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Capitolo Ventidue

Lei

Mio fratello entrò nella stanza, dall'ultima volta che l'avevo visto era diventato molto alto. I suo capelli lunghi e biondi incorniciavano il magro viso pallido in netto contrasto rispetto ai suoi due occhi castani.

«Da quanto tempo che non ci si vedeva cara sorella» si sedette sulla sedia dietro la scrivania.
«Perché ci hai portato qui?» chiesi.
«Beh è l'unico modo per parlarti. Quando ti trovo cerchi sempre di scappare, eppure questa volta non l'hai fatto» iniziò a tamburellare velocemente  la superficie legnosa.
«Ormai è ora che noi discutiamo di quello che è successo» continuò la conversazione.
Vedevo già l'odio nei miei confronti, in un certo senso adesso capivo come si sentisse Leam quando lo fissavo.
«Va bene» gli risposi mantenendo la calma.

Zacinto inarcò il sopracciglio biondo « Sì parliamo come hai sterminato il nostro paesino? Di come hai lasciato me e mia sorella a due perfetti sconosciuti? Del perché ti sei messa a far fuori delle persone senza motivo?» sbatté la mano contro la scrivania, era alterato e a stento manteneva la sua rabbia covata da anni.

«Ehi signorino abbassa i toni e poi non parlare così dei miei genitori che si sono presi pure la briga di crescerti» intervenne Matteo.
«Qualcuno ti ha chiesto qualcosa? Stai al tuo posto che è meglio.»
Il giovane adulto ritornò a fissarmi negli occhi «È ora di cantare non credi? Sai che posso arrestarti per quello che hai fatto nove anni fa?»
«Ci sarà tempo per metabolizzare certe cose?» affermai rispondendo al suo sguardo.
«Aspettare solo e solamente aspettare! Te ne sei andata non si sa per quale motivo egoistico per poi ricomparire e massacrare tutti? Tu sei pazza» mi puntò il dito contro.
Matteo spostò la mano di Zacinto «Calmo bambino, ok? Te l'ha detto avrà avuto le sue ragioni. Ed è grazie a lei se in passato hai vissuto l'infanzia serena.»

Zacinto estrasse la pistola e la puntò contro il viso di Matteo.
«Non ho problemi a farti un buco in testa. Rispondi solo se vieni interpellato da me.»
Matteo alzò le spalle «Oh fai pure, tanto sono già morto e quel giocattolo mi fa solo il solletico.»
«Mi prendi per il culo? Togliti quel sorrisetto dalla faccia» commentò mio fratello.

«No assolutamente non vorrei mai offenderla ma vedi io sono morto per causa tua caro. Angelica mi ha ammazzato per far sì che tu vivessi serenamente» spiegò Matteo tranquillamente.
«Matteo piantala» lo intimai sottovoce ma lui non mi ascoltò.
«Beh sai tuo padre non era un santo. E sei un tale deficiente se non te ne sei mai accorto. Sai quando Angelica se ne andò a lavorare in quella famiglia. Tuo padre la minacciò di farti del male a te e a tua sorella, se non le avesse dato una parte dello stipendio. Inoltre non contento, ha deciso un giorno di scegliere tra la mia vita e quella di Mauro oppure tra la tua e quella di tua sorella e indovina un po' com'è andata a finire? Inoltre non contento in passato ad Angelica ha fatto...» incenerii con lo sguardo il mio amico.
«Adesso basta Matteo! Stai parlando troppo!» gridai come una pazza.
«Tu menti non è possibile una cosa del genere» Zacinto sembrava sorpreso e confuso per quello che stava sentendo.
«Prova a chiedere al maggiordomo di nome Licerio della nota famiglia Mafiosa qui in zona, lui confermerà. Oppure informati su quello che è successo quattordici anni fa quando scoppiò quel famoso laboratorio, sei una persona importante adesso nella polizia, non ti ci vorrà molto per collegare i pezzi» il mio amico trapelò delle informazioni personali che avevo preferito dimenticare.
Matteo continuò a parlare « Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Hai preferito mangiare quel mare di merda di quello che ti ha detto tuo padre. Quando saprai interamente la verità non negarla, se fosse stato per lei ti sarebbe stata sempre accanto. È stata migliore dei tuoi genitori.»

Qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» gridò mio fratello, intanto che rimetteva la pistola al suo posto.
Entrò un suo collega, si avvicinò al suo orecchio e gli bisbigliò qualcosa. Zacito spalancò gli occhi «Da così in alto arrivano gli ordini?» guardò con stupore il suo collega che annuiva con la testa.
Si voltò verso la mia direzione «Per ora potete andare»
Uscimmo dalla questura ed andammo a casa, ancora perplessi su chi ci avesse tolto dalle grinfie di mio fratello.
Il mio amico Mauro, ci accolse per primo «Ragazzi tutto bene? Avete fatto tardi?»
«Sì non ti preoccupare» risposi.
«Dopo ti informerò» tagliò corto Matteo.

«Dai venite che la cena si raffredda.»
«Scusa ma per caso hai cucinato?» ero già in panico, me lo sento morirò avvelenata.
«Certo, voi non arrivavate. Fulvia, Diana e Sario sono di pattuglia. Diocle, Ibisco e i due Immortali si sono messi a fare i piccoli torturatori, è tutto il giorno che grida e Teodoro è fuori uso. Ho dovuto cavarmela da solo, mi sono fatto aiutare dai gemellini, alla fine ci siamo riusciti» disse Mauro tutto orgoglioso.
«Che cosa avete preparato?» domandai preoccupata.
«I noodles in brodo, quelli che trovi al supermercato.»
«Ahh proprio un piatto da chef stellato» lo prese in giro Matteo.
«Ma sta zitto che tu non sei da meno. La prossima volta ti metto il lassativo se mi prendi ancora in giro» ribatté Mauro.

Andammo tutti a mangiare, Enìmia mi raccontò che non era andata bene la verifica di matematica e che aveva fatto amicizia con una bambina in classe. Iglis rimase muto tutto il tempo, sembrava un bambino indifferente al mondo esterno come se niente gli importasse ma so che in fondo era un bambino fragile e anche se punzecchiava sua sorella le voleva un mondo di bene.
Intanto che lavavo i piatti con Mauro, la porta si aprì. Uscì Diocle furioso, sul suo viso e sulla maglietta erano presenti schizzi di sangue.
«Niente non parla, anche se gli facciamo le peggio cose sta zitto. Non so più cosa fare» disse abbattuto e spazientito.
«Per ora lascialo lì dentro, non è facile per tutti quello che state facendo. In fondo Termine era anche un vostro compagno» affermai.

Era meglio lasciarlo stare per adesso.
«Già» rispose Diocle, intanto che addentava una mela.
Stavo andando in bagno, quando Matteo mi fermò era molto serioso in questo momento «Angelica sarebbe ora che tuo fratello provasse un po' di male come tu stessa lo hai provato sulla tua pelle. Nel vero senso della parola. Non potrai proteggerlo per sempre non è più un bambino ed è giusto che anche lui conosca la verità.»
Annuii al mio amico ancora titubante, non aveva tutti i torti nel suo ragionamento.

Entrai in doccia, l'acqua calda mi riscaldava il corpo dalla giornata che avevo avuto sia con Leam che con Zacinto. Perché non sono riuscita a dirgli la realtà dei fatti? Perché ha dovuto confessare Matteo la verità? Forse per me è ancora troppo doloroso parlarne, certe ferite rimangono fresche anche a distanza di anni, non dimenticherò mai quello che mi è successo in passato.
Io, Matteo, Mauro, Teodoro e Termine sappiamo cosa abbiamo subito, non lo auguro neanche al mio peggior nemico. Come posso dire a mio fratello che suo padre era un mostro, era bravo a non sporcarsi le mani e a nascondere i cadaveri sotto il tappeto.
Dannato il giorno in cui sono nata in quel villaggio, dove la gente era piena di ipocrisia e supponenza. Iniziai proprio in quel momento a detestare gli esseri umani, forse Leam non aveva tutti i torti... erano persone egoistiche, poche erano diventate le eccezioni.

Nella mia seconda vita ero stata una bambina spensierata, va beh ero un po' particolare ma avevo un'anima pura. Andando avanti negli anni mi indurii, mi resi conto che Leam non era l'unico che mi aveva rovinato. Smisi con questi pensieri malinconici e chiusi la manopola dell'acqua.
Appena uscii dalla doccia sentii le voci degli altri gridare. Mi vestii velocemente per poi seguire il baccano presente nella casa.

Tutti erano in corridoio vicini alla camera insonorizzata.
«Teodoro che fai sei impazzito, ritorna​ subito a letto, stai strisciando per terra» parlò ad alta voce Diocle.
Mi trovai una scena straziante, Teodoro strisciava per terra in corridoio e mirava la stanza insonorizzata. C'era Diocle che cercava di dargli una mano ma lui rifiutò categoricamente allontanando qualsiasi aiuto  del suo alleato dagli occhi da gatto.
Le sue mani stavano diventando rosse e immagino che i vestiti gli facessero attrito e gli provocassero abrasioni sulle parti del corpo che lo toccavano ma lui non si arrese continuando per la sua strada.

Lo raggiunsi e aprii la porta.
«Non ho bisogno del tuo aiuto» mi disse offeso per quel gesto.
« E chi te lo sta dando? Ho aperto la porta per entrarci.»
Lo scavalcai e gli chiusi la porta in faccia. Si era prefissato di entrare senza aiuto e forse era giusto così. Lui voleva vedere Termine e quello che gli aveva fatto fisicamente era nulla imparagonabile alle cicatrici di altro genere che si portava dentro.
Rivederlo, dopo tanto tempo, combatterlo, per lui doveva essere stato una grande sofferenza.
Aprii la porta e strisciò dentro, io la richiusi, prima di far ciò feci un gesto con il capo ai miei compagni fuori, come per dire che sarebbe andato tutto bene.
La stanza era spoglia, le pareti erano piene di sangue, chissà quanto l'avranno pestato.
Termine era pieno ferite fresche e contusioni lungo tutto il suo corpo, stava seduto su un angolo della gabbia con gli occhi chiusi e tremante.
Quando sentii la porta chiudersi, aprii gli occhi di colpo e i suoi muscoli si contrassero immediatamente. Si   rilassò poco dopo vedendo la mia figura e quella di Teodoro.

Teodoro e Termine si guardarono per qualche minuto, come se comunicassero con un linguaggio a me incomprensibile.
Iniziò a parlare Teodoro «Chi ti ha sguinzagliato fuori dall'inferno?»
Termine scoppiò a ridere «Non vedi come ti ho ridotto? Dovresti venire qua e prendermi a pugni invece di parlare.»
«Perché non ne hai già prese abbastanza?» 
«Potrei sopportare di peggio.»
«Non sembrava proprio dalla tua reazione» disse Teodoro.
«Ma stai zitto Giuda, ti sono bastati i miei acidi neri per ridurti così, come un povero menomato.»
«Prova a dirlo un'altra volta e te le spezzo io le gambe» lo fulminai con lo sguardo.
«Ma cosa vuoi fare? Non riesci neanche a difenderti da sola» ridacchiò Termine.
«Parla colui che è stato ucciso da una coltellata» ribattei.
«Adesso basta battibeccare. Termine te lo ripeto chi c'è dietro a tutto questo e alla fuga» ribadì Teodoro.
«Perché mai dovrei dirtelo da un traditore del genere? Sarà una bella sorpresa quando lo vedrai Angelica, è così impaziente di rivederti il tuo caro...»
Termine stava parlando quando fummo interrotti da Yag che entrò nella stanza « Bene adesso la terapia di gruppo è finita.»

Yag minacciò con lo sguardo Termine che stette zitto.
«Che cosa stai nascondendo? » perché entrare così all'improvviso e zittirlo.
Yag mi guardò serio forse era la prima volta che lo vidi così «Ce ne occuperemo noi demoni, certe volte è meglio non sapere.»

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