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Epilogo: Niente sorprese per il principe delle nevi

Il modo migliore per finire qualcosa è ricominciarla da capo. Può suonare un po' criptica come affermazione, dobbiamo ammetterlo. Ma vi assicuriamo che tutto quello che il Gran Maestro vi ha permesso di vivere fino ad adesso ha seguito questa logica. Per farvi comprendere quello che i nostri protagonisti hanno vissuto dobbiamo ripartire da molto tempo fa.

Il Gran Maestro ha sempre desiderato la morte per ricongiungersi con la propria madre. Dopo l'omicidio del fratello, la sua brama si fece sempre più forte. Ma c'è una legge primordiale che governa la Selva: senza Gran Maestro non si può esistere.

Divenne il chiodo fisso dell'uomo. Nulla potè distrarlo dalla sua brama del suo stesso sangue, nemmeno un amore passionale e coinvolgente come quello di Vanilla.

Un vampiro che frequentava l'Accademia del Bene e del Male sotto mentite spoglie di insegnante. Tutto quello che desiderava era la gloria, ed era disposta a tutto. Stuzzicato da questa mancanza d'ordine e dalle vene ribelli della ragazza, il Gran Maestro la trascinò con se nella torre.

Consumarono lì il loro amore per molti anni. Tutto, però, è destinato a finire. Vanilla era diventata noiosa. L'uomo la fissava mentre parlava dei suoi interessi. Improvvisamente erano diventati futili. Il suo corpo era conosciuto. Non c'era più nulla che potesse offrirgli. Avevano sperimentato tutto. Ma Vanilla era innamorata di lui. Davvero. Il suo amore per il Gran Maestro aveva superato quello per la gloria. Era disposta a mettere da parte le sue ambizioni, per lui. Era l'uomo dei suoi sogni. E lei un vampiro che desiderava essere una buona regina per il suo regno.

Non stupitevi di quello che stiamo per dirvi! Ma Vanilla, in tempi antichi, era quella che adesso chiamano Sempre. Il tempo la cambiò, portando la sua anima a diventare un frutto marcio.

Il Gran Maestro non riusciva più a guardarla senza soffocare di disgusto. Un giorno, non appena lei gli accarezzò il viso, la scaraventò giù dalla torre. Tutto il cielo tuonò di una falsa, perentoria accusa.

La tua brama per la gloria è superiore al tuo amore per me.

Umiliata dinnanzi a così tante persone, Vanilla iniziò a piangere, nuda, sotto la pioggia. Il grande amore che il Gran Maestro provava per lei...non era mai esistito. Giurò di riconquistarlo, un giorno. Cambiò identità, cambiando il suo nome in quello con cui è conosciuta tutt'ora: Vanagloria.

Seguì i corsi dell'Accademia del Male, desiderosa di pura vendetta. Ogni giorno il suo sguardo sfidava quello dell'uomo che un tempo aveva amato. Gettata nel fango, bramava risorgere. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, le sue abilità si raffinarono. Il Gran Maestro, ormai, la temeva. Ma era ancora ingenua e innamorata di lui. Quando la richiamò a sè, la sciocca Vanilla credette che si fosse riaccesa la scintilla.

Il Gran Maestro, terrificato da lei, la rinchiuse in uno specchio. Donò poi tale specchio ad una lettrice, Ottilie D'Oltreforesta, nel tentativo di sedurla. Vanagloria impazzì di dolore, ma del suo corpo non era rimasto più niente. Solo la capacità di impossessarsi degli animi e renderli frutti marci, proprio come era successo alla sua.

L'unica cosa che mai si spense, nella vampira, fu la volontà di ricongiungersi con il Gran Maestro.

In quegli anni l'uomo architettava la sua morte. Propose ad una lettrice, Hannah d'Oltreforesta, di sostituirla nel suo ruolo. La sempre rifiutò, scappando con l'amica che il Gran Maestro aveva cercato di sedurre. Non potendo sopportare il dolore dell'errore, l'uomo punì severamente la futura preside del Bene, avvelenando il suo cuore e i suoi figli.

E mentre la buona Hannah precipitava nella pazzia, Ottilie continuava a rifiutare le sue avance e il ruolo di futuro Gran Maestro. L'uomo decise di far buon viso a cattivo gioco. Offrì lei la possibilità di vivere la vita dei suoi sogni e di rimanere sempre bella, al patto di trovare l'alunno perfetto per il ruolo.

E quel giorno, Ottilie si arrampicò sgraziosamente per le scale della torre del Gran Maestro. L'uomo leggeva un libro, seduto su una sedia scricchiolante. La porta si aprì per la strega.

Una donna dal viso terribilmente sfregiato si prostrò alle sue gambe. «L'ho trovato» mormorò. «L'ho trovato» ripeté, trovando il coraggio di alzare gli occhi per guardarlo. Lui le schiacciò le dita delle mano con il tacchetto della scarpa. «Un pessimo lavoro. Ci è arrivata Vanagloria molto tempo fa»
«Ma... ma» biascicò la corvina.
«Niente ma. Ti sei fatta soppiantare da un regalo che ti avevo fatto. Hai venduto la tua migliore amica e la sua futura famiglia a me, per rimanere bella. L'unica cosa che ti ho chiesto in cambio è stata trovarmi un successore. E non ne sei stata capace. Terribile». L'uomo girò pagina.

«Non gliel'ho detto prima perché...era così in dibattito tra Ada e Thisbe»
«Avresti dovuto riferirlo comunque» commentò lui, chiudendo il libro e guardandola in faccia.
«Mi dispiace» rispose lei. «Mi trova ancora bella?»
«Sei simile ad un verme, se devo dire la mia. Il tuo viso...è terribile. Davvero un brutto destino»

La donna scoppiò in singhiozzi, abbracciandosi e gettandosi sul pavimento. «Inutile fare scenate adesso» ribatté lui, alzandosi.
«Questo non è il mio viso!» urlò la strega con tutta la forza che aveva. «Non è il mio viso...non è il mio viso...»
«Certo che non lo è. Eri una delle donne più belle che io avessi mai visto. Eppure ora non riesco nemmeno a distinguere i tuoi occhi dal resto. Terribile»
«Sono disposta a tutto. Per favore...rivoglio la mia bellezza indietro»
«Chiaramente sei un'inetta nello svolgere le mansioni che ti assegno. Tuttavia, desidero ferventemente il ritorno di mia sorella Saffron...ma sai benissimo che non può coesistere con due altre presidi»
«Ammazzerò Hannah, se lo richiede» biascicò Ottilie, con un sorriso tirato e le gengive sanguinanti.

«Oh, è un'idea molto carina, tuttavia dimentichi che anche la preside del male deve sparire»
La corvina esitò per qualche secondo. «Aiata?»
«Esattamente». Il Gran Maestro si abbassò alla sua altezza e le prese il viso con forza. «Vuoi pagare il prezzo?»
«Devo...devo ucciderla con le mie mani?»
«Non necessariamente. Non sono un fanatico degli spargimenti di sangue, in realtà. Accetti?»

La corvina si accoccolò su se stessa. Si accarezzò il viso. In fondo, non era detto che sarebbe stata con Morticia per sempre. Ma il suo viso l'avrebbe accompagnata per tutto il resto della sua vita. Si alzò. Con il suo bel visino avrebbe trovato un'altra donna.

«Accetto. Ma rivoglio il mio viso all'istante». Il Gran Maestro la guardò sorridendo. Sperandosa, la donna si fece avanti. Poi cadde a terra, con un buco in fronte. Emise un rantolio, poi si accartocciò come una foglia secca.

Il Gran Maestro spostò il corpo con un piede, disgustato. «Devo chiedere a qualcuno di ripulire»
«Di certo non sarò io a farlo» commentò una voce maschile. L'uomo si girò e strizzò gli occhi nel cercare di capire chi fosse.

Un ragazzo era seduto sul davanzale della finestra. Si scostò i lunghi capelli castani dal viso. «Ci rivediamo~» ridacchiò con voce suadente.
Il Gran Maestro deglutì. «Vanagloria?»
«Proprio io! Avevi detto che il mio corpo non ti attraeva più, quindi l'ho cambiato. Magari i maschi ti piacciono di più!» gli strillò in faccia, indicandosi il viso. «E soprattutto questo sembra maggiorenne» aggiunse sibilando.
L'uomo biascicò qualcosa di incomprensibile.

Vanilla camminò di gran carriera verso il cadavere di Ottilie. Lo sollevò di peso. «Questa è la fine che fanno le mie rivali, puttana. Puttana e traditrice»
«Non è mai stata una tua rivale» intervenne l'uomo.
«Smettila di difenderla!» strillò lei.
«Sembri solo un'idiota. Lascia stare il ragazzino che hai posseduto»
«Perché dovrei?» aggiunse Vanagloria. «Volevi morire? Ti farò morire. E distruggerò tutto quello che hai creato»

Digrignò i denti, puntandogli il dito al collo. «Addio, Gran Maestro»
«Per farlo dovresti trovarmi un sostituto»
«Sai benissimo che ci sono già riuscita» rise la donna. «Il tuo regno finisce oggi»
«Se qualcuno non ti mette i bastoni tra le ruote» commentò annoiato l'uomo. Si avvicinò alla sua scacchiera e mosse un pedone.

Il vampiro ci si avvicinò e lo prese in mano. «Non sarà affatto un problema eliminare uno stupido genio»

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Gli esseri umani sono condizionati dalle temperature. La loro vita ruota attorno al calore che si sprigiona dal loro cuore. Quando qualcuno muore, diventa freddo. Le dita perdono energia. Piano piano si gela nel profondo. Questo non vuol dire che non possa succedere anche a chi è vivo.

Kay non aveva mai conosciuto qualcuno di caldo. Per lui la vita era sempre stata congelata. Ogni giorno era freddo. Ogni giorno era uguale. Ma adesso tutto quello in cui aveva sempre creduto si scioglieva come ghiaccio al sole. Era tutto caldo. Il sole, le persone, i libri. E tutto quel calore stava sciogliendo il muro di brina che lo teneva separato dal resto dell'umanità.

Cosa lo rendeva diverso dagli altri? Kay credeva che gli mancasse un pezzo. Mancare di un pezzo è grave. È perduto per sempre? Si può trovare un sostituto? Forse quel pezzo era sempre stato il caldo estivo. Oppure la sensazione di toccare qualcuno di vivo. Non aveva mai visto nessun altro oltre sua madre e il suo riflesso. Poteva percepire la vitalità degli altri. Il calore condizionava davvero il mondo. Allora tutto questo che provava erano le conseguenze di una mancanza di calore.

Quella mattina non si era svegliato in orario. Per niente. Era rimasto spalmato sul letto, con un batticuore tremendo. Si sentiva nervoso, come se qualcosa di terribile stesse per accadergli. Si portò la mano al petto. Aveva la sensazione che quella sera tutto sarebbe finito. E sarebbe anche ricominciato, in un certo senso. Avrebbe iniziato la sua vita alla ricerca di un nuovo obiettivo, di un nuovo lieto fine. Dopotutto, aveva sempre sognato di andare al Ballo delle Nevi, e finalmente (finalmente!) dopo il torneo dei talenti tutto si sarebbe realizzato. Quindi perché stava così male?

Strinse il lenzuolo e si costrinse ad alzarsi. Aveva mal di testa e mal di stomaco. Sì grattò la testa davanti allo specchio ricoperto di brina. Usò uno dei vestiti sporchi per ripulirlo e specchiarsi. Non aveva esattamente voglia di fare il bucato negli ultimi giorni, e nello specifico non aveva proprio voglia di far nulla. Vanagloria non era tornata. Era stato abbandonato. Passò la sua maglietta lercia sul lavandino altrettanto lurido. C'era uno spesso strato di polvere nera e normalmente ne sarebbe stato alquanto disgustato, ma era troppo stanco per pulire a fondo. Ma ora stava meglio! Doveva star meglio per forza.

Mentre si lavava i denti, iniziò a ballare allegramente. Non stava nemmeno muovendo il proprio corpo graziosamente, ma si stava solo agitando come una panna cotta ben fatta su un piattino. Provata qualche mossa anche peggiore, si infilò nella doccia.

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«Come vi sentite per il gran giorno?» domandò Melody, masticando pigramente i suoi cereali.
«Sono così stressato» piagnucolò Yona per tutta risposta. A sua discolpa, la sera precedente era stata abbastanza agrodolce: Sealtiel gli era corso incontro e si era scusato. Ed adesso sarebbero andati al ballo insieme. Curioso.
Khalil si era alzato di pessimo umore, cosa che aveva lasciato quasi tutti perplessi. La povera pifferaia non sapeva come gestire tutti quei ragazzi così emotivi. Si infilò in bocca un'altra grossa cucchiata di cereali. Lorina giocherellava con la treccia, assorta nei suoi pensieri. «Ho una strana sensazione» biascicò, passando l'indice sul bordo del bicchiere.

Il capretto la guardò. «Concordo pienamente». Alzò un sopracciglio. «Khalil, come stai?»
«Lasciami stare» ribatté piccato il castano. «Ho mal di testa»
«Per forza che lo hai, se stai sempre con i capelli legati»
«È la prima volta che mi viene. Cavolo, ma proprio oggi?». Il principe si massaggiò le tempie. Jamil, accanto a lui, sembrava una mummia. Dopo essersi commosso per le rose, il ragazzo l'aveva mandato in infermeria a calci. Fece per dire qualcosa, ma Khalil gli spostò una delle bende sulla bocca. «Non dire niente. Ti hanno detto di parlare lo stretto indispensabile, e no, dirmi qualsiasi cosa tu stia per dirmi non è importante»
Il jinn aggrottò la fronte e si spostò la benda, ma non disse niente.

