Iwaizumi che ha la mascella contratta, che stringe la cintura attorno ai miei polsi e brilla di furia.

− Vedi? Lo sanno tutti, che sei una troia. - mi sussurra, prima di caricare il mio corpo infilando una mano sotto il retro delle mie ginocchia e una sulle spalle, e trasportarmi appena prima che la porta venga aperta nel bagno a fianco.

Chiude il chiavistello della porta delle docce, e mi appoggia, più delicatamente di quanto voglia dare a vedere, su una delle panche di metallo.

− Sono davvero incazzato, in questo momento, Tooru. Quindi se vuoi che smetta dimmelo, che potrei essere un po' più violento del solito. - dice poi, il tono stranamente dolce e attento.

Un po' più violento del solito?

Perfetto, cazzo.

− Non smettere. - è tutto quello che rispondo.

Prima di tornare a qualsiasi cosa stesse facendo, prima di ricominciare a torturarmi come se fossi un inutile ammasso di muscoli e nulla di più, Iwa-chan si china per un secondo.

Preme le labbra sulle mie, e sono dolci, e morbide.

− Ti amo davvero, Tooru. Lo sai? -

Annuisco sorridendo.

− Come potresti non amarmi? Insomma, guardami! - ribatto e ridacchio quando lo vedo sbuffare.

− Merdakawa. Sei sempre il solito. -

− E sono fantastico. -

Ridacchia appena, scuotendo la testa.

− Forse. -

E poi, prima che possa costringerlo ancora ad ammettere quanto io sia l'essere più meraviglioso della terra, mi ritrovo a pancia in giù sulla panca, una delle mani di Iwaizumi che tira indietro i miei polsi legati e l'altra che si infila sotto l'orlo dei pantaloni.

Gemo quando sento la zip che si abbassa e i miei pantaloni vengono sfilati da dietro.

− Stai zitto, cazzo. Vuoi che ci sentano? - intima Iwaizumi, e brucio un secondo di vergogna.

Me n'ero quasi dimenticato.

C'è gente, dall'altra parte.

Mi mordo il labbro cercando di soffocare la mia voce.

Una sculacciata vola sul mio culo in un attimo e faccio davvero fatica a ingoiare il mio gemito e far finta di nulla, mentre Iwa-chan ridacchia piano.

− Ecco, così, Tooru. Bravo e obbediente, come piace a me. - commenta.

Appoggia le mani aperte sul mio culo e stringe le dita, prima di bloccarsi un secondo.

− Cazzo, non abbiamo il lubrificante. - dice poi, e me ne ricordo anch'io con un lampo di preoccupazione.

Non vorrà entrare a secco, spero. È troppo grosso e io troppo stretto e non riuscirei a giocare per una settimana.

Sembra stare in silenzio per un secondo, prima di afferrare le mie anche con le mani e tirare su, davanti al suo viso.

− L'unica cosa che mi viene in mente è questa, Merdakawa. - ammette, e non riesco bene a capire cosa intenda.

Prima che la sua lingua si appoggi esattamente nella mia entrata.

È calda contro la mia pelle bollente, sa cosa deve fare e lo fa senza il minimo dubbio. Così bene che le gambe mi sembrano sciogliersi addosso ad Hajime, che non riesco a trattenere un minuscolo verso e che prendo fuoco come un fiammifero.

È normale che io sia sull'orlo dell'orgasmo se tutto quello che mi ha fatto prima faceva malissimo e questo invece è così bello che potrei svenire, vero?

Sentiamo ancora le voci dall'altra parte dello spogliatoio.

− Questa è la maglia di Oikawa? Perché è per terra? -

− Non ne ho idea. Ma se me la passi gliela rimetto a posto. -

− Seh, e mi prendi per scemo. Lo sappiamo che te la porteresti a casa per farci solo Dio sa cosa. -

La lingua di Iwaizumi entra appena dentro di me e sento distintamente la mia bocca spalancarsi in un urlo silenzioso, mentre continua a prendersi cura di me.

Infila un paio di dita con irruenza, ed entrano sufficientemente bene perché possa ritenersi soddisfatto.

Non è come avere il nostro lubrificante alla fragola glitterato - che è il migliore acquisto della mia vita, se chiedete a me - ma basta per evitare che diventi paraplegico.

Si scosta da me per piegarsi sul mio corpo e avvicinare le labbra alle mie.

