Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

𝚕𝚊 𝚙𝚊𝚞𝚛𝚊 𝚍𝚎𝚕 𝚋𝚞𝚒𝚘

⟿ ✿ ship :: IwaOi

➭ ✧❁ SMUT alert :: "L'ultima parte di strada lo prendo dalla vita e lo tiro su come un sacco di patate, sentendolo ridere in un'euforia scioccata mentre lo trascino."

➥✱ song :: "La paura del Buio", Måneskin

⤜⇾ parole :: 9.812

➤♡❆ comfort fic for :: amalgamas

➸★✺ disclaimer :: volevo solo dire una cosina veloce. questa storia ha l'idea fanon di oikawa "diva", perchè è divertente, ci sta bene con la trama (secondo me) ed è una storia leggera. non c'è oikawa vero e tridimensionale, che è molto più profondo e complesso di così. non dico che oikawa "diva" faccia schifo perchè io lo amo, ma era solo per essere onesta. se cercate oikawa vero, oikawa quello che è umano, ha dei limiti e delle debolezze, c'è una os dedicata (che si chiama "tu mi hai capito"). niente, solo questo, se leggete spero che vi piaccia <3

➠♡༊ written :: 25/04/21

⧉➫ genre :: smut, fluff

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Marcio sulla strada a passi decisi.

So dove devo andare, so come andarci, so dove sono diretto.

Il mio cuore è un miscuglio inspiegabile di tante cose che sono successe, un po' di preoccupazione e un po' di rabbia, un po' di ansia e un po' di impazienza.

Non sempre è facile distinguerle, le emozioni.

Alle volte ti prendono per il collo senza che tu abbia una singola possibilità di sfuggire loro, ti attanagliano il respiro e ti bloccano l'aria nel petto.

Altre volte ti fanno sentire caldo e infiammato, altre ancora ti spengono come un fiammifero gettato senza pietà in una pozzanghera.

Sono perfettamente conscio che non sono uno di quelli che le emozioni le esamina in questo modo, di solito, ma quando mi ci ritrovo in mezzo, cosa devo fare di diverso?

Perché sia qua a camminare di notte su una strada dritta in preda alle sensazioni confuse del mio cervello, vi chiederete.

Me lo chiederei anch'io, se non lo sapessi, che questa cosa esula molto dall'immagine che mi sono formato di me stesso in tutto questo tempo.

Ed eppure, se c'è una cosa che mi fa uscire dal personaggio, quella è Oikawa Tooru.

Oikawa Tooru e io siamo diametralmente opposti.

Mai stato un tipo che esterna, mai stato un tipo leggero o svolazzante o ridanciano come lui, mai stato di quella bellezza giusto un filo femminea che fa fermare le persone per strada.

E dall'altra mai stato lui una persona decisa, mai stato un testardo con idee fisse, mai stato maturo in più di quindici anni che lo conosco.

Non sono uno che crede in stronzate come le anime gemelle, ma ci sono cose innegabili di me e lui che non starò qui a mettere eticamente in dubbio proprio ora.

Gli opposti si attraggono, si dice.

Non so se sia effettivamente vero, so che per me lo è.

Ma questo non vuol dire che certe volte non cozziamo.

Non vuol dire che certe volte interagire sia come prendersi a testate, quando si è così diversi. Certo, abbiamo un equilibrio, un equilibrio fatto di silenzi e parole sussurrate a mezzanotte, di momenti di perdita completa di inibizioni e di corpi intrecciati, ma la realtà ha tante sfaccettature, e il nostro equilibrio è solo uno di essi.

La realtà è che, per quanto lo ami, io e Oikawa non andiamo sempre d'accordo.

Anzi, mi correggo.

Penso di amarlo proprio per questo, direi.

Perché siamo due irreprensibili teste calde che si incazzano a vicenda, credo. Perché non siamo sempre sulla stessa linea su tutto, perché non procediamo nel modo che tutti credono si addica ad una relazione.

Abbiamo litigato una marea di volte.

Certe volte avevo ragione io, certe lui, ma non è quello l'importante, non è chi avesse ragione.

L'importante è che alla fine ci siamo tornati, al nostro equilibrio, con calma e con incazzature qua e là, ma ce l'abbiamo fatta, ed è questo che conta.

Allontanarsi e ricongiungersi, nei limiti del rispetto reciproco.

Non essere sempre d'accordo non significa non amarsi, ho imparato.

Significa avere pazienza e aprirsi.

E in questo non c'è nulla di male.

Certo, però, i momenti in cui ci spezziamo, sono davvero una merda.

Ed ecco, di base, perché sono qui.

Non lavoro, ancora, ma studio. E studio tanto, e faccio tante lezioni, e a venticinque anni sono al secondo anno di specializzazione di medicina sportiva, il che significa essere costantemente occupato.

Mi sono dimenticato del pranzo.

Dovevamo andare a pranzo insieme.

Mi sono completamente dimenticato.

Sono rimasto a seguire i corsi aggiuntivi senza batter ciglio.

Un messaggio, letteralmente un messaggio. Un malvagissimo "la prossima volta a pranzo ci vai da solo, pezzo di merda" scritto di fretta, poi un "stasera esco, ma che cazzo te ne frega", concluso da un altrettanto infido "magari trovo qualcuno che non si dimentichi che deve uscire con me, sarebbe un gran salto di qualità".

Che cosa è successo dopo?

Prima sono tornato a casa, che era il primo posto mi venisse in mente, poi ho vagato per il quartiere, poi l'ho chiamato, poi ho aspettato sbollisse e mi richiamasse.

Dopo sei ore ho capito che non aveva alcuna intenzione di sbollire.

Voleva che uscissi di casa, alzassi il culo e andassi a chiedergli scusa come avrei dovuto fare.

Non amo chiedere scusa, ma se stai con Oikawa Tooru, impari.

Non ha sempre ragione, come ho già detto, ma quando ce l'ha me ne faccio ben poco del mio orgoglio.

Quindi ho raccolto tutta la mia incazzatura e mi sono detto che se voglio le cose che voglio devo lottare e che non ho alcun diritto di mettere Tooru, che è impegnato come se non più di me, da parte per egoistiche pretese universitarie.

Bastava che gli scrivessi o lo chiamassi, ci sarebbe rimasto male ma sarebbe stato comunque meglio che dargli buca.

Per cui, eccomi a chiedere scusa.

Trovarlo è stato difficile?

Nemmeno troppo.

Prima ho chiamato Suga, che mi ha risposto con un "vattene a fare in culo" e mi ha chiuso in faccia, poi ho provato a richiamare la mia personalissima testa calda, poi sono passato ad uno stronzo che condividesse con me il piacere di stare con qualcuno troppo bello e troppo infido per essere vero.

Daichi è una brava persona.

Uno con cui vado d'accordo.

Non che sia stato particolarmente facile, fargli sputare il rospo, anzi.

Sugawara Kōshi gli aveva detto di non dire dov'erano, Daichi non avrebbe ceduto per niente del mondo.

Detto questo, però, so a cosa è debole Daichi, perché è la stessa cosa a cui sono debole io, l'onestà.

Un paio di frasi che non ho intenzione di ripetere in questo momento e qualche parola a metà, ed eccolo che si ammorbidisce, che inizia a lasciarsi scappare le parole, e alla fine, cede.

Dovevo immaginarmelo.

Se Oikawa vuole farmi patire qualcosa, sa come farlo alla perfezione.

Ci sono un miliardo di motivi per cui amo Tooru, non posso negarlo.

E ce ne sono altrettanti che mi mandano fuori di testa.

Tooru piace. Ma non un pochino, non che magari qualcuno lo nota, no.

La bellezza nella sua forma più elegante e sfacciata, quella nel suo corpo prende vita in modo meraviglioso.

Che sia bello l'ho sempre saputo come l'ha sempre saputo anche lui.

Ma quando sei un ragazzino che muore dietro al migliore amico da anni che attira le persone come api sul miele, qualcosa dentro di te si sblocca.

La possessività.

Ho imparato a controllarla? Certo, sono un adulto, e la mia gelosia rimane un problema che riguarda me, non il ragazzo che amo.

Ma mi fa incazzare lo stesso.

Fuori da ogni grazia di Dio.

Oikawa è nato per farsi guardare, lo sa, sa di essere l'insieme raffinato di una marea di caratteristiche che rasentano la perfezione, sa come usarle.

Sa come farmi incazzare, perché sa come mettersi in mostra.

Sono andati in un locale che conosco, non tanto lontano da casa nostra, uno di quei pub dove si beve birra e si chiacchiera.

Non sono particolarmente lontano, lo so, ma ogni passo mi sembra di troppo.

Voglio andare da lui, porca miseria, e voglio farlo ora.

Già me lo immagino, quel maledetto provocatore, lui e i suoi jeans che più che jeans sembrano lembi di denim cuciti assieme da quanto sono ampi gli strappi sulle cosce, una maglietta tagliata sotto il costato giusto a lasciar intravedere una striscia sottile di pancia e...

No, se ha messo quello mi incazzo davvero.

Potrebbe...

Spero per lui di no.

Degli occhiali sto parlando, quelli mi fanno un effetto che al momento tralascerò.

Le persone si scostano mentre cammino.

Immagino di sembrare davvero incazzato.

Forse emano un'aura un po' spaventosa.

Iwaizumi incazzato fa paura?

Iwaizumi incazzato fa paurissima.

La mia incazzatura, in questo momento, è persino più cieca del solito. Sono un tipo minaccioso, non starò qui a dire il contrario, ma se c'è cattiveria nuda in me quando sono gli altri, ad aver fatto qualcosa, immaginate come reagisca quando so di essere la colpa della mia stessa rabbia.

L'idea, mi disturba.

L'idea di Oikawa che muove i riccioli color biscotto nell'aria giallastra delle luci elettriche, degli occhi che si appoggiano su gambe lunghe e lisce che vorrei conoscere solo io, attrazione e parole a mezza voce, il suo... il suo profumo.

Porta lo stesso da che lo conosco, che era di sua madre ma l'ha sempre trovato calzante a se stesso.

Lo è.

Dolce, dolcissimo, zuccherino ma floreale, delicato e non stucchevole, affascinante.

Come lui, credo.

Di quella dolcezza che nasconde una punta acida di veleno.

Come una serpe, con le scaglie lucide e i colori sgargianti, sinuosa nel muoversi e nell'attorcigliarsi nei nodi del suo stesso corpo, ma letale.

Oikawa non è una serpe nel senso che è cattivo.

Tooru è una serpe nel senso che nasconde violenza dietro una bellezza innegabile.

Mi formicolano le punte delle dita.

Non sono un violento.

Una rissa l'ho fatta, qualche anno fa, sempre per la stessa persona per cui ora sto praticamente falciando il cemento, ma era una storia diversa e più difficile, che non mi piace ricordare.

Certo che però i miei muscoli chiedono, implorano di scattare quando si tratta di lui.

Come a voler mettere fine a qualsiasi spettacolo abbia messo in piedi, uno spettacolo mio, che voglio solo per me, Tooru, il mio Tooru...

No, Haijme.

Il "tuo" Tooru, come lo chiami tu, rischi che sfugga e svanisca come i granelli di polvere quando il sole cala, se non hai cura di illuminarlo tu stesso.

Le cose preziose vanno tenute in mano coi guanti.

E io altro che guanti, oggi ho dato ad Oikawa la ruvidezza delle mie mani nude.

Eccola, la porta antipanico all'angolo della mia visuale, un ragazzo alto mi saluta da fuori con un sorriso stanco, agito la mano.

Daichi.

Non voglio che venga coinvolto nella mia rabbia cieca.

Evito una signora anziana con uno spostamento di posizione all'ultimo, i passi che si fanno più veloci, l'aria che inizia a ripartirsi in ogni respiro.

− Iwaizumi, sei venuto davvero, allora! - vengo salutato, quando l'insegna di un locale riflette le sue luci esattamente contro la mia faccia.

Cerco di mantenere i nervi saldi.

− Te l'ho detto, sono disperato. -

− Oh, amico, credimi, lo so bene. Oikawa era... −

Musica nelle mie orecchie, il cognome vocalico che accompagno sempre al mio.

− L'hai sentito? - chiedo alzando un sopracciglio.

− Dalla chiamata di Suga. Stava urlando qualcosa come "Iwa-chan è un figlio di puttana" e qualcos'altro sull'uscire e fare la... − si interrompe.

Si rende conto di cosa abbia detto e si interrompe.

Suga e Oikawa sono amici dai tempi del liceo.

Hanno lo stesso umorismo esuberante, la stessa bellezza letale, molte passioni in comune. Sono inseparabili, legatissimi, in tanti anni sono una certezza.

Io e Daichi siamo venuti dopo, e non sono legato a lui come sono legato a Matsukawa o ad Hanamaki che continuo a sentire regolarmente, ma abbiamo trovato tante cose in comune riguardo la disperazione di stare con persone del genere.

Daichi ha l'anima in pace.

È un tipo geloso, ma lo controlla bene, sa che il possesso è qualcosa di negativo e lui e Suga si proteggono a vicenda, sotto questo punto di vista.

Io e Oikawa, invece, io e lui siamo una storia a parte.

L'ho detto, no, che siamo due teste calde?

Non avete idea di quanto sia divertente, esserlo, che in più di dieci anni non mi sono mai annoiato una singola volta con lui, ma dall'altra sono in tempesta, quando si tratta di lui, e Daichi lo sa, l'ha imparato.

− Fare la...? - riprendo le sue ultime parole.

Si gratta la nuca e scuote la testa.

− No, io non te lo dico. Se mi uccidi poi è resistenza alle forze dell'ordine. - borbotta.

− Scusami? -

− Ho paura di te, Iwaizumi. Non è così strano, sai che fai paura. -

Daichi è alto quanto me. Ha le spalle larghe come le mie, il viso severo come il mio.

E ha tipo sei anni di addestramento di arti marziali alle spalle.

Paura di me?

− Sputa il rospo, Daichi. -

− Ho promesso a Suga che avrei detto il giusto, e questo non fa parte del "giusto". Non voglio essere il motivo della tua rottura, mi ucciderebbe. -

Cretino di un amico.

Altro che vicini, saremo vicini quando l'avrò ammazzato.

− Daichi... −

− Non se ne parla. -

Ok, non vuole parlare.

Non vuole?

Cazzo, no che non vuole.

Usa la testa, Iwaizumi, usa la testa, su...

− Cosa faresti se fosse Kōshi al posto di Tooru, Daichi? -

Bingo.

Una velatura di senso di colpa gli offusca gli occhi, scuote la testa, indietreggia e...

− Non mi sarei dimenticato di uscire con Kōshi. - risponde.

Ahia, questa brucia.

Bastardo, ha ragione, ma c'era bisogno di dirmelo con tutta questa cattiveria?

− E dai, non fare lo stronzo. Sai che non l'ho fatto apposta. -

− Sicuro? -

Abbasso le sopracciglia e stringo lo sguardo su di lui.

− In che senso? -

Daichi sospira piano.

− Non sono cazzi miei, Iwa, ma nei confronti di Oikawa dimostri così poco che... −

Lo interrompo con una risata aspra, bassa.

