Capitolo Cinquantasette (passato)
Lei
Diocle mi stava portando in un luogo sicuro.
Ascoltai attentamente il suo respiro irregolare e spezzato per l'enorme sforzo che stava avendo.
Le foglie gli si strusciavano sugli arti, aprendogli piccole ferite sanguinanti sulla cute, già abbastanza compromessa a causa delle ustioni. L'umano sbatté diverse volte contro i muri esterni dell'abitazione, lasciandogli ulteriori abrasioni ed ematomi causati dalla scarsa capacità del suo equilibrio.
Le scheggie della staccionata gli si conficcaroni nel palmo della mano e con un enorme sforzo fece un salto per scavalcarla. Lui ci stava ancora credendo che tutti e due ce l'avremmo fatta a sfiggirgli, lo stava facendo per entrambi.
Ero ancorata alle sue spalle, almeno era quello che credevo.
Guardai avanti la strada senza capire dove fossi, il mio cervello era in tilt.
Vidi che dietro di noi era presente mio padre, zoppicava e con una mano si teneva la ferita che gli avevo inferto. La parte lesa zampillava copiosamente, tinteggiando di rosso la sua camicia bianca.
Il bastardo si accasciò esamine in giardino per la rincorsa, ma il suo sguardo era famelico, ben presto mi avrebbe sbranato.
Chiusi gli occhi e quando li riaprii lui era sparito. Il paessaggio era mutato e folte chiome di alberi ci riparavano dalla luce lunare.
Continuavo a pensare a cosa fosse successo. Che errore madornale avessi fatto. Come si sarebbe vendicato? Sapevo che anche se fossi fuggita lui me l'avrebbe fatta pagare.
Tremai di paura, forse era meglio se fossi morta in quello studio.
Diocle si girò verso di me «Non pensarlo neanche quello che ho percepito. Nessuno ti farà del male»
Scossi la testa «Tu non sai che cos'è in grado di fare quel bastardo.»
«Io e i gemelli saremmo pronti al peggio» mi rassicurò con respiro affannoso.
Tornai nel dormitorio il giorno seguente a pomeriggio inoltrato, Licerio mi salutò e anche qualcun'altro della servitù. Andai in camera mia e mi buttai sul letto come un automa, sapevo che non sarebbe finita così, non mi avrebbe mai lasciato in pace.
Nella mia dimora entrarono Diana e Sario, videro la tensione che c'era nella stanza.
Chiesero informazioni a Diocle ma non ascoltai che cosa si dissero.
I giorni passarono tranquillamente, ero fuori a pulire le foglie cadute con me c'era Sario, lui o sua sorella oppure Diocle non mi lasciarono mai da sola.
Il cielo era limpido, le nuvole sembravano soffici come lo zucchero filato. Che voglia di dolce... se non le cucinavo io le torte nel dormitorio insieme ai miei amici, nessuno li feceva. La servitù pensava solo a farsi da mangiare per sé, ma quando vedevano il dessert in frigo qualche fetta se la ingurgitavano sempre, maledetti scrocconi.
In questo luogo poi le schifezze erano severamente vietate, mangiare in una casa di riposo non era tanto diverso. All'improvviso cominciai a tremare in maniera febbricitante, non ne capivo il motivo, è vero che che ormai eravamo a ottobre inoltrato ma il sole nel pomeriggio scaldava ancora.
Mi girai verso la direzione delle piante, ormai le loro foglie stavano prendendo delle sfumature autunnali e cadevano sul giardino.
Dal nulla comparve mio padre, sul suo viso era dipinto un sorriso beffardo. Speravo che tutto ciò fosse un'allucinanazione.
Mi immobilizzai completamente come se fossi un blocco di cemento e lui avanzava imperterrito. Sario scattò nella sua direzione cercò di dargli un pugno, ma lui lo fermò serrandogli la mano intorno al collo. Il meticcio lo alzò di poco da terra e in seguito lo scaraventò in modo violento sul terreno.
Iniziò a dargli un calcio sotto il mento, per poi continuare su tutto il suo esile corpo. Il gemello sputò sangue e cercò di rialzarsi ma anche lui sembrava non aver controllo sul suo fisico.
Sario aveva la faccia piena di ferite e di contusioni ed era ancora semicosciente. Era stato brutale e svelto nel liberarsi del mio amico, usando perfettamente l'effetto sorpresa.
Il bastardo si avvicinò a me lentamente, mi tirò di peso e mi mise alla sua altezza. Aveva una benda sull'occhio ferito e altre fasciature che sicuramente io non potevo vedere.
«Da quanto tempo che non ci vediamo bambolina, ti sono mancato?» sghignazzò prendendomi in giro.
Mi diede un pugno e mi fece cadere a terra.
Mi toccai la faccia per il lancinante dolore, la parte lesa era già gonfia e calda.
Mi buttò davanti ai suoi piedi delle foto, le guardai erano raffigurati in una mia madre legata e piena di contusioni, nell'altra c'erano Marica e Zacinto nella stessa situazione.
Lui si chinò e si mise alla mia stessa altezza «Sai nella versione ufficiale sono entrati dei ladri a casa del capo villaggio per rubare delle pietre preziose. Non trovando niente, hanno tentato di uccidere il padrone di casa e di pestare la loro famiglia. Tu sai che se non ammazzerai i tuoi amici, questi ladri entreranno di nuovo in questa casa. Sai meglio di me quanto siano imprevedibili i forestieri. È ora di giocare bambolina. Ti do tempo una settimana, chi sceglierai?» mi guardò in segno di sfida.
Lo trucidai con lo sguardo «Sei un mostro proprio come Lui.»
Il bastardo si stupì della mia risposta, non pensava che io ricordassi di Lucifero.
Il meticcio si mise una mano nei capelli e scoppiò a ridere «Sono molto meglio di Satana. Tu lo indebolisci e bas...» non finì neanche la frase che sentì dei rumori sordi.
Sario aveva modificato la sua mano in pistola, sparò un colpo alla schiena del bastardo e altri due colpi in aria prima di svenire a terra. Il suo sguardo si contorse di rabbia, si alzò e si diede un colpo con la mano, dalla schiena poco dopo uscì la pallottola come se non fosse mai entrata nel suo corpo.
Il meticcio si stava per avventarsi contro il gemello, quando si piazzò davanti il grande lupo. I due si guardarono i cagnesco e si studiarono.
Dal retro della casa erano usciti Diocle e Diana. Tutto successe in pochi minuti, il lupo si avventò sul bastardo, prese in bocca il suo braccio stritolandoglielo con le fauci e lo scaraventò contro l'albero spaccandolo a metà.
Il meticcio si rialzò immediatamente prima che il lupo lo sbranasse. Il capo villaggio lanciò dell'acqua santa colpendo la zampa del povero lupo che guaiva dal dolore. Lui ne aprofittò di questo ed estrasse le spoglie ali, per poi allontanarsi in cielo.
Il canide cercò lo stesso di attaccarlo. Intorno all'animale si formarono delle fiamme a me familiari, che mi fecero tornare a secoli lontani.
Le lingue di fuoco si estensero a forma di mano per afferrarlo, ma tutto fu inutile, il meticcio riuscì a schivarlo e a scappare.
Le fiamme scomparvero e il lupo o almeno quello che pensavo fosse un canide, se ne andò zoppicante.
Diocle si avvicinò alla mia figura «Tutto bene?»
«Sì» risposi senza guardarlo in faccia.
Diana trascinò Sario nel dormitorio, era ancora in stato di incoscienza.
Presi le foto e mi recai anch'io nella nostra casa, seguita a ruota da Diocle.
Nel salone era presente Licerio che mi guardò con i suoi piccoli occhi castani.
«Tutto bene Angelica?» domandò perplesso.
«Certo» mentii e me ne andai.
Il maggiordomo non chiese ulteriori spiegazioni, capì che non ne era il caso.
Sentii lo stesso il suo sguardo non lasciarmi finché non sparii al piano superiore.
Intanto che salivo le scale per andare nella mia stanza incontai Mauro e Matteo. Non avevo il coraggio di guardarli in faccia e li ingnorai.
Andai in camera mia dove Diana si mise immediatamente a medicare il fratello in un lettino improvvisato, di solito erano lì che entrambi dormivano.
Diana e il biondo mi chiesero cos'era accaduto, come un fiume in piena gli raccontai tutto quello che era successo, gli parlai anche delle foto. Quella sera non andai a mangiare e parlammo fino a notte inoltrata.
«Siamo ancora troppo deboli per difenderti a dovere» disse Diocle frustrato.
«Se i tuoi poteri si risvegliassero oppure fossi più grande. Potremmo ucciderlo insieme solo noi quattro» parlò Diana incerta.
«No Diana, avresti ragione se lui fosse un umano. Ma non è così, la sua forza è maggiore. Anche se io, tu e tuo fratello dovessimo scontrarci contro di lui sono sicuro che ci ammazzerebbe. Non è un semplice mortale o un essere di infimo livello» affermò il biondo dagli occhi verdi.
«Che cosa ti intendi che non è umano?» domandò Diana confusa.
«Dalle sue ali deduco che lui sia un meticcio» spigai.
Diana sembrava ancora più smarrita «Che cosa sono i mettici?»
«Forse ne avrete già sentito parlare all'inferno, solo dopo la vostra morte visto che gli umani sono ignari della loro esistenza. I meticci non dovrebbero esistere, ciò che io e Leam non abbiamo mai voluto creare. Un individuo avente genitori uno immortale, che sia angelo o demone non ne fa nessuna differenza e un umano. Nella maggior parte dei casi i miei figli immortali ottengono la prole con l'inganno, utilizzando la loro bellezza innata. Iniziava già a nascere questo problema quando io ero ancora una Dea. A Leam dopo la mia morte, ipotizzo che la situazione gli sia sfuggita di mano. Gli immortali si sono sentiti in diritto di violare una delle poche regole che avevamo imposto, non procreare con i mortali. Per quanto ne sono sicura che sia ancora presente adesso il loro razzismo nei confronti degli umani, li utilizzano senza fare tanto gli schizzinosi come contenitori per il loro figli, quando potrebbero anche adottare un orfanello. Perchè loro bramano le nostre stesse facoltà di creare come abbiamo permesso a voi, limitandovi questa capacità in una vita breve.»
Sospirai dopo il discorso «Angelo, Demone o chichessia, hanno sempre avuto questa ambizione.»
Diana si stava mordendo le labbra scuotendo la testa assorta nei suoi pensieri «Magari non tutti gli immortali sono animati nell'ingannare l'umano, magari si possono veramente innamorare.»
«Si vede Diana che non li conosci bene» risposi.
Diana è sempre stata una che vedeva solo in positivo in qualsiasi essere vivente. Ero certa anche se è diverso tempo che non sono a contatto con la mia società, anzi ne sono sicura che la loro mentalità non sia cambiata.
Spostai nuovamente il discorso «Mio padre...» mi morsi la lingua per affibiare quel nome a una bestia del genere.
«Dev'essere di prima generazione perché più si va avanti con l'albero genealogico, più i poteri immortali diminuiscono.» aggiunsi.
In altre parole il mio sangue puro era stato nuovamente alterato, non solo da Leam ma anche dalla sfortuna di essere nata in una famiglia con all'interno un meticcio. Di bene in meglio. Ma perchè la mia anima avrebbe scelto proprio quella determinata famiglia?
La risposta arrivò senza neanche pensarci, erano in linea diretta con i primi due umani o almeno uno dei due. Mi misi le mani nei capelli questa storia dei meticci era tutto un caos, come ho potuto lasciare questo mondo in mano a Leam? guarda che casino aveva combinato!
«Percui anche tu Angelica oltre a essere Dio, sei anche un metticio? Nel tuo sangue è presente anche quello demoniaco a causa di tuo padre. Altrimenti non avresti potuto resuscitarci con dei mezzi da demone» chiese Diana.
Scossi il capo, non era del tutto sbagliato il suo ragionamento «Sì a quanto pare, ma la grande quantità di sangue demoniaco che ahimè scorre nelle mie vene non è quella di mio padre, ma era già presente da molto tempo della mia reincarnazione. Prima di morire nella mia vita precedente, Leam cercò di salvarmi trasferendo il suo liquido vitale nelle mie ferite. Per colpa del bastardo e del mio ex compagno, il mio sangue non è più puro come una volta. Questa cosa potrebbe destabillizzarmi e portarmi alla follia.»
«Che cosa ti intendi per follia?» chiese Diocle.
«Perdere il lume della ragione e non è facile tornare indietro, soprattutto se si è in quello stato per molto tempo. C'è anche un cambiamento fisico, non so nient'altro visto che questo tipo di insidia è nata principalmente dopo la grande catastrofe. Leam andò talmente fuori controllo da ammazzare qualsiasi essere vivente in circolazione, non ebbe pietà persino per i nostri numerosi figli che una volta portai nel mio grembo. Sono degli ibridi, con capacità sia angeliche che demoniache» il mio tono divenne velenoso al solo ricordo.
Una vocina demoniaca si insidiò nella mia mente, la stessa che oramai faceva parte di me da diverso tempo.
«Che ti lamenti? senza di me saresti ancora morta. Abbi anche un po' di rispetto anche per Leam.»
«Sta zitta» parlai sottovoce senza farmi sentire dai presenti, ci mancava che mi prendessero per pazza.
Li guardai in faccia, avevano entrambi la bocca aperta.
Mi avevano per caso sentito parlare da sola?
«Che c'è?» domandai dubbiosa.
«Tu hai dei figli Angelica? Non ne sapevo nulla, nessuno ne parlavano all'inferno» disse la gemella.
«Sì e un giorno li rivedrò tutti. Adesso è ancora presto. Ma farò tutto il possibile.»
Diana rise «Forse è strano perchè sei ancora una bambina ai miei occhi.»
Diocle rimase a fissare il vuoto.
«Tutto bene Diocle?» gli chiesi.
Scattò la testa nella mia direzione «Tu ha fatto sesso con Satana? tu sei Dio, porca miseria è immorale cazzo. C'è è come mischiare il bene con il male. Per caso ti minacciava per andare a letto con lui?» farfugliò, gesticolando a casaccio.
«Già è vero è molto strano» continuò la mia alleata.
«Leam è sempre stato il Mio compagno da quando ho creato la terra, eravamo una coppia.»
Perché sentivo un senso di nostalgia nel pronunciare quelle parole? dovevo solo provare odio nei suoi confronti.
«Perché lo ami.»
«La pianti di parlare?» dissi a bassa voce, oggi ne avevo abbastanza di gente che non sopportavo.
I due continuavano a guardarmi come se fossi un alieno.
«Beh se è per questo, molte coppie immortali prima che vennero separate dalla barriera. Erano costituite da un angelo e un demone» continuai a spiegare su come funzionasse la mia comunità.
Per la mia società era una cosa normale tutto ciò, non so perché si scandalizzassero per così poco.
I due però non mi credettero lo stesso dopo la fine del lungo racconto.
«Dopo tutte queste scoperte dovrò andare dallo psicologo» affermò il biondino.
Cambiammo argomento e andammo a parlare di cos'era successo oggi pomeriggio.
«Che cos'hai in mente di fare?» domandò Diocle.
Sospirai «Non ho ancora preso l'amara decisione di uccidere i miei amici oppure lasciare al loro destino mia sorella e mio fratello.»
I due si posizionarono ai lati della mia figura, entrambi mi misero una mano sulla spalla.
«Qualsiasi sia la tua decisione» affermò Diocle.
«Noi saremo sempre al tuo fianco» continuò Diana con gli occhi lucidi e la voce spezzata.
Voltai il capo da entrambe le direzioni e abbozzai un amaro sorriso per la loro comprensione, subito dopo ritornai seriosa emettendo un sonoro sospiro.
«Mi raccomando, non dite niente a Termine o a Teodoro. Loro non devono sapere di tutto questo.»
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