− Ti piace, che stia per scoparti vicino a quello stronzo che ha una cotta per te? Dillo, che ti piace. -

Mi manca il fiato.

− Mi... mi piace. Mi piace. Hajime. - mi ritrovo a rispondere, mentre sento le sue mani che abbassano i pantaloni e i boxer quanto basta perché la sua erezione sia rigida contro di me.

Lo sento strusciarsi appena contro di me, ma non entra.

Ancora, mi vuole torturare ancora.

− Mmh, sono ancora un po' incazzato con te, però. Non so se dovrei dartelo, sai, ti sei comportato davvero male. -

Si muove ancora, e sono così disperato, così fottutamente disperato che potrei mettermi ad urlare.

− Ti prego, Iwa-chan, ti prego. Ti prego, ti prego, ti prego. - mi lagno, spingendo indietro con il busto per incontrare la sua erezione.

Sibila al contatto.

− Non lo so... − risponde.

Lo odio. Lo odio da quanto lo voglio e lo amo.

− Ti imploro, Hajime. Sono tuo, ti amo, non potrei mai vivere senza di te. Sto per mettermi a piangere, non ce la faccio più. Mi dispiace per prima, mi dispiace davvero, ti prego, perdonami, non lo farò più, lo giuro... − inizio a dire e le parole cadono come a fiumi dalle mie labbra senza che possa pensarci più di tanto.

In questo momento sono una principessa piuttosto disperata, mi sa.

Mi volto di lato per incontrare il suo viso che sorride.

− Puttana. Sei una puttana, Oikawa. - sono le uniche parole che dice.

Prima che entri dentro di me.

Prima che un gemito inconfondibile, soddisfatto e scioccato, esca dalle mie labbra.

Rimane fermo, io completamente saturo di lui, mentre tento di riprendere aria.

− Ho sentito qualcosa? Tu no? - dice la voce del mio compagno di squadra oltre la porta.

Sudo freddo per un secondo e mi ammutolisco.

− Non so. Non ci ho fatto caso. -

Hajime inizia a muoversi che non hanno nemmeno finito di parlarne. Vuole che ci scoprano per davvero? Pazzo sadico, che figura vuole farmi fare.

La sua mano vola alla mia bocca e la tappa saldamente, mentre continua ad affondare sempre più violentemente dentro di me.

− Perché ogni volta che senti la voce di qualcuno là fuori ti stringi? Ti piace, che ci possano sentire? - mi chiede Iwa-chan sussurrando, la voce carica di calore.

Beccato.

Come se non lo sapesse, che sono un pervertito. O meglio, come preferisco dire, un nobile dai gusti stravaganti.

Affonda i denti sulla pelle della mia schiena spingendosi ancora più a fondo.

− Devi rispondermi quando ti faccio delle cazzo di domande, Tooru. -

Ansimo mordendo le sue dita sulla mia bocca per fargli notare che avrei volentieri risposto, a questo sadico bastardo, se non fosse per la sua stessa mano.

− Oh, ma non riesci a parlare? Che peccato. Vorrà dire che devo tirarti le parole fuori da quella bocca. -

Vorrei urlare che è colpa sua, ma, come volevasi dimostrare, non sono in grado di articolare nemmeno una singola frase.

Stringe impossibilmente uno dei miei fianchi bianchi con la mano, la mia schiena costruisce un arco che immagino sia sensuale quanto doloroso, e il bacino di Iwaizumi diventa implacabile sul mio.

Non riesco nemmeno a prendere fiato.

È troppo veloce, cazzo.

Le lacrime ricominciano a scendermi sul viso, l'aria che manca, il dolore del movimento ripetuto dentro di me, il piacere che sembra star per esplodere.

− Guardati. Guardati allo specchio, quando vieni. - intima al mio orecchio e mi accorgo immediatamente che cosa intenda.

Il grande specchio a figura intera davanti ai lavandini.

Non riconosco la persona che ci vedo dentro.

Quello non posso essere io.

Le mie guance sono arrossate, gli occhi gonfi e le lacrime che infradiciano il viso, le ciglia che sfarfallano ad ogni spinta di Iwaizumi dentro di me, i capelli arruffati, le cosce spalancate, l'erezione che trema, la schiena dalla quale intravedo solo un minuscolo rivolo di sangue.