Thisbe lo guardò, ma distolse immediatamente lo sguardo, temendo di essere sgridata. «È più di un anno che sono qui» sussurrò ad Emma. La castana era impegnata a fissare il vuoto come le succedeva spesso ultimamente, ma dopo qualche attimo di attesa la guardò. «Cavolo. Sembra ieri. Davvero. Non posso credere che il primo anno stia finendo»
«Concordo» aggiunse Lorina, tamponandosi le lacrime con il tovagliolo.
«Dovremmo fare una capsula del tempo. O qualcosa del genere» propose Melody. Sealtiel si grattò la guancia. «In effetti è un'idea carina»
«Sì, molto» concordò Aella. «Cosa pensate di metterci? Io credo che metterò...uhm...i miei calzini con disegnati i cani»
«Woah, non sono i tuoi preferiti?» le domandò Alexandra, che stava spezzettando il suo pancake.
«Sì! Ma voglio lasciare qualcosa di importante per me, altrimenti non ha senso»
«È vero. Andrebbe messo qualcosa di importante» concordò Sealtiel. Si tolse il cappello, rivelando un bel paio di corna. Probabilmente il sè stesso dell'anno prima sarebbe morto al solo pensiero. Sorrise, e lo mise sul tavolo. «Io metterò questo»
«Io metterò le mie scarpette da ballerina preferite» si aggregò quindi Alexandra.
Melody ci ragionò un po', poi tolse la custodia al piffero e la sbattè sul tavolo. «Mi hai portato più guai che altro, maledetta. Meglio se vai sotto terra»

«Tu cosa metterai, Khalil? Io metterò la mia lampada»
«Metterai la tua lampada?» chiese Lorina. «Cioè, vuoi fare l'eremita?»
«Non metterò la lampada, ma una delle mie lampade da collezione. La 589, di preciso»
La rossa non si fece altre domande. Il castano invece si strappò gli orecchini e li gettò sul tavolo. «Mettete questi. Me ne torno a letto»

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Yona aveva scelto cosa mettersi al ballo. Da un pezzo. Solamente che non riusciva a decidersi ad alzarsi ed uscire. Gli sembrava tutto così repentino e stupido. Si massaggiò le tempie. Sealtiel, la sera prima, era tornato indietro e gli era saltato addosso, seguito da Elis. Era stato un momento confusionario, il che non voleva dire che non gli era piaciuto, però era stato caotico. Davanti al capretto non era nemmeno riuscito a mantenere un'espressione normale, quando si era dichiarato. Certo, era riuscito a non piangere, ma doveva anche esser sembrato piuttosto ridicolo. Solamente che non si aspettava un no, non perché aveva un fanclub ed era pieno di sè, ma perché il capretto gli aveva dato parecchi segnali. I ragazzi sono criptici.

Poi, quando era tornato in camera, aveva pianto. Non disperatamente, non aveva preso a calci il cuscino (ci aveva provato, ma si era fatto male), nè tirato pugni al muro, ma aveva comunque pianto. È brutto quando le emozioni ti travolgono come un'onda. Povero Yona. Così incompreso. Ma adesso si era sistemato tutto, quindi perché piangere? Forse doveva solo tirare un bel respiro ed andare avanti. Di parlarne con qualcuno non era storia. Non voleva proiettare i suoi problemi su qualcun altro per non affaticarli. O forse, semplicemente, gli piaceva almeno un pochetto l'idea di essere egoista e soffrirci da solo. Ogni tanto si chiedeva cosa ci facessero i Mai con il dolore. Lo trasformavano in cattiveria? Forse doveva farlo anche lui.

Giusto per capire cosa provassero tutti i cattivi. Nessuno guardava il loro punto di vista. A volte i buoni erano più cattivi dei Mai. Strinse i pugni. Tipo suo padre. E sua sorella, che aveva preso il gene della cattiveria proprio da lui. Non sapeva se definirlo odio, o qualcosa del genere. Forse era superiore a quel sentimento. Li voleva morti? Forse no. Ma avrebbe preferito che non esistessero. Prese un respiro. Doveva calmarsi. Il Torneo dei Talenti. Doveva essere la sua priorità, almeno per oggi.

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Melody era giunta alla conclusione di dover parlare con Keiichi. Kay li aveva messi insieme in quel pasticcio, ed insieme dovevano uscirsene. Così lo placcò appena lo vide in giardino. Il corvino parve più che seccato. «Sei fortunata che io non picchi le donne» iniziò cortesemente.
«Ottimo. C'è qualcosa che non va e dobbiamo risolverla»
«Dobbiamo? Perdonami, ma i guazzabugli tra te e i tuoi amichetti non sono di mio interesse. E poi, visto che conosci benissimo il mio numero di stanza, non potresti venire a chiamarmi in privato?»
«Quindi vuoi aiutarmi!» squittì la ragazza, contenta.
«Non l'ho mai detto!» ribatté lui, seccato.
«Hai detto di contattarti in privato, quindi vuoi che ti contatti di nuovo»
Keiichi avvampò. «Non farlo sembrare come un invito...o peggio, un appuntamento. Io non esco con le ragazze»
«Cavolo, devo una colazione a Khalil» borbottò accigliata Melody.
Il principe aggottò la fronte. «Prego?»
«Khalil crede tu sia gay. Cioè, lo crede tutta la scuola. Io no. Sei troppo...non lo so. Sarà che ho tutti gli amici gay e ormai li percepisco»
«Beh, grazie per aver creduto in me. Ma fortunatamente trovo i maschi sempre repellenti quanto le ragazze»
«Quindi è lui che mi deve pagare il vestito del ballo!» esultò la ragazza.
«Hey, sono io o non mi sembra affatto equo? Voi ragazze siete solo delle arrampicatrici sociali»
«Eh? No, è che sono un po' a secco di quattrini, rispetto a lui»
«Si vede» concordò il più alto.
«Quindi mi darai una mano. Ecco il mio piano: cerchiamo come si spezza un incantesimo d'amore e poi lo spezziamo al Torneo dei Talenti, insieme»
«Puoi smetterla di flirtare con me?» disse Keiichi, che del discorso aveva seguito poco e niente. «Ribadisco: con te non ci esco»
«Guarda che non ce l'hai solo tu. Ci vediamo questo pomeriggio in biblioteca» gli strillò lei, correndo verso la sua classe.

Il corvino rimase lì come un pesce lesso. Era quasi piacevole interagire con Melody. Peccato che fosse così bassa e che lui avesse bisogno di un erede dignitoso.

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Sealtiel, ogni tanto, si chiudeva nell'armadio. Suo padre si chiudeva negli orologi, lui negli armadi. Che problema c'era? Era completamente buio, il posto perfetto per scoprirsi l'occhio e rivelare i segreti del futuro. Aveva paura, era vero, ma aveva anche tanta voglia di mettere le mani dove gli altri non arrivavano. Questa volta, però, era diverso. Era disperato. Non sapeva se stava rodendo di gelosia, di invidia o di qualsiasi altra sensazione simile. Voleva essere al posto di Elis. Okay, era vero, Yona parlava bene anche di lui, ma cosa gli dava la certezza che parlava bene di lui quanto del corvino? Si passò le mani sul viso, disperato. Nel farlo si spinse anche sotto la benda. Non gli importava il futuro di niente. Di solito quando provava a leggerlo portava con se degli oggetti, ma non aveva nulla che potesse essere letto al momento.

Eppure qualcosa c'era che non andava. Si tolse la benda. Qualcuno rideva fuori. Non era né la voce di Felix né quella di Yona. Sbirciò dal buco della serratura. Era tutto verde. Campi verdi. Fiori. Che buon profumo. Il capretto poi realizzò che non poteva essere la sua camera. Dove diamine era? Doveva uscire dall'armadio? Nel panico si aggrappò alla maniglia interna, cadendo sull'erba. Si mise in piedi, e corse verso un cespuglio. Si nascose dietro di esso, sbirciando una cerimonia. Osservò preoccupato le mille ghirlande di fiori che sembravano appese ovunque, rampicanti robusti e colorati che si attorcigliavano agli alberi.

Il capretto sbattè le ciglia. «Tu devi essere un parente di Sealtiel, giusto? Gli somigli tantissimo» iniziò una voce. Aella molto cresciuta gli mise un fiore tra i capelli. «Sei proprio una sua copia, anzi! Sembri lui»
«Ehm. Grazie» rispose il ragazzo, cercando di non rivelare informazioni compromettenti.
«Non sapevo avesse così tanti parenti» squittì la donna, sedendosi accanto a lui. «Mi sembri molto timido. Però dovresti divertirti, è un matrimonio! E poi se Seal ti ha invitato è di sicuro perché voleva che ti divertissi. Hai già conosciuto gli sposi? Sono Elis, io sono venuta a farle da testimone con mia moglie, e Yona»

Al capretto mancò un battito. Quindi Yona ed Elis si sposavano? Voleva piangere. Perché si era illuso? «Sei un sacco pallido, ciccio» commentò preoccupata la rossa.
«Erhm, sto bene» la rassicurò lui, agitando le mani ed emergendo dal cespuglio per spiare la conversazione. Suo padre stava esaminando...una sua versione adulta.
Tese le orecchie. «Te l'ho detto, Seal, non puoi cambiare la mia opinione. Cucirò un maglione che possa contenervi tutti e tre»
«Grazie» rispose Elis, cercando di tagliare la conversazione. «Può farlo verde?»
«Certo. Ecco, vedi, Seal, tuo moglie...tua marito...lei, cioè lui...Elis approva la mia idea»
«Anche io!» squittì Yona, intromettendosi nella conversazione.

Sealtiel rimase a bocca aperta. Aella scoppiò a ridere così forte da sputare la sua bibita dal naso. «Per tutto questo tempo non hai capito che si sono sposati in tre? Sono poliamorosi, caro». Gli accarezzò la testa. «Vado. Abbiamo una bambina che soffre senza la mamma. Vuoi vederla?»
Avrebbe detto di no perché aveva paura di essere visto da sé stesso, ma era curioso di vedere la bimba di Aella.
«Possiamo passare in modo da non farci vedere dagli sposi? Sono, ehm, molto timido»
«Certo» rise la donna, mettendogli un braccio attorno alle spalle.

Mentre camminavano per arrivare da Alexandra, Sealtiel tenne tutto il tempo gli occhi aperti su loro tre. Sembravano tutti così felici e innamorati. Sorrise. Non era male come futuro. Per niente. Solo che non capiva come potesse innamorarsi anche di Elis. Tese le orecchie.

«Yona, hai i capelli fuori posto» commentò Elis, sistemandoglieli con una manata.
«È il vento» spiegò il principe, facendo spallucce.
«Sei sempre spettinato» bofonchiò bonariamente Sealtiel — quello grande — mentre incrociava le braccia sul petto.
«Anche tu» lo riprese il corvino, ammorbidendoli delicatamente, facendo attenzione alle corna.
«Con me sei stato più manesco» si lamentò Yona.
«Tu non hai le corna» replicarono all'unisono i due.
«Scusate...e sarà meglio per voi che io non le abbia» bofonchiò sorridendo.

I fiori accanto a loro sbocciarono improvvisamente. Guardarono Elis. «Scusate. È che sono molto felice»
Vera inseguì i petali colorati, mentre Alexandra la inseguiva a sua volta. Sealtiel ci riflettè. Poteva restare lì per sempre, a godersi il sole, il suo futuro matrimonio, i petali. Ma non era la sua realtà. Era solo una sua visione. Doveva uscire dal sogno. Solo allora avrebbe potuto viverla veramente.

Corse verso il cespuglio. «Grazie Aella!» strillò.
«Prego! Hey! Come sai il mio nome?!»
Cadde fuori dall'armadio. Era stato tutto un sogno? Si stropicciò gli occhi e si toccò la testa, dove Aella aveva messo un fiore. Non c'era più niente. Però doveva dirlo ad Hannah. Per quanto non gli piacesse quella donna doveva informarla che non aveva avuto una semplice visione.

Si infilò nel corridoio. Un riflesso lo seguiva. Aveva sembianze umane e una lunga treccia, e spesso ghignava. Così si costrinse a fermarsi e a guardarlo in faccia. Prese fiato per urlare ma Lorina lo zittì. «Ohhh, ciao capretto! Mi servirebbe una mano. Ho chiuso lo specchietto da dove sono entrata, e non riesco ad uscire. Mi servirebbe una mano» rise imbarazzata. «Stavo testando le mie abilità. Devo fare un resoconto alla preside»
«Uh. Certo. Dov'è?» rispose lui, tirando un sospiro di sollievo.

Hannah tossì dietro di loro. «Proprio qui» sospirò, aprendolo e lasciando uscire la povera Lorina. Si abbracciò da sola. «È stato imbarazzante»
«I lati bui del passare attraverso gli specchi» concordò Hannah. «Mi stavi cercando, Seal?» domandò, vedendolo ansioso.
«Sì, dovrei parlarle in privato»
La rossa saltellò via.

E comunque non mi avete cacciato, è solo l'ora del non tè.