− Io amo Tooru, Daichi. Sarò anche anaffettivo, ma amo Tooru. -

Sorride, come se mi avesse strappato di bocca una confessione che vale tutta questa smisurata gioia.

− E lui lo sa? -

− Ma certo che lo sa, andiamo, gliel'ho detto un sacco di... −

Oh, miseria.

No, no che non gliel'ho detto un sacco di volte.

Glielo dico quando facciamo sesso, ma quello non vale, miseria. E glielo dico quando bevo, ma neppure quello ha valore.

Quand'è l'ultima volta che ho detto ad Oikawa che lo amo senza che fossimo in una situazione che non mi permetteva di pensare chiaramente?

Merda, merda, l'ho combinata grossa.

− Capisci cosa intendevo, ora? - mi incalza il mio amico che è uno stronzo perché come il suo ragazzo ha sempre maledettamente ragione, sorridendo.

− Forse, ma è inutile che mi guardi come se sapessi tutto, Daichi. -

Alza le sopracciglia.

− Ma io so tutto. -

− Dovresti smettere di stare con Suga. - borbotto.

− Lascerò Suga il giorno in cui tu lascerai Oikawa, Iwa. -

− Potevi dire che non l'avresti mai lasciato senza coinvolgermi nelle tue speculazioni, stronzo. -

− E dove sarebbe il divertimento? -

Prendo aria in silenzio.

Sapevo cosa avrei dovuto fare prima, ora lo so anche meglio.

Devo chiedere scusa.

Via l'orgoglio, via la timidezza o l'imbarazzo di essere onesto, non posso permettermeli.

Sto rischiando di...

No, nemmeno ci voglio pensare.

Tutta la mia vita si basa sulla consapevolezza che ci sono cose che non verranno mai meno. E per colpa mia ora, una di queste, la più importante, potrebbe...

Non permetterò che accada.

Devo mettermi in imbarazzo?

Non me ne frega un cazzo.

Ci sono cose...

Ci sono cose ben più importanti.

− Sono dentro? - chiedo al mio amico, che annuisce.

Sto per entrare, ma mi fermo un secondo con le mani sulle spalle di Daichi.

− C'è qualcosa che devo sapere prima di entrare? -

Il ragazzo sospira, annuisce e abbassa lo sguardo, poi borbotta qualcosa che non capisco.

− Scusa? -

− Ha gli ...li. -

Continuo a non capire.

Alzo un sopracciglio, stringo più forte le dita sui muscoli larghi dell'incavo delle braccia.

− Daichi, parla bene. -

Mi fissa come se si sentisse in colpa.

− Oikawa ha gli occhiali. - dice, e basta.

Nell'ordine mollo Daichi all'ingresso, non ho idea se entri dopo di me o cosa, spalanco la porta antipanico con un unico movimento, entro nel locale che sembra la furia permei ogni singolo centimetro del mio corpo.

No, quello non lo sopporto.

Tooru con gli occhiali è la mia cosa preferita.

E non voglio che nessuno la sporchi guardandola.

Il locale, come ho già detto prima, è letteralmente un pub, niente di eclatante né niente di orrendo, un posto carino dove ti siedi al bancone e bevi qualcosa senza pretese.

Tranne che ora le pretese prendono la forma elegante di un essere quasi mistico.

Ci si può sedere sul bancone di un bar?

Non credo sia agevole per i baristi.

Eppure sembra un trono, da come è appoggiato, dalla mano bianca che sorregge una spalla magra al corpo longilineo e delicato.

Cazzo, mi ero sbagliato, non si è messo i jeans strappati.

Devo averlo fatto davvero infuriare.

Ha messo i pantaloncini corti, quelli sopra il ginocchio che fanno sembrare le sue gambe ancora più lunghe e lisce di quanto già non siano, e la maglietta è legata in vita con un elastico.

Sembra sia uscito di casa senza cambiarsi, ma il look è perfettamente studiato per dare quest'impressione. Quotidiana, senza aspettative, ma con ogni centimetro disponibile di pelle nuda di fronte alle persone.

Un nugolo, sono.

Raccolti in una sorta di coro di fronte a lui, in un semicerchio distante, che studiano il suo viso in adorazione.

Noterei Suga qualche metro più in là, se non fossi completamente concentrato in tutt'altra cosa.

Come ho potuto pensare di andare avanti in quel modo, mi chiedo.

Senza dimostrare affetto.

Oikawa, lo vorrebbero tutti, andiamo. E devo sforzarmi per avere qualcosa del genere, devo lasciarlo libero di scintillare e rispettarlo, o che cosa la tengo a fare, tutta per me, una creatura così meravigliosa?

Le cose belle vanno curate.

E io non l'ho fatto abbastanza.

Gli occhiali li adoro sul suo viso.

Hanno una forma squadrata che si incastona bene contro la linea dritta e minuta del suo naso, accompagnano il viso e mettono in risalto gli occhi color nocciola, gli danno un'aria un po' innocente e un po' sensuale, qualcosa di dolce e speziato proprio come lui.

Come ho potuto pensare di meritarmi qualcosa del genere senza fare nulla?

Devo impegnarmi, per averlo.

Insomma, è...

Oikawa è obiettivamente, onestamente, con il cuore in mano, perfetto.

Per quei primi secondi, nemmeno mi turba l'idea delle persone che lo fissano, sono in completa adorazione e non riesco a reagire.

Meraviglioso, bellissimo, Tooru, il mio...

No, Iwaizumi.

Se non lotti non è tuo.

Se non combatti per averlo, non è tuo.

Devi sforzarti, uscire dalla linea di cose facili della tua vita, e devi farlo perché non puoi avere un dono così miracoloso del cielo, se non te lo meriti per davvero.

Mi vede.

Quando entro, si gira a guardarmi, ma solo per un minuscolo istante.

Sa che ci sono, registra la mia presenza con un broncio, ma lo trasforma l'attimo seguente in un sorriso seducente, lungo, affilato come una lama.

Lo vedo chinarsi in avanti, lasciar intravedere dal collo della maglietta la linea netta delle clavicole, potrei quasi giurare di riuscire a carpire il suo profumo che si spande nell'aria.

Non so cosa stia dicendo, ho bisogno di avvicinarmi per quello.

Ma con ogni passo in avanti, con ogni instante in cui le mie gambe premono sul parquet finto mentre mi sposto, riesco a notare sempre più dettagli.

Un ragazzo a fianco del bancone ha una mano pericolosamente vicina alla coscia affusolata di Tooru, un altro lo guarda dritto negli occhi come pendesse dalle sue labbra, un altro ancora ha le gambe accavallate in quella posizione che tutti i maschi conoscono, quella per nascondere l'eccitazione, intendo.

Mi manda...

In un'altra dimensione.

Da una parte un flusso incessante di senso di colpa, dall'altra la gelosia che si accende, sono ridotto ad uno schifo in un attimo.

Te lo meriti, Iwaizumi, perché te lo meriti.

Ma questo non vuol dire che non ti faccia incazzare.

Vicino, vicino, sempre più vicino, e poi sento la sua voce.

Ride, cristallina e minacciosa allo stesso tempo.

− Sapete, oggi sono qui perché il mio ragazzo mi ha dato buca. Voi non mi dareste mai buca, non è vero? - dice, rivolgendosi all'adorante pubblico che scuote la testa.

Quello con la mano vicino alla sua coscia commette l'errore fatale di appoggiare le sue dita sul ginocchio.

Tooru non lo scaccia.

Vuole che lo veda.

− Nessuno sano di mente ti darebbe buca. Non vale la pena che tu stia con qualcuno che non ti apprezza, cazzo, sei così... −

Bello?

Meraviglioso?

Elegante?

E comunque non è un cazzo vero che non lo apprezzo.

Chi sono questa banda di svergognati per fare pensieri del genere su di me, io, non l'ho ancora capito.

− Ben detto, non vale la pena. E pensare che ho sofferto così tanto... dovrei solo trovarmi qualcuno migliore, no? - risponde Tooru, e la sua frase è come una stilettata fra le costole.

Cazzo, no.

Non voglio perderti.

Non per un errore del genere, ti prego...

− Too... − inizio, ma vengo gelato da uno sguardo affilato.

Mi arresto sul posto, là, assieme allo stuolo dei suoi adoratori, che sono esattamente come loro, in questo momento, lontano e vicino allo stesso tempo.

Non mi piace questa distanza che c'è fra noi.

Ma so che l'ho messa io, e devo rimediare.

− Chissà se uno di voi vorrebbe farmi vedere com'è stare con un vero uomo... − mormora poi, fissando me più degli altri, come a volermi imprimere queste parole nella testa.

Ti imploro, non tirare ancora la corda, non farmi esplodere qui davanti, per favore.

Osservo con disgusto le dita che si stringono sul ginocchio, si muovono sulle distese lattiginose della pelle con cui dormo ogni notte, in un gesto di possessione che non voglio riconoscere.

Mio.

Tooru è mio.

Sarà mio di nuovo.

Ho fatto una stronzata, ma non cancellerà dieci anni di quello che abbiamo.

− Se ci facessi avvicinare, forse. - dice un altro, a pochi metri da me.

Oikawa oscilla le dita in aria, ride ancora.

− Avvicinarvi? Certo, perché no, in effetti, chi non vorrebbe starmi vicino? -

Quanto è vero.

E quanto mi fa soffrire, questa consapevolezza.

Sono un coglione.

Guardalo sfuggirti fra le dita, guardalo...

No.

Iwaizumi Hajime non è uno che si arrende.

L'Iwaizumi Hajime di Oikawa Tooru, quello che so che ama, quello a cui si appoggia, è uno testardo che prende quello che vuole.

Questa messinscena è per farmelo capire.

È per farmi capire che non posso dare per scontato nulla, che non posso non pensarci, che devo prendermi quello che voglio ma farlo sul serio, non lasciandomi irretire da qualcosa di così idiota come il dimenticarsi.

− Possiamo... toccarti? - chiede dunque lo stesso tizio di prima, una mano che si allunga lentamente.

Tooru mi guarda.

Mi guarda come a dirmi qualcosa.

"Lascerai veramente che lo facciano? Così poco, valgo, per te? Incazzati, Hajime, incazzati con me e con loro, con te stesso, lascia andare tutte le stronzate che pensi costruiscano il tuo imbarazzo, fammi vedere che mi meriti".

Immobile.

Per un istante che sembra durare un'era, sto immobile.

Attanagliato dai dubbi, dalle paure, dalla consapevolezza che forse l'ho combinata davvero troppo grossa, questa volta.

Bloccato dalle cose che succedono.

Non pensavo fossi così debole.

E nell'incazzatura, Oikawa lo vede.

Che sono pieno di dubbi e spaventato, che vorrei mille cose ma non riesco a farne una, e fa quello di cui avevo bisogno.

Mi dà una spintarella.

Non una di quelle falciate crudeli, giusto una frase minuscola, buttata lì, per tirarmi fuori dal limbo e darmi il potere di decidere.

In questo momento, riacquisto sicurezza.

Perché lo fa per me, anche se non sembra, anche se potrebbe darsi che la cosa si svolga solo nei processi nella mia mente.

Quando Oikawa si sistema gli occhiali sul volto e si lecca le labbra, lo capisco.

− Non credete che mi stiano davvero bene gli occhiali? - mormora.

Chiaro.

Cristallino e limpido.

Una richiesta palese.

Mi sta dicendo che devo chiedere pietà.

E sono esattamente qui per farlo.

Vedo lo stronzo con la mano sulla sua gamba aprire la bocca per rispondere, ma faccio un passo in avanti bloccando la visuale a metà del pubblico e afferro il suo polso, gettandolo via.

− Togli questa cazzo di mano. - sibilo fra i denti, con lo sguardo ridotto ad una fessura, e la voce gli muore in gola nel tentativo penoso di rispondermi.

Eccoci, uno di fronte all'altro.

Tooru sorride.

Non nel modo crudele di prima, ma come se fosse soddisfatto.

Si avvicina al mio viso.

− Oh, ciao, Iwa-chan, non ti avevo visto. -

Stringo i denti.

− No? Quello spettacolino per cos'era, allora? -

Alza le spalle.

− Per intrattenermi. Che c'è, non posso? Sai, pensavo che saremmo stati a casa a farci le coccole, a quest'ora, ma qualcuno ha deciso di dimenticarsi di me. -

− Non mi sono dimenticato di te. -

Sento una mano appoggiarsi contro la mia spalla, la sua.

Si sporge oltre il mio corpo.

− Come lo chiamate voi darmi buca? - chiede agli adoratori.

− Dimenticarsi di te. -

− Non ti ama. -

− Lascialo. -

Le loro risposte mi fanno salire il sangue al cervello.

− Non è vero, stanno dicendo un mucchio di stronzate, io... −

Oikawa sorride, prende il mio mento fra le dita e si avvicina a premere il naso contro il mio.

− Tu cosa? -

Già.

Io cosa?

Posso dirlo ad alta voce?

No cazzo, non è che "posso", io devo.

Oikawa lo merita.

− Ti amo, Tooru. -

Spalanca gli occhi.

− Sei la cosa migliore della mia vita. Mi dispiace di essermi dimenticato, oggi, sono un coglione. Se tornassi indietro non lo rifarei mai, non l'ho fatto per ferirti, ero preso nello studio e mi è passato di mente. So che non è una scusa decente, ma è la verità. Non farei nulla per farti del male. -

Trattiene il fiato, sbatte le palpebre.

− Continua. - borbotta.

− Eh? -

− Continua, Iwa-chan. Continua o prendo uno di questi stronzi e lo bacio davanti a te. -

Mi viene da ridere, quasi.

È vero che mi dà l'euforia.

Amarlo, mi dà euforia.

− Quando mi annoio a lezione penso sempre a te. A quando giochi e mi fai i cuori con le dita dal campo e sorridi, mi piace anche vederti sudare, la tua pelle scintilla. Ho una tua foto nel portafogli, una di quelle che ti facevano i giornali di Miyagi al liceo. Mi piace quella foto perché eravamo insieme, e mi hanno tagliato fuori, ma si vede che ci stiamo dando la mano. -

Annuisce, le mani sul mio viso diventano due, gli occhi sono... lucidi.

− Non ti metto come salvaschermo perché le persone potrebbero vederti, sai che non mi piace. Ma ti ho come sfondo delle chat così ogni volta che parlo con qualcuno che mi irrita guardo te e mi rilasso. -

Prendo fiato.

Ci sono così tante cose che amo di Tooru, che elencarle potrebbe farmi finire l'aria in gola.

− Sei così bello che credo tu non sia davvero umano. È umano avere delle gambe come le tue? Amo svegliarmi alla mattina con te, non so che cazzo di problema tu abbia ma dormi mezzo nudo dodici mesi l'anno e se mi sveglio con la luna storta guardarti dormire mi rilassa. -

Oikawa si avvicina alle mie labbra, come volesse baciarmi, ma non lo fa.

Sorride e basta.