E allo stesso modo Iwaizumi completamente vestito dietro di me, la sua mano ruvida sulla mia bocca, l'espressione soddisfatta e incazzata, i muscoli flessi a reggere il mio corpo a mezz'aria.

Non riesco.

Non riesco a trattenermi.

Vengo con un grido che viene attutito dalle dita di Iwa-chan su di me.

Vedo me stesso inarcare ancora di più la schiena, le gambe che tremano, le ginocchia molli e la testa gettata all'indietro, e vedo Iwaizumi spingersi ancora dentro di me, e raggiungermi soffocando un gemito gutturale mordendomi la spalla.

Mi sembra di fluttuare in un vulcano.

Ho caldo ovunque.

E non riesco a capire dove sono.

E se morissi in questo istante, morirei dannatamente felice.

Mi sembra quasi di svenire, mentre l'orgasmo scivola via da me, e vengo adagiato dalle braccia di Iwaizumi sulla panca, le sue mani che immediatamente slegano le mie e portano il mio capo al suo petto, accarezzandomi pacificamente.

Si stacca per un paio di minuti per ripulire me e il casino che abbiamo fatto, ma torna in un attimo alla posizione iniziale.

− Cristo. Cosa abbiamo appena fatto? - mi chiede, ridacchiando appena.

Se ne avessi l'energia, urlerei.

− "Abbiamo", Iwa-chan? Ok che ti ho fatto incazzare, ma qui hai fatto tutto da solo. Sembro uscito da un'orgia. Come dovrei allenarmi, ora? - rispondo, stizzito, cercando di riprendere un respiro decente.

Ride ancora.

− Scusami, Tooru, forse mi sono lasciato un po' prendere la mano. -

Spalanco gli occhi.

− Un po' prendere la mano? Mi hai fatto di tutto, pazzo maniaco! -

− Stai zitto, Merdakawa. Mi sembrava che ti piacesse parecchio, prima. -

Sbuffo.

− Certo che mi è piaciuto. Ma non stavamo parlando di questo. -

Accarezza ancora i miei capelli e mi bacia la fronte, sorridendo.

− Rimettimi i pantaloni, quantomeno. - gli chiedo, e lo osservo prendere l'ammasso di tessuto che aveva lanciato in un angolo per infilarmelo con calma sulle gambe tremanti.

Mi guarda per un secondo.

− Cosa aspetti? Che mi alzi? Dopo quello che hai fatto al mio povero culo? - gli faccio notare, le sopracciglia alzate e il tono offeso.

− Oh, beh, hai ragione, in effetti. - assente.

Altro che la presa principesca di prima, mi carica come se fossi un sacco di patate e mi butta oltre la sua spalla.

Mi bacia il lato della coscia a fianco del suo viso, prima di riaprire il chiavistello e spalancare la porta con un calcio.

− Cosa fai, Hajime? Sto scomodo! - gli urlo, prima di accorgermi definitivamente che siamo in mezzo allo spogliatoio.

Io che pensavo ci fossero solo due persone, a giudicare dalle voci. C'erano tutti.

Ci fissano con le labbra spalancate.

− Ehm... ciao? - provo a dire, interdetto e spiazzato.

Iwaizumi sbuffa addosso a me.

− Oikawa si è sentito male in doccia. Devo portarlo a casa. - si inventa su due piedi, e ripeto, quanto cazzo mente male quest'uomo. In doccia? Prima di allenarmi? Che ci avrei dovuto fare in doccia?

So che stanno tutti fissando i segni scarlatti della cintura sulla mia schiena, ma tento di ignorarlo.

Nel completo silenzio di una decina di persone ammutolite, vengo appoggiato a terra, Iwa-chan mi infila la maglietta, carica il mio borsone, mi riprende in spalla sempre nel modo delicato ed elegante che sembra adorare, e fa per uscire.

Poi si gira un secondo.

− E comunque, questo pezzente − indica me, piegato sulla sua spalla - è mio. Stiamo insieme. Da dieci anni. -

Rimango a bocca spalancata.

− Sì, lo so che sono un santo per aver resistito così tanto con lui e sì, purtroppo lo amo. -

Corre con lo sguardo a uno dei giocatori di fronte a noi, e penso a pelle sia quello che parlava così sfacciatamente di me in spogliatoio.

− Quindi, giù le mani. -

Sorride, saluta ancora.

E poi, ce ne andiamo.

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