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Capitolo 14

"Va bene, mostramelo" acconsentì Will, prendendo un profondo respiro. Nico liberò la sfera e quella si ingrandì come l'altra mostrando loro il ricordo che conteneva.

Il sole di maggio splendeva sulle Highlands, facendo scintillare le acque del lago di fronte al grande castello del conte. Nico stava facendo una rilassante passeggiata a cavallo, godendosi il clima mite della primavera e i caldi raggi del sole. Nel cielo terso una coppia di uccellini si rincorreva in aria, volando in circolo e cinguettando allegramente. Un lieve venticello fece smuovere il mantello che indossava, portando con sé il dolce profumo dei fiori appena sbocciati. Nico fece voltare il suo cavallo e ritornò al castello, incitando il destriero ad un trotto veloce.

"Buono Umbreon, siamo arrivati" disse il conte, tirando le redini del cavallo per farlo fermare. Umbreon sbuffò e si fermò, permettendo a Nico di scendere dalla sua groppa.

"Bentornato, mio signore. Avete fatto una buona passeggiata?" chiese lo stalliere, prendendo le redini del cavallo nero del conte.

"Meravigliosa. Fate riposare Umbreon e dategli una razione di carote in più" rispose Nico, sfilandosi i guanti di pelle che aveva usato per cavalcare, accarezzando il muso del cavallo.

"Sarà fatto, mio signore" disse ubbidiente lo stalliere, portando il cavallo nelle stalle. Il conte salì la scalinata che portava al grande portone del castello e vi entrò, dirigendosi nel salone principale. Si slacciò il mantello e lo posò noncurante su una poltrona, insieme ai guanti. Si sedette sull'altra poltrona libera e prese il libro dal tavolino da caffè, libro che aveva cominciato a leggere la sera precedente. Pochi minuti dopo delle urla distrassero Nico dalla lettura. Il conte si alzò e lasciò il libro sulla poltrona, precipitandosi all'ingresso del castello per vedere cos'era successo.

"Fermatevi! Il conte non vuole vedere nessuno!" gridò il maggiordomo, rincorrendo una donna dal volto nascosto dal cappuccio del mantello nero che indossava.

"Che cosa succede qui?" chiese, alterato da tutte quelle urla.

"Mio signore, questa donna si è introdotta con la forza nel castello pretendendo di vedervi" spiegò l'uomo fermandosi di fronte a Nico.

"Chi siete e come osate entrare nel mio castello senza permesso?" domandò imperioso il conte, camminando intorno alla ragazza, osservandola con disprezzo. La donna non disse nulla, fece solo vedere l'anello sull'anulare della mano destra. Nico prese delicatamente la mano della ragazza e notò lo stemma sull'anello: un'aquila che stringeva tra gli artigli una rosa.

"Andatevene" disse l'angelo, rivolgendosi al maggiordomo.

"Ma, mio signore..." tentò di protestare l'uomo, ma il conte lo interruppe.

"Ho detto: andatevene! A lei penserò io" ordinò Nico e il maggiordomo si inchinò per poi andarsene. Nico prese il polso della ragazza e la trascinò nel salone, chiudendo poi le porte della stanza "Che cosa ci fai tu qui?"

"È un piacere rivederti anche per me" rispose Elisabeth, abbassando il cappuccio del mantello, rivelando il suo volto. Nico sorrise e le posò le mani sulla vita, tirandola più vicina a sé.

"Mi sei mancata" mormorò l'angelo, posando una mano sul volto della ragazza.

"Anche tu" rispose lei, guardandolo negli occhi. Nico sorrise e si chinò, baciando dolcemente la ragazza sulle labbra. Elisabeth chiuse gli occhi, deliziata dal bacio del conte, intrecciando le braccia dietro il collo dell'angelo. Fu un bacio dolce e lento, nel quale riversarono la loro felicità nell'essersi rivisti.

