12. Contagio
Lo studio di Silente era una stanza dalle modeste dimensioni le cui pareti erano scomparse dietro alte librerie dalle quali spuntavano rotoli di pergamena e libri di ogni forma e dimensione dalle copertine consunte.
Il pavimento ospitava un tappeto scarlatto dai ricami dorati con segni di bruciatura in più punti. La scrivania era un imponente tavolo di legno di ebano la cui superficie lucida appena si scorgeva sotto tutti i fogli accumulati e le penne d'oca sporche di inchiostro.
Sarebbe sembrato un ambiente accogliente, con il caminetto acceso scoppiettante che ci fissava dall'altro lato, se non ci fossimo sentiti i glaciali di Silente scrutarci mentre passeggiava ripetutamente avanti e indietro davanti a noi.
Io, Colin e Melissa eravamo stati convocati nel suo ufficio un istante dopo essere riusciti a mettere in salvo l'Erkling dentro la valigia. Il professore di trasfigurazione ci aveva recuperati uno alla volta dalle nostre stanze e, senza dire una parola, ci aveva condotti nel suo ufficio.
Cercai di gettare occhiate di sottecchi ai miei amici e lessi nello sguardo di Colin una sincera paura, mentre lo sguardo della ragazzina era sfuggente, come sempre. Mi scoprii a chiedermi quali potessero essere i suoi pensieri piuttosto che temere per la nostra sorte.
Cosa ci sarebbe successo? Il silenzio di Silente era estenuante. Saremmo stati espulsi? O peggio?
Perchè non faceva altro che osservarci da sopra la punta del suo naso appuntito, attraverso le lenti immacolate?
Il suo sguardo era indecifrabile e non appena incontrò il mio, io abbassai gli occhi terrorizzato.
Quando la porta si aprì di scatto tutti e tre sobbalzammo. Quella venne richiusa sbattendo e l'uomo che conoscevamo come l'incappucciato avanzò con le sue lunghe falcate sicure.
Per la prima volta lo vidi in volto alla luce delle candele.
A malapena riuscii a deglutire. La prima immagine che riuscii ad associare alla sua figura fu quella di un cacciatore di taglie.
Aveva un viso scavato e brunito dal sole con dei fitti capelli neri che gli ricadevano scomposti sugli occhi di un azzurro ceruleo capaci di farti gelare il sangue nelle vene. La guancia era sfregiata da una cicatrice che doveva ormai avere molti anni e il mento era coperto da un'ispida barba poco curata [1].
- Allora sono loro i mocciosi? Cosa ne hanno fatto?! -
Il suo sguardo saettò da me a Colin e poi a Melissa, per poi tornare a fissarsi su di me. La voce era profonda e trasmetteva una rabbia che si leggeva anche nelle dita strette a pugno.
Ed è stato allora che Silente mi ha stupito.
- Calma Noah, credo che siano già abbastanza spaventati così. -
Potevo percepire lo sguardo di Colin cominciare a muoversi impazzito, come faceva quando non capiva cosa stesse accadendo. E potevo capirlo; la situazione si stava facendo sempre più incomprensibile.
- Cosa ci facevate nella Foresta Proibita a ficcanasare? Eh? -
Avvicinò il suo volto al mio fino quasi a sfiorarmi la punta del naso con il suo che odorava di muschio.
- Vedrete qual è la punizione riservata agli studenti che non stanno al loro posto. Non è vero, Albus? -
E detto ciò gli lanciò uno sguardo d'intesa, che però il professore parve non cogliere.
A quel punto eravamo tutti solo ancora più confusi.
- Ci sarà tempo per le punizioni. Ora è il caso di spiegare qualcosa a questi ragazzini un po' troppo curiosi. -
- Cosa? Intendi raccontare loro...-
-...tutta la verità. - terminò il professore abbracciandoci con lo sguardo.
- Hanno visto troppo e chissà cosa stanno producendo le loro giovani menti. Credo che l'unica cosa giusta da fare ora sia mettere chiarezza nei loro pensieri offuscati. Non credi anche tu, Noah? - quella che in apparenza avrebbe potuto sembrare una domanda, era in realtà la conclusione del dibattito. Il tono di Silente non avrebbe ammesso repliche.
- Seguiteci. - aggiunse infine rivolto a noi e lasciò la stana accompagnato dall'uomo misterioso.
Mentre uscivamo Colin mi si accostò:
- E' un sogno vero? -
- Spero solo che non si trasformi in un incubo. -
Mi ritrovai a ripercorrere ancora una volta la strada che conduceva al laboratorio sotterraneo, ancora una volta con il cuore in gola.
- Newt! - mi bisbigliò ancora Colin.
- E se ci stanno tendendo una trappola? E se ora ci rinchiudono in una qualche stanza sotterranea e ci murano vivi nelle cantine de castello? Moriremo qui e resteremo a vagare per Hogwarts assieme a tutti gli altri fantasmi, quelli che ti attraversano nei corridoio pensando che sia divertente, ma in realtà è solo molto inquietante. Mia mamma ne soffrirebbe molto se diventassi un fantasma. -
Ricordo perfettamente che in quel momento trovai le paure di Colin perfettamente plausibili, ma intervenne Melissa a porre fine alle nostre esagerazioni:
- Non fate i bambini! -
E con quest'unica esclamazione pose fine al dibattito.
