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II

I giorni, le ore, le settimane e gli anni erano passati, così come le stagioni con le loro piogge e i loro frutti. Erano passati come una breve folata di vento per l'angelo che continuava ad osservare con immenso amore Arni e Angel. 

Angel aveva imparato a camminare dapprima in modo traballante, poi, sempre più sicura di sé, aveva anche iniziato a ballare. In una splendida mattina d'inverno, con i fiocchi che cadevano fitti dal cielo, aveva chiamato sua madre, e Arni aveva iniziato a sorridere e a girare intorno a se stessa, con la bambina tra le braccia, in un misto di commozione e gioia. 

I dentini avevano iniziato ad uscire, fino al suo primo giorno alla scuola materna in cui si era fatta tanta amici e aveva riso e giocato come non mai. 

Ora aveva cinque anni e i lunghi capelli ricci e crespi, di un tenero castano, tenevano quel piccolo e fragile collo riparato dal freddo dell'inverno. 

- Mamma? - chiamò la bambina, seduta sul tappeto che la madre aveva messo a terra proprio perché non si ammalasse. 

 - Sì, tesoro? - rispose la donna, intenta a piegare i panni. 

- Perché mi chiamo così? - chiese e abbandonò le bambole con cui stava giocando, per appoggiarsi al letto su cui Arni stava piegando i vestiti, suoi e della sua adorata bambina. 

La donna si fermò e guardò attentamente la bambina, un lieve velo di malinconia negli occhi. - Perché era il nome che voleva darti il tuo amato babbo. 

- Babbo? 

- Sì, il tuo babbo – affermò la donna. - Sapeva che saresti stata il nostro piccolo angioletto.

E sorrise di cuore, ricordandosi i mesi della sua gravidanza tanto attesa. Si abbassò un poco sulla bambina e le diede un bacio sulla fronte. 

- E babbo dov'è?

La madre si sedette sul letto, a fianco delle fila di vestiti già piegati, e fece sedere la bambina sulle sue gambe, iniziando poi ad accarezzarle i lunghi capelli ricci. - È lontano lontano, in un posto in cui non possiamo ancora andare.

- E com'è? - chiese ancora la bambina, dopo averci pensato un po' su, una linea di riflessione sulla fronte ancora giovane che ad Arni ricordava troppo bene quella dell'amato. 

- Questi bei capelli li hai presi da lui, come le tue guanciotte, la forma del viso e delle sopracciglia... e questa linea qua in mezzo - e toccò ogni cosa che aveva nominato, una per una, in gesti così pieni d'affetto che anche l'angelo ne rimase ammaliato. - Anche la luce che avete negli occhi, e la gioia con cui vivete ogni giorno. La sua immensa fantasia e la capacità di farmi ridere e sorridere sempre, in ogni occasione. 

La donna abbracciò la bambina e le diede un bacio tra i capelli, non riuscendo più a dire niente a causa del groppo che le si era formato in gola. 

- È una brava persona, se ti fa ridere, mamma – affermò la bambina, e nemmeno l'angelo riuscì a reprimere un piccolo sorrisetto, così come la donna. 

- Già, una persona splendida – sussurrò in risposta quest'ultima.



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