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Capitolo Diciannove

Lei

Andai a lavoro distrutta dalla stanchezza ero stata tutta la notte a parlare con mio figlio Mìtrio. Non era facile per me raccontate del mio passato ma era giusto che sapessero.

Quella notte era l'inizio della ricostruzione del nostro rapporto tra me e il mio secondogenito.
Al lavoro filò tutto liscio, Leam non venne neppure a disturbarmi dopo quello che era successo, se avessi rivisto la sua faccia gli avrei dato un pugno a quel maledetto, quanto l'odiavo.

Alla fine della giornata andai a casa per farmi la doccia. Mi accompagnò Diocle per farmi da scorta all'appuntamento con Claudio. Quando arrivammo il mio alleato rimase in macchina, intanto schiacciava un pisolino.

Uscii dalla vettura e trovai Claudio fuori dal locale che mi stava aspettando con ansia.

«Angelica finalmente sei arrivata» mi baciò sulla guancia appena mi avvicinai.
«Come mai in questo posto? Ci sono pochi locali in questa zona» mi chiese.
«Qua fanno delle patatine fritte favolose» mentii, in realtà non so bene perché abbia scelto questo luogo vicino al boschetto.

«Beh se non ti dispiace, vorrei portarti in un posto dove poter cenare» mi disse.
Mi accorsi dopo che di fianco a lui era appoggiato un cestino da picnic. Claudio si chinò a prendere il cesto e si addentrò subito nel bosco, senza neanche aspettare una mia risposta.
Lo seguii tentando di non rimanere indietro.

«Vedrai è un luogo stupendo, non ti preoccupare non voglio rapirti. Sono contento che tu non mi abbia dato buca» aveva un'espressione serena dipinta sul volto.
In fondo anche se dovevo mantenere la promessa fatta, non mi dispiaceva affatto passare del tempo con lui.

Dopo una decina di minuti di camminata ci fermammo davanti a un praticello.
«Ecco questo è il posticino» affermò.
Mi si gelò il sangue, mi accorsi che la piccola radura era piena di viole ed era proprio quella dove incontrai Leam per la prima volta.

Milioni di ricordi attanagliavano il mio corpo e il mio cervello. Cercai di scacciarli e di godermi la serata. Claudio stese la tovaglia e accese un paio di candele.
Il mortale tirò fuori dal cestino diverse prelibatezze: il salame di Monacre, i panini, l'insalata russa, la frittata e le bevande.

Assaggiai tutto. Il cibo era squisito.
«Lo so che non è proprio una cena, ma volevo fare qualcosa di particolare per il nostro appuntamento» affermò Claudio con aria soddisfatta.

«Appuntamento?» lo guardai confusa sorseggiando un po' di acqua dal mio bicchiere.
«Sì un appuntamento, speravo che anche per te fosse lo stesso e non una promessa da mantenere» mutò la sua espressione guardandomi più serio con i suoi occhi verdi.

«No affatto, mi trovo bene in tua compagnia» affermai con sincerità. Cambiai discorso la situazione stava diventando inappropriata.
«Il cibo non era così male. Sei migliorato rispetto a prima. Ogni tanto bruciavi qualcosa, ma almeno quello che preparavi era mangiabile, più o meno» scherzai.

«Non è vero che bruciavo il cibo mi distraevo per un secondo e stranamente si attaccava alla padella carbonizzato. Allora visto che faccio così schifo non mangerai la torta?»
«Cosa? c'è la torta e non me lo dici neanche?» feci finta di essere indignata.
«Volevo farti soffrire facendoti saltare il dessert ma visto che insisti così tanto.»
Claudio tirò fuori una torta dal cestino.

«L'ho cucinata io con le mie mani» la mise sulla tovaglia, era una torta al cioccolato sembrava pure in buone condizioni.
«Aspetta un attimo... ci hai messo il lievito vero?» domandai dubbiosa.
«Sì.»
«Hai aggiunto nell'impasto del cioccolato oppure del cacao?» chiesi preoccupata.
«Mi pare ovvio» Claudio iniziò a guardarmi male.
«Okay, dai dammene una fetta» speravo vivamente che non fosse un pezzo unico di torta bruciata.
L'assaggiai e stranamente era deliziosa.

«È buona» gli feci i complimenti.
Ero ancora stupita che il gusto fosse ottimo.
«Grazie, lo dirò alla commessa del banco di pasticceria del supermercato» rispose Claudio.
«Mi sembrava strano che tu avessi fatto una torta così buona» affermai scherzosamente.

Mangiai un'altra fetta e mi distesi sul praticello, l'aria frasca autunnale che stava arrivando mi accarezzava il volto.
Le folte chiome degli alberi stavano assumendo una tinta più pallida, avvicinandosi giorno per giorno a un giallo canarino.
Il cinguettio dei passerotti veniva sostituito da versi di animali notturni.

Non era più presente il cantare delle cicale come avveniva nei mesi precedenti, le poche rimaste sarebbero morte per il freddo sepolte da numerose coltre di foglie dai vividi colori brillanti.
Un timido suono di archi faceva da sottofondo nella mia testa.

Claudio si sdraiò di fianco assumendo la mia stessa posizione.
«Ne è passato di tempo dall'ultima volta che abbiamo trascorso del tempo insieme» il mortale mi fisso intensamente, il suo respiro rallentato e le sue iridi verdi intrappolarono le mie.

«Già» risposi.
«Quanto ci divertivamo insieme, prima che tu scomparissi, perché te ne sei andata?» chiese ingarbugliandomi con i suoi occhi verdi.
Doveva per forza farmi queste domande? stava andando tutto così bene. Le note di violino presenti nel mio capo si spensero bruscamente.
Sospirai rumorosamente.

«Non è così semplice da spiegare. L'unica cosa che posso dirti è che rimpiango di essere sparita senza dirti niente.»
Non posso dirgli perché ero rimasta incinta dei gemelli, meglio che lui non sapesse della loro esistenza, se avesse reagito come Leam non avrei sopportato un'altra delusione del genere.

Per me non è stato facile staccarmi da Claudio, ma è stato proprio lui tenendomi ignara del suo segreto per anni a darmi la spinta per lasciarlo.

«Perché continui a mentire? Dopo tutto quello che ho fatto e lo sai bene dove fin dove mi sono esposto» Claudio si alzò leggermente da terra avvicinandosi al mio viso.
«Metterei la tua vita in pericolo. Hai già visto abbastanza anni fa» affermai distogliendo lo sguardo, stufa di ricordare ciò che avevo passato.
Claudio mi posò una mano sul viso e allontanò una ciocca dei miei capelli biondi, avvicinandosi sempre più pericolosamente.

«Niente può mettermi paura che vederti scomparire un'altra volta. Angelica io voglio ricominciare da zero, sono pronto a passare sopra su quello che hai fatto. Però vorrei che tutti e due ci mettessimo a nudo, niente più bugie, niente più omicidi, niente più vendette. Solo io e te.»

Cladio mi baciò.
Un gesto intimo e delicato, solo pieno di sentimento. Anch'io rivolevo assaporare le sue labbra. O forse era solo il dannato desiderio di scacciare altri sentimenti che sentivo verso un'altra persona.

«Per ora possiamo ricominciare come amici però si potrebbe evolvere la relazione» dissi.
Il viso contrariato di Leam comparve nella mia mente ma lo scacciai subito.
«Ehm non vorrei disturbare ma Angelica abbiamo un problema» comparve Diocle dal nulla tossendo rumorosamente, sul suo viso traspariva un certo nervosismo.

«Che tipo di problema?»
Non mi piaceva per niente la sua faccia così seria, di solito era sempre calmo anche nelle situazioni più difficili.
«Andiamo in macchina te ne parlo lungo il viaggio» disse il biondo.
Mi alzai e lo raggiunsi immagino che la cosa riguardasse i demoni.
«Mi dispiace Claudio devo andare» lo salutai.
Stavo per lasciarlo quando lui mi trattenne per un braccio.

«Lo stai facendo di nuovo. Mi stai escludendo dalla tua vita» affermò con tono disperato.
«Claudio lo sto facendo per il tuo bene. Ti ho promesso che ci frequenteremo come amici non scapperò ancora te lo giuro» spiegai.

Diocle seccato dalla sceneggiata si avvicinò e tolse la mano di Claudio trascinandomi fuori dal boschetto. Diocle accese la macchina per poi immettersi in strada «Mi ha chiamato Diana, degli esseri sono entrati nel nostro appartamento.»
«Com'è possibile? Non sono così intelligenti, non conoscono la nostra posizione almeno così credevo visto che è la seconda volta che tentano di entrare nell'appartamento. Chi ci sarà dietro a manovrarli?»

«Non saprei. Comunque non è finita qui, da quello che ha detto Diana erano in tantissimi. Ce n'erano persino fuori dal palazzo erano di livello infimo. Lei e Teodoro si misero a combatterli intanto che gli altri erano a fare la ronda, arrivarono allo stremo a causa dell'inferiorità numerica.
Quando a un certo punto la radiolina che avevi lasciato sul tavolo in cucina è esplosa in mille pezzi, facendo fuori un gran numero di quei mostri viscidi, al suo interno c'era dell'acqua santa. Per fortuna che i nostri compagni se la sono cavata con delle ferite lievi.»

«Quella radiolina me l'aveva data Leam» confidai al mio compare. Ecco perché premeva così tanto per portarmela a dietro, era una sorta di arma per salvarmi se qualche essere avesse cercato improvvisamente ad attaccarmi.
«Ah che compagno premuroso» i suoi lineamenti duri si distesero per un attimo e vidi comparire un sorrisetto.

«Non è come sembra e lui non è il mio compagno!» protestai irritata.
«Va bene stai calma. Comunque mi sono dimenticato di dirti che i pochi esseri rimasti nel palazzo, durante il casino sono riusciti a prendere in ostaggio i tuoi figli» finì la spiegazione in fretta e furia.
«Che cosa? E quando avevi in mente di dirmelo? Io giuro che l'ammazzo chiunque ci sia dietro» ero fuori di me e preoccupata allo stesso tempo.

«Oh non ci pensare sarò io il primo che lo vorrà torturare, nessuno si permette di toccare le due pulci» i suoi occhi erano fiammeggianti, Diocle era svogliato e pigro ma si era affezionato molto ai miei figli. Lui riusciva sempre a prendere Enìmia per il verso giusto, dote molto rara vista la stravaganza di mia figlia.

«Ho contattato Matteo per dirgli di tornare all'appartamento. Pochi minuti dopo mi ha chiamato per spiegarmi in modo molto agitato che gli esseri hanno preso in ostaggio la periferia a ovest della città, per cui tutti si sono diretti in quel punto. Quelle bestie tra i vari casini che stanno facendo sono entrati nel vecchio orfanotrofio facendo strage di bambini. Sono sicuro che i gemelli vengano tenuti in ostaggio proprio lì dentro. Ci sono pure gli immortali lì in zona ma non riescono a starci dietro a questo grande caos, quei cosi sembrano impazziti. Mia cara Angelica questa volta credo proprio che molti umani saranno coinvolti» disse preoccupato per la situazione.

Un dubbio attanagliò la mia mente di chi avesse occupato l'orfanotrofio ma lo scacciai.
«Oh a quanto pare il tuo bello non ci vuole lasciare» affermò il mio amico interrompendo i miei pensieri.
Dietro di noi c'era un'auto che ci seguiva. Al suo interno al posto del guidatore era presente Claudio. Sospirai esausta della cocciutaggine di quell'umano.
Dopo venti minuti arrivammo alla periferia ovest, la gente gridava disperata e correva da tutte le parti.

Gli esseri erano scatenati sembravano indemoniati la situazione era molto seria, sentivo che molti esseri umani erano stati mangiati e le loro anime stavano lasciando questo mondo.

I miei compagni erano in mezzo alla mischia facendo un ottimo gioco di squadra, Fulvia e Ibisco se la cavavano molto egregiamente per essere dei novellini.
Anche gli immortali di entrambe le fazioni riuscivano a tenere testa a quei mostri squamosi.
Sulla sinistra erano presenti Yag e Arasio che combattevano fianco a fianco. Da soli avevano appena abbattuto tre esseri in un colpo solo.

«Ottimo lavoro zuccherino» Yag diede una pacca sul sedere ad Arasio.
«Cosa fai cretino! Siamo in mezzo a una battaglia» disse Arasio diventando rosso in volto.
Che quei due fossero sulla strada del ricongiungimento? Lo speravo, ma come vedevo molte delle coppie miste di immortali tentavano di ignorarsi pur combattendo vicini.

Persino Veria e Robinia che erano molto legate facevano finta di non conoscersi. Sarà questione di tempo e di mettere da parte l'orgoglio per quello che era successo secoli passati, quando la smetteranno di incolparsi reciprocamente tra di loro potrà esserci la strada per il dialogo.

Il mio rapporto con Leam era distrutto ma non era detto che anche il loro doveva finire nello stesso modo.
A proposito parli del diavolo, Leam era in prima linea a falciare con una sola mano gli esseri.
Il volto del Dio degli inferi era imperlato di sudore, il ciuffo ricadeva appiccicoso sulla fronte, le sue sopracciglia erano aggrottate per la tensione e il suo respiro era irregolare.

Lucifero sembrava che stesse devastando pianeti più che esseri, lo stesso sguardo che aveva quando lo incontrai casualmente la prima volta in mezzo alla galassia.

Diressi la mia attenzione su un'altra creatura e più  precisamente su Luna, un angelo e mia vecchia conoscenza, era tra le prime linee a combattere. Adesso non era il momento ma quando avrei avuto l'occasione le avrei parlato.

Mi diressi con Diocle verso Teodoro che si trovava sulla destra vicino all'orfanotrofio. Teodoro stava trafiggendo con la sua mano destra un essere, la bestiola cadde a terra schizzando sangue nero da tutte le parti.
«Finalmente siete arrivati» il ragazzo era visibilmente stanco.
«Scusa per il ritardo» mi giustificai.
«Perché prendere di mira proprio questo edificio?» gli chiesi, ci guardammo per qualche minuto si vedeva che anche lui aveva lo stesso dubbio.

«C'è solo una persona che mi viene in mente che potrebbe prendere di mira questo posto, visto che tu mi hai detto che alcune anime sono riuscite a scappare, l'unico che immagina la mia mente è proprio lui» affermò Teodoro.
«Ter... mine» il suo nome uscì dalla mia bocca.
Teodoro annuì il suo viso era contratto e i suoi occhi scuri trasmettevano tensione.

Colui che avevo imprigionato anni fa, era un mio alleato, l'avevo incontrato quando ero solo poco più che un bambino. Era stato una mia arma contro gli esseri finché un giorno non impazzì, dovetti ammazzarlo per la seconda volta per spedirlo negli inferi. Non mi scorderò mai la sua espressione prima di ucciderlo.

Lui era molto legato a Teodoro erano stati cresciuti in questo orfanotrofio da bambini, finché non furono venduti per degli esperimenti.

Teodoro si trasformò in falce per essere brandita nelle mie mani. Io e Diocle ci facemmo strada nell'edificio, la struttura era piccola e stretta, divisa in più piani dando l'idea di essere più slanciata di quanto in realtà non fosse.
Le pareti della squadrata architettura erano completamente annerite e le piccole finestre erano erano delimitate da inferriate arrugginite.

In mezzo alla marmaglia si fece fece largo Claudio, raggiungendoci il più velocemente possibile.
«Perfetto adesso avremmo anche la zavorra» brontolò Diocle vedendoselo arrivare da dietro le spalle.
Entrammo nell'edificio, l'interno dell'orfanotrofio era avvolto da un silenzio tombale.

I corridoi erano sporchi di sangue rendendo gli schizzi quasi una forma d'arte.
Presi le scale per andare verso il basso e anche tutto il gruppo mi seguì. Mi sembrava di sentire un'anima in pericolo.

Ci trovammo in uno scantinato pieno di sangue umano e corpi maciullati di diverse età. C'era un essere che continuava a gironzolare attorno a un armadietto, quando si accorse di noi cercò di aggredirci.
Prontamente affondai Teodoro nel petto del mostro e Diocle gli tranciò le gambe. L'essere cadde senz'anima schizzando sangue dappertutto.

Ci avvicinammo all'armadio che era chiuso, spaccai il lucchetto e all'interno trovai una neonata in fasce. Era bellissima qualcuno aveva pensato di proteggerla perire.
La presi in braccio, la sua tunica bianca era sporca di sangue che non era suo.
Gli occhi marroni della neonata mi guardavano felici, ignara del pericolo che stesse correndo.

«Non possiamo tornare indietro per metterla al sicuro, perderemmo troppo tempo. Tu renditi utile e prendi la bambina» parlò Diocle in modo autoritario.
Passai a Claudio la piccola, il mortale sembrava molto imbranato a tenerla in braccio. Magari anche con Enìmia e Iglis sarebbe stato così impacciato?

La preoccupazione mi attanagliò il cuore, dovevo trovare al più presto i miei bambini.
Ritornammo al primo piano e salimmo al secondo cercando di non scivolare sulle enormi pozzanghere di sangue.

Al piano superiore ad aspettarci erano presenti una quarantina di esseri di infimo livello, le bestiole facevano da guardiani alla porta che ipoteticamente doveva portare terrazza.
«Io ti copro le spalle, tu Angelica sfonda la linea e fiondati in terrazza» suggerì Diocle.
Uccisi tutti gli esseri che mi trovavo davanti nel mentre il mio alleato Diocle mi faceva da spalla.
Riuscii a raggiungere la porta e ad aprirla.

«Ottimo lavoro ragazzina, ti raggiungo subito» furono le ultime parole prima che la porta si chiuse improvvisamente. Provai ad aprirla ma fu tutto inutile.

Poco più in là, una figura mi dava le spalle e si stava godendo ciò che stava succedendo di sotto. A un certo punto lo sconosciuto si girò lentamente e tutti i miei dubbi furono confermati, Teodoro mi stava tremando dalle mani.
Con un ghigno malefico mi guardò e mi disse «Ben arrivata Angelica.»

Spazio Autrice
Ciao a tutti 🤗, spero che non ci siano degli errori gravi nel capitolo. Se dovessero esserci segnalatemeli nei commenti 😉. Sto cercando di migliorare, inoltre sto revisionando i capitoli precedenti, trovando gli errori che mi erano sfuggiti. Grazie per l'attenzione. Spero che la storia vi piaccia, mi dispiace che ci siano molti personaggi e qualcuno potrebbe confondersi, andando avanti spero che molti di loro vi colpiscano.😉

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