Sealtiel le riassunse l'accaduto, trascurando tutti i dettagli sul contenuto della visione. La preside ci riflettè un po'. «Hai detto che non avevi oggetti in mano, o sbaglio?»
«Sì, è così» rispose il capretto.
«Allora il tuo occhio deve essersi focalizzato sul tuo corpo. Ho una spiegazione: a volte provi talmente tante emozioni che la lettura del futuro decade in proiezione astrale. Sai cos'è?»
Il ragazzo arrossì. «Me ne sono fatto un'idea»
«Permette di proiettarti in una linea temporale non necessariamente tua e vivere la scena come se tu fossi lì. Ma non lo sei veramente. Un po' come Lorina nello specchio. È lì, ma non davvero»
«È un concetto complesso» borbottò il capretto. «Ma lo capisco»
«È un buon segno. Vuol dire che hai davvero talento! Vedi che non ho sbagliato nell'usare quel coltello?»

Sealtiel rabbrividì al solo ricordo. «Grazie per la spiegazione. Credo che andrò a farmi una doccia»
Si incamminò verso il bagno. Yona gli venne incontro agitando la mano. «Seal!» lo salutò energicamente, mettendosi accanto a lui. Il capretto ripensò a tutto quel sogno. «Ciao» rispose, più dolcemente del previsto.
«Ti vedo di ottimo umore» commentò il più alto.
«Oh, lo sono. Dovremmo frequentarci seriamente» sputò tutto d'un fiato.
Il principe rimase a bocca aperta. «Davvero?»
«Certo. E non temere di escludere Elis, anzi. Farò uno sforzo per capirlo. Le relazioni sono comprensione, alla fine»
«Ehm, tutto okay? Stai facendo passi da giganti. Non devi farli se non vuoi.»
«Scherzi? Certo che voglio. Altrimenti non te l'avrei nemmeno proposto. A meno che tu non voglia, ovviamente» ridacchiò imbarazzato. Non ci aveva pensato.
«Eh? A me va benissimo. Ma dovremmo...ehm, chiedere ad Elis se approva»
«Chiedere se approva? Non pensi di includerlo direttamente nella relazione? Io sono poliamoroso» ammise spontaneamente. In realtà non lo sapeva. Magari quel sogno non era la realtà. E se fosse stato uno spezzone di un'altra realtà temporale? Di un universo alternativo? Sudò freddo.
«Oh! Ehm, dovremmo...prima frequentarci»
«Giusto. Scusami. Sono partito così di fretta...»
«Saremo quasi fidanzati, allora»

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Alexandra si sciolse i capelli. Aella la guardava ammirata. «Sei bellissima» commentò, dondolando le gambe.
«Grazie. Ma conosco qualcuno di più bello» rispose la più alta.
«Il tuo riflesso?»
«Semmai il tuo» la riprese lei. «Stavo per dire te»
«Aww». Si divertivano così. Ad ogni modo la rosa mise il suo elastico sul letto. «Puoi tenerlo, se vuoi. Al polso. Solo, non prestarlo a nessuno. È un pegno del mio amore» commentò Alexandra.
Ad Aella si dilatarono le pupille. Lo mise delicatamente al polso, poi soffocò le sue urla nel cuscino. La principessa rise. «Sono felice che tu sia felice?»
«FELICE!?» urlò la rossa, alzandosi dal letto levitando. Le svolazzò attorno, mentre la sua ombra faceva un balletto di gioia con delle maracas.
«Sono al settimo cielo! Non tocco terra»
«Letteralmente» rise di nuovo la rosa.
«Ora vai. Non voglio farti vedere la mia acconciatura per il Torneo»
«Agli ordini»

Aella svolazzò via dalla camera, facendo mille piroette. «Non posso credere che l'amore della mia vita mi abbia appena dato il suo scrunchie» strillò, arrivando in giardino. Proprio in quel momento Elis stava portando a spasso Lucilla. Sfortunatamente la rossa inciampò in una corrente d'aria e gli rotolò accanto piena d'erba. Lo guardò dal basso e gli fece ciao con la mano.

Lucilla le si arrampicò sulla faccia. «Bella, Luci. Ciao Elis» li salutò energicamente. «Non potete capire cosa mi è appena successo»
«Cosa?» domandò il corvino, mettendocela tutta per non sembrare scortese.
«Alexandra...ossia la mia fidanzata e probabilmente futura moglie, mi ha! Regalato! Il suo! Elastico! Guardalo. Santa isola che non c'è, guarda»
Elis si abbassò per mettere a fuoco il pezzo di stoffa in questione. Era rosa.
«Che bello» commentò secco. Lo trovava bello davvero. Solo che non sembrava trasferire la verità nelle sue parole, ma Aella lo capiva benissimo comunque. Si rimise in piedi e piroettò in aria. «Sì?! Lo trovi anche tu?» esclamò soddisfatta. Era proprio contenta che tutti concordassero con lei ed il suo elastico.

Scese a terra, dato che l'amico sembrava poco contento di dover puntare gli occhi verso il cielo. Probabilmente gli aveva fatto bruciare le retine. Lo trascinò all'ombra. «Ti dovrei far conoscere Alex. Ti piacerà, vedrai. È silenziosa, un po' come te. Ora che ci penso non so come farete a comunicare»
«Non è necessario» rispose Elis. Ma quella sensazione che gli cresceva in petto non era mica male. Aella era entusiasta e trasmetteva la sua gioia di vivere a tutti. E perfino il cuore del corvino non poteva ignorare l'energia che irradiava la ragazza.
«Mi sento molto...» indicò il petto.
«Felice?» suggerì la rossa.
«No, altrimenti avrei detto felice» ammise serissimo il corvino. «È diverso. È come se fossi felice ma anche consapevole di qualcosa. E allo stesso tempo un po' imbarazzato»
«Woah, è un'emozione incredibile. Io però non sono un'esperta di nomi. Quando mi sento così dico che sono elettrizzata. Sei elettrizzato?». Aella sorrise a trentadue denti. Anche Elis abbozzò un sorriso. Gli veniva quasi da ridere.
«Probabilmente sì»

«Oh! Scusa, ero così emozionata riguardo Alex che non ti ho chiesto come stavi!»
Elis non rispose. «Come stai?» ripeté allora la rossa, pensando che non avesse sentito.
«Come al solito» biascicò il corvino. Lucilla si commosse. Mai avuta un'interazione umana più lunga di questa con una persona che non fosse Yona.
«Sono contenta che tu stia bene. Perché deduco che tu stia bene. Se stai male, invece, c'è qualcosa che posso fare per farti stare meglio?» domandò saltellando.
«Grazie» ribatté Elis. Erano molte informazioni. Non sapeva esattamente come reagire, però era convinto che Aella non fosse affatto male.
«Cercavi qualcuno?» domandò ancora la rossa.
«In realtà no. Stavo facendo passeggiare Lucilla»
«Ohh, che cosa carina. È importante prendersi cura dei propri animali»

L'ombra di Aella accarezzò quella della lucertola. Elis spalancò gli occhi, guardando prima l'ombra, poi la ragazza vera, poi l'ombra. La Sempre rise. «È il mio incantesimo speciale. È un po' come se fosse la mia firma. Anche volare. Forse più che firma mia è una firma della mia famiglia»

I fiori sbocciarono attorno a loro. Elis non l'aveva fatto di proposito, ma non era un problema. «Questo è il mio»
Aella si mise ad inseguire i petali che svolazzavano.

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Khalil era alla settima doccia della giornata. Quel mal di testa lancinante non spariva. E si vergognava ad ammettere che, da un momento all'altro, gli sembrava di avere dei vuoti di memoria enormi. In più, quella notte doveva aver dormito pochissimo, perché sentiva tutti i muscoli distrutti. Che fosse diventato sonnambulo per lo stress? Aveva provato a chiederlo a Ryuu, ma la rossa blaterava solo qualcosa riguardo al fidanzato. A Jamil nemmeno aveva chiesto. Il jinn non si svegliava nemmeno con un trombone nelle orecchie. L'unica altra spiegazione è che fosse andato a ballare la notte precedente. E poi doveva essersi ubriacato perso, ed adesso stava ancora smaltendo l'alcool. Però non era una cosa che avrebbe fatto...la birra, si intende. Non voleva mica gonfiarsi prima del ballo. Il party, invece, era alquanto plausibile. Però sarebbe sembrato scemo a chiedere di una festa del giorno precedente.

Generalmente si sarebbe aperto con qualcuno, ma era imbarazzante. Uscito dalla doccia, si sciacquò il viso. «Come se non fossi stato sotto l'acqua per tutto questo tempo» bofonchiò, confuso. Sorrise allo specchio, poi si toccò il canino. «È sempre stato così appuntito?» domandò ad alta voce.
Sealtiel entrò nel bagno. Lo squadrò. «Tutto bene?» chiese gentilmente.
«Scusa la domanda, zuccherino, ma ho sempre avuto i canini così affilati?»
Il bianco non ne aveva idea. Si era sempre concentrato sul sorriso di Yona, non so quello del castano. L'unica uscita che gli sembrò possibile fu mentire. Arrossì fino alla punta delle orecchie, poi sibilò un sì.
«Ah» ribatté il castano. «Curioso. Non me n'ero mai accorto»
Il capretto fece per rispondere "nemmeno io", ma preferì il silenzio. Nel frattempo non potè fare a meno che sbirciare la pelle del principe che sfuggiva all'accappatoio. Arrossì ancora.

Khalil si accorse di essere fissato, così si girò verso di lui con una mano sul fianco. «Sealtiel, mi cadi sull'ovvio. Cosa direbbe Yona, se ti vedesse guardarmi in questo modo così osceno?» squittì, coprendosi il viso, facendo finta di essere imbarazzato.
«Veramente mi stavo chiedendo se quel ragno fosse un tatuaggio o se ti stesse camminando sulla pancia» ribatté secco il capretto.
Il castano sudò freddo, gettando all'aria tutto quanto. Sealtiel sorrise. «E comunque Yona è sotto la doccia. Non credo che farei mai qualcosa di così azzardato con il mio quasi fidanzato qui vicino»

Khalil sentì un gorgoglìo proveniente dalla vasca d'acqua calda. Si girò. Jamil gli fece ciao ciao con la mano, poi si immerse di nuovo. Il capretto lo guardò. «Il tuo fidanzato è inquietante» commentò.
«Lo pensano tutti» sospirò il principe, gettando a terra l'accappatoio e buttandosi in acqua. «Pasticcino, aspettami!»

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Alexandra osservò il vestito rosa che avrebbe voluto mettersi. E poi osservò l'abito nero che le aveva lasciato la madre. Le veniva da piangere. Prese quello nero. Le stava bene. La faceva sentire più bella del rosa, ma meno felice. Sospirò.

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Melody aveva, per l'appunto, deciso di contattare Keiichi in privato, proprio come richiesto. Visto che non si era presentato in biblioteca, era andata a bussare alla sua camera. Il corvino aprì estremamente seccato, mentre Yu Hong e Ryan lo guardavano curiosi. La ragazza gli sorrise. «Andiamo?» domandò.
«Non sapevo che avessi questa passione per gli gnomi» commentò Yu Hong, che, come al solito, aveva qualcosa da ridire.
«Gnomo a chi?» replicò infuriata Melody. «Pensa prima alla tua calvizie e poi vieni a criticare me»
Il principe quasi accennò un sorriso. Non perché avesse un lato debole per la più bassa, ma perché finalmente aveva la conferma che il compagno di stanza stesse diventando calvo. Il che lo rendeva l'unico corvino rilevante. Non che non lo fosse già, ma Elis era fuori discussione a prescindere e Yu Hong aveva degli occhi...apprezzabili. Meglio eliminarli a prescindere.

Rincuorato dalla notizia, si degnò perfino di uscire dalla stanza e di seguire Melody. Cercava di ripetere a se stesso il più possibile che lo stava facendo per un tornaconto personale. «Io non faccio caritas» sottolineò infatti. «Ti sto aiutando perché la questione riguarda anche me»
«Non ne avevo dubbi» ribatté la ragazza. «E poi smettila di atteggiarti come se volessi sposarti. Ci sono un sacco di pesci nel mare, perché dovrei pescare l'anguilla fritta?»
Keiichi era indeciso se ucciderla o uccidersi.
«Piuttosto, come fate tu ed i tuoi amichetti ad infilarvi nella scuola del Male così facilmente?» domandò. Se loro riuscivano ad entrare, lui poteva uscire. Stava iniziando a dargli fastidio essere l'unico a venir disturbato in pubblico. Al prossimo incontro avrebbe imbarazzato Melody nella sua di camera.

Realizzò quello che aveva appena pensato. Ma quale altro incontro, scemo. Non voleva mica rivederla dopo tutto quel casino che avevano combinato.
«Dipende da ciascuno di noi. Io di solito uso i condotti dell'aria. Sono abbastanza grandi da farmici passare e portano quasi ovunque...ma non sono molto sicuri. La via più sicura è decisamente per i cunicoli sotterranei. Ed è anche la più comoda se vuoi portarti qualcosa dietro.»
«E gli altri?» chiese Keiichi, che era piuttosto sicuro di non riuscire ad entrare in un condotto dell'aria. Anche perché probabilmente sarebbe stato sporco.
«Jamil passa per le serrature e Ryuu per l'entrata principale, basta un po' di sicurezza e nessuno ti fa domande. Abbiamo tutti un foglietto falsificato dietro. E poi, beh, Kay ci abita» aggiunse la ragazza, con tono amareggiato.
«Un foglietto falsificato?» domandò confuso Keiichi. «Serrature? Intendi il buco della serratura?»
«Sì, guarda». Melody mise la mano in tasca e ne trasse fuori un foglietto. «È la grafia di Hannah. Dentro c'è scritto che abbiamo un messaggio importante per Morticia. Quindi ci autorizza a girare per l'Accademia. Oh! È difficile da spiegare. Se glielo chiedi di sicuro ti fa sicuramente vedere»
Al corvino tremò il naso al solo pensiero di dover chiedere ad un sempre di vedere un trucco da pagliaccio.

«Bene, ecco la biblioteca» cinguettò la ragazza, infilandosi all'interno. La parte del Male era piena di libri bruciacchiati, accartocciati e gettati da una parte e dall'altra. Melody parve piuttosto delusa, ed anche Keiichi sembrò imbarazzato. «È che si occupano di più dei Sempre» iniziò umiliato, ma poi si riprese. Mica era casa sua e quella pidocchiosa davanti a lei non era una designer. «Un po' mi dispiace. Voglio dire, il Male andrebbe un po' meglio se avesse le nostre stesse opportunità» lo rincuorò lei, sollevando un manuale scarabocchiato.
«Anche questo è vero. Però noi abbiamo una sala da tè» si vantò il corvino, pienamente consapevole che si trattasse dell'atrio con dei tavolini. Melody non era abbastanza cattiva da fargli notare che anche loro l'avevano, ed era vera.

«E comunque, mi dispiace rovinarti l'illusione, ma spezzare incantesimi d'amore è una vostra competenza. Non nostra. Noi dobbiamo mettervi i bastoni tra le ruote» commentò Keiichi, compiaciuto. Era molto contento di aver teso uno sgambetto alla sempre, per sottolineare che non era dalla sua parte.
«Oh, sì, lo so. Sono solo venuta a prenderti» ribatté per nulla turbata lei, saltando su dei mattoncini specifici. Il corvino stava per commentare malignamente anche quello, ma una porzione di scaffali tremò e si girò su se stessa. Melody rise soddisfatta.
«Come diavolo...» biascicò il principe, guardando i nuovi libri apparsi. Erano chiaramente dei sempre. Ed erano pieni zeppi di storie d'amore ed incantesimi di infatuazione.
«Oh, trucchi del mestiere» ribatté lei.

Si mise sulla parte della piattaforma che girava. Keiichi scosse la testa, ma ci salì comunque. Melody la fece rigirare su se stessa, e si ritrovarono nella biblioteca dei Sempre. Il principe boccheggiò come un pesce fuor d'acqua. «Ma! Non è possibile» commentò, ancora sotto shock.
«Non sono certa se sia effettivamente teletrasporto oppure le biblioteche siano abbastanza vicine da poter costruire una cosa del genere»

Lorina li salutò qualche scaffale più in là. «È il tuo fidanzato?» domandò sorridendo beffarda. Melody si morse le labbra per non ridere. «Ci ha provato, ma glielo ripeto sempre: siamo solo amici»
Keiichi strinse i pugni. Dovevano essersi messe d'accordo, le due baldracche. «Che cercate di bello?» domandò la rossa.
«Dobbiamo disfarci di un incantesimo d'amore. Sai, quello che ha lanciato lui a me per farmi innamorare»
Il principe ebbe la sensazione di essere appena imploso. Doveva mantenere una facciata seria, o sarebbe diventato tutto molto più imbarazzante. Lorina sorrise. «So dove trovare quello che cercate!» squittì, aprendo la strada.

I due la seguivano a debita distanza. Keiichi pestò il piede di Melody. «Smettila di umiliarmi. E poi, non hai la sensazione che quella giraffa conosca già tutto? Scommetto che voi due vi siete confidate tutti i vostri segreti»
«A dir la verità» rispose la rossa, accarezzando una mensola «Io so tutto. Non c'è bisogno che me lo dica Melody»
«Siete spaventose, voi donne»
«Lo sappiamo»

La più alta indicò loro una pila di libri dalla copertina schifosamente rosa. «Divertitevi! Io vado dove mi porta il cuore» si congedò, piroettando tra gli altri accumuli di libri. «Se vi serve qualcosa sto recensendo le favole di Ada»
«Conosce Ada?» sibilò Keiichi.
«Di cosa ti sorprendi? Siamo ragazze»
Il corvino aveva intenzione di prendere a testate il muro. Ma prese il libro in cima alla pila. «"Come risvegliare la tua principessa da un coma"» lesse ad alta voce. «Studiate davvero da questa robaccia?»
«Noi ragazze no. Dovrei chiedere a Ryuu...forse sì. Anche se con l'alito che si ritrovano certi nostri compagni di classe un bacio è poco indicato»
Il corvino deglutì, disgustato. «Anche voi donne non scherzate»
«Keiichi, concentrati. Io ho trovato qualcosa che riguarda mariti maliziosi e donne consumate»
«Ah sì? E cosa dice di utile?» domandò lui, sfogliando le pagine a casaccio. Non gli interessava. Ancora una volta rivalutava l'idea di freddare Kay in privato. Ma allo stesso tempo gli faceva gola l'esecuzione pubblica, quindi si fece forza.
«È un incantesimo di infatuazione. Ma non credo sia il nostro caso. Forse possiamo risalire alla cura partendo dagli ingredienti»
«Sicuramente ci sono dei petali di rosa rossi. Poi credo abbia messo del miele e del sangue»
«Ci vorrebbe un incantesimo che permette di smistare tutte queste pagine e filtrare solo quelle affidabili»
Keiichi si appoggiò ad uno scaffale. «Teoricamente potremmo crearlo» fece presente, gesticolando con la mano libera. La gente che passava li fissava scioccata. Gente che studiava a fine anno?

Lorina sbucò dal mucchio di fogli che avevamo gettato. «Credo questo possa esservi utile» esclamò, mettendo in mano a Melody un cartoncino. «È una cartolina di un libro romantico che ho preso in prestito. Ma ci sono formule e rimedi»
La più bassa lo prese, mentre la rossa spariva nuovamente. Keiichi si affacciò per vedere cosa c'era scritto. La ragazza si schiarì la voce.

«...Emily guardò il suo Jacob fisso negli occhi. Edward gli corse incontro. «Emily, Jacob non è il tuo vero amore, ti ha fatto un incantesimo!». Emily lo guardò storto. «Come puoi rovinare il mio matrimonio? Invidioso!»
Edward prese un bel respiro. «Emily Rose Annabelle, sei sotto un'incantesimo d'amore, svegliati!». Emily sbattè le ciglia. Quando riaprì gli occhi, spinse Jacob giù dall'altare. «Come hai potuto!» e corse a baciare Edward...»

«Voi Sempre leggete questa robaccia?» domandò Keiichi.
«Anche di peggio. Però! Hai capito la soluzione?»
Il corvino si grattò la testa. «Se la soluzione è quello che hai letto tu, no»
Melody rise. «Ma dai, è così semplice»
«E allora spiegamelo, no? Se è così semplice»
La ragazza rimase in silenzio.
«Perché l'hai capito, vero?»
Keiichi la guardò sconsolato e prese la cartolina. «Ma deve esserci! La ragazza rinviene magicamente, quindi la soluzione è tra le righe»
«So che la soluzione è tra le righe, ma non la capisco!»
«Perchè dovrei capirla io che sono un Mai?» ribatté stizzito Keiichi.
«Facciamo così. Io mi studio questa roba nel pomeriggio. E stasera ci vediamo a metà strada tra i cunicoli sotto scuola»
Al principe tremò il naso. «Cunicoli sotto scuola? Non sembrano affatto igienici»
Melody fece per dargli una pacca sulla spalla, ma lui si scansò. «È un posto asciutto e pulito, non temere. Il posto ideale dove conservare cose delicate come il profumo e la tua pelle»
Keiichi arrossì. «Va bene. Ci vediamo stasera» bofonchiò innervosito.

La ragazza gli diede le spalle, salutandolo con un cenno della mano. Il corvino le sfilò il piffero dalla tasca, riattivando il meccanismo della libreria. Una volta tornato nella sua scuola esaminò lo strumento. Era proprio un bel piffero. Lo gettò nella pozza di fango dei mai. Dopotutto, rimaneva comunque un cattivo.

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Finalmente la sera era calata. «Sento l'adrenalina a mille» commentò Lorina. «Non mi sono mai sentita così emozionata. La nostra vita sta per cambiare. Te ne rendi conto?» esclamò, facendo una piroetta su se stessa. Emma uscì dal bagno, struccata. «Mi piace questo look da malaticcia. È molto trendy» commentò la rossa, allacciandosi le scarpe.
«Grazie, ma sono semplicemente con la faccia pulita. Per tipo la prima volta nella mia vita. Il makeup non fa esattamente per me. Credo che regalerò le mie palette a chi ne ha bisogno». Thisbe era sdraiata sul letto, ancora in pigiama.

«Tu non ti cambi?» le domandò ridendo la principessa.
«Aspetto l'ultimo minuto. Sennò poi sudo nel vestito e mi fa schifo»
«Avrei dovuto farlo pure io» piagnucolò Lorina, ma poi si infilò nel corridoio. Emma la seguì. «Noi andiamo»
«Così presto?»
«Voglio i posti davanti. Ah, Thisbe, non tardare, a mezzanotte le porte si chiudono e non si può più entrare»
«Lo terrò a mente» ribatté la bionda, e rimase sola. Aveva il cuore a mille. La nostra vita sta per cambiare. Aveva sentito quella frase mille volte, ma era questa la notte dei desideri. Sospirò e decise di cambiarsi. Ma esitò, guardando i bauli di Emma e Lorina. Guardando la porta, nel puro panico, si mise a rovistare. Voleva qualcosa da portare via. Presto l'Accademia del Bene sarebbe diventata un ricordo, ma non voleva dimenticarle. Afferrò le prime cose che trovò e le infilò nelle tasche, in qualsiasi posto possibile. Si guardò allo specchio e le venne da piangere. Poi si mise sul balconcino, protagonista indiscusso dei suoi sogni. Sospirò, ricordando quando era appena arrivata là. Ticchettò sulla ringhiera.

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Jamil sospirò. Forse doveva trovare una cintura un po' più larga. «Come mi stanno questi pantaloni?» domandò a Ryuu. La rossa lo squadrò. «Ti stanno bene, ma forse a Kay starebbero meglio»
«Se stanno stretti a me dubito che Kay possa anche solo infilarseli» commentò l'azzurro piuttosto seccato.
«Forse non dovevi ingozzarti così tanto negli ultimi giorni» sospirò Ryuu.
«Ero nervoso. E quando sono nervoso mangio»
«Magari serve solo una taglia più grande, possiamo cercarla se vuoi»
«Credo sia il caso» piagnucolò il jinn.

Qualcuno spalancò la porta con forza. «Come state, cari compagni di stanza?» cinguettò Khalil.
«Io bene, a Jam non entrano i pantaloni»
«Non è che non mi entrano! È che sono solo un po' stretti!»
«Dai Ryuu, non essere cattivo. Oh, a proposito, Kay ti stava cercando»
La rossa schizzò in piedi. «Vado dal mio amorino» strillò uscendo dalla stanza come un tornado.

Jamil arrossì e si mise a sedere sul letto. «Devo cambiare outfit»
«Ne ho qualcuno se vuoi» propose il castano, dandogli una pacca sulla schiena.
«Davvero?»
«Ovviamente». Il principe si alzò e rovistò nell'armadio, gettando fuori una miriade di abiti. «Che ne dici di un bel rosso? Un colore pieno di carica sensuale, ma forse non ti dona molto. No, il rosso è il mio colore. Viola? Nah, sa troppo di funerale! Nero? Ha la sua eleganza ma ti farebbe sembrare più pallido e triste di quanto tu sia. Verde? No, sembreresti un folletto»

Jamil lo guardò, sepolto dagli abiti. «Che ne dici di un classico azzurro?» domandò il jinn, togliendosi una canottiera dalla faccia.
«Odio lasciartela vincere» sospirò il castano, tirando fuori un abito azzurro.
«Vediamo come stai»
Il più basso prese l'abito. «Grazie mille, Khal. Ti sono debitore» sospirò, schizzando nel bagno a provarselo.

Il castano sorrise, poi si mise a cercare nel cassetto. Aveva un sacco di braccialetti sepolti dagli abiti. E tra loro era nascosto un rotolo di fil di ferro. «Jamil, ti dai una mossa?» strillò.
«Ho fatto» ribatté l'altro. «Come sto?»
Khalil sospirò e si girò verso di lui. Arrossì. «Bene»

Vanagloria voleva prendersi a sberle. Quell'idiota del suo ospitante proprio non riusciva a smettere di voler bene a tutti. Specialmente alla persona che dovevano eliminare. Era come se mentalmente mettesse un muro tra loro. Ma il suo desiderio di eliminare il Gran Maestro era più forte.
«Khal, che hai? Ti vedo strano»
«Va tutto bene, grazie per avermelo chiesto...è solo quel mal di testa che ho da stamattina» biascicò.
«Capisco. Forse è la mancanza di sonno» suggerì l'azzurro.
«Hai ragione» esclamò il principe. «Ho trovato il tocco finale perfetto per il tuo outfit, però»
«Davvero? Ah, scusa se è fuori contesto, ma non senti un odore strano in camera? È come se ci fosse del ferro, ma non capisco dove. L'abbiamo ispezionata non troppo tempo fa»
«In effetti hai ragione» concordò il più alto.«Forse viene da fuori. Chiudi gli occhi, ti metto dei braccialetti»

Il jinn ebbe una strana sensazione. «Perché devo chiudere gli occhi?»
«Voglio farti una sorpresa» piagnucolò Khalil. «Non rovinare l'atmosfera»
«Va bene». Il ragazzo deglutì e chiuse gli occhi. L'altro afferrò il fil di ferro. Glielo avvolse attorno ai polsi facendo attenzione che non toccasse direttamente la pelle, e poi strinse.

Jamil spalancò gli occhi. «Ahia!» strillò.
«Scusa» ribatté il castano. «Devo andare»
Il jinn si dimenò. «Se è uno scherzo non fa ridere. Levami questo coso di dosso!» urlò, tirando su col naso. Sentiva qualcosa scorrergli sulle labbra. «Oh, fantastico, mi sanguina pure il naso. Che diamine stai facendo?!»
Khalil fece passare dell'altro filo attorno alle maniglie dell'armadio, poi lo collegò a quello che stringeva i polsi dell'azzurro.

«Dovresti essere felice che non ti abbia ucciso» sibilò Vanagloria. «Perché l'avrei fatto»
Jamil provò a tirarsi indietro, ma l'armadio dondolò. Deglutì, spaventato. «Lo so, lo so. Ma è una situazione temporanea! Però sappi che se provi a seguirmi l'armadio ti cadrà addosso e diventerai una frittella di genio. Verrò a prenderti più tardi»
«Sei fuori di testa!» singhiozzò l'azzurro. Il ferro gli stava logorando i polsi. Gli sanguinava il naso. E per di più doveva anche convivere con quell'armadio traballante. È un modo stupido per morire, farsi schiacciare dalla collezione di outfit del tuo quasi-fidanzato.

«No, non proprio. Beh, Khalil non ha il pieno controllo di se al momento. Ma dovresti ringraziarlo! Io ti avrei scuoiato e ti avrei trasformato in un tappetino. Magari volava»
«Pieno controllo?» domandò il jinn. «Sei ancora tu?! Quel vampiro stronzo?»
«Non usare questo linguaggio per appellarti a me! Sono stata la moglie del Gran Maestro»
«Beh, congratulazioni per il tuo divorzio, allora!». Reclinò il capo all'indietro e le diede una testata.

«Brutto bastardo! Figlio di...» grugnì, mettendogli le mani al collo.
«Hey, non strozzarmi! Tutto ma non strozzarmi!»
«Magari muori di fame!»
«Se non mi liberi subito mi metto ad urlare qualcosa di molto imbarazzante»
Vanagloria gli mise una mano sulla bocca. «Per mille canini, proprio ti manca la massa celebrale?»
Jamil le addentò le dita. Il vampiro cacciò un urlo. «Ricordati che non fai male a me, ma al tuo fidanzato»
«In questo momento vorrei fare del male anche a lui! Come gli è venuto di farsi possedere?! Sono due su tre compagni di stanza!»
«Vuoi essere il terzo?». Vanagloria digrignò i denti. «Basta così. Stai zitto, devo presiedere un fidanzamento»

Il jinn si dimenò, facendo dondolare l'armadio. Il vampiro, ormai sull'uscio della camera, si girò a fissarlo. «Attento a non farti male»
«Ironico» sibilò l'altro, di rimando. Vanagloria chiuse la porta dietro di se.
«Ed è fatta» sospirò. «Ora mi basta controllare che non succeda nient'altro.
«QUALCUNO MI AIUTI»
Il castano rientrò in camera con un fucile.

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Ryuu era rimasta piuttosto delusa dal non aver trovato Kay. Però ormai era uscita dalla camera e rifare la scalinata non era nei suoi programmi, quindi si diresse verso la camera di Melody. La ragazza era già fuori, impegnata a camminare avanti e indietro per il corridoio.
«Melody!» esclamò, dirigendosi verso di lei. «Stai benissimo»
«Grazie» rispose l'amica. «Piuttosto, hai recuperato un minimo del tuo intelletto?»
«Cosa intendi?»
«Sei sotto un incantesimo, Ryuu! Svegliati!»

La rossa la guardò. «Ehm, okay...piuttosto, sei sicura di voler continuare a camminare su e giù per il corridoio? Sembri piuttosto stressata»
«Certo che lo sono. Tu sei sotto un incantesimo e quegli altri due deficenti ci stanno mettendo secoli. E in più...» si fermò, ci rifletté un attimo e scosse la testa. «No, nulla». Si era anche aggiunto il fattore Keiichi. Non era propriamente sicura che fosse necessariamente negativo. Ma era imprevedibile.

Khalil si presentò non appena menzionato. «Salve!» squittì, agitando le mani. «Oh, finalmente siete arrivati» sospirò la ragazza, portandosi una mano al petto.
«Siete? Io vedo solo Khal. Hai trovato i pantaloni più grandi per Jam?» si aggiunse la rossa.
«Ehem, erano la taglia più grande. Ha deciso di non presentarsi finché non trova dei pantaloni adatti. E sappiamo com'è fatto, ci perderà secoli dietro»
«Ma davvero?» domandò Melody, inarcando un sopracciglio. «Ma se ieri si è presentato in mutande a colazione»
«Beh, il torneo è un evento molto più formale...ma avviamoci, altrimenti ci toccheranno gli ultimi posti!» cinguettò il castano, passando il braccio attorno alle spalle di Ryuu. «Vuoi che ti tenga la mano, Melody?»

La ragazza si scansò. «No. No, grazie». Lo fissò incupita. «Da quando siete così amiconi?»
«Da sempre» risposero all'unisono.
«Da mai, avrei detto» ribatté la ragazza, fissando Khalil negli occhi.
«Fermiamoci con queste battute di spirito» commentò Aella, uscendo dalla camera. «Tadaan! Che ne dite? Ma quanto sono figa?» esclamò, osservando il proprio riflesso.
«Stai bene, sì» concordò la più bassa.

Alexandra si fece avanti. «Non so se sto soffocando di più tra bustino o tra abito» piagnucolò, coprendosi la pancia.
«Eh? Un abito nero?» esclamò sorpresa Aella. «Non metti più quello rosa pieno di glitter?»
«Ma sei scema? Mi ingrassa. Il rosa non è il mio colore. Il nero definisce la silhouette invece»
«Secondo me stavi bene» ribatté la rossa, abbassando lo sguardo.
«Secondo me no. Andiamo». Alexandra l'afferrò per un braccio, trascinandola via.

Melody rimase indietro, assicurandosi che gli amici proseguissero in direzione del teatro. Poi sgattaiolò via, sperando che Keiichi non le avesse detto una cavolata. Per arrivare all'Accademia del Male le bastava seguire i condotti che avevano preso quasi un anno prima. Che esperienza traumatizzante. Odiava i ratti. Prese un bel respiro. Poteva sopravvivere a degli animali - probabilmente non alla peste - ma non poteva vedere la sua migliore amica insieme ad un cretino. Un cretino particolarmente egoista e cattivo, poi.

Cercava di distrarsi pensando a quanto sarebbe stata felice Ryuu dopo aver evitato quell'iceberg di Kay. Ma inevitabilmente gli squittii provenienti dalle crepe la facevano sobbalzare. Chiuse gli occhi e si fermò per qualche secondo. Prese un bel respiro: lo faceva per qualcuno di cui le importava. Qualcosa le strisciò tra le gambe. Si morse la lingua con forza. Non doveva urlare. Hannah l'avrebbe trovata e l'avrebbe trascinata al teatro per i capelli. Sentì altri versi animaleschi, così aprì gli occhi, presa dal puro terrore. Centinaia di occhi di diverse dimensioni e colori la fissavano. Fece qualche passo avanti. «Non mi fate paura» sibilò, non molto convinta. Dell'acqua sporca le bagnava le scarpe. Il suo unico pensiero fu quello di correre lungo tutto il condotto. Prese nuovamente un bel respiro e si gettò in avanti. Correre in acqua non è una grandiosa idea, va detto. Più avanzava più l'acqua saliva. Evidentemente, per cancellare le tracce del loro passaggio, Morticia doveva aver inondato quei cunicoli sporchi. A quel punto le arrivava alle ginocchia, e più che di correre le sembrava di saltellare nel fango. Ogni tanto sentiva qualcosa di viscido sfiorarle le gambe, ma non ci pensava. Sperò solamente che Keiichi fosse talmente caritatevole da darle un paio di pantaloni puliti. Perché si rifiutava di mettere piede nel teatro con la gonna fradicia.

Finalmente l'acqua iniziava a ritirarsi, e riusciva anche a vedere la luce. Doveva essere proprio sotto la scuola. Le bastava risalire delle scale, poi. Tirò un sospiro di sollievo e rallentò. Alla timida illuminazione si rese conto di avere delle ragnatele addosso, con tanto di rispettivi padroni. Cacciò un urlo e si agitò, indietreggiando. Nel vano tentativo di togliersi di dosso gli abitanti indesiderati pestò qualcosa, che emise un suono indefinito. Ancor più terrorizzata, abbassò lo sguardo. Era la coda di un serpente.

«Chi sveglia il re dei serpenti?» domandò una voce gutturale. Troppo forzata per essere umana, ma abbastanza realistica da farla rabbrividire. Quale animale poteva produrre suoni così simili alle voci delle persone?
«Mi...mi dispiace. Ho fretta» rispose quasi scioccata la ragazza, correndo via e gettandosi sulla scalinata. Si tastò le tasche per assicurarsi di avere ancora il piffero. Le parve di sentire il suo cuore sprofondare quando non riuscì a toccare niente. Cercò di rimanere razionale: doveva averlo dimenticato da qualche parte nella stanza. Non poteva aver perso il suo amato strumento nei cunicoli, giusto?

Si fermò improvvisamente. E se uno di quei tanti rumori che aveva sentito era quello del piffero che cadeva? Doveva recuperarlo. Fece marcia indietro. Era un regalo di suo padre e il suo talento speciale, non poteva certo perderlo in una fognatura. Non appena si voltò, vide la creatura che aveva svegliato avanzare lentamente. Il cuore le salì in gola. Corpo di rettile, testa di gallo.

Un basilisco!

Chiuse gli occhi e si voltò verso l'uscita. A pensarci meglio, ci teneva di più alle pelle che ad uno strumento. Keiichi emerse dalla porticina. «Non posso credere di dover passare per di qui» si lamentò il corvino. Non sapeva proprio perché aveva accettato questo luogo di ritrovamento. La ragazza gli aveva assicurato che fosse asciutto e pulito, ma chiaramente non lo era. Anzi. Irritato, fece per fare qualche passo avanti, ma Melody gli piombò addosso con gli occhi chiusi e le ginocchia distrutte.

«Bel modo di presentarti» commentò il principe, segretamente molto felice di non doverla raggiungere a metà strada.
«Chiudi gli occhi ed esci! E chiudi la porta» gli strillò la sempre. «E non voltarti indietro»
«Perché non dovrei voltarmi indietro?» domandò lui, ma visto il pallore della fanciulla ritenne meglio aggiungere un'altra figuraccia alla sua collezione che morirci. Chiuse gli occhi e la spinse verso la porta, usandola a mo' di ariete.

Riaprono gli occhi non appena usciti. «Chiudi la porta» le ordinò Keiichi. «Perché non lo fai tu? Sono appena stata attaccata da un basilisco!» si lamentò la ragazza, ma provò a chiuderla comunque. «Perché è lurida! Non hai idea del sacrificio che ho compiuto anche solo per venire qui. Chiudila bene, almeno»
«La serratura è rotta» rispose Melody, nel panico. «Secondo te i rettili sanno salire le scale?»
Il principe fece spallucce. Suo padre le saliva. Non avrebbe detto lo stesso di se stesso, aveva una cicatrice sul naso a ricordargli la caduta.
«Se quel coso esce di lì è finita» sibilò la ragazza, sedendosi a terra e tenendo chiusa la porta con la schiena.
«Prima di tutto, ew. Comunque sicuramente si tratta di un incantesimo reversibile, e sono piuttosto sicuro che i nostri professori sappiano come mantenere la sicurezza a scuola»
«Oh, sì, non hai visto come ci sono riusciti durante l'anno?»
Keiichi dovette ammettere di essere nel torto. Ma lo fece solo mentalmente.
«Di sicuro non è competenza nostra. Andiamo, non voglio dare a Kay la soddisfazione di vincere. Tu che ci sei amica, perché sta cercando di fare quello...che sta cercando di fare?» domandò il principe, facendole cenno di alzarsi.

Melody si mise in piedi a malincuore. «Ho una brutta sensazione riguardo questa situazione»
«Oh, ma dai. Sono sicuro che sia solo un brutto intuito. Cosa può succedere con un basilisco a piede libero, un principe che intende trasformarci in raffredda-drink e il suo fidanzato sotto ipnosi? Se vuoi possiamo anche contare le due lettrici»
«Veramente anche Khalil mi è sembrato sospetto»
«Oh, perfetto. Che genere di sospetto? Sospetto tipo "non sono i miei veri capelli, ho una parrucca" o sospetto tipo "ho ucciso qualcuno e tengo sequestrati dei bambini in cantina"?» domandò sarcasticamente il corvino.

Ora che ci pensava si stava rivolgendo ad una ragazza in modo quasi decente. E non solo una ragazza, una ragazza sempre. Anzi, una ragazza sempre che amava la musica. Spaventoso. Si stava proprio rammollendo, tra tutti quei falliti dei suoi compagni di classe. Ironico come avesse spinto Kay a fare quel che faceva ma che adesso si stesse pentendo delle proprie azioni.

«Cazzo» commentò Melody, dandosi una manata sulla fronte. «Jamil!»
«Intendi quel blob azzurro che gira sempre attaccato a Khalil?» domandò, mettendosi una mano sul fianco. Ricordava che alla sfida delle fiabe gli aveva dato una mela sui denti. Probabilmente non gli stava particolarmente simpatico. Non che a Keiichi importasse.
«Sì! Non l'ho visto in giro. E la scusa che mi ha rifilato Khalil era stupida...»
«Fammi capire, cosetta, ti sei ricordata del tuo amico solo perché ho menzionato dei bambini sotto sequestro? Voi sempre siete veramente spaventosi»
«Cavolo...e se gli fosse successo qualcosa?»
«Che perdita» aggiunse il mai.
«No, non capisci. Jamil e Kay sono piuttosto amici. Non dico che avremmo dovuto contrattare, però fa sempre avere comodo qualcuno che sa come trattare Kay»
«Forse l'hanno fatto fuori perché sapeva qualcosa di troppo»
«Ma perché? Cosa c'entra Khalil?!»
«Boh, ma posso dirti una cosa? A me non interessa. Se non ci sbrighiamo arriveremo tardi a teatro, e io devo cambiarmi» concluse seccato Keiichi.
«Hai un paio di pantaloni in più per me?» domandò esausta Melody.
«Vedremo. Ti vedo giù, hai finalmente perso quello strumento demoniaco?»
«Non ricordarmelo»

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Dopo un quantitativo di tempo enorme, Ada e Thisbe erano riuscite ad incontrarsi. Uscire dalla scuola era tutto fuorché divertente. C'erano molti ragazzi in giro, tutti impegnati a sistemarsi i capelli e l'abito. Ma nessuno prestava loro attenzione.

«Oggi si fanno gli inviti al ballo» commentò la bionda, senza esserne realmente interessata.
«Non dobbiamo conversare per forza, sai?» rispose seccata Ada.
«Volevo solo dirlo» ribatté la Sempre.
Le due riuscivano a stento a sopportarsi, ormai. Stare vicine portava entrambe ad essere il peggio di loro stesse.
«A proposito» commentò Ada. «Hai mai sognato il Gran Maestro?»
«Più di una volta. Ma ci ho parlato più spesso di persona» rispose gentilmente la bionda. Non ce la faceva ad essere rude come l'altra.
«Perché è da qualche tempo che sogno che mi proponga qualcosa. Non capisco mai cosa sia. Parla di lasciarlo morire, o qualcosa del genere. Non che mi interessi. Per me si può anche ammazzare»
Thisbe rabbrividì. «Anche a me ha dettò qualcosa del genere. Mi ha proposto un patto, ma ho rifiutato»
«Tutto questo mi fa solo venire voglia di andarmene e non tornare mai più» sibilò la Mai.
«Concordo»

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La sala del teatro era piena. «Che tristezza, i nostri compagni finiranno tutti dietro» sospirò Ryuu. Avevano gettato tutti le giacchette su due posti per tenerli occupati, ma lupi e fatine li avevano costretti a toglierli. Così accanto avevano un mastodontico ragazzino con coda e orecchie da lupo, e il suo amico con un aria decisamente poco brillante.
«Seb, togli le gambe dal sedile davanti»
«Faccio quello che mi pare»

Alexandra sospirò. «Che noia. In cosa pensate di esibirvi?»
«Canterò una canzone» cinguettò Ryuu.
«Tremendamente originale» commentò Khalil, incrociando le braccia sul petto. «È un invito per Kay al ballo delle nevi! Ecco, non dovevo dirlo, doveva essere una sorpresa» piagnucolò.
«Oh!» esclamò Aella. «Davvero vuoi invitare quel tipo lì?»
«Quel tipo lì è il mio fidanzato!»
«Scusa, scusa» sospirò la rossa.
Il corvino sorrise. Nulla poteva andare storto, a quel punto. Le ultime persone entrarono, inclusi Melody e Keiichi, che sgattaiolarono nella parte più nascosta del teatro.

Le porte si chiusero. Erano tutti presenti. La tensione sul viso di Kay e di Khalil si sciolse. Il principe delle nevi non sapeva di essere protetto da Vanagloria, ma fu comunque sollevato che Jamil non fosse presente.

«Benvenuti al torneo dei talenti di quest'anno!» squittì una fatina, piuttosto seccata di essere lì. «Le regole sono sempre le stesse, se i Sempre vincono, il teatro rimane nella scuola del Bene, altrimenti succede il contrario. Abbiamo non mi ricordo quanti concorrenti per non so quali squadre, ma ad ogni vincitore una candelina della squadra avversaria sul candelabro si spegnerà. Quando finiscono le candeline la corona decreterà il migliore di tutta la scuola. Come se ci interessasse. Buon divertimento»

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Jamil stava ancora combattendo con il fil di ferro. Ormai aveva la sensazione che di lì a poco le mani gli sarebbero semplicemente cadute. Aveva i polsi troppo rovinati per muoverli. E dire che bastava semplicemente che qualcuno intercedesse per lui e glielo togliesse. Avrebbe recuperato la sua forza in un attimo. E poi Vanagloria, prima di andarsene, gli aveva ficcato un fazzoletto in bocca. Quindi poteva lamentarsi solo nella sua testa a meno che non volesse sembrare stupido, e non era consolatorio. Ma almeno era un fazzoletto pulito e non uno dei panni gettati a terra.

Mugugnò qualche imprecazione e diede una testata all'armadio, disperato. Non poteva nemmeno sedersi, perché altrimenti si sarebbe tirato il mobile addosso. Cosa che, a dirla tutta, non sembrava così male, alla fine. Si dimenò un'altro po', ma maledisse immediatamente la decisione. Era come se il metallo gli stesse penetrando nelle ossa. Stava anche valutando l'idea di ingoiare il fazzoletto e strozzarsi. Insomma, di alternative ce n'erano.

Farei buon uso del deus ex machina, al momento.

Diede una seconda testata all'armadio, ma questa volta con troppa forza, perché ne uscì piuttosto rintronato. Mentre ancora ci vedeva doppio, scivolò all'indietro, trascinandosi dietro il mobile. Ecco, stava morendo. Non avrebbe mai saputo dell'esistenza della friggitrice ad aria. Qualcuno resse il mobile, con un sospiro.

«Che capocciata che hai dato, chicco»
Jamil guardò verso l'alto. Mugugnò qualcosa che doveva essere un "maria callas?" ma suonò come se stesse lanciando il malocchio a qualcuno.
«Più sorco che mai, bello». Odio rovinare il climax ma sorco significa fregno. L'ex animale domestico si premurò di sfilargli il fazzoletto dalla bocca.

«È un po' fradicio» commentò. Visto che il genietto non rispondeva si mise a slacciare il fil di ferro. «Stai, ehm, bene?»
«Una meraviglia» rispose l'altro. «Non ho nemmeno più la forza di stare in piedi»
«Su su, il peggio è annato» lo consolò il più alto, mettendogli una mano sulla fronte. «Però, almeno pe me, sarebbe mejo se ti alzassi da tera»
Jamil si raggomitolò sul tappeto. «Voglio dormire. O mangiare qualcosa. O fumare con Maria»
«Chi è Maria? Ohh...ne sai una più de cesare, chicco»
Il jinn ridacchió. «Piuttosto, puoi tornare ad essere un uccello? La tua forma umana mi mette a disagio»
«PiuTTosTo, pUoI tOrnAre Ad EsSeRe un uCcEllO? LA tUa ForMa uManA mI mEttE a DisAgio. Muovi er culo, c'è il torneo dei talenti. E mi devi ancora spiegare perché eri legato ad un armadio»

L'azzurro schizzò in piedi. «È vero! Il torneo!»
«Buongiorno» commentò seccato il canarino.
«Riassumendo brevemente, Kay ha fatto bere una pozione d'amore a Ryuu, mentre Khalil è posseduto da un vampiro!» strillò Jamil, agitandosi e buttando giù la porta con un calcio. L'uccello lo seguì perplesso. «Quanto tempo fa hai fumato?»
«Stamattina, quindi tipo sette ore fa! Ti giuro che è vero» piagnucolò Jamil, gettando la testa sotto l'acqua. Tra saliva e sangue non doveva essere proprio bello.
«Okay, mi fido. Senti, perché non c'è nessuno in giro?»
«Perché sono tutti al torneo! Come sto?» domandò tutto d'un fiato, piroettando su se stesso.
«Hai una ciocca fuori posto, ma te la sistemo strada facendo. L'outfit è carino» commentò molto seriamente il piccione.

Il tucano si mise a svolazzargli dietro mentre Jamil scendeva le scale riassumendo brevemente i fatti. Ogni tanto Maria Callas annuiva o commentava. Si fermarono davanti alle porte. «Per la congiura di Catilina, ste porte so enormi...orca zozza. Come facciamo ad entrare?»
«Passiamo per il buco della serratura, ovviamente» rispose il jinn, tirandosi su le maniche.
«Come facciamo a passarce che te manco ce stavo nei pantaloni tua. Vojo popo capì»

L'azzurro lo afferrò e prese la rincorsa. Quando il povero avvoltoio aprì gli occhi si ritrovò in sala, mentre una saetta blu schizzava impazzita tra i sedili. In un modo o nell'altro Jamil riprese la sua forma e si mise a sedere, salvo rialzarsi per applaudire Ryuu che saliva sul palco. Il jinn mise le mani a coppa davanti al viso. «RYUU, NON FARE L'IDIOTA»
Maria callas improvvisò un balletto per rendere l'idea.

Il principe delle nevi si voltò lentamente, cercando di non farsi prendere dal panico. Come diamine era entrato? Prese un bel respiro. Non era importante. Chi avrebbe mai dato credito ad un ragazzo come Jamil? Aveva ragione, perché la principessa accanto a lui lo tirò giù per un braccio. «Stai zitto e ascolta chi ha qualcosa di importante da dire»
«Io ho qualcosa di importante da dire ed è che sei brutta»
La ragazza parve rimanerci male. «Non ti hanno mai insegnato che è brutto sottolineare i difetti fisici?» rispose, tamponandosi gli occhi.
«Scusa, non ho mai avuto una mamma. Mi dispiace, non volevo sottolineare quanto tu sia brutta» si scusò, mettendole una mano sulla spalla.
«Non preoccuparti. Solo, non commentare più i corpi delle altre persone»
Jamil annuì e si rimisero a guardare il palco. «Però hai comunque una personalità terribile»
La ragazza si mise a piangere.

Ryuu si fece avanti sul palco. Prese un bel respiro. «Il mio talento per questa sera è cantare» esclamò. «Ma, ehm, desidero prima fare un invito molto importante. Io credo che non sia giusto che i Sempre possano invitare solamente i Sempre, al ballo delle nevi. Dovremmo invitare chi si ama, giusto? E se un Sempre amasse un Mai?»
La platea rimase in silenzio. Keiichi e Melody scattarono in piedi. «Nooo!» strillarono entrambi. «Kay gli ha fatto un incantesimo!» urlò la ragazza.

Tutti gli studenti si girarono verso di loro. «Scommetti che se lo dicevo io non mi credevano?» borbottò il jinn. Schioccò le dita, puntando le luci sulla coppia di opponenti. Kay si alzò in piedi. «Questo non è vero! Anche voi siete una Sempre e un Mai, dovrebbe solo beneficiarvi avere un buon esempio come Ryuu!» controbatté. La folla concordò mugugnando.
«Stai scherzando, spero» si lamentò Keiichi. «Io e cosetta non stiamo insieme. Piuttosto, preoccupati del tuo taglio di capelli e del fatto che tu stia barando! Non te la lascerò vincere così facilmente. Non provarci nemmeno»
Melody gli passò la cartolina, facendogli segno di capire come rompere l'incantesimo.

Ryuu pestò i piedi. «Sei solo gelosa, Melody! Sei sempre stata gelosa di me! Io ho i ragazzi e tu nemmeno uno in tutta la tua vita! Non è colpa mia se io sono un principe e tu una paesana. E nemmeno colpa mia se sei brutta ed io sono bellissima»
La folla esplose. Kay sorrise. Vanagloria tirò un sospiro di sollievo, strisciando verso la coppia. Harriet se ne accorse.

Dove sta andando?

Vanilla si rese conto di essere fissata. Le fece l'occhiolino. La lilla fece per alzarsi in piedi.
Keiichi lesse nuovamente la cartolina. Diede una gomitata a Melody, che, attonita, non sapeva come rispondere.
«Melody, come si chiama Ryuu?» le domandò.
«Ti pare il momento di fare scherzi stupidi?» singhiozzò lei.
«Dimmi il suo nome completo!» sibilò lui. «Veloce»
La ragazza deglutì. «Ryuu Nova. Si chiama Ryuu Nova»
Il corvino si inerpicò su per la sedia. «Ryuu Nova, sei sotto un-» provò ad urlare, ma Vanagloria gli afferrò una caviglia e lo fece cadere a terra.
«Khalil, ma che stai facendo?!» urlò Melody. Harriet si trasformò in un topo, correndo verso il vampiro.

La ragazza però aveva capito cosa intendeva fare il principe. Prese un bel respiro, mentre Vanagloria e Keiichi se le davano aggrovigliati sul pavimento. La folla era in delirio. «Ryuu Nova, sei sotto un incantesimo d'amore!» urlò. La rossa sul palco si guardò attorno. Poi puntò Kay. Il principe delle nevi andò nel panico, cercando dove nascondersi.

Il topolino Harriet giunse dai due litiganti. Keiichi strillava come un oca mentre Vanagloria gli tirava i capelli. Non sapeva nemmeno perché continuava a farlo, visto che ormai il suo piano era andato in frantumi. Kay non avrebbe più distrutto un bel niente. Era solamente molto arrabbiata. La lilla riprese le sue sembianze umane e diede un pugno sulle tempie del vampiro, che perse la presa sul principe.

Keiichi si allontanò. Avrebbe voluto usare i suoi poteri, ma non c'era nessun fango nei paraggi. Era imbarazzante farsi difendere da una ragazza. La lilla lo guardò. «Mi hai aiutato, una volta» mimò con le labbra. Era vero. Non ricordava quando, però. Vanagloria spinse via la strega. «Cosa pensi di fare?» strillò. «Vincere contro di me?!»
Jamil si gettò in mezzo alla rissa. «Esci subito dal mio fidanzato!» le intimò.
«Qualsiasi cosa abbia detto lui!» concordò la lilla.

Vanilla si mise in piedi, sfoderando i canini. «Pensate di battermi? Vi ho ridotto ad uno straccio entrambi in un corpo debole. Cosa pensate di farmi, adesso?!» rise istericamente.
«Credo che Khalil sia posseduto» commentò Emma, nascosta dietro il sedile.
«Probabile» concordò Lorina. «Ma Thisbe ed Ada non sono venute, come dicevo»
Aprì il suo specchietto. «Io vado» commentò, gettandosi dentro.

Harriet deglutì. «Un po' ha ragione» sussurrò.
Jamil non potè che concordare.

Si guardarono. Poi iniziarono a correre, mentre Vanagloria li inseguiva a velocità inumana. Melody correva verso Ryuu, invece. La rossa stava trascinando Kay sul palco, o almeno ci provava. Maria Callas si era nascosto dietro un sedile. Adorava i suoi ragazzi, ma meno l'idea di diventare un pollo arrosto.

Vanilla atterrò Jamil, afferrandolo per le gambe. Il jinn cercò di dimenarsi, mentre il vampiro gli bloccava i polsi sul pavimento. «Il tuo sangue mi è piaciuto così tanto che voglio riprovarlo» sibilò, facendo per addentargli il collo. Harriet prese un bel respiro e tornò indietro. Si era davvero convinta di essere così debole da non poterla affrontare? Era suo il diritto di eliminare quel vampiro. Il suo momento di essere l'eroe. Emma le strillò qualche incoraggiamento.

Si avvicinò di corsa e diede un calcio fortissimo sul naso di Khalil. Il principe barcollò indietro, con gli occhi lacrimanti. Una scheggia scivolò sul pavimento, e la lilla si precipitò a prenderla. Jamil afferrò il castano, invece, che aveva una copiosa perdita di sangue dal naso. Riaprì gli occhi grigi lentamente. «Che succede?» domandò debolmente. Harriet, che non si fidava, lo osservò rimettersi in piedi. Il castano si guardò attorno, poi fissò la ragazza.
«Noi due ci conosciamo?» domandò un po' troppo convinto. Nel panico che si trattasse ancora di Vanilla, la ragazza gli assestò un destro nell'occhio. Khalil svenne di nuovo.

Jamil la guardò male. Maria Callas sbucò fuori dal suo nascondiglio, in forma umana. Salutò tutti mandando baci. «Questo lo tengo io. Altrimenti finisce anche peggio» spiegò, trascinandolo dietro i sedili per le gambe.
«Mi fido di te» sospirò il jinn.

Nel frattempo, Yu Hong e Ryan cercavano di aprire le porte. La gente ormai voleva uscire, e premeva per farlo. Per quanto adorasse il drama, la pressione stava diventando troppa. E la paura che qualcos'altro sbucasse fuori era troppa. Harriet tenne la scheggia in mano. La fissò, con gli occhi cremisi pieni di rabbia. Strinse la mano. Il pezzo di vetro svanì in una nuvola di fumo rosso.

La porta era bloccata. Fortunatamente una ragazza possente e muscolosa si fece avanti. Prima di rivolgere anche solo un'occhiata all'uscita e realizzare che le due maniglie erano distanti qualche metro, l'oni dovette spararsi un po' di pose.

«Certo che per voi incapaci la porta è sigillata, non possedete nemmeno un centesimo dell'incredibile forza della grande Arisu! Sturatevi le orecchie, belli, riporterò la mia famiglia al suo onore». La ragazza fece qualche passo avanti. Un ragazzo nella folla le si avvicinò e le sussurrò qualcosa. Lei rise sonoramente.

«Le due ante vanno aperte contemporaneamente? Ma a chi importa, probabilmente vale solo per voi nullità! Io non avrò certo problemi» disse, avvicinandosi ad una delle due maniglie e tirando con tutta la forza che aveva. Non si mosse nemmeno. Irritata, tirò con più forza, ma ancora niente. Le diede un calcio. «Stupida! Sei chiaramente difettosa! Come ti permetti ad intralciare la mia strada verso il successo!»
Harriet spinse Jamil in avanti. «Valle a dare una mano!»
«Eh?! Perché io?» le domandò il jinn indicandosi.
«Perché sei tu quello forte, e non fingere di non saperlo»

Il ragazzo sospirò e si avvicinò all'altra maniglia, ma Arisu iniziò a strepitare e gli si avvicinò di gran carriera. Lo sollevò per il colletto. «Hey, tu, razza di...folletto! Cosa cavolo pensi di fare con la mia porta? Pensi di poterla aprire da solo? Ma non farmi ridere! Se non ci sono riuscita io, un'oni di sangue nobilissimo, come pensi di riuscirci tu, che sei minuscolo?»
Jamil fece spallucce. «Magari...gli oni sono meno forti dei jinn?» esordì, con un mezzo sorrisetto e guardando altrove.
«E-R-E-S-I-A! Da quando qualcuno che vive in una lampada è più forte di chi, come me, si allena per ripristinare il nome della mia nobile stirpe?!»
«Da sempre. Ti dispiacerebbe mettermi giù? Non posso aprire la porta così»

Estremamente irritata, Arisu sbuffò e lo lasciò cadere. Proprio mentre Jamil si voltava per avvicinarsi alla maniglia, la ragazza gli mise le mani sulle spalle e lo costrinse a guardarla in faccia. Il jinn voleva dire qualcosa, ma gli fu impedito dalla tremenda testata inflitta dall'oni.

«Wo-oh! Gli è rimasto perfino il segno del corno!» esultò uno dei ragazzi tra la folla.
«Rissa! Rissa!» aggiunse una principessa.
«Ma quale rissa!» esclamò Harriet. «È la terza volta che si fa picchiare in una sola settimana!»
«Hey! Chi ha detto che mi farò picchiare anche questa volta?» ribatté offeso Jamil. Arisu gli caricò un pugno sulla tempia. Il jinn agitò le braccia cercando di rimanere in equilibrio.

Maria Callas si fece strada a gomitate, trascinandosi dietro Khalil svenuto. «Siete due idioti!»
«Sei tu che riponi troppa fiducia in noi!»
«Fermateli!» strillò l'uomo.

«Non...non ti picchierò perché sei una donna» bofonchiò Jamil, rimettendosi in piedi.
«Ma è una rissa! Devi picchiarmi anche tu, altrimenti è bullismo» rispose Arisu preoccupata. «Io sono una creatura malvagia, non una bulla»
«Non sono sicuro funzioni così»
«Ma chissene frega, se non meni indietro vuol dire che sei una mezza sega» ribatté lei, abbassandosi verso di lui.
«In tal caso» fece spallucce il genio, mandandola a sbattere contro un muro con un pugno.

Proprio mentre l'oni si scrostava dal muro, agitando la testa per togliersi di dosso l'intonaco, qualcuno si mise a strillargli contro. Era Kay, che Melody aveva trascinato sul palco per i capelli e che ora stava riempiendo di calci. «Vi ammazzerò tutti!» urlava, mentre Ryuu si scapicollava verso i due litiganti, piangendo.

Arisu e Jamil spalancarono la porta. Kay, distratto dal rumore, si mise ad imprecare contro di loro. Melody ne approfittò per saltare via ed inseguire la migliore amica. Mentre gli studenti correvano via, il principe delle nevi cercava di non piangere perché le lacrime che si congelavano sul suo viso lo ferivano. Ormai aveva il ghiaccio alla vita. Si rese conto solo in quel momento di quanto odiasse il freddo. Voleva essere caldo. Come gli altri. Tutti gli umani sono caldi, perché lui no? Perché tutti gli fuggivano via? Cosa aveva fatto di male?

La folla si gettò verso l'uscita. Harriet corse via per prima, Keiichi la seguii a ruota. Anche Maria Callas con Khalil sotto braccio. Fece un cenno di saluto al jinn.

Kay era così arrabbiato da sembrare quasi stupido. Aveva la sensazione che a momenti potesse esplodergli la testa. «Smettetela di ridere di me!» strillò, coprendosi le orecchie. Cosa c'era di male nel non voler essere né un Sempre né un Mai? Perché lo trattavano tutti come se fosse la prima ed unica persona egoista al mondo? Tutti avevano difetti! Solamente che il principe delle nevi li abbracciava e li metteva a nudo. Forse una differenza con gli altri c'era. Gli altri si impegnavano per migliorare, per progredire, ma Kay rimaneva là. Ora che ci pensava, la sua vita non era stato nient'altro che aspettare, fermo immobile.

Ma aspettare cosa? Il momento in cui la sua vita sarebbe diventata avventurosa e magica? Il momento in cui, sorprendentemente, qualcuno l'avrebbe amato per ciò che era? Ma cos'è che era? Non aveva nemmeno un nome scelto per lui. Forse sua madre non l'aveva amato affatto. La realizzazione lo colpì come un pugno. Cosa si aspettava da una persona con il cuore congelato? L'unica persona che l'aveva mai amato realmente non esisteva. Aveva buttato tutto quel tempo a credere di amarsi quando in realtà non si era mai piaciuto!

Perché era tutto così scontato? L'avevano capito tutti al di fuori di lui. E l'avevano tenuto all'oscuro. Ma come si erano permessi? Perché nessuno l'aveva mai riscaldato con il suo amore? Aspetta, aspetta, forse qualcuno c'era stato. Fin dall'inizio.

Ryuu lo guardava con aria mogia in mezzo alla folla. Non lo stava prendendo in giro. Nessuno l'aveva mai preso in giro. Aveva fatto tutto da solo, si era rovinato con le sue stesse mani. Che fine triste. Ma adesso che doveva fare? Scusarsi? Ma con chi? Il principe delle nevi saltò giù dal palco, correndo verso la rossa. «Ryuu!» le urlò, tendendo le mani in avanti come per afferrarla.
«Non mi toccare!» gli urlò lei, spingendolo via. «Ti rendi conto di quello che mi hai fatto?»
«Mi dispiace» si scusò sinceramente Kay, con gli occhi lucidi. Lasciò che le lacrime gli scorressero sul viso. «Ho capito solo adesso che stavo inseguendo il mio lieto fine con i mezzi sbagliati»
«Alla buon'ora» rispose Melody. Si era avvicinata a loro due, spaventata da quello che potesse succedere. La rossa si stropicciò gli occhi. «Ma perché ti sei comportato così? Nulla sarà più come prima adesso»
«Perché no? Non si può rimediare? Proprio in nessun modo?!» singhiozzò il principe delle nevi. Stava diventando lo zimbello della scuola, probabilmente.

Ormai era rimasta pochissima gente all'interno del teatro. La porta era rimasta aperta da sola, così Jamil si era avvicinato al gruppetto.

«No che non si può rimediare, Kay. Perché dovrebbe perdonarti?» commentò la ragazza, mettendosi una mano sul fianco. «Per colpa tua è morta della gente!». Non era sicura che la morte di Antoniette fosse strettamente correlata al principe. «E io ho perso il mio piffero»
«Non sta a te decidere se Ryuu deve perdonarmi» sibilò il più alto.
«Vedi il tuo problema, Kay? Cerchi comunque di comandare tu anche quando sei nel torto» sospirò la rossa, scuotendo la testa. «Non credo che tu cambierai mai»
«Sì che cambierò!»

Melody applaudì. «Congratulazioni, Kay! Ti parleremo di nuovo quando ci avrai dimostrato che sei cambiato»
«Sarebbe stato tutto così divertente se tu avessi pensato anche agli altri» lo rimproverò la rossa. «Confido nel fatto che tu cambierai. Ma non voglio avere a che fare con te, mai più»
I due lo squadrarono, poi si allontanarono. Il principe li guardò andare via singhiozzando e tirando su col naso.

Jamil si avvicinò a lui. «Kay!» gli strillò in faccia.
«Sei arrabbiato con me anche tu?»
Il jinn prese un bel respiro. «Sì. Ma il fatto che io sia arrabbiato con te non vuol dire che io abbia smesso di volerti bene» spiegò, piuttosto sicuro che al ragazzo servisse saperlo.
«Mi dispiace tanto» mormorò il più alto.
«Lo so che ti dispiace, ma hai fatto qualcosa di bruttissimo! Hai usato delle persone per arrivare ai tuoi scopi e hai manipolato la mente di Ryuu con degli incantesimi» lo sgridò, incrociando le braccia sul petto. «E poi hai anche ferito i miei sentimenti» aggiunse, abbassando la voce.
«Il fatto che io abbia ferito i tuoi sentimenti mi sembra l'ultimo dei miei problemi»
«L'hai fatto di nuovo» sospirò il genio, scuotendo la testa.
«E va bene. Scusa, Jamil» sibilò il principe, digrignando i denti.

Il genio chiuse gli occhi ed aggrottò la fronte. «Sei proprio falso, certe volte. I tuoi sentimenti contano tanto quelli degli altri» mormorò. «È scioccante che sia io a spiegarti queste cose»
«Già, molto» ribatté Kay.
«Smettila di essere così arrogante. Per mille lampade, proprio non ti riesce di cambiare?»
«Ma io voglio cambiare!»
«Ah, davvero? Perché dentro di te non percepisco nessun desiderio di cambiamento»
«E allora impara ad usare i tuoi poteri di genio, perché voglio cambiare, solo che voi mi state facendo passare la voglia!» strillò il più alto, prendendo la rincorsa per raggiungere Ryuu, che si era fermata davanti alla porta assieme a Melody. Spinse Jamil a terra, precipitandosi verso la rossa.

Non sapeva cosa voleva fare, in realtà. Voleva abbracciarla? Scusarsi? Ucciderla? Le si gettò addosso. Melody strillò e gli diede un calcio. Mentre i tre discutevano Jamil si avvicinò a loro. «Fatela finita di picchiarvi» strillò, unendo le mani tra loro e poi separandole.

I tre ragazzini volarono in direzioni opposte. La prima a rialzarsi fu Melody, piuttosto ammaccata. «Ahia! Ma che ti prende?» sibilò.
«Che mi prende?! Che mi prende?!» urlò il jinn. «Per colpa vostra sono stato chiuso in camera con del fil di ferro ai polsi! Adesso mi rimarranno delle cicatrici e voi continuate a discutere come bambini. Lasciatevi perdere!»
«Non fare la vittima, brutto stupido! Sono io quella che dovrebbe essere compatita!» urlò Ryuu.
Kay si mise in piedi. «Jamil ha ragione. Lasciatemi perdere ed andate per la vostra strada»
«Lo stavamo facendo, ma hai deciso di saltare addosso a Ryuu!» rispose Melody.
«Oh, quindi adesso è colpa mia se ho cercato di scusarmi?»

Jamil scosse la testa ed uscì dalla sala. Tanto erano così impegnati a litigare che non se ne sarebbero nemmeno accorti.
«Certo che è colpa tua!» gli urlò in faccia la rossa.
«So che è colpa mia, ma stavo solo cercando di scusarmi!» sbraitò il principe delle nevi.
«Sei proprio cattivo. Marcio fino al midollo, Kay.» concluse Melody. «Andiamo, Ryuu, chiudiamola qui». Afferrò il braccio della rossa e fece per trascinarla via, lasciando il più alto a ribollire di rabbia.

«Volete che io sia il cattivo?» domandò a bassa voce Kay. «Bene. Ora sono il cattivo». Pestò il piede a terra, lasciando che il pavimento si ricoprisse rapidamente di uno spesso strato di ghiaccio. Allo stesso tempo percorreva le pareti, risalendole e generando una tempesta di neve. Melody si girò verso di lui. «Che cosa diamine stai facendo, ancora?» biascicò, la voce rovinata per le continue urla. Ma il principe delle nevi non le rispose. Era troppo preoccupato per ascoltarla. Il ghiaccio risaliva le sue gambe, bloccandolo a terra. Perché diamine la sua stessa magia stava attaccando lui? I due Sempre si guardarono, mentre il ghiaccio continuava ad espandersi, uscendo dalla sala. Più si allontanava dal punto di origine più acquistava velocità e violenza. La scuola si ricopriva di spuntoni.

Melody fece per correre verso l'esterno, ma si rese conto di avere i piedi congelati. Ryuu corse via, ma verso Kay. «Cosa diamine stai facendo?» le urlò dietro l'amica, proprio prima di diventare completamente una statua di ghiaccio. Anche la rossa stava congelando, ma a partire dal petto. Per il principe, invece, sembrava che andasse tutto molto più a rilento.
«È terrificante...io non volevo» singhiozzò il più alto. «Non voglio morire!»
«Nessuno di noi vuole morire» lo rimproverò Ryuu. Voleva schiaffeggiarlo. Ma vederlo nella loro stessa condizione quasi la confortava. Gli accarezzò il viso. «Forse la pozione d'amore ha ancora effetto?» domandò il mai.
«Non hai mai avuto bisogno di farmi una pozione d'amore, Kay. Però adesso più che amarti ti detesto completamente. Solo che siamo stati fidanzati per tutto questo tempo e non ci siamo nemmeno tenuti la mano! Dovremmo rimediare, non credi? Io non voglio morire da solo, e nemmeno tu»

Kay sorrise genuinamente per la prima volta.

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Jamil rabbrividì. Sentiva uno strano scricchiolio dietro di sé. Si voltò solo per rendersi conto che del ghiaccio avanzava dietro di lui. Non sembrava una buona cosa. C'erano abbastanza persone in giro nei corridoi, ma non erano di suo interesse. Aumentò il passo e andò a sbattere a Yona.

«Dove vai così di fretta?» domandò il principe, sorridendogli. «Il suo fidanzato si è fatto male, è ovvio che vada da lui» commentò Sealtiel, con una mano sul fianco.
«C'è qualcosa che non va. Qualcosa tipo...sta congelando tutto» ribatté l'azzurro.
«Cosa?» domandò il più alto.
«Non ne ho idea. Penso che Kay sia uscito di capoccia»
Il capretto si affacciò guardando quello che succedeva dietro di se. Il ghiaccio avanzava rapidamente ed inesorabilmente. Fece qualche passo indietro, poggiando la mano al muro. Sfortunatamente per lui, anche il muro era congelato. Iniziò a ricoprirsi di brina a partire dalle dita. Yona si tese per dargli una mano, mentre Jamil correva verso Maria Callas.

Il principe si rese rapidamente conto dell'errore che aveva fatto. Anche lui stava diventando una statua di ghiaccio. I due si guardarono terrorizzati, mentre il freddo li avvolgeva. Il jinn, d'altro canto, stava scivolando giù dalle scale per il passamano. Ogni tanto guardava il riflesso di Lorina congelato nello specchio, ripetuto mille volte. La sua ultima posa era quella di battere contro il vetro, come se domandasse di farla uscire. Emma si era gettata verso l'uscita prima di loro, ed era stata la più fortunata. Era uscita in giardino. La rossa non c'era riuscita. Per quanto fosse inquietante, non poteva darle una mano. Salto giù.

Khalil era seduto su una sedia a farsi aria, piuttosto scioccato. «Dov'è Maria Callas?» domandò il jinn, tirando un sospiro di sollievo.
«Cos'è successo al "come stai?"?» domandò il principe ridacchiando. «È andato dentro. Ha detto che avrebbe preso dell'ovatta per il mio naso»
Jamil lo guardò. «Hai detto dentro?» sibilò, terrificato. Di nuovo quello scricchiolio. Il ghiaccio era dietro di loro. Afferrò il braccio del castano e lo trascinò fuori.

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Nova e Felix erano seduti l'uno accanto all'altro, in una delle torri dei Sempre. Erano vicino alla finestra. Erano saliti per chiarire. «Dovremmo parlare» commentò il felino, strusciando la zampa a terra.
«Stai già parlando» ribatté estremamente seccato il rosso.
«Sai benissimo cosa intendo»
«Io non ho problemi con te, sei tu che hai problemi con me»
«Nova, hai cercato di uccidermi» ribatté il sempre, irritato.
«Ti ho detto che ti amavo, però»
«Appunto! Non ti vergogni ad aver strumentalizzato qualcosa come l'amore? Sai benissimo che mi piaci. E hai sfruttato la cosa a tuo vantaggio»
«Mi stupisce che tu conosca la parola "strumentalizzazione"»
Felix rimase in silenzio. Il principe di cuori non voleva parlare? Bene, sarebbe rimasto in silenzio. Che scopo aveva gettare parole al vento?

Il rosso non disse nulla per un po'. «Non ti stavo dicendo una bugia, però» ammise alla fine.
«Oh, certo, chissà perché non ci ho pensato dopo che mi hai pugnalato alle spalle»
«Tu prendi le cose troppo seriamente. Sono un mai, che ti aspettavi che facessi? Lanciassi glitter dicendo che voglio sposarti e avere quindici figli con te?»
«Io prendo le cose troppo seriamente? Io? Ho passato tutta la vita praticamente a servirti e riverirti! E tu ti comporti come se tutto ti fosse dovuto! Non pensare che io non abbia altre opportunità al di fuori di te»
«Ma tu non hai altre opportunità al di fuori di me, Felix. C'è qualcosa che sai fare? Oltre a perdere pelo, intendo. Hai degli amici? Elencameli»
«Certo che ho degli amici. Yona, Sealtiel, Jamil...sono tutti miei amici»
«E che amici. Scommetto che se vado a chiedere loro se ti conoscono fingeranno un conato di vomito»

Felix strinse il pugno...cioè, la zampa. «Nova, dimmi la verità, a te importa di me? O per te è tutto un gioco?»
Nova sorrise leggermente. «Certo che tengo a te. Sei il mio migliore amico d'infanzia. Ma tu non tieni a me. Non vuoi il mio bene. Ed è colpa tua se la nostra relazione è debole come un castello di carte»
«Non voglio il tuo bene quando il tuo bene significa sacrificare me! Ci tengo alla mia pelliccia!»
«E allora non vuoi il mio bene. Dovresti mettermi sopra a tutto»
«Hai un po' troppe manie di protagonismo. Stai uscendo di testa»

Il rosso si scostò una ciocca di capelli dal viso. «E tu sei tremendamente e terribilmente egoista!» lo rimbeccò.
«Wow, adesso non voler morire è da egoisti! Scusa se non lecco il pavimento dove passi»
«Eppure mi sembra che molti altri lo facciano. Non definirti un buon fidanzato se non fai il minimo»
Felix si alzò, irritato. «Dimmi che mi ami sinceramente e che tutto quello che hai detto alla sfida delle fiabe era vero»
«Te l'ho già detto»
«Dimmelo seriamente. Senza aggiungere tutti quei ricami»

In quel momento il pavimento parve scricchiolare. I due si voltarono, cercando di individuare la fonte del rumore. Il ghiaccio aveva raggiunto le torri. Nova si mise in piedi. «Che cos'è, Felix?» domandò pacamente.
«Controlla tu. Io non mi ci gioco le vibrisse»
«Felix, ti ho chiesto che cos'è» rispose seccato il principe di cuori.
«Ghiaccio» rispose finalmente il felino. Non tollerava più le parole di Nova. Voleva solo del silenzio.
«Dovremmo andarcene» mormorò il rosso.
«Oh! Giusto nel caso i vostri reali occhi non se ne siamo accorti, il ghiaccio ha raggiunto questa stanza passando per la porta»
«Usciamo dalla finestra, no?» rispose il rosso, guardando il gatto come se fosse stupido.

Felix provò a toccare il ghiaccio. Non era stata un'idea intelligente, perché ora risaliva la sua pelle a mo' di guanto. Guardò Nova nel panico.
«Qualsiasi cosa tu faccia, non mi toccare» lo minacciò il principe.
«Non l'avrei fatto a prescindere» ribatté il gatto, cercando di rimanere razionale. Doveva togliersi quella roba di dosso. Nel frattempo il rosso si era arrampicato sul davanzale della finestra. «Non è poi così alto» commentò il ragazzo.
«Per nulla proprio» commentò sarcasticamente Felix. Il braccio era andato. Pensa, pensa. Non è che ci tenesse a vedere Nova spiaccicarsi a terra. Doveva ricordare uno degli incantesimi che aveva usato Brice quando si erano esercitati nel salvare qualcuno dalla torre.

Farli rimbalzare a terra? Poteva funzionare. Però poi si sarebbero fatti male. «Felix, se hai qualche idea ti conviene metterla in atto prima di diventare una statua di ghiaccio» commentò gelidamente il rosso. Proprio in quel momento uno dei suoi tacchi rimase incastrato tra i mattoni. «Il momento migliore non poteva che essere questo» sibilò, cercando di staccare la scarpa dalla fenditura.
«Nova, per l'amor del cielo, stai fermo, o cadrai» strillò Felix, protendendosi verso di lui. Il principe riuscì a staccare il tacco, scivolando all'indietro e perdendo l'equilibrio. Guardò il gatto con gli occhi pieni di puro terrore.

Felix gli saltò dietro. Ah, cosa non si fa per amore. Mentre precipitava il rosso cercava un qualsiasi appiglio. Ma li mancava tutti. Ormai stava perdendo tutte le possibilità. Deglutì, consapevole che di lì a poco sarebbe morto. L'altro lo afferrò con la mano sana, mentre con quella congelata manteneva la presa ad un mattone un po' sporgente. Nova si rese conto di quanta fatica dovesse star facendo il felino. Al pensiero quasi si commosse. Ma poi si rese conto che ormai l'amico era in gran parte congelato.

Doveva lasciar andare la mano, o anche lui sarebbe diventato una statua di ghiaccio. Abbassò lo sguardo. Era sollevato di pochi metri dal terreno. Era terrificante quanto spazio avesse percorso in caduta libera. Ansimò. «Felix» lo chiamò. Forse, per la prima volta all'Accademia, una lacrima gli percorse il viso.
«Sei proprio uno stronzo, Nova» gli rispose lