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Capitolo Ventiquattro (passato)

Lei
Arrivai nella piccola cittadina chiamata Monacre. La stazione dei treni era piena di pendolari e di ragazzi che andavano a scuola.

Uscii fuori da essa fuori nella quale erano presenti delle piccole aiuole, davanti sulla sinistra era posizionata una struttura a forma di violino gigante fatto con materiale che sembrava farlo luccicare al sole. Andai dall'edicolante che era lì vicino, un uomo di mezz'età con gli occhiali sulla punta del naso.

«Mi scusi signore, sa che mezzo devo prendere per recarmi in questo posto?» gli feci vedere l'indirizzo.
«Uhm in questa zona abita la famiglia Lùf, non è proprio il massimo che una bambina così piccola si rechi in un posto del genere.»
«Ma signore lì abita mio fratello più grande che lavora per quella famiglia e io voglio andare a trovarlo» mentii.
«Piccina lì è un posto pericoloso tanto quanto il quartiere Giazzi. In quella famiglia abitano dei mercenari. Nessuno ha il coraggio di avvicinarsi.»
«Signore me lo vuole dire oppure no?» dissi spazientita.
«Ma dove sono i tuoi genitori? Perché sei da sola?» l'edicolante cambiò discorso. Merda dovevo usare le maniere forti.

Mi guardai in giro e non vidi nessuno nei paraggi, intanto l'uomo continuava a parlare a vanvera. Gli puntai un pugnale alla gola « Allora me lo vuole dire che autobus cittadino devo prendere
«Le radiali sono qua vicino, devi prendere la numero 3, è l'ultima tratta poi prosegui a piedi per 20 minuti» disse con voce strozzata.
«Grazie signore molto gentile» me ne andai saltellando.

Finalmente dopo diverse peripezie arrivai a destinazione trovandomi davanti delle enormi cancellate, il giardino era molto ampio e in lontananza si vedeva la villa. Nel giardino erano presenti dei lupi enormi che mi guardavano con fare minaccioso, mi conveniva non fare la furba e scavalcare il cancello. Suonai il citofono e poco dopo un uomo con gli occhiali e con i capelli corti e scuri uscii dalla villa.

«Cosa vuoi bambina? Ti sei persa?» disse in modo seccato.
«Lei è il signor Licerio?» chiesi senza che mi saltassero i nervi, come si era permesso di rivolgesi così, anche se ero solo una bambina esigevo rispetto.
«Sì, che vuoi? »
« Mi chiamo Angelica Fiore, sono la figlia di Viola e mio zio è Olmo. eravate amici d'infanzia, si ricorda?» spiegai.
«Sì mi ricordo molto bene di quel scansafatiche di Olmo e anche di tua madre, allora che vuoi?» chiese.

«Vorrei lavorare qua, mia mamma ha qualche problema finanziario e mi ha mandato qua per guadagnare qualcosa» mentii.
«E perché mai dovrei prendere una bambina?» domandò seccato.
«So fare tutti i mestieri di casa e me la cavo benissimo da sola. »
Si grattò il mento e mi fissò intensamente.

«Bambina questa non è una normale villa, qui ci abitano dei mercenari. Noi non siamo maggiordomi comuni, abbiamo imparato l'abilità di uccidere chi viene ritenuto un nemico. Potrei staccarti la testa ignara di tutto.»
«Lo so benissimo cosa fate, anche se vivevo in un piccolo villaggio, non abitavo a Disneyland, pensa veramente che io sia cresciuta solo con latte e biscotti?» diventai sarcastica.

Tutti noi bambini ci addestravano a combattere, all'interno del nostro villaggio avevamo una miniera di cristalli particolari che esistevano solo nella nostra zona. Alcuni compaesani ne commercializzavano fuori nel mondo esterno, erano molte costose e ben pochi se li potevano permettere. Capitava che qualche malfattore venisse a rubare qualche pezzo, ma l'ignaro forestiero veniva fatto a pezzi prima che potesse scorgere in lontananza anche la più piccola pietruzza.

Mio zio mi aveva insegnato le basi del combattimento, visto che eravamo sempre nel mirino per questo, non dovevamo mai abbassare la guardia.
All'improvviso Licerio cercò di aggredirmi, estrassi il coltello e affondai la lama nella mano. Riuscii a infilzare solo la punta nella sua dura carne.

«Almeno sai parare i colpi, su entra per ora puoi restare» estrasse il coltello come se non fosse successo nulla, nessuna espressione di dolore, nessun verso che mi facesse capire che si fosse fatto del male. Chi era veramente costui?
Mi fece entrare e richiuse il cancello velocemente, nell'enorme e maestoso giardino erano presenti una trentina di lupi i quali erano in posizione di allerta appena varcai il confine. Tra tutti i canidi presenti solo uno attirò la mia curiosità era il più grosso di tutti con  pelo argenteo. 

«Non ti faranno niente finché sei con me. Sono stati ammaestrati per aggredire chiunque cercasse di scavalcare il cancello. I primi tempi ti farai vedere in mia presenza, per loro sei un'estranea. Oramai è da moltissimi anni che vivo in questo posto e sono io che gli do da mangiare ma ne sono convinto che se uno dei padroni dovesse ordinargli di aggredirmi non ci penserebbero due volte a staccarmi la testa» dichiarò intanto che camminavamo.
«Perché questa famiglia prende così tante precauzioni?» domandai.
«È una famiglia molto importante nel mondo mafioso ed è per questo che negli anni i nemici sono notevolmente aumentati. I Lùf non possono permettersi di perdere nessun componente prezioso» spiegò Licerio.

Seguimmo una stradina sulla destra e ci trovammo in una villetta molto più piccola circondata da degli alberi.
All'interno appena entrati mi trovai l'atrio della piccola villa divisa in due grandi scalinate.

«La scala a sinistra porta ai dormitori femminili, invece quella destra a sono i dormitori maschili. Nessuno deve violare il dormitorio altrui, io sono l'unico che ha questo privilegio di trasgredire questa regola. Sotto alle due grandi scalinate c'è il salotto comune con annessa la cucina. Se nell'atrio dovessi sentire il campanello dei padroni accorri immediatamente nella villa altrimenti ci saranno delle punizioni, adesso ti farò accompagnare da una cameriera nella tua stanza. Non fare cazzate altrimenti rischi grosso, verrai stipendiata e i padroni ti daranno un letto e un pasto caldo, capito?»
«Sì tutto chiaro» affermai annuendo.

Licerio scosse un campanellino che aveva all'interno del taschino. Comparve una donna dai capelli rossi.
«Lei è Rosa, ti farà vedere il dormitorio femminile e ti accompagnerà in camera. Domani ti voglio giù per le sette che ti devo spiegare le tue mansioni.»
Rosa mi fece vedere le differenti stanze del dormito nelle quali era presente: una libreria, una con i diversi strumenti musicali per non parlare della stanza con i vari strumenti di tortura e di armi varie. Certo che questa famiglia ne aveva di soldi da buttare.

Subito dopo questo breve tour Rosa fece accomodare nella mia camera « Questa è la tua stanza, dopo ti porterò l'uniforme che ti possa andare bene. Noi ceniamo per le nove, se sei di turno in villa per servire la cena potrai mangiare per le dieci» rispose la giovane donna.
«Devo per forza mettermela l'uniforme?» non ero molto propensa a farlo.
«Certo! Non vorrai mica andare in giro con quei vestiti da plebea? Vedi di non sporcare le due uniformi che ti diamo, altrimenti rischi di essere punita» affermò Rosa la stronza.

«Mi scusi per curiosità, quanta gente lavora in questo posto?» domandai.
«30 persone inclusa te, 20 uomini e 10 donne, adesso se non ti dispiace devo andarmene» la donna svanì in men che non si dica sembrava fosse un peso parlare con me, mamma mia se sono tutte miss simpatia siamo a cavallo.

Sistemai tutti i miei vestiti nell'armadio, misi la foto di mio zio sulla scrivania e le poche cose personali che ero riuscita a prendere tra cui i miei libri preferiti e delle fotografie fatte con una macchina istantanea che aveva portato lo zio da fuori, le appesi al muro in alcune c'era ancora Elisa e in altre il mio fratellino più piccolo.

La stanza era due volte più grande di quella che avevo io, aprii la finestra dove l'aria fresca mi accarezzò il viso. Eravamo a marzo, i fiori iniziavano a spuntare dalla mia finestra si vedeva  una parte del giardino nel quale alla sua sinistra si notava un enorme fontana. Su un albero appollaiato  era presente corvo che continuava a fissarmi, gli feci la linguaccia.

Uscii sul retro della villetta dove soggiornavo e andai a vedere le viole in giardino.
Erano così belle, guardandole mi attanagliava un senso di nostalgia.
All'improvviso sbucò uno di quei lupi che giravano qui in zona. Spalancò le fauci e cercò di azzannarmi. Ma il lupo più grosso e dal manto argenteo, venne in mia difesa prendendolo alla gola ribaltando per poi finirlo con un morso.

Io e l'animale ci fissammo intensamente per qualche minuto per poi coricarsi sul prato. I suoi occhi color rosso li avevo già visti da qualche parte ma non mi ricordavo dove...

«Che cos'è successo?» domandò Rosa (la cameriera) correndo nella mia direzione.
«Stavo guardando delle viole, quando improvvisamente un lupo è saltato fuori cercando di aggredirmi» affermai indicando il lupo accasciato per terra senza vita.

La donna mi diede uno schiaffo «Stupida! Indossiamo le uniformi per farci riconoscere da loro e poi ti vedono ancora come estranea. Per forza ti hanno attaccato» gesticolò a caso.
Il lupo gigante si rialzò e fece un balzo davanti a me e mettendosi a ringhiare.
Non so per quale arcano motivo ma mi sentivo al sicuro con lui, mi misi davanti al lupo e incominciai ad accarezzarlo e lui si calmò.

«Non ti preoccupare non mi farà del male» gli sussurrai.
Rosa mi guardò a bocca aperta e scandalizzata.

Lui

Corvus riuscì a localizzarla, si stava dirigendo verso una certa villa a Monacre.
Presi uno dei lupi più forti e maestosi che erano all'inferno e lo trasformai come Corvus. Mi guardò sorpreso per quello che avevo fatto.

Lo trasportai insieme a Corvus dietro la villa in cui era diretta il mio angelo.
«Io sono Lucifero, il creatore del tutto, e tu mi appartieni, pure la tua vita. Perciò esigo fedeltà incondizionata, tu proteggerai Angelica quando sarà in questa casa. Se disubbidirai, spero che ti piaccia essere torturato in qualche girone infernale.»

Il mio suddito si inchinò davanti a me «Ogni suo desiderio sarà esaudito.»
«Bene visto che hai percepito il messaggio vi lascio ai vostri compiti» li liquidai.

Mi alzai in volo, aprii le mie lucenti ali nere. Volevo andare nel boschetto dove io e Angelica ci eravamo visti per la prima volta. Chissà se si era recata qui, perché incominciava a ricordarsi qualcosa di me?

Guardai verso il basso la barriera si stava alzando diventando ancora più spessa, vidi sfocata una piccola macchia che stava camminando. Riconoscendo quella chioma sfocata di un biondo intenso, il mio cuore si fermò per un istante, un giorno non troppo lontano ci rincontreremo Angelica.

Arrivai nel boschetto, proprio nel punto dove l'avevo incontrata. Questo posto mi trasmetteva nostalgia, le prime viole iniziarono a spuntare. Mille ricordi si visualizzarono nella mia testa.

Chiusi gli occhi e pensai a quello che stava succedendo e alla momentanea situazione frustrante. Per quello che potevo cercavo di proteggerla, nessun essere poteva farle del male nessun essere umano l'avrebbe fatto, altrimenti le peggio cose gli sarebbero successe.

I demoni mi lodavano ancora e avevo molti alleati e riuscii anche a guadagnare di nuovo credibilità. Chi metteva in giro le voci che fosse tutta colpa di Angelica per quello che era successo, io li facevo sparire in qualche girone infernale.

Ero aggrappato alla speranza che lei mi amasse ancora, che la potessi incontrare un giorno. Questo mio desiderio ardeva di più di tutto l'inferno stesso.

Spaccai la terra nella quale si formò una crepa, ritornai nel posto che mi spettava, le viscere della terra.

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