"Come mai sei tornata? Pensavo dovessi rimanere a Dublino per un altro anno" chiese Nicholas, facendo accomodare la duchessa sulla poltrona. Elisabeth era partita l'anno precedente con i genitori per incontrare una famiglia di marchesi nel nord dell'Irlanda. In quell'anno e mezzo Nico ed Elisabeth si erano scambiati molte lettere, ma in nessuna di esse il conte aveva letto che la ragazza sarebbe scappata.

"Me ne sono andata. Non riuscivo più a rimanere lì" rispose enigmatica la ragazza, evitando di incontrare lo sguardo del giovane conte.

"Quello che non capisco è il motivo che ti ha spinto ad andartene"

"Mio padre, a mia insaputa, mi aveva promessa sposa al marchese Castellan. Lo sono venuta a sapere due settimane fa, grazie ad una conversazione tra mio padre e il marchese che sono riuscita ad origliare. I miei genitori avevano organizzato questo viaggio per fare in modo che conoscessi il marchese e che ci innamorassimo" spiegò Elisabeth, tormentandosi le dita.

"Cos'è successo per farti scappare?" chiese Nico, in piedi di fronte a lei, mentre ascoltava attentamente la storia.

"Il marchese era molto gentile con me e faceva di tutto per farmi sentire bene. Andò avanti così per un anno fino a quando, la sera dopo che ho origliato la conversazione, lui chiese la mia mano. Io non seppi cosa fare, cosa rispondere a quella richiesta. Sapevo che dovevo accettare la proposta ma, nonostante il marchese mi disse molte volte che mi amava, io non ricambiavo quel sentimento nei suoi confronti. Non riuscivo a decidere, così mi alzai da tavola e andai in camera mia sperando che la notte mi portasse consiglio. Quella stessa sera lui venne da me e minacciò di farmi del male se non avessi accettato la sua proposta di matrimonio" continuò Elisabeth, la voce spezzata dalle lacrime. Nico si sedette sul bracciolo della poltrona e permise alla duchessa di appoggiarsi al suo petto "Ero spaventata. Lui non era più l'uomo che mi aveva ripetuto di amarmi, di tenere a me. Si era trasformato in un mostro. Non potevo più rimanere in quel castello e così scappai quella notte. Rubai uno dei cavalli nella scuderia e cavalcai fino al porto. Prima di partire avevo portato con me un sacchetto di monete d'oro e, con alcune di esse, riuscì ad ottenere un passaggio fino alla costa scozzese. Ci impiegai quattro giorni ma alla fine arrivai e, con i soldi che mi rimanevano, noleggiai un cavallo e del cibo per il viaggio. Ci misi più di una settimana prima di trovare il castello, mi basai solo sui vecchi ricordi delle poche volte che Alexander mi portava con sé quando ti veniva a trovare. Sei stata la prima persona che mi è venuta in mente, l'unico di cui mi potevo fidare. Però ho paura, paura che mi possa ritrovare"

"Elisabeth andrà tutto bene, non permetterò che ti facciano del male. Te lo prometto" disse Nico risoluto, mentre la duchessa aveva nascosto il viso nel suo petto. Il conte la lasciò sfogare, carezzandole dolcemente la testa, cullandola fino a quando non si calmò.

"Grazie" sussurrò lei, alzando appena il viso dal petto ampio dell'angelo, gli occhi verdi lucidi di lacrime.

"Ti amo e non permetterò a nessuno di farti del male" promise Nico, asciugandole le lacrime sulle guance.


Tre giorni dopo l'accaduto nessuno era venuto a conoscenza che Elisabeth si trovava nel castello del conte nelle Highlands. Nico aveva detto alla servitù chi era la misteriosa ragazza che aveva fatto irruzione nel castello, facendo giurare di non dire a nessuno che era la duchessa di Scozia.

"Eccoti, cominciavo a darti per dispersa" disse Nico, entrando nella grande biblioteca del maniero, trovando Elisabeth seduta su una panca vicino alla finestra.

"Ciao. Scusa, non volevo farti preoccupare, è che sono rimasta incantata dalla tua biblioteca e il tempo è passato senza che me ne accorgessi" si scusò, voltandosi verso il conte che si era seduto di fianco a lei.

"Non c'è problema, so bene quanto ami leggere e che perdi la cognizione del tempo quando sei circondata da libri. Cosa vorresti fare oggi?" chiese l'angelo, stringendo una mano della ragazza nella sua.

"Vorrei tanto uscire, fare un giro per il paese. Mi annoio a rimanere rinchiusa qui" sospirò Elisabeth, voltando lo sguardo verso la finestra.

"Lo so, ma se esci corri il rischio di essere riconosciuta" la avvertì Nico.

"Starò attenta, te lo prometto, ma ti prego usciamo. Anche solo per dieci minuti, ti prometto che non farò storie" disse la ragazza, voltandosi verso il conte, osservandolo con occhi speranzosi. Nico acconsentì, non aveva il cuore di dirle di no, non poteva rinchiuderla nella sua stanza contro la sua volontà. Nico disse al maggiordomo di portare il mantello col cappuccio di Elisabeth, il suo mantello nero, il cilindro e il bastone. Il maggiordomo ubbidì mentre Nico ed Elisabeth si avviavano verso l'ingresso. Per maggior sicurezza il conte si legò alla vita la sua spada.

"Facciamo un giro in paese e poi ritorniamo al castello" ordinò Nicholas indossando il cilindro e prendendo il bastone da passeggio, porgendo il braccio ad Elisabeth.

"Va benissimo" sorrise la duchessa prima di coprire il volto col cappuccio del mantello, accettando il braccio che Nico che porgeva. Il conte e la duchessa uscirono dal castello e, dopo cinque minuti, si ritrovarono nel piccolo villaggio ai piedi del castello. Tutte le persone che incontravano al loro passaggio si inchinavano rispettosamente al conte, mormorando tra loro chi poteva essere la misteriosa dama al fianco del loro giovane conte. Nessuno chiese loro spiegazioni sulla misteriosa ragazza, nessuno si azzardava ad avvicinarsi alla coppia. Nessuno, tranne una bambina. Quando Nico ed Elisabeth passarono di fronte ad un piccolo fioraio una bambina di dieci anni si avvicinò a loro.

"Volete una rosa?" chiese la bambina, porgendo alla duchessa una rosa bianca.

"Grazie, molto volentieri" rispose dolcemente Elisabeth prima che Nico potesse replicare, prendendo la rosa. La duchessa annusò il dolce profumo del fiore sorridendo, sorriso nascosto dal cappuccio del mantello "Ha buon profumo. Come ti chiami, piccola?"

"Christal, mia signora" rispose la bambina, inchinandosi ai due nobili "E voi, come vi chiamate?"

"Mi dispiace, piccola, vorrei poterti dire il mio nome, ma non posso" rispose Elisabeth, dispiaciuta.

"Perché non potete?" domandò nuovamente Christal, piegando la testa di lato. Prima che la duchessa potesse rispondere una donna uscì dal negozio.

"My Lord, perdonate mia figlia se vi ha infastidito" si scusò la madre della bambina, inchinandosi a Nico ed Elisabeth.

"Nessun disturbo. È una bambina molto curiosa e intelligente, i miei complimenti" disse Nico, sorridendo a Christal, la quale gli regalò un sorriso sdentato.

"Vi ringrazio"

"Quanto vi devo per la rosa?" domandò il conte, infilando una mano nella tasca dei pantaloni per prendere alcune monete dorate.

"Niente, My Lord. Consideratela un omaggio da parte nostra" rispose velocemente la donna, ma Nico, ignorandola, le diede alcune monete dorate.

"Considerate anche questi un omaggio da parte mia" disse l'angelo, consegnando le monete alla donna.

"Io... vi ringrazio"

"Ora dobbiamo andare. Ci vediamo, piccola. Qualche volta, se tua madre te lo permette, perché non vieni a fare un giro nel parco del castello? Ci sono molti fiori che credo ti piaceranno" propose Nico, scompigliando bonariamente i capelli di Christal.

"Verrò molto volentieri" assicurò la bambina. Nico annuì e, insieme ad Elisabeth, si allontanò per ritornare al castello.


"Sai, sei stato molto gentile oggi, con quella bambina" disse Elisabeth, comodamente seduta sul prato nel parco del castello, la rosa bianca tra le mani.

"Grazie" rispose Nico, riprendendo a disegnare col carboncino su un blocco da disegno poggiato sulle sue gambe. Lui ed Elisabeth, quel pomeriggio, erano usciti nel grande parco del castello, approfittando della bella giornata, e dopo una lunga passeggiata si erano seduti all'ombra di una grande quercia.

"Hai mai pensato di avere figli?" chiese a bruciapelo la duchessa, facendo alzare di scatto la testa a Nico.

"Figli? No, non ci ho mai pensato. Perché?" rispose l'angelo, ritornando al disegno. Senza che Elisabeth lo sapesse Nico le stava facendo un ritratto, doveva solo ultimare alcuni dettagli.

"Perché ti vedrei bene come padre" rispose lei, vagamente, osservando il lago all'orizzonte.

"E tu? Ci hai mai pensato?"

"Qualche volta, ma non avevo ancora trovato l'uomo giusto" rispose, riportando lo sguardo sul giovane conte "Che cosa disegni?"

"Niente di che. Il paesaggio" rispose Nico, evasivo, evitando di alzare lo sguardo.

"Posso vederlo?"

"No, non è ancora ultimato"

"Non importa, voglio solo dargli un'occhiata, poi te lo lascio finire" insistette la ragazza, sporgendosi per vedere il disegno.

"Meglio di no" rispose l'angelo, cercando di nascondere il disegno alla vista della duchessa, ma lei fu più veloce e lo prese. Ignorando le proteste di Nico, Elisabeth guardò il disegno, spalancando leggermente gli occhi quando vide il suo ritratto con una rosa tra le mani.

"Nico è... bellissimo" mormorò lei, a corto di parole, ridando il disegno al conte.

"Grazie. Sono felice che ti piaccia" borbottò l'angelo, le guance imporporate per l'imbarazzo. Riprese il ritratto e, sul retro, scrisse " Elisabeth, 27 maggio 1810". Improvvisamente sentì un rumore, come un ramo spezzato. Piegò il disegno e lo mise nella tasca dei pantaloni, si alzò in piedi e prese la spada da terra.

"Nico che succede?" chiese Elisabeth, alzandosi a sua volta.

"C'è qualcuno, nel parco" rispose l'arcangelo, scrutando attentamente attorno a sé.

"I miei complimenti, davvero" disse una voce maschile, accompagnata da un battito di mani. Un ragazzo uscì da una piccola macchia di alberi, una spada legata al fianco, dirigendosi verso di loro continuando a battere le mani.

"Luke! Cosa ci fai tu qui?" chiese Nico, sorpreso di trovarlo lì.

"Conosci il marchese Castellan?" domandò la duchessa, spaventata, osservando il ragazzo.

"Tu? Sei stato tu a minacciare Elisabeth?" chiese Nico, cominciando a capire chi era in realtà Luke.

"Già, io sono il marchese Castellan, o almeno in quest'epoca. Sono venuto a riprendere ciò che è mio" disse Luke, un sorriso beffardo spiccava sul suo volto perfetto, estraendo la spada dal fodero.

"Lei non vuole venire con te" rispose Nico, alzando la spada in posizione di combattimento, mentre con l'altro braccio spingeva Elisabeth dietro di sé, facendole scudo con il suo corpo.

"Lei verrà con me, io l'amo!" esclamò Luke, il sorriso scomparso dalle sue labbra.

"No, non la ami. L'hai minacciata, hai solo finto di amarla" replicò l'arcangelo, continuando a farlo parlare per trovare un modo per far scappare la ragazza senza che venisse ferita nello scontro.

"Tu non sai niente!" ringhiò Luke, scattando verso il conte, attaccando con un fendente alla gamba. Nico spinse Elisabeth indietro e parò il fendente, attaccando a sua volta con una stoccata. Luke parò col piatto della lama, indietreggiando, il volto deformato dalla rabbia. Combatterono per molto tempo in un continuo di attacco e difesa, cercando di prevalere sull'avversario. Nico stava cominciando ad accusare stanchezza, Luke era un valido avversario e continuava in un continuo di attacchi, senza lasciare il tempo all'arcangelo di riprendere fiato. Nico riuscì ad allontanare Luke per qualche secondo, riprendendo fiato. Lanciò un'occhiata ad Elisabeth alle sue spalle, doveva farla scappare. L'arcangelo si voltò troppo tardi verso il suo avversario e non lo vide attaccare. Nico cercò di alzare la spada per difendersi, ma fu troppo lento e la stoccata di Luke gli creò un lungo squarcio sul petto. L'angelo si piegò in due dal dolore, un braccio premuto sulla ferita per cercare di fermare il flusso di sangue.

"Non ti arrendi, eh?" lo sbeffeggiò Luke, vedendo che l'avversario si raddrizzava e alzava la spada, chiaro segno che avrebbe combattuto fino alla morte.

"Mai" rispose Nico, cercando di ignorare il dolore lancinante al petto.

"Sei testardo, ma se non potrò averla io non l'avrà nessuno" decretò Luke, voltandosi verso Elisabeth. Nico spalancò gli occhi e cercò di fermarlo, di dire alla ragazza di scappare, ma era debole e si mosse troppo lentamente. Luke, giocando sporco, attaccò la duchessa colpendola dritta al cuore, uccidendola sul colpo. Sapeva che non poteva battere l'arcangelo e che quello era l'unico modo per colpirlo. Nico guardò impotente il corpo di Elisabeth cadere morto sul prato, come una marionetta a cui hanno tagliato i fili, il cuore straziato dal dolore e dalla rabbia per non averlo impedito. Calde lacrime scesero dagli occhi dell'arcangelo, lacrime di amarezza e dolore per non averla salvata, per non essere stato abbastanza veloce.

Ciò che mandò completamente fuori di testa Nico fu, però, la risata di Luke. L'arcangelo alzò lo sguardo su di lui e il demone smise di ridere di fronte a quegli occhi spiritati. Nico, non sapendo da dove avesse trovato la forza, con la spada ancora in mano si lanciò contro Luke e tirò un potente fendente diretto al volto del demone. La spada calò veloce e potente sul volto di Luke, causandogli una lunga ferita sulla parte destra del volto, attraversandogli l'occhio destro. Il demone urlò di dolore e si strinse il volto tra le mani, sparendo poco dopo in una nube di fumo nero.

"Elisabeth" sussurrò Nico, arrancando verso il corpo della ragazza, riverso sul parto, l'erba sotto di lei macchiata di sangue. L'angelo si inginocchiò di fianco a lei, poggiandosi sulle ginocchia la testa della ragazza, pregando che non fosse morta. Il volto di Elisabeth era freddo e privo di vita, gli occhi smeraldini spalancati, immobili, come poco prima che la spada la colpisse.

"Elisabeth, perdonami. È tutta colpa mia, avrei dovuto essere più veloce. Ti aveva promesso che non ti sarebbe successo niente, che ti avrei protetto. Non ho mantenuto la promessa. Perdonami, amore mio, perdonami" pianse, lasciando libero sfogo alle lacrime, stringendo a sé il corpo freddo di Elisabeth. Rimase in quella posizione per molto tempo, cullando dolcemente il corpo della duchessa, continuando a ripetersi che tutto questo era colpa sua.


Una settimana dopo si tennero i funerali nella cappella privata dei Searose. Nico aveva riportato loro il corpo della figlia, spiegando loro l'accaduto. Sophie pianse disperata quando vide il cadavere della figlia, Frederik, invece, rimase impassibile, il suo dolore andava al di là delle lacrime. I funerali si tennero in forma privata con pochi amici e conoscenti. Nico non ascoltò nulla di ciò che dissero gli altri, non aveva bisogno di sentire i loro discorsi, conosceva bene Elisabeth, l'aveva amata con tutto il suo cuore prima che Luke gliela portasse via. Aveva giurato vendetta, si sarebbe vendicato di Luke per ciò che gli aveva fatto. La cerimonia finì e tutti i presenti posarono un fiore sulla bara di Elisabeth, dandole l'ultimo saluto. Nicholas fu l'ultimo ad andarsene, si inginocchiò di fronte alla bara e posò su di essa una rosa bianca.

"Mi dispiace, amore mio, perdonami. Ti porterò per sempre nel mio cuore" mormorò, la voce spezzata dalle lacrime.


Due giorni dopo il suo funerale, Nico si recò in Paradiso. Aveva preo una decisione, durante la Chiamata non si era schierato con nessuno, ma ora sapeva cosa fare. Gli angeli erano tutti radunati nei pressi del grande altare, in attesa della risposta del loro fratello. Nico camminò tra loro a testa alta, non indossava niente a parte un paio di pantaloni di lino bianco. I muscoli del petto e delle braccia erano ben delineati sotto la candida pelle d'alabastro dell'angelo, in netto contrasto con i capelli corvini. Una lunga cicatrice slabbrata gli percorreva tutto il petto, ricordo dell'ultima battaglia che aveva sostenuto. Gli occhi dorati di Nico erano duri e freddi, ma distanti e tristi essendo ancora provato dalla perdita di Elisabeth. Le grandi ali erano ripiegate dietro la schiena: erano di un bianco accecante con le punte che sfumavano dolcemente in una calda colorazione dorata verso la fine. Erano ali maestose ed eleganti, degne di un arcangelo. Nico si inginocchiò di fronte all'altare, le ali leggermente aperte, protese verso di Lui.

"Arcangelo Nicola, hai preso una decisione?" disse la Sua voce, forte e potente.

"Sì, ho deciso di non schierarmi con nessuno di voi. Sarò un angelo neutrale" rispose Nico, deciso, alzando in capo in segno di sfida.

"Sai bene cosa comporterà questa tua decisione nel futuro? Le conseguenze che avrà?"

"Non mi importa delle conseguenze. Questa è la mia decisione" ribadì deciso, gli occhi dorati freddi e impassibili.

"Molto bene, così sia" decretò Lui, con voce grave. Una luce nera avvolse Nico e l'angelo urlò di dolore, sentendo le sue ali mutare. Le sue ali, un tempo dorate sulle punte, divennero nere come la notte, mentre la parte superiore di esse rimase bianca e pura. Anche i suoi occhi, un tempo dorati, divennero argentati. Una volta che il processo fu completato, Nico smise di urlare, rimanendo in ginocchio, senza fiato, in attesa che il dolore passasse "Ora sei un angelo Neutrale. L'accesso al Paradiso ti sarà negato, a meno che non sia io a concederti il permesso di venire qui. Ora vattene"

Nico si alzò faticosamente e girò le spalle all'altare. Gli altri angeli lo fecero passare, osservandolo timorosi. Nico non si curò di loro, era pronto, pronto a cominciare quella nuova vita. Avrebbe chiuso il suo cuore a chiunque, non si sarebbe più permesso di cedere nuovamente all'amore, non avrebbe più permesso che qualcuno morisse a causa sua.

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