La stanza delle fate illuminata faceva un po' meno paura, ma la situazione non era ancora serena.
Silente si avvicinò ad uno degli scaffali e sollevò un barattolo. Lo osservò in controluce e la fata al suo interno si mise a battere col piccolo pugno diafano sul vetro.
Il professore scrollò il barattolo e la fata rimase leggermente stordita. Si avvicinò al tavolo e tolse il coperchio lasciando scivolare la fata al di fuori.
La puntò con la bacchetta e sussurrò:
- Revelo. -
Le ali, prima appena percepibili nella loro trasparenza, ora ci si mostrarono nere e vischiose, come contagiate da un fungo oscuro.
Melissa si avvicinò di scatto e osservò attentamente ciò che la magia ci aveva mostrato.
- Che significa? - domandò con una voce flebile e preoccupata.
Noah afferrò una bottiglia e la scosse come aveva fatto Silente. Anche la seconda fata fu così stordita e depositata sul tavolo. Silente ripeté l'incantesimo e questa volta vedemmo come la macchia nera si era espansa dalle ali fino al collo della fata.
- Non sappiamo di che cosa si tratti. - spiegò finalmente il professore.
- Le fate sono state le prime a cominciare ad ammalarsi, ormai tre mesi fa. Poi le macchie hanno cominciato a raggiungere anche le piante, facendole appassire lentamente e ora si stanno trasferendo sugli altri abitanti della foresta...-
- Ecco perchè volevate l'Erkling! - esclamò Colin sollevato.
Silente annuì, piccato per essere stato interrotto.
- Speravamo di riuscire a risolvere la situazione prima dell'apertura della scuola, ma ancora non siamo giunti ad una soluzione. -
- Perchè tutto questo segreto? - domandò Melissa.
- Per diverse ragioni. Prima di tutto per non seminare il panico. Ancora non sappiamo se gli umani possono essere contagiati. Inoltre nemmeno gran parte del corpo docenti non ne è informato.-
Silente sembrava dubbioso sul continuare su quella spiegazione, ma fu Noah ad intervenire rivelandoci tutta la verità:
- Diciamo che diverse persone, il preside Dippett per primo, adotterebbero dei metodi brutali per cercare di fermare il contagio senza curarsi delle diverse specie che abitano la foresta e i dintorni del castello. Sarebbe capace di bruciare tutto pur di mantenere l'ordine e le apparenze.-
- E' per questo che avete protetto l'intera foresta e le creature magiche con un incantesimo d'Illusione? Per tenere nascosto a tutti ciò che stava accadendo? -
Silente confermò le parole di Melissa.
- Esatto. E intanto cerchiamo di curare e studiare le creature già cadute vittime del contagio. Ancora però senza risultati. -
- Ok. - affermò Colin poco convinto.
- Ma c'è ancora una cosa che non ho capito. Lui chi è? - domandò riferendosi a Noah e nascondendosi dietro di me dopo aver pronunciato la domanda, temendo una qualche ira dell'uomo.
- Lui è la sola persona di cui, in questo momento, mi fido ciecamente. Noah. Custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts [2] -
Noah corredò la presentazione con un cenno del capo e mi fissò.
- Ora voglio sapere cosa ne avete fatto dell'Erkling. -
Quattro paia di occhi si fissarono su di me e io sperai che nel frattempo il folletto non si fosse svegliato e non fosse stato trovato da Richard.
Il silenzio sceso improvvisamente venne interrotto da un rumore proveniente dal piano superiore. Solo in quel momento ci rendemmo tutti conto che la notte aveva ceduto il posto ad un nuovo giorno e che presto la scuola sarebbe stata invasa dagli studenti pronti a vivere il loro primo sabato ad Hogwarts, carichi di curiosità e voglia di esplorare.
- Non farlo uscire da qualsiasi posto in cui tu lo abbia rinchiuso, Newt. - mi ammonì il professore Silente.
- Ci rincontreremo questa notte e dovrai portarlo con te, capito? Ora dobbiamo tornare alle nostre occupazioni. -
- Non una parola, capito? - aggiunse Noah mimando un inquietante gesto con le mani che sembrava simulare l'atto di tirare il collo a una gallina.
Colin impallidì.
Uscendo dalla stanza Silente borbottò qualcosa e la porta dietro di noi si fece piccola fino a scomparire.
- L'altro giorno ho visto una porta simile al settimo piano! - esclamai d'istinto.
- Quella? Ah, hai trovato la stanza delle necessità. - e sorridendo, Silente, sparì per le scale.
NOTE:
[1] In pratica dovete immaginarvi Aragorn de Signore degli Anelli...giusto per mischiare un po' le saghe
[2] In poche parole il predecessore di Hagrid.
***
Angolo autrice:
Dovevo dissipare un po' il mistero, la cosa stava andando troppo per le lunghe. Spero che la soluzione vi sia piaciuta e spero sia almeno un po' imprevedibile!
PS: scusate gli errori ma non ho tempo di rileggere, sistemo domani, promesso.
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