Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

𝚊𝚛𝚖𝚜 𝚝𝚘𝚗𝚒𝚝𝚎

⟿ ✿ ship :: UshiTen

➭ ✧❁ SMUT alert :: "Non farmici ripensare."

➥✱ song :: "Arms Tonite", Mother Mother

⤜⇾ parole :: 5.443

➠♡༊ written :: 01/10/20

⧉➫ genre :: introspettivo, fluff

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Non riesco a dormire.

Provo a chiudere gli occhi, a pensare alle pecorelle che saltano il recinto, ad auto-cantarmi una ninna nanna tedesca da film horror, a trattenere il respiro nel tentativo quantomeno di svenire, se proprio non riesco a prendere sonno.

Niente.

Mi giro e appoggio il naso sul fianco di Wakatoshi, che dorme da ormai almeno dieci minuti. E' scioccante come si spenga appena tocchi il letto.

Appoggio una mano fra i suoi pettorali, la faccio salire fino alla spalla, mi ci aggrappo piano.

Mi annoio, voglio compagnia.

E che senso ha avere un fidanzato, se non ti fa compagnia?

Lo scuoto piano.

- Toshi...Toshi...non riesco a dormireeeee...Toshi! - inizio a lagnare, vedendolo aggrottare le sopracciglia.

Non apre gli occhi, fa solo un verso per farmi capire che mi sente.

- Io sto dormendo. - mugugna, e torna zitto.

Scoppio a ridere.

- Non stai dormendo se parli, Toshi. - gli faccio notare.

Rimane in silenzio per qualche secondo. Poi apre gli occhi, si morde il labbro e mi guarda.

- Ah, sì. Hai ragione. -

Molti trovano il suo modo di reagire o pensare strano. Io lo trovo adorabile. E' troppo, troppo serio.

Una mano grande e calda esce dalle coperte e accarezza le mie ciocche rosso scuro, facendomi il solletico.

- Hai provato a chiudere gli occhi? - mi chiede, ancora.

Oh, ingenuo, serio, buffo Wakatoshi. Mi fai sciogliere il cuore.

- Guarda che so come si fa a dormire, è che non riesco ad addormentarmi. Ti va di farmi compagnia? - rispondo, appoggiando il viso sul suo petto e lasciandomi andare in un mugugno soddisfatto quando la sua mano inizia a muoversi piano sulla mia schiena.

- Sì. - dice, e io ridacchio. Non è uno che parla molto. Dice quello che deve, fa quello che vuole.

Le mie dita camminano sulla sua pelle, il segno dell'abbronzatura che copre solo le punte, lasciando visibile la parte di pelle in cui c'era il taping.

- C'è qualcosa di cui ti va di parlare? - domando.

- No. Mi piace sentire la tua voce, parla tu. -

Mi sporgo per baciarlo leggermente. Non è nulla di più dello sfregare le mie labbra sulle sue.

- Oggi una ragazza del primo anno mi ha chiesto come ci siamo messi insieme. Te lo ricordi? - inizio, poi.

Le sue mani si fermano per un secondo, poi il suo corpo si gira e mi afferra il viso, guardandomi in faccia.

- Non potrei mai dimenticarmene, Sato. -

Sento le lacrime che mi bagnano il viso prima di rendermi effettivamente conto di quanto mi faccia male il petto. Fa male, fa male, fa male.

Basta, basta, basta.

- Vattene! Non è divertente! - riesco a dire, la voce che trema.

Alzo lo sguardo per un secondo.

Ushijima Wakatoshi è bello. Ma tipo bellissimo, che ti toglie il fiato e fa girare le persone per strada. Bello con i suoi capelli castano scuro, con gli occhi verde bosco, bello con il suo carattere pacato e la mentalità fin troppo semplice.

Io amo Ushijima Wakatoshi. Lo amo, lo amo un po' da sempre.

Ma lui non mi ama. Non può amarmi. Non sono bello come lui, anzi. Io sono strano, sono pazzo, sono insopportabile, sono brutto, sono problematico, sono inutile, sono noioso, sono fastidioso, sono...sono un mostro.

E' quello che mi dicono da tutta la vita.

Non è la prima volta che mi fanno questo scherzo.

Alle medie succedeva spesso.

Scommettevano su qualcosa e chi perdeva doveva venire a dirmi che mi amava, o darmi una lettera d'amore, o regalarmi la cioccolata a San Valentino. Che tanto a chi importava che mi ferisse, essere trattato come un animale da circo con cui giocare a proprio piacimento?

A chi è mai importato?

Solo che pensavo che a lui importasse. L'ho creduto davvero.

Era...era gentile con me.

Ogni volta che entrava a mensa veniva a sedersi vicino a me, senza che neppure glielo chiedessi. Mi parlava. Mi aveva chiesto il numero di cellulare.

Mi scriveva dei messaggi.

Mi mandava persino dei meme.

E ora...ora mi sta prendendo in giro anche lui.

E' entrato nello spogliatoio, si è seduto sulla panca a gambe aperte, mi ha guardato con un'espressione indecifrabile e poi l'ha detto.

"Mi piaci, Satori. Come fidanzati, intendo. Non come amici. Voglio mettermi con te. Tu vuoi?"

La cosa peggiore è che ci ho creduto, per un secondo, prima che la realtà mi sbattesse addosso.

Prima che mi ricordassi.

E ora la mia mano rivolta verso di lui è l'unica cosa che mi protegge da quello sguardo penetrante. Ho paura di guardarlo, di vederlo ridere di me.

Non è una cosa possibile, non avrei dovuto crederci nemmeno quel nanosecondo. Io non posso piacere a qualcuno perfetto come lui. Non io.

- Io non voglio andarmene. - dice.

Non sembra che stia ridendo, ma so che lo farà.

Fa malissimo.

- Smettila, ti prego. Abbi un po' di pietà e vattene. - ripeto.

Un buco nel petto. Sembra che la cassa toracica sia aperta e che qualcuno stia infilando una mano dentro di me.

Ushijima sta zitto. Ammutolisce.

Poi lo sento tirare su con il naso.

Una, due volte.

La mia mano tesa in aria, a coprire la distanza fra di noi, diventa molle e debole, cadendo al mio fianco.

Ho paura, paurissima di vederlo ridere, ma mi costringo a guardarlo.

Sta...sta piangendo.

Lo fisso ammutolito.

- Tu...tu stai...perché piangi? - mi ritrovo a dire. La voce ancora spezzata dalle mie lacrime.

Alza lo sguardo su di me.

Sembra...sembra sofferente.

- Sono triste, quindi piango. -

- E perché sei triste? -

- Perché io non ti piaccio. E perché tu non vuoi stare con me. -

La voce mi muore in gola. Che cosa diavolo sta dicendo? E' lui che non vuole stare con me. O...no?

- Tu...tu vuoi davvero stare con me? - mi ritrovo a chiedere. Appena le parole risuonano nell'aria ricomincio a piangere. Quanto sono patetico? La speranza è proprio l'ultima a morire.

Una mano grande si avvicina tremando alla mia e mi tocca.

- Te l'ho detto, mi piaci. E voglio mettermi con te. - ripete.

Non è vero.

- Che cosa ti piace di me? Sono strambo, Wakatoshi, sono strambo e non sono bello. Questo scherzo fa schifo, smettila. - mi ritrovo a dire. Singhiozzo più forte mentre le sue mani mi afferrano dalla vita e mi costringono ad avvicinarmi a lui, che appoggia la faccia contro la mia pancia.

Vorrei respingerlo ma non ne ho la forza. Per quanto sia finto, voglio almeno bearmi un po' del contatto con la sua pelle. E' l'ultima volta che lo avrò. O...no?

Questo "o...no?" risuona in me troppo forte.

Devo sopprimerlo.

Devo sopprimerlo.

Devo sopprimerlo.

- Mi piacciono i tuoi capelli rossi. Mi piacciono i tuoi occhi grandi. E le mani, che sono sottili, sembrano così delicate. Anche le gambe lunghe, e la vita stretta, e il modo in cui mi guardi e ridi quando parlo. E hai un buon profumo. Pensavo fosse il tuo shampoo ma invece sei tu. Sai di croissant appena sfornato, nello spazio tra il collo e la nuca, sotto l'orecchio. L'ho annusato quando siamo andati in trasferta e ti sei addormentato in pullman. -

La mia volontà si sgretola. Che cosa sta dicendo?

- Non mi piace quando parli con le altre persone. E non mi piace che dai i soprannomi ad Eita, e che lo abbracci. Voglio che abbracci me. Ho visto un film alla TV in cui c'erano due persone che dormivano assieme e penso che mi piacerebbe dormire con te. E...e poi mi ecciti anche. I tuoi fianchi, la tua faccia, il tuo...il tuo corpo. Mi...mi eccita. -

Si scosta dalla mia pancia e vedo i suoi occhi pieni di lacrime che si avvicinano ai miei.

- Non so perché tu pensi che ti stia facendo uno scherzo. Non sarebbe nemmeno uno scherzo divertente. Io voglio davvero che tu stia con me. - conclude.

Mi sa che mi sono dimenticato come si respira.

E anche come si sta in piedi.

Le mie gambe cedono, rimango in ginocchio.

Sento la mia testa annuire impercettibilmente.

Prima che possa iniziare a parlare, sento le labbra di Wakatoshi sulle mie.

Sono più morbide di quanto mi aspettassi.

Non è un bacio passionale, è un primo bacio. Per...per entrambi.

E' bagnato, le lacrime di entrambi che si mescolano assieme, le dita lunghe di Toshi sul mio viso, che mi tengono fermo, le mie braccia che si stringono dietro al suo collo.

- Anche...anche tu mi piaci, Toshi. -

E' una storia a cui teniamo entrambi.

- Non ho mai capito perché pensavi ti volessi fare uno scherzo. - mi chiede, poi, stringendomi a sé.

Appoggio il mento sul suo sterno.

- Quando facevo le medie mi hanno fatto molti scherzi del genere e non credevo che fosse possibile che qualcuno come te fosse attratto da qualcuno come me. - spiego.

Grugnisce.

- Posso picchiarli? -

- No. -

- Ma perché? Sono cattivi. -

- E' illegale picchiare le persone, Toshi. -

- Ah, sì, è vero. -

Aggrotta le sopracciglia.

- Comunque sei bello. Avevo paura che mi dicessi che eri troppo bello per me. Per quello non mi sono confessato subito. - mi dice, e io rido contro di lui.

Negli ultimi due anni la mia autostima è di certo salita, questo è vero, ma non avrei mai detto una cosa del genere. Soprattutto al primo anno, a quindici anni, quando credevo che la bellezza fosse una e che non ci fosse posto per me.

Vorrei tanto andare da quel ragazzino insicuro e fargli vedere come sono adesso, a volte.

Ora, quando infilo i miei jeans rossi sopra un maglione nero, insieme a qualche collana fatta a mo' di catena e i Dr. Martens bordeaux che Toshi mi ha regalato al mio compleanno, mi sento bello. E non perché sono bello come un surfista o come un attore di Hollywood. Ma perché sono bello nel mio modo strambo e sbilenco.

Quello bello come un surfista o come un attore di Hollywood è lui.

- Qualcuno ti ha mai detto che non voleva stare con te perché non sei abbastanza bello, Toshi? - gli chiedo.

- In terza elementare la figlia della maestra ha detto che non voleva stare con me perché non avevo gli incisivi. -

Rido ancora. L'immagine di un piccolo Wakatoshi senza incisivi si fa strada dentro la mia mente.

- Comunque uno dei miei ricordi preferiti è quando c'erano le giornaliste davanti a scuola. Mi ha fatto ridere, quella volta. - continua.

Oh, sì, aveva fatto ridere anche me.

Sono seduto sul letto con il laptop davanti. Tiro su con le bacchette un po' di noodle aggrappai sul legno sottile mentre osservo una giornalista bruna farsi strada fra l'ingresso affollato della Shiratorizawa.

Sono del dipartimento di sport e stanno per intervistare Wakatoshi.

E la trasmittente che li manda è una di gossip giovanile, per cui sono pronto, prontissimo a spaccarmi dalle risate. Anche perché Toshi non ha una grande percezione di cosa sia "appropriato" o "inappropriato" né tantomeno è in grado di mentire, per cui sarà un vero e proprio interrogatorio.

La donna si fa strada fra i ragazzi ammassati fino all'albero che precede l'ingresso dell'edificio principale, dove si intravede Wakatoshi seduto su una panchina con il telefono in mano.

Sorride appena allo schermo del cellulare, poi lo mette via.

Ha scritto a me. "Stanno per intervistarmi, ci sentiamo dopo. Ti amo :]"

Le parentesi quadre che ingenuamente usa per scrivere le emoticon sono così tenere che mi si scioglie il cuore.

Alza lo sguardo verso la telecamera, saluta la signora, che si siede al suo fianco sulla panchina, e poi iniziano a chiacchierare.

Dopo un paio di minuti in cui l'argomento principale è la pallavolo e il ruolo che Toshi ricopre nella squadra scolastica e Nazionale under 19, inizia la parte che mi interessa.

- Ushijima, posso darti del tu, vero? Bene, come ben saprai sono molte le tue fan, in giro per la prefettura di Miyagi. - inizia la giornalista, con la voce pacata e carica di significato.

Ma utilizzare riferimenti o allusioni con Toshi non funziona. Il suo cervello non li processa.

- Sì, ho molti fan. Anche tante ragazze. - risponde.

La giornalista si ammutolisce e io scoppio a ridere.

Buona fortuna, ad intervistare l'uomo più serio del mondo.

- Non penso di essere stata molto chiara...allora...diciamo che hai molto successo con le donne. E molte delle nostre telespettatrici vogliono sapere di più sulla tua vita privata. Posso farti qualche domanda? - riprova, con ancora più calma.

Lui annuisce.

- Ok, ecco, sono nato il 14 agosto, sono del segno del Leone. Mia madre fa la casalinga, mio padre il dottore. Il mio cane si chiama Ace. Il mio piatto preferito è il ramen. - dice poi.

Le mie risate sono così forti che si sentono dal corridoio.

La giornalista ha una faccia esasperata. Esasperata e incredula.

Ma è una professionista, e non si lascia intimidire, anzi coglie la palla al balzo.

- E riguardo all'amore? Sei impegnato? - incalza.

- Sì, da un anno e mezzo. -

- E questa persona è qui? -

- Viene alla Shiratorizawa ma ora è al dormitorio. -

Le brillano gli occhi. Finalmente ha messo le mani su quello che le interessava.

- Raccontaci di più! Come vi siete conosciuti? Ti sei confessato tu? -

- Gioca a pallavolo. Mi piaceva molto, quindi gli ho chiesto di metterci assieme e ha accettato. -

- E come sta andando? Senti di riuscire a coniugare la tua vita sentimentale e sessuale con la pallavolo? -

E finalmente siamo arrivati al momento clou. Ushijima non si vergogna a parlare di sesso, anzi, non si vergogna e basta. E' libertino? No, è solo troppo sincero e diretto per preoccuparsi. Sono innumerevoli le volte in cui quando siamo arrivati in ritardo all'allenamento è andato con tutta la calma del mondo a dire al Coach Washijou che eravamo impegnati a fare sesso.

Toshi aggrotta le sopracciglia.

- In che senso? Certe volte devo ammettere che ho voglia di fare sesso mentre gioco a pallavolo...ma non mi viene mai voglia di giocare a pallavolo mentre faccio sesso. - risponde, grattandosi lo spazio fra le sopracciglia.

- Beh, penso che questo voglia dire che hai una vita sessuale normale. Insomma, è tipico dei ragazzi della tua età lasciarsi andare ogni tanto all'eccitazione, no? - dice la giornalista, che non sa nemmeno bene lei come reagire all'atteggiamento totalmente tranquillo di Wakatoshi.

Lui annuisce.

Lei diventa un po' paonazza.

- A parte questo...pare che stiano arrivando delle domande da Instagram per te. Ti lascio il telefono della produzione, non sei costretto a rispondere a tutto, se non vuoi. - si salva lei in corner, tirando fuori un cellulare dalla tasca e allungandolo verso Toshi che lo prende ringraziando educatamente.

Stringe gli occhi per leggere.

Si schiarisce la voce.

- "Quante volte fai sesso in una settimana?" - legge, prima di alzare lo sguardo verso lo schermo.

- Sette. - risponde.

Abbassa lo sguardo di nuovo.

- "A che età hai perso la verginità?" -

- Quindici anni. -

- "Quante ragazze hai avuto nella tua vita?" -

- Nessuna. -

- "Qual è il tuo tipo ideale di ragazza?" -

- Non ne ho uno. -

- "Descrivici la tua ragazza" -

- Non ho una ragazza. -

La giornalista è viola. Tossisce, prima di parlare.

- Penso che intendano la ragazza con cui stai adesso, Ushijima. - gli fa notare.

Toshi non sta capendo. Da' per scontato che tutti sappiano che è gay. Ma non è così.

Afferra il telefono dalla tasca e lo vedo scusarsi un secondo, quando mi accorgo che è me che sta chiamando e che il mio cellulare sta squillando.

Rispondo guardando fisso nello schermo la faccia confusa del mio ragazzo.

>> Amore, ciao, sono io. Stai guardando l'intervista? << dice alla cornetta, e osservo la giornalista assumere un'espressione indecifrabile mentre sgrana gli occhi e guarda Toshi come se fosse pazzo.

>> Sì, la sto guardando. Sei bellissimo come sempre. Perché mi hai chiamato? <<

>> Mi hanno detto che ho una ragazza. <<

>> Penso parlino di me, Toshi. Ti sei dimenticato di dire che sei gay. <<

>> Ah, sì hai ragione. Ok, ciao. <<

Chiude la chiamata sorridendo.

Di nuovo, faccia fissa in camera.

- Mi sono dimenticato di dire che sono gay. Non ho la ragazza. Sto con un maschio. - annuncia poi.

La giornalista si strozza con la sua stessa saliva.

Lo sento ridere al ricordo. A riguardarsi registrato si era reso conto di quanto avesse fatto effettivamente ridere la sua intervista.

Mi abbraccia forte, sento il profumo virile del suo deodorante mentre lo bacio sulla linea del collo.

Cattura la mia bocca e rimaniamo a baciarci con il silenzio della notte attorno.

E' pacato, è calmo, è un bacio tranquillo.

Mi piace sentire come il suo corpo massiccio avvolge il mio, mentre siamo qui, a letto.

Mi lascio tirare su di lui, e finisco con le gambe attorno al suo busto, sempre senza smettere di baciarlo.

E' così familiare questo letto, questo odore, questo rumore bagnato e appena percettibile, che mi rilasso completamente.

- Un altro bel ricordo è la serata della scommessa. - dico.

Ushijima mi guarda con gli occhi a mezz'asta.

- Non farmici ripensare. -

Gemo.

Non posso fare altro che gemere.

Mi dispiace, mamma, tu volevi che fossi un bravo ragazzo.

Ma purtroppo ci sono cose alle quali non so proprio resistere.

E una è il mio ragazzo miracoloso che, oltre ad essere bello e talentoso, è anche spropositatamente grosso.

Il rumore della pelle che preme contro la pelle riempie la stanza, le mani salde di Toshi mi stringono la vita mentre mi muove come se pesassi venti grammi.

- Oddio, Toshi...così...oh Gesu! - mi ritrovo a dire, completamente sopraffatto dal piacere.

La luce del caminetto sfarfalla sulla sua pelle abbronzata e tonica. Morde le sue labbra nel tentativo di reprimere un gemito.

Abbiamo scommesso che il secondo round sarà completamente in mano a chi viene per ultimo. Ovvero faremo qualcosa che l'altro vuole, se ci fa venire prima di se stesso.

E ho paura di aver quasi perso.

Non che sia sempre il primo a venire dei due, ma Toshi ha preso la cosa molto sul serio, come suo solito.

Mi fa muovere sempre più velocemente, accompagnandosi con un lieve sollevarsi del suo bacino per incontrarmi a mezz'aria, entrando dentro di me in un modo che ancora non avevo ancora provato.

Le spinte si fanno serrate finché non mi stringo su di lui e vengo.

Toshi viene subito dopo di me con un mezzo sorriso stampato in faccia, le labbra che si incontrano sulle mie mentre la sua voce trema per l'orgasmo.

Rimaniamo in silenzio e fermi per qualche minuto.

- Ho vinto la scommessa, Sato. - mi dice poi, mentre le sue mani si appoggiano sulla mia schiena nuda.

Sorrido contro la sua bocca.

Posso quasi immaginare la scena dall'esterno. La poltrona di pelle davanti al caminetto sulla quale è seduto Toshi, indosso solo un paio di pantaloncini calati a metà. Io sono completamente nudo, la felpa che avevo addosso è ridotta ad un mucchietto di tessuto per terra. L'arco dolce della mia schiena bianca preme e contrasta contro la silhouette tonica dei muscoli di Toshi.

La stanza è gelida, ma il fuoco e i nostri fiati corti ci scaldano.

Appoggio le labbra sulla punta del suo naso.

- Fammi quello che vuoi. -

Ci mette un attimo a tirarmi su e appoggiarmi alla base del caminetto, seduto sul tappeto morbido.

Si alza.

E' maestoso, dal basso.

So che sono appena venuto, ma potrei venire altre mille volte se continua a guardarmi così.

- Aspetta qui. - mi ordina, prima di scomparire un attimo verso il resto della casa.

Rimango accoccolato su me stesso per quelle che sembrano ore, ma che probabilmente sono minuti. Il freddo raggiunge la punta delle dita delle mani e i piedi, ma prima che mi congeli il mio ragazzo torna.

Torna con in mano una corda e una fascia nera di tessuto pesante.

- Non sapevo che ti piacessero queste cose. - mormoro, deliziato.

A me piacciono. Da sempre. Ma non mi sono mai azzardato a dirglielo.

- Ho visto un documentario sullo shibari, l'altro giorno, e ho pensato che il tuo corpo ci sarebbe stato veramente bene. - mi comunica, prima di afferrare le mie caviglie e allungare le mie gambe, facendomi stare completamente indifeso verso di lui.

Inizia a passare la corda attorno ai miei polsi, sulle braccia, dietro le spalle, sul torace.

E' stranamente bravo.

Un disegno geometrico inizia a prendere forma sul mio petto pian piano che le mani inspiegabilmente esperte di Toshi passano la corda ruvida sulla pelle chiara. Il contrasto tra il vermiglio del tessuto e la mia pelle è netto e affascinante, devo ammetterlo.

Quando finisce rimane a guardarmi come se fossi la cosa più bella che abbia mai visto.

Il mio cuore si riempie. Nessuno mi ha mai guardato così.

E vedere il desiderio, l'amore, la fiducia, la bellezza del suo sguardo è quasi intossicante.

Voglio che mi guardi così per tutta la vita.

- Sei bellissimo. - mi dice, passando la punta delle dita sulla corda.

Arrossisco.

- Mi piace...mi piace la tua pelle con questo colore. La fa sembrare ancora più bianca. - continua.

Prende il lembo di corda che rimane dai miei polsi e lo lega agli anelli del caminetto che servono per contenere gli attrezzi per accendere il fuoco.

Il mio corpo è in tensione e completamente inerme di fronte a lui.

Afferra la fascia nera.

- Posso coprirti gli occhi? - mi chiede.

Annuisco.

- Fai quello che vuoi. Mi fido di te, Toshi. - confermo.

Sorride e mi bacia piano prima di legare il tessuto stretto dietro al mio capo.

Non vedo più nulla.

Sento solo le mani ruvide contro i miei fianchi che salgono fino al mio viso, il rumore scoppiettante del caminetto che fa da sottofondo. La sua bocca è subito sulla mia.

Mi apre le labbra con il movimento insistente della lingua finché non sono completamente in balia dei suoi gesti, finché non gemo e il mio corpo non inizia a tremare. Gemo di protesta quando si stacca.

Continua a baciarmi sulla linea della mascella, sull'incavo del collo, su quel punto piccolo e dolce appena sotto l'orecchio.

- Amo i rumori che fai. - mi sussurra nell'orecchio, mentre la mia voce esce da sola, fuori controllo.

La sua lingua raggiunge i miei capezzoli. Ne circonda uno con i denti, tirando appena, dandomi quel piacere misto a dolore che mi fa sciogliere.

- Sei così sensibile. - commenta.

Le labbra mi tremano mentre sento il rumore sordo della sua bocca che succhia la mia pelle. E' così sensuale, tutto questo. Sensuale e delicato.

Torna su, affonda sul mio collo ancora, lasciando un morso più profondo degli altri e baciandone i contorni sempre in modo lento e dolce.

Quello che mi sta lasciando senza fiato di ciò che mi sta facendo è proprio questa dolcezza. E' come se mi stesse adorando. Mi fa sentire sopraffatto e mortalmente felice.

- Wakatoshi, avvicinati un attimo. - dico, sentendo la mia stessa voce perdere suono per un attimo, mentre la sua mano si dedica a uno dei miei capezzoli.

Sento il suo respiro calmo accarezzarmi il viso.

Sorrido.

Non so quale sguardo ci sia nei suoi occhi, che cosa stia dicendo la sua faccia. Ma posso immaginare molto bene la luce verde scuro delle sue iridi che riflettono lo sfrigolio del fuoco e il sorriso appena accennato sul suo viso.

- Ti amo, Wakatoshi. Tantissimo. - gli dico poi.

Sento di nuovo le labbra che sfregano aperte sulle mie.

- Anche io ti amo, Satori. - risponde.

Le sue mani raggiungono il retro delle mie ginocchia in un attimo.

Sento il mio bacino che si alza, le spalle larghe di Toshi sotto le mie gambe, il suo fiato sotto, in quel punto dove stava entrando qualche decina di minuti fa.

Non l'hai mai fatto.

Non mi ha mai leccato...lì.

Mi vergogno un po'.

- Ehm...non...non devi farlo. - sussurro, ma il mio corpo trema e si inarca non appena sento la sua lingua, calda, morbida, delicata su di me.

- Io voglio farlo. - risponde.

I suoi movimenti sono così calmi e dolci che il piacere si espande su di me come se fosse un'agonia. Non riesco a non gemere, non riesco a non tendermi. Le mie braccia premono contro la corda, sento una punta di dolore, ma nella mescolanza di sensazioni che percorrono il mio corpo è solo una sottile presenza.

I suoi capelli scuri mi fanno il solletico sulle cosce, il rumore basso della sua gola quando geme mi fa tremare.

E' così straziante.

Mi porta vicino all'orgasmo una, due, tre volte.

Ogni volta che sente il mio corpo irrigidirsi si sposta, lasciando baci soffiati sull'interno delle mie cosce, mordendo e succhiando la pelle morbida, facendomi piangere di frustrazione.

Le lacrime bagnano la fascia sul mio viso che ora è appiccicata a me dall'acqua.

All'ennesimo rifiuto di farmi venire, singhiozzo.

Sento il nodo della fascia sciogliersi e la luce rossa del fuoco illumina il viso appena arrossato di Ushijima che mi sorride, con tutto l'amore del mondo.

- Non piangere, Satori, sei stato così bravo. Non piangere, non piangere. - ripete, la sua mano che mi accarezza la guancia.

Sento il suo bacino che preme contro il mio e spalanco le gambe.

- Ti prego, Toshi, ti prego. - riesco a lagnare, mentre la frizione mi fa gettare la testa indietro.

Mi aiuta a tenere le gambe aperte spingendole verso il pavimento, mentre la mia schiena si inarca ancora, e entra in me piano. Un centimetro alla volta.

Il ritmo che assume è dolce.

Dolcissimo.

Il rumore del fuoco e i nostri gemiti in coro ci circondano, la luce sfavillante e mutevole, il piacere che si annida piano piano dentro di me.

Non posso muovermi.

Si muove lui.

Io non faccio altro che rimanere qui e prendere tutto quello che mi dà.

La sensazione di amore in me mi lascia boccheggiante.

Sono così fortunato.

Sono così innamorato.

Mi ama così tanto.

Le sue mani corrono dalle mie gambe al nodo dietro di me e sfanno la corda in pochi secondi, lasciandola completamente intatta attorno al mio petto ma liberandomi le mani.

Circondo il suo collo premendo la fronte contro quella di Toshi.

- Vieni, Satori, vieni. - mormora.

Non sono mai stato così.

Mi rotolo fra le coperte.

- Forse è meglio non parlarne, hai ragione, Toshi. - concordo.

Mi potrebbe venire voglia di rifare una cosa del genere, poi.

- Quando andremo a vivere insieme avremo un caminetto. - aggiungo poi.

Lo sento sorridere contro la mia bocca.

- Un caminetto e una corda. E una fascia. E sai che anche un frustino non sarebbe male? Devo chiedere al ragazzo alto del Karasuno. Lui queste cose le sa. Ne avevamo parlato alla "serata speciale degli attivi". - dice Wakatoshi.

Io sorrido appena.

Questo è un ricordo suo, non mio. Almeno, di mio ce n'è sono una parte.

Accontentatevi.

Arrivo a casa di Oikawa che nessuno dei ragazzi è in grado di intendere e di volere.

"La serata speciale degli attivi", l'hanno chiamata.

Ovvero una sorta di pigiama party a base di alcohol e erba organizzato da Kuroo e Bokuto che ci ha rubato i fidanzati per una sera.

La scena è pietosa.

Tuskisihima ha uno sguardo malefico mentre lo vedo gesticolare in aria qualcosa di poco ortodosso. Pare che abbia rivelato un suo lato - e conseguentemente di Yamaguchi - che nessuno sperava di sentire, ma, ripeto, questa è un'altra storia.

Iwaizumi piange. Piange come un bambino delle parole incomprensibili che si impastano fra le lacrime e il moccio del suo naso. Che schifo. Oikawa corre immediatamente da lui con un urletto. Sono una coppia ridicola.

Asahi sta parlando con Tsukki. Sta...sta mimando delle manette?

Nishinoya, Yamaguchi, che cosa avete fatto?

Daichi è ubriaco a livelli incredibili. Sta cercando Suga con lo sguardo speranzoso da un quarto d'ora, mi dicono.

Continuo a vagare con lo sguardo, finché non intravedo il duo più idiota che mai abbia potuto immaginare: Kageyama e Toshi.

Mi ritrovo a correre verso i nostri ragazzi assieme con il piccoletto arancione del Karasuno.

La faccia di Kageyama si apre, ma non la sto guardando. Sto guardando Toshi che sorride in modo troppo, troppo ampio e che muove la sua mano da una parte all'altra per salutarmi.

Lo stesso movimento lo sta facendo da quando sono arrivato.

E sono a tre centimetri da lui.

Mi abbasso per baciarlo.

Sa di erba.

Oh, morirei per sapere cos'è successo stasera. MORIREI.

- Ciao, biscottino. Come stai? - gli chiedo, strofinando il naso sul suo.

- Sto volando, Satori. Sto volando. - mi risponde, la testa che ballonzola da una parte all'altra.

Ha gli occhi rossi.

- Che cos'hai fatto? -

Ride, mi da un bacio a stampo di quelli rumorosi da vecchia zia rompicoglioni.

- Ho fumato da un dong. - risponde.

Kageyama gli tira una pedata.

- Si chiama gong, Ushiwaka Japan. -

Si guardano.

Si sbellicano dalle risate come se fossero amici di vecchia data e cercano di darsi il cinque ma falliscono miseramente.

- Sono piuttosto sicuro che si chiami bong, amore. - intervengo.

Toshi spalanca gli occhi e mi fissa dritto in faccia, prima di lasciarsi andare in un "oh" di puro stupore.

- Hai ragione! Sei così intelligente, Satori! Sei un...un...un drago." - mi complimenta.

"Un drago".

Nessuno mi aveva mai chiamato "drago" prima. Immagino sia un complimento profondo.

Hinata ridacchia, il suono cristallino della sua voce che attira l'attenzione di Toshi immediatamente.

Lo fissa.

- Mandarino piccino dei corvi. - dice.

Lo fissa.

- Sei proprio piccolino. - continua.

Lo fissa ancora.

- Ti voglio adottare. - conclude.

Non faccio in tempo a fermarlo che si è alzato, ha afferrato il povero Hinata dal bacino e lo ha lanciato in aria.

Il poverino nemmeno grida. E' terrorizzato.

- Guarda come vola, Sato. E' leggero. Leggerino piccino. - commenta ridendo.

Lo stringe con a sé con le braccia in un abbraccio un po' storto.

- Tendou...tendou non res...non respiro! - riesce a mugugnare prima di essere lanciato ancora in aria.

Kageyama si alza barcollando.

Punta un dito verso Toshi.

- Ridammelo. Ridammi il mandarino piccino. - dice, gli occhi che cercano di essere minacciosi ma sono talmente rossi e gonfi da farlo sembrare solo buffo.

Toshi si ferma immediatamente.

Annuisce.

Poi lo lancia.

- Al volo! -

Strike.

Scoppio a ridere con la faccia spiaccicata al suo petto.

- Devi raccontarmela ancora, quella serata. - gli ricordo.

Inizia ad accarezzarmi la schiena piano, la mano grossa e leggera sulla mia spina dorsale.

Sbadiglio.

- Mai. Abbiamo fatto un giuramento. Io ho giurato sul mio cactus. -

Oh, no, allora. Il suo cactus è il suo animale domestico.

Si chiama Sakura.

E' sacro.

Mi lascio andare.

Il sonno sta arrivando.

Mi sporgo per baciarlo ancora una volta. Ho come la fretta di farlo ogni volta che posso. Eppure mi resta una vita intera per continuare a farlo.

Chiudo gli occhi.

- Sai che avevi ragione? - dico, prima di rilassarmi completamente.

- Riguardo a cosa? -

Sorrido.

- Che per addormentarmi dovevo chiudere gli occhi. -

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro