Capitolo Quarantasette
Lui
Quel maledetto! Mi stava provocando. Diedi un pugno al muro e andai in camera mia, aprii il primo cassetto vicino al bagno.
Era posata su un fascia di seta rossa dall'aspetto ancora luccicante anche se erano passati moltissimi secoli dal giorno in cui la forgiai, in mezzo ad essa era presente un sigillo che io stesso applicai leggermente ingiallito ma ancore perfettamente funzionante. La lama era di un nero lucente e non del tutto definita forgiata dalle ombre.
Era una delle armi insieme alla sua spada gemella più potente che potesse mai esistere nel mondo immortale. La toccai delicatamente era da molto che non la impugnavo da quando Angelica si era infilzata con la sua, così decisi di isolarle entrambe. Era fredda e viscida proprio come un tempo ma non era questo il momento di rimirare codesta mia creazione, strappai con poco garbo il sigillo e la brandii.
«Mi hai confinato per secoli ed ora hai il coraggio di impugnarmi solo quando ti servo» parlò con la sua voce ancora giovanile anche se non era più una ragazzina quando si suicidò. Il suo tono troppo squillante per i miei gusti.
«Taci umana, la tua voce è peggio di un allarme della sveglia» protestai contro l'arma.
Sospirò «Se ti servo, vuol dire che la situazione è decisamente grave. Dopo avermi utilizzato per la grande catastrofe non mi hai più toccato, lasciandomi distante dalla mia spada gemella e richiusa in posti sempre più umidi e bui.»
«Angelica è in pericolo. Serse l'ha presa in ostaggio» spiegai ignorando la sua irritazione per averla lasciata confinata in diversi cassetti.
«Ah non è ancora scappata la poverina il più lontano possibile da te» affermò sarcasticamente.
La stritolai dall'irritazione e lei emise un verso di dolore.
Successivamente il mio cellulare squillò, smaterializzai la mia arma e andai a rispondere.
«Che c'è Feles» domandai con poco garbo.
«Lucifero abbiamo un problema. Gli esseri stanno invadendo il quartiere Giazzi. È completamente conquistato da quelle bestie, non c'è anima viva in quella zona si sono mangiati tutti i loro abitanti. C'è sangue ogni dove, io e gli altri immortali stiamo cercando di contrastarli.»
«Arrivo subito» dissi chiudendo la chiamata.
Mi stava provocando quel maledetto.
Uscii dall'appartamento, presi la macchina e arrivai in un lampo nel quartiere assalito. Le bestie squamose erano dappertutto e decisamente fuori controllo. C'erano anche tutti i compagni di Angelica. Yag e Arasio combattevano insieme, mi ero per caso perso tra quei due che fino all'altro giorno litigavano come cane e gatto. Anche Robinia e Veria facevano altrettanto. Teli era in prima linea e sgozzava chiunque gli parasse davanti. Ci stavamo difendendo bene devo ammettere che era anche grazie agli angeli e ai compagni di Angelica.
Una degli alleati di Angelica, una donna dai capelli castani era in difficoltà venne scaraventa contro un palo da un essere. Mi mossi per aiutarla ma un animale peloso e rosa comparì dal nulla, morse la creatura viscida e nera per un braccio e incominciò a scuoterla, la strada s'imbrattò di sangue nero in meno di un minuto. Lasciando solo pochi lembi di carne della bestia.
La donna resuscitata si alzò dolorante.
«Cos'ho vinto Diana?» affermò una voce infantile.
Di punto in bianco da dei cespugli comparve la piccola dai capelli biondo cenere che avevo visto nell' appartamento di Angelica.
«Che cosa ci fai qui? È pericoloso per dei bambini. Non dovreste trovarvi in questo luogo » disse la donna allarmata.
Vicino alla piccola si affiancò un bambino con il viso corruggiato.
«Se non ci fossimo stati non saresti qui» disse il marmocchio somigliante alla sorella.
«Vi aiuteremo. Mamma ci ha insegnato a combattere contro questi cosi. Inoltre non siamo dei bambini comuni e tu lo sai bene. Basta guardare mia sorella gemella per capire che non è normale» continuò a parlare il giovane.
«Ehi!» lo ammonì la bambina.
«È vero non negarlo. Inoltre siamo preoccupati anche noi per la mamma. Oltre ad essere la Dea è anche nostra madre vogliamo rivederla ad ogni costo» continuò il fanciullo.
I tre si fissarono silenziosamente per qualche minuto.
«Va bene però rimanete al mio fianco. Da quando Iglis sei così chiaccherone?» affermò la donna.
La figlia di Angelica saltellò tutta felice, invece il bambino le ingnorò entrambe. Dopo quel breve siparietto il trio e si buttò nella mischia tra gli esseri. Il giovane diede un pugno al cemento e uscirono delle mani dorate dal suolo che presero le creature rivoltanti per poi essere trascinate nella stretta spaccatura. Oppure entrambi i pargoli scansavano gli esseri e con un calcio gli staccavano la testa.
Percepivo che in loro era presente potere immortale, il bambino aveva una percentuale alta di un potere simile a quello di Angelica e una minima parte di quella demoniaca. Intuii che un frammento del il mio sangue all'interno della mia compagna fu trasmesso anche a loro. Una piccola quota quasi nulla dei bambini era umana, da parte di quella maledetta sanguinosa di Claudio.
Invece la bambina per quanto riguarda il potere immortale era il contrario aveva una grande percentuale di potere demoniaco e un minimo di quello angelico. Questa cosa era veramente strana.
Staccai gli occhi dai due giovani che se la cavavano egregiamente per la loro giovane età e mi buttai nella mischia, ritornando nella mia forma originale. Materializzai la mia spada appena risvegliata e la brandii. Ad ogni suo tocco l'essere spariva rimanendo solo polvere.
All'improvviso un palazzo attirò la mia attenzione, era fatiscente e grigio. Percepivo che Angelica si trovasse lì, mi feci strada polverizzando le varie bestie nemiche. Arrivai davanti alla decadente struttura. Era protetto da una barriera. La sfiorai con il dito e non mi fece niente, potevo entrarci. Quel maledetto mi stava attirando in una sua trappola. Sapevo che era pericoloso ma non potevo lasciarla da sola con quel depravato così simile a me, mi buttai senza pensarci al suo interno e non mi feci nulla. Guardai per una frazione di secondo ciò che avevo lasciato alle spalle, gli esseri erano ancora numerosi e la battaglia continuava.
Entrai nel palazzo la struttura dava la sensazione di essere abbandonata, buia e fredda. Mi misi subito in allerta qualcuno o qualcosa poteva aggredirmi in qualsiasi momento. Infatti due esseri comparvero dal nulla, quello di sinistra con i suoi artigli cercò di colpirmi ma lo schivai, contemporaneamente quello di destra tentò di aggredirmi.
Scansai anche lui e gli bloccai quelle specie di zampe. Dalla mia mano feci alzare la sua temperatura in maniera spropositata. Iniziò ad urlare ed a far uscire sangue nero dai condotti lacrimali e dalla bocca, finché non esplose lasciandomi in mano l'estremità del suo arto superiore. Intanto l'altro cercò di colpirmi pensando che fossi distratto nell'uccidere il suo collega. Con un gesto fulmineo tagliai la zampa della bestia con la spada. La creatura cadde in preda dal dolore. Dopo aver lasciato i rimasugli dell'essere che era sulla mia destra, conficcai la spada nel cuore all'essere rimasto, l'animale rivoltante si lamentò rumorosamente per la ferita da me inferta. Prese subito fuoco rimanendo poco del suo corpo.
Andai avanti e salii le scale, sentii dei passi dietro di me. Scattai e alzai la spada per attaccare. Vidi Ardea e Mìtrio i miei due figli alle mie spalle, il biondo prese sua sorella in braccio e fece un paio di scalini balzando all'indietro.
«Che cavolo attacchi sei fuori di testa» gridò mio figlio.
«Vi sembra normale starmi dietro senza dirmi niente, vi ho scambiato per degli esseri.»
«Volevamo darti una mano» disse la rossa.
«Beh, io non ho bisogno del vostro aiuto» affermai.
Erano solo d'impiccio.
«Ma chi ti vuole aiutare. Non so cosa sia saltato in mente ad Ardea. Sono solo venuto qui per salvare la mamma da Serse. Se cerca di ucciderti non vengo di certo in tuo soccorso» si giustificò con un'alzata di spalle il mio secondogenito.
«Fate come vi pare basta che non diventiate una palla al piede» affermai voltandomi proseguendo lungo il cammino.
Tutti e tre andammo avanti giungendo al primo piano, guardammo in tutte le stanze ma non c'era anima viva. Il palazzo era ben danneggiato soprattutto da una parte erano presenti molte macerie sparse su tutta la pavimentazione. Il piano superiore era anche peggio stava in piedi per miracolo.
Al secondo piano in un corridoio trovammo degli esseri che andavano avanti e indietro. Mìtrio fece comparire dei fasci di luce i quali immobilizzarono due delle bestie, un'altra fascia spuntò dal terreno e si avvolse al loro collo in modo tale di rompere l'osso del collo con un fragoroso crack. Intanto Ardea attaccò una di quelle bestie allungando i suoi lunghi capelli rossi bloccandogli gli arti e strappandoglieli con ferocia.
Un altro di quei disgustosi animali tentò di aggredirla ma la piccola prontamente fece comparire un buco nero che risucchiò la creatura in un attimo. Io invece con uno scatto tagliai a metà la prima bestia che mi si parò davanti. Il secondo essere invece mi comparve da dietro girai l'impugnatura senza neanche voltarmi, la lama si infilzò nel suo corpo uccidendolo. Il terzo lo tagliai orizzontalmente a metà. Dopo esserci sbarazzati di quelle seccature andammo nella stanza principale ma non trovammo nessuno.
«Dove possono essere?» domandò la mia quartogenita .
«Non saprei» affermò Mìtrio picchiettandosi con il dito il mento.
Mi venne un dubbio, non è che loro mi stavano tendendo la trappola? Era tutto troppo strano, c'erano pochi esseri e di Angelica non ce n'era nessuna traccia.
«Non che siete proprio voi ad averla rapita?» affermai iniziando a perdere la calma.
Mìtrio divenne una maschera di rabbia «Ma che cazzo dici! Mica siamo dei mostri te! Non faremmo mai male ad una persona a noi cara!»
«Queste accuse diffamatorie non le tollero» tesi il braccio e lo scaraventai contro il muro.
Sulla parete si stavano formando delle crepe per quanto lo stavo premendo contro di esso.
«Basta papà!» mi strattonò Ardea per l'altro braccio tentando di fermarmi. La presi e la buttai per terra con poco garbo.
Mi venne un flash il viso di Angelica contratto dal dispiacere e pieno di dolore intanto che ammazzavo Aletta. Mi fermai, avevo il fiatone. Perché mi era venuta in mente quell'immagine? Perché stavo facendo questo? Io sono cambiato, non gli avrei più fatto del male. Dovevo convincermi di questo.
Rimisi il braccio al suo posto, Mìtrio cadde a terra ferito. Le crepe continuarono sempre di più ad allargarsi finché la parete cadde sgretolandosi. Notai che al di fuori era situata una scala antincendio.
Non me ne ero accorto quando ero entrato. Mi avvicinai pestando Mìtrio e uscii dal buco. Percorsi le infinite scale fino ad arrivare all'ultimo gradino. Cercai di guardare ma mi abbassai subito, un coltello arrivò sfiorandomi la guancia creandomi un piccolo taglietto.
Guardai davanti a me c'era Serse con le mani incrociate che mi fissava con sguardo beffardo. Al suo fianco seduta era presente Angelica.
Ma non era la solita, la sua espressione era assente e guardava fissa davanti a me. I suoi vestiti erano cambiati, erano eleganti quasi come fosse una bambola. Mi mandava in bestia questa cosa, aveva sicuramente toccato il mio angelo per cambiarla. Gli avrei spezzato le gambe.
Il vento era gelido il cielo era grigio e il sole se n'era andata via da un pezzo presagendo una catastrofe.
Lo raggiunsi in terrazza almeno quello che ne rimaneva di essa una parte era crollata già da diverso tempo.
«Ben arrivato padre» disse Serse con saccenza e rivolgendosi con tono di sfida al proprio genitore.
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