− Non c'è niente che non mi piaccia di te. Sei irritante, e fastidioso, ma mi piaci lo stesso. Mi fai sentire vivo, e se ti penso sto sempre meglio. Niente mi fa incazzare come l'idea che tu possa star male, se tu sei felice e sorridi potrebbero anche investirmi, non riuscirei a soffrire. So che non ti dico mai che ti amo, so che sono noioso e che non è facile strapparmi fuori con le pinze quello che provo... −

Il mondo scompare.

Ad ogni parola il mondo scompare sempre di più, inglobato dalle cose che scorrono fuori dalle mie labbra.

Oikawa, Oikawa, Oikawa.

C'è solo Oikawa.

Non ci sono i problemi.

Non l'imbarazzo.

Solo e unicamente le gambe lunghe dell'uomo che amo, il suo profumo, le sue dita e il suo viso dolce, le labbra morbide e il suono delicato del suo respiro.

− Sei l'amore della mia vita, Tooru. Sei la cosa più importante, per me, e non voglio perderti perché ho fatto una stronzata. Non so cosa posso fare per farmi perdonare, ma qualsiasi cosa tu voglia, non ho intenzione di farmi lasciare per questo. Ti amo così tanto che penso potrebbe essere persino troppo. -

Sembra che un po' si commuova, ma non proferisce parola, solo una lacrima timida inizia a formarsi all'angolo del suo occhio.

− Non mi sono dimenticato di te, mi sono dimenticato del pranzo. Di te non potrei dimenticarmi mai. E no, non possono toccarti o guardarti o fare quello che gli pare, non voglio. Voglio che torni a casa con me e mi dici che mi ami anche tu e che mi perdoni, anche se non me lo merito, perché non voglio stare un singolo istante della mia vita senza di te, Tooru. Dobbiamo fare così tante cose, io e te. Devo laurearmi e devo mettermi in ginocchio e chiederti di sposarmi, dobbiamo adottare dei bambini e dobbiamo litigare con le maestre dell'asilo, dobbiamo diventare vecchi e fare cose come le parole crociate sotto la copertina di lana, quindi no, Tooru, non mi lasciare. Ti... ti prego. -

Non sono uno che se la cava con le parole, generalmente.

Ma so di essermela cavata, questa singola, unica volta, nel momento esatto in cui sento un paio di mani grandi chiudersi contro le mie guance e un paio di labbra che si appoggiano sulle mie.

Il sapore l'ho sentito stamattina prima di uscire, ma mescolato al sale delle lacrime e alla sensazione di riaverlo qui, è migliore.

Mi chiude le braccia lunghe dietro la schiena, preme il petto contro il mio e circonda la mia vita con i polpacci, la bocca che si apre e il respiro mozzato, e diventa in un istante tutto quello che riesco a pensare.

A Tooru, il mio Tooru, la mia creatura meravigliosa e malefica.

− Sei un cretino, Iwa-chan. - borbotta, fra un bacio e l'altro, tirando appena su col naso.

− Lo so, lo so. Ma ti amo, Dio, quanto ti amo... − ripeto, cercando le sue labbra come se fossero aria.

I momenti in cui ci spezziamo sono una merda.

Quelli in cui prendiamo i tagli stracciati della rottura e li facciamo combaciare un'altra volta rimettendoci in piedi, quelli, sono quasi magici.

Di solito mi vergogno, di dimostrare affetto in pubblico.

Ma ora mi sembra di essere talmente solo con Tooru, talmente preso da lui, che non m'importa quasi nulla.

Mi importa delle sue cosce lunghe che mi si stringono in vita e delle ginocchia che premono verso l'interno e del sapore delle sue labbra.

− Mmh, sono ancora arrabbiato. -

− Mi dispiace, Tooru, mi dispiace. -

− Fatti perdonare. -

Parliamo a mezza voce, non so cosa pensino gli adoratori di Oikawa che fino ad un attimo fa credevano di avere una chance, non m'interessa.

Mio, mio e basta.

Tutto mio.

− Cosa vuoi? - chiedo, appoggiando la fronte contro la sua.

Non fermo le mani, non riesco.

Scorrono sulla maglietta e litigano col nodo per slacciarla e coprire la pancia nuda, si stringono sul retro del collo, si ancorano alle gambe.

− Voglio che mi ricordi perché stiamo insieme, Iwa-chan. -

Inarco un sopracciglio.

− Non bastava il mio discorso strappalacrime di prima? - scherzo.

− No, no, sto parlando di un'altra cosa. -

Provocatore maledetto.

Dovevo aspettarmelo che mi avrebbe fatto patire come un cane per poi chiedermi esattamente... questo.

Si avvicina al mio orecchio con le labbra, scorre sul mio collo e sulla mascella dalla parte opposta con la mano, morde il lobo appena.

− Voglio che mi porti a casa e mi scopi fino a farmi finire la voce, Iwa-chan. -

Avete presente com'è ubriacarsi?

Uguale.

La vampata di alcol che ti sembra salire dai piedi fino alla testa, fermarsi nel corpo e bollire sottopelle?

L'eccitazione, con Oikawa Tooru, funziona allo stesso, esatto modo.

Sale dal basso, si ferma fra le mie gambe, si ferma sul mio cuore, annebbia il cervello.

− Tooru? -

− Che c'è, non ti va? -

Appoggio il naso contro il suo, incastro il viso di lato, premo le labbra contro le sue.

− Te l'ho già detto, ma voglio ridirtelo. Sei la cosa migliore della mia vita, Tooru. -

Sorride contro la mia bocca.

− Lo so, Iwa-chan, lo so. Tu sei la migliore della mia, anche se sei un testone che si dimentica le cose. -

− Scusami, scusami, ti amo, ti amo... − manco so quello che sto dicendo, a dirla tutta.

Sono confuso, e le cose sono tutte nebulose, vicino a noi, ma continuo a parlare e a parlare ancora.

Mi rendo conto di dove, in realtà, io sia, quando uno dei tipi vicino a noi si schiarisce la voce in gola.

− Ahem, possiamo... possiamo andare? Siete belli, ma questa cosa inizia ad essere imbarazzante. -

Divento viola.

Sento la mia faccia accendersi di imbarazzo mentre calo la fronte contro la spalla di Oikawa e nascondo la visuale.

− Merda. - sussurro.

Tooru ride.

Il petto che si muove delicatamente contro il mio in un suono dolce e alto.

− Sparite, prima che si incazzi ancora. Il mio Hajime è un tipo un po' rabbioso. - conferma, correndo con le dita lunghe fra le ciocche dei miei capelli e baciandomi il capo.

− Mmh, forse. - borbotto.

− Decisamente. Sembrava che avessi visto un fantasma, dalla faccia che hai fatto quando sei entrato. -

Non lascio la mia postazione, rimango con gli occhi coperti contro l'incavo del collo dove profuma di zucchero.

− Ero incazzato, Scemokawa, sai che sono geloso. -

− Lo so, lo so, l'ho fatto apposta. È stata una tale soddisfazione vederti che nemmeno immagini. -

− Sei una serpe. -

Lascia una traccia delle unghie corte sul mio collo grattando appena la pelle.

− La tua serpe. -

Annuisco contro di lui.

− La mia serpe. -

Rimaniamo un istante in silenzio, io a godermi le braccia che mi si stringono contro, le mani, l'odore, le sensazioni di Tooru che conosco e che non voglio perdere per niente al mondo.

− Non lo farò mai più, te lo prometto. - borbotto poi.

− So anche questo. Mi fido di te, ero arrabbiato ma sapevo che non avevi smesso di amarmi, Iwa-chan. Stiamo insieme da una vita, io e te, ti conosco. -

− Sono stato un coglione lo stesso. Non è che perché ti fidi di me devo approfittarne, sai com'è. Me la devo meritare, la cazzo di fiducia. -

Scorre, il contatto, scorre fra le scapole e scorre contro la schiena.

− È vera, quella cosa della foto nel portafogli? Non l'ho mai vista. -

− Prendilo, è nella tasca. -

Allunga un braccio verso la tasca posteriore dei pantaloni, mi tira un buffetto al sedere prima di tirarlo fuori che è comunque un essere profondamente irritante, poi lo sento aprirlo senza che abbia bisogno di guardarlo.

− Non la vedo. -

− Dietro la patente, così non si rovina. -

So perfettamente cosa sta facendo, perché lo faccio spesso io stesso.

Passare con il pollice sulla superficie plastificata dei documenti, tirarli su e infilare le punte delle dita dietro, afferrare un minuscolo lembo di carta sottile e trasparente, ritagliata male da una rivista di bassa qualità.

Ed eccola, la forma del corpo alto in una descrizione più acerba, le spalle sottili e il sorriso smagliante, la divisa azzurra del liceo e il braccio che si allunga sulla destra, la mano intrecciata a dita più scure, di qualcuno che non si vede.

− Sei davvero tenero, Iwa-chan. -

− Non è vero. -

La rimette a posto con calma.

− Andiamo a casa? - chiede, poi.

Non mi sono ancora staccato.

− Posso scoparti qui, se vuoi. Come ti pare. - rispondo, e lo sento scoppiare a ridere.

− Andiamo a casa, allora. - dice alla fine.

Non voglio staccarmi.

Non voglio, miseria.

No, voglio rimanere ancora un po' qui, a crogiolarmi nel profumo di Oikawa, a godermi le sue dita fra i capelli, sì, chiudo solo un attimo gli occhi e poi...

− Pensavo saresti durato di più, Tooru. - sento dire da una voce sottile ed elegante.

Sugawara.

− Sai che non so resistere al mio Iwa-chan. - borbotta la stessa persona che continua a stringermi fra le braccia.

− Mi aspettavo come minimo una lap dance, come quella volta che... −

Mi stacco in un secondo.

− Quale lap dance? -

Suga si copre la bocca con la mano.

− Come non detto. Oh, si è fatto tardi, chissà dove è finito Daichi, ora vado a... −

Guardo lui, guardo Tooru.

− Ho chiesto quale lap dance. - ripeto.

Oikawa mi tira uno schiaffetto sul braccio.

− Un giorno te lo racconterò. Chiedimi di sposarti e te ne faccio una, Iwa-chan. -

− Tooru vuoi sposa... −

− Non ora, idiota! Devo essere vestito bene, quando lo farai, non mezzo nudo in un bar brutto come la fame. E voglio un anello. E che tu faccia un super discorso e dichiari di fronte ad un vasto pubblico quanto tu sia fortunato a poterlo chiedere a me. -

Sbuffo.

− Io volevo la lap dance. -

Suga alza le spalle.

− Mi spiace, per ora rimane una mia prerogativa. -

Infila la lingua fra i denti mentre si gira per chiamare Daichi verso di noi.

Prendo aria guardando Oikawa.

− Suga ti ha visto fare una lap dance? E non io? -

− Tesoro, ci sono cose che sono solo per gli amici. -

Sono genuinamente offeso.

Non ho chissà quale fetish per gli strip club, ma ditemi che l'idea di un Tooru molto molto scoperto su un palo ad agitare le gambe non vi fa venire la bava alla bocca.

− Hai un video? -

Ridacchia e mi prende la faccia fra le mani.

− No, mi dispiace. Ma prima o poi, forse... −

− Forse un corno, Schifokawa, se scopro che fai i balletti da stripper a qualsiasi persona non sia io faccio un genocidio. -

Si allunga e mi bacia la punta del naso.

− Il mio piccolo Iwa-chan, sei proprio un gelosone. -

Eh, direi.

− Suga? - chiama poi il suo amico.

Vedo un riflesso argentato vicino al mio occhio ma non mi giro a cercare lo sguardo dell'ex alzatore del Karasuno, rimango a fissare Tooru.

− Dimmi. -

− Se vado a casa ti offendi? -

Alza le spalle.

− No, no, secondo te perché mi sono portato dietro Daichi? Sparisci, stronzetto. -

Oikawa schiocca la lingua.

− Sei la mia vita, Kōshi. -

− Sì, sì, chiamami quando hai fatto, voglio vedere se sei morto. -

Oikawa gli fa l'occhiolino.

− Contaci. -

Stanno parlando di me, vero? Ho la sensazione che stiano parlando di me.

Ma non so cosa dire, cazzo.

Diciamo che questi due forse è meglio lasciarli stare.

Non sono una combo comprensibile, e sono pure parecchio pericolosi.

Fa' finta di nulla, Hajime, scegli la sopravvivenza.

− Su, Iwa-chan, andiamo. - vengo incalzato nel bel mezzo delle mie speculazioni da un buffetto sulla spalla.

Mi riprendo scuotendo la testa.

− Ah, sì. -

Ora, casa nostra è vicina al pub. Vicina cioè che ci vogliono tipo dieci minuti a piedi.

Ma vi assicuro che camminare con l'eccitazione che ti dà alla testa, non è affatto facile.

Diciamo che è più io che corro e trascino il povero Tooru sull'asfalto insultandolo quando rallenta.

E che ce le ha a fare, quelle gambe lunghe, se non le muove.

L'ultima parte di strada lo prendo dalla vita e lo tiro su come un sacco di patate, sentendolo ridere in un'euforia scioccata mentre lo trascino.

Ma inizio ad eccitarmi, e inizio a spazientirmi.

Per cui sì, marcio con Tooru addosso fino a casa, questa volta il portinaio scioccato lo saluto, mi infilo su per le scale che l'ascensore mi rallenterebbe, e due piani e il sudore che mi imperla la fronte sopra, sto spiaccicando il mio ragazzo contro il divano.

− Dio, Iwa-chan, come sei forte. - lo sento sospirare, mentre atterra con la schiena sui cuscini.

Alzo gli occhi al cielo.

− Piano con le lusinghe, tu. -

− Mmh, perché? Ti eccitano? -

Le scarpe le scalcio indietro, prima di arrivare di fronte al divano e stringere nel modo in cui non potevo fare in pubblico la base del suo viso fra le mani.

− Come se non fossi già abbastanza eccitato. Ti sei visto? -

Sporge il labbro.

− Dammi un bacio, Iwa-chan, su. - chiede.

Di solito glielo faccio patire, e qualcosa ho intenzione di vendicarla nonostante non ne abbia alcun bisogno, ma per ora accondiscendo e mi chino contro di lui.

Mi bacia con soddisfazione, e io con calma, le labbra che si impastano assieme in un rumore umidiccio.

− Posso fare... − mi blocco.

Sa cosa intendo.

Non so come dirlo.

− Fai quello che ti pare, Hajime. Non è che se abbiamo litigato ci mettiamo a fare sesso vanilla, ti prego. - risponde.

Rido.

− Che ne so, magari volevi che ti abbracciassi. -

− Oh, certo che lo voglio. Quando sarò mezzo morto e mi starai riportando alla vita. -

Sorrido.

E poi, prevedibilmente, finisce tutto come doveva finire.

La mano alla base del viso diventa mano intrecciata al collo, diventa pressione e diventa viso che si arrossa.

− Hai idea di quello che mi è passato per la testa quando ti ho visto fare la troia in quel locale, Tooru? -

La mia voce esce più cruda del solito.

Ma a lui, e a me, piace così.

Scuote la testa senza rispondere.

− Ti sei fatto toccare da qualcuno che non fossi io. Cosa devo farci io con te? -

Si morde il labbro nel tentativo di non lasciar uscire il fiatone che invece è palese abbia.

− Puniscimi, Iwa-chan. - mima con le labbra, senza parlare.

Ah, la mia vita, che bella che è.

Che belle che sono le labbra di Oikawa mentre mi dice le cose più disinibite sussurrando, che bello il suo viso, che bello lui.

Sorrido.

− Quanto cazzo ti amo, Tooru. - dico, ridacchiando.

Alza le guance.

E si sorprende quando lo tiro su.

Lo tiro su completamente vestito, le scarpe nemmeno slacciate, e lo trascino in camera da letto.

Voglio adorarlo, e voglio punirlo, e voglio stare semplicemente un po' con lui rannicchiato nell'accoglienza del nostro letto, mi fa sentire al sicuro.

Lo mollo sul materasso che caccia un urletto confuso.

− La smetti di scarrozzarmi in giro? - si lagna, tirandosi a sedere sul bordo del letto per slacciare le Converse glitterate per nulla sobrie che porta ogni giorno.

Mi tiro su la felpa dal torso.

− Non se ne parla. -

− Sei un cavernicolo, Iwa-chan. -

Mi tolgo i pantaloni.

− E tu sei una troia. -

− Meh, forse. Ti spicci? Amo vederti nudo, ma vorrei anche finire prima di... ah! -

Si sorprende quando salgo sul letto e lo spingo indietro.

Non ho tolto le mutande, ero di fretta, ma tranne quelle sono praticamente... nudo.

− Indietro, Tooru. -

− Eh? -

− Vai indietro. Contro la testata del letto. -

− Che cosa vuoi fa... −

Quando afferro il suo viso, la sua guancia, questa volta, rimane completamente in silenzio.

− Fai quello che ti dico. -

Non protesta.

Fa quello che gli dico.

Ed ecco che mi allungo verso il comodino delle meraviglie - non accetto alcun tipo di criticismo sulle abitudini sessuali mie e di Oikawa, facciamo di tutto e lo so - e tiro fuori un paio di manette che non ricordavo nemmeno di aver mai comprato.

C'è davvero qualsiasi cosa.

Pensavo di trovarci una corda, che so, forse una cravatta che la cintura è rigida sui polsi e non voglio fargli troppo male al momento, ma ecco, ci sono queste, prendiamo queste.

Faccio passare la catenella oltre la sbarra centrale della testiera e prendo i suoi polsi con delicatezza.

− Ti va? -

− Sì, sì, va bene. -

Rimane in silenzio, a fissarmi il petto mentre lo sistemo, un sorriso lieve sulle labbra.

− Sei pronto? Sono troppo strette? -

Scuote la testa.

− Vanno bene. -

Rimaniamo a fissarci.

Che bello, il mio Tooru.

Bello quando mi provoca e bello quando mi prende per il culo, ma bello come il sole anche quando è così offerto e offerente, disposto per me.

Indietreggio solo con il torso, le cosce aperte accanto ai suoi fianchi, lo guardo meglio.

− Sei così... −

− Incredibile? Bellissimo? - mi interrompe.

Mi strappa una mezza risata dalle labbra.

− Fastidioso. -

Fortunatamente si è tolto la maglietta prima che gli mettessi le manette e per quanto riguarda i pantaloncini mi occupo di sfilarglieli io, lasciandoli scorrere lentamente su tutte le gambe.

− Non vedevi l'ora di farlo, di' la verità. -

− Verissimo. -

È che sono... così belle, come tutto di lui.

Tanto che ci sono levo di mezzo anche le mutande, le lancio dietro di noi, lo guardo appena chiudere un istante le ginocchia.

Poi mi sorride sornione, prima di aprirmele davanti alla faccia.

− Scopami, Hajime. - dice.

Sì.

Cioè, insomma...

Sì.

Assolutamente.

Devo controllarmi per evitare che mi esca la bava dalla bocca.

− Come ti permetti? Prima quella scenata e ora che mi preghi? - rispondo invece, alzando giusto un angolo della bocca mentre mi faccio strada fra le sue gambe.

Appoggia il retro di una delle ginocchia sulla mia spalla, fa' appena il broncio.

− Per favore? -

− Mmh, no, ancora no. -

Osservo la sua schiena inarcarsi un po', gli occhi luccicare e le ciglia folte che sbattono.

− Ti prego, Hajime. Ti prego. -

Cedo di un pochino e prendo quantomeno il lubrificante.

− Non basta. -

− Cosa vuoi che ti dica? Che ti amo? -

Alzo le spalle.

− Anche. E che non volevi davvero trovarmi il rimpiazzo stasera. -

Scuote la testa ridacchiando.

− Come se avessi potuto. Pensi che sia così facile, Iwa-chan? Pensi che mi farei dare della troia da uno qualsiasi? -

Stringo le dita sul suo collo una volta ancora.

− Non sono io che ti do della troia, sei tu che sei una troia, Tooru. -

− Non era quello il punto, testone. No, non volevo trovarti il rimpiazzo, volevo farti incazzare. E so come far scattare il mio uomo. - riprende.

Sono davvero debole ad Oikawa, forse.

Ad un livello quasi eccessivo.

Non dico nulla, non ho nulla da rispondere, ma tiro su il lubrificante e ne spremo un po' sulle dita di fronte ai suoi occhi.

− Apri le gambe. -

− Subito. -

Ne fa uno show.

Di qualsiasi cosa, Oikawa fa uno show, ma del sesso in particolare.

Tutto un gioco di lentezze strazianti e strisce di pelle luminose.

Abbassa le cosce in un tempo che sembra quasi infinito.

Quando lo tocco, geme quasi subito.

− Iwa-chan! - mi chiama.

− Non ho nemmeno iniziato. Fai piano, Oikawa. - lo sgrido.

Lo sento abbassare il bacino verso la mia mano con il torso completamente steso sul materasso, verso l'alto.

Quando le prime due dita entrano, mi rendo conto che l'ordine, quell'ordine in particolare, non ha speranze di essere rispettato.

Anzi.

Si stringe proprio, e geme il mio nome, e si inarca.

− Cazzo, ancora, Iwa-chan, ancora... − mi prega, nel primo istante in cui piego appena le dita verso l'alto.

So come gli piace.

Lo so bene.

− Non lo so, te lo meriti? - gli chiedo, tirandole fuori.

Annuisce.

− Sì, sì, ti prego, farò il bravo, te lo prometto, solo... −

Ne metto dentro tre, la spinta successiva della mano.

Gli rotolano gli occhi all'indietro.

Tornano in linea quasi immediatamente.

Tooru perde il controllo.

E io amo farglielo perdere.

Spremo una delle sue cosce aperte e muovo le dita fuori e dentro da lui, il rumore umidiccio del lubrificante che risuona in tutta la stanza, la sua voce che danza nell'aria.

− Così, Tooru? -

Annuisce, non riesce a rispondere.

Non abbiamo fatto sesso molto di recente, ora che ci penso.

Saranno passati due o tre giorni, che per noi sono un sacco di tempo.

Forse è per questo che è così sensibile.

− Più... voglio... − balbetta poi.

La mia mano entra dentro di lui, le falangi salgono, osservo nei suoi occhi il lampo di piacere che defocalizza le iridi scure.

− Cosa vuoi? -

Non risponde subito, anzi, ha trovato il punto che gli piace dentro se stesso e il suo bacino si muove verso il basso come ad incontrare la mia mano.

Lo fermo con le dita che si imprimono contro il suo fianco.

Viola, impronte digitali scure su pelle chiara.

− Ti ho chiesto che cosa vuoi, Oikawa, non di metterti a fare la puttana sulla mia mano. -

Occhi vitrei, grandi come fanali spalancati di fronte a me, lacrime che si formano nella sensazione di umiliazione che piace tanto ad entrambi.

Tira su con il naso.

− Voglio... dentro... −

− Continuo a non capirti. Devo alzarmi e lasciarti qui? -

Minaccia totalmente surreale, ma che in un certo qual modo il piccolo Tooru devastato dal piacere che non ottiene registra.

Scuote la testa con più enfasi di quella che sarebbe necessaria per convincermi.

− Te, Hajime, voglio... te. -

− Me o il mio cazzo? -

Arrossisce.

Oikawa Tooru è in grado di arrossire?

Quando abbatto le sue barriere, non solo.

Quando non è l'affascinante misterioso essere umano che attira ogni persona sulla terra, Oikawa è una creaturina fragile, e io sono uno stronzo dominante.

Equilibrio che non esiste fuori dalla camera da letto.

Ma che qui funziona come oro colato.

− Il t... −

Tiro fuori la mano e la stringo alla base della mascella.

− Ah quindi mi ami solo per quello? -

− No, no, io... −

− Dillo, Tooru, avanti. -

Fa no con la testa.

− Se non lo dici non lo metto dentro. -

Si vede, quando qualcosa lo disturba, soprattutto in questa posizione. Preme i polsi contro le manette e ancora la mia vita con le gambe, si inarca e mette il broncio.

− Iwa-chaaaan... −

− Non se ne parla, Tooru. Fai il bravo bambino e forse penserò di darti qualcosa per farti stare meglio. -

Tira su col naso.

− Io amo il... −

È così difficile da dire?

Vuole rendermi la vita un'impresa impossibile.

Stringo gli occhi.

− Cinque... −

− Che cosa? -

− Quattro... −

Panico, sul suo viso meraviglioso.

− No, Hajime, aspetta, che succede se... −

− Tre... −

− No ti prego non andare via, aspetta, ora lo dico, un secondo... −

− Due... −

Sto per formare la "u" di uno, che lo dice. Imbarazzato e felice, con il viso arrossato e la timidezza spezzata dell'umiliazione.

− E va bene! Amo il tuo cazzo, Hajime, ok? Amo lui e amo te, e volevo farti incazzare sia perché sei stato uno stronzo sia perché mi scopi più forte quando sei geloso! Ma non te ne andare, ti prego... −

Mi viene da ridere.

− Non me ne sarei andato. -

− E allora perché... −

Spalanco le gambe, metto una generosa quantità di lubrificante su me stesso, ci allineo.

− Per farti venire l'ansia. -

− Bastar... cazzo! -

Di nuovo, i suoi occhi si girano in quel modo osceno quando entro.

Anche i miei si girerebbero, se fossi un tipo che lo fa.

Miseria.

Io e Tooru facciamo sesso in maniera regolare da... sette anni? Sette e mezzo?

E non so se sia io grosso, lui stretto o una combo delle due ma la sensazione è sempre...

− Ha...ji...me. - mi chiama, strofinando un polpaccio sull'incavo della mia schiena.

− Tooru. -

− Muo...viti. -

Muovermi?

Muovermi.

Mani sulla vita, bacino di Oikawa fra le mie mani alto a mezz'aria con la schiena ben tesa verso la testiera del letto, indietro lentamente e poi...

Dentro.

Ecco, il posto dove devo stare.

Non importa quanto siamo diversi, non importa quante liti facciamo, quanta paura abbiamo di perderci.

Io e Tooru siamo fatti per stare insieme, per stare così, collegati e uniti e stretti, completi in due, difficili ma compatibili con fatica.

Saremo anche due stronzi testardi, ma alla fine, cazzo se ci amiamo.

E basta questo, direi.

− Ancora, ancora, ancora... − mi sento pregare, ad ogni spinta, sempre di più, sempre più forte.

La testata del letto batte contro il muro in un rumore che potrebbe causarci qualche problema, ma non m'importa, e la pelle di Oikawa è bianca martoriata dai segni delle mie dita, i suoi capelli sudaticci e soffici contro il lenzuolo, meravigliosi, come lui.

Getta la testa all'indietro, io mi abbasso sul collo.

Non mordo, ma inspiro l'odore.

Mi fa sentire in un'altra dimensione.

− Ti amo, Tooru... − mi scappa poi, una spinta particolarmente forte e un ansimo dopo.

− Anche io, anche io, ancora, più forte, lì, cazzo... −

Non si capisce niente di quello che dice, persino sbava, un po', ma è bello, così bello che nemmeno sembra vero, cazzo.

Appoggio le mani sul retro delle sue cosce, le piego, eccole che fanno contatto con le spalle, piegato in due, piegato in due solo per me.

Più esposto.

Sente di più.

Urla... urla di più.

− Hajime! -

Mi arriva al cervello, quel modo in cui mi chiama.

Un'altra volta come se fossi ubriaco, su dalla spina dorsale e in tutto il corpo.

Non ho più controllo di me, dopo.

Non dei movimenti che diventano secchi e violenti, non del rumore che si spande della pelle che sbatte contro la pelle, non dei miei stessi gemiti gutturali o del modo in cui chiamo il nome del mio ragazzo.

Non so perché le mie dita si stringano più forte, non so cosa mi piaccia di vederlo perdere l'aria dalla gola e riprenderla un istante dopo l'altro.

So solo che è il modo in cui mi guarda, che mi manda fuori di testa.

Adorante.

Come io adoro lui.

Dio, quanto lo amo.

− Dentro di... −

− Dentro di te, cazzo. -

− Sì, Iwa-chan, sì, sì, sì... −

Diventa tutto un filare di "sì" urlati da una voce sensuale.

E poi tutto si assorbe e si espande, quando veniamo.

Prima Oikawa, prima Oikawa che si stringe attorno a me e bagna i nostri petti congiunti con il suo orgasmo, e poi io, forte tanto da perdere il fiato.

Interi minuti.

Tensione sorda che si spezza.

Aria che entra ed esce dai miei polmoni mentre gocciolo sudore sulla pancia chiara e tesa di Oikawa che ancora è inarcato, costretto dalle manette ad essere teso.

− Arri... arrivo. - borbotto.

Non risponde.

− Sei... sei vivo? -

Mi affretto a cercare le chiavi nel cassetto, dopo qualche minuto le trovo, le apro, e adagio i polsi sul materasso con delicatezza.

Sono segnati da una linea sottile e rossa.

− Un quarto... un quarto d'ora. - mugugna poi.

Mi lancio quasi al suo fianco quando apre le braccia per accogliermi.

− Poi lo rifacciamo? - chiedo.

− Ah-ah. -

Gli bacio la fronte madida di sudore.

− Ok. -

Non parliamo molto, mai quando siamo in una situazione del genere, ma ci godiamo noi stessi.

Ad un certo punto, poi, una mano chiara si appoggia su un mio pettorale, proprio sopra il cuore.

− Me lo ridici? -

− Cosa? -

Mi guarda.

Non parla, ma mi guarda e basta.

Credo di capire.

− Ti amo, Tooru. Sei la cosa migliore della mia vita. - sussurro.

Strofina le labbra aperte contro le mie.

− Ancora una volta. -

Prendo fiato, lo abbraccio con calma portandolo sopra di me e mi concedo una profonda occhiata, dolce e piena di tutto quello che amo.

Sorrido.

Cazzo, quanto sono innamorato.

Troppo.

Annuisco.

− Sai una cosa? -

− Cosa? -

Ridacchio piano.

− Tutte le cazzo di volte che vuoi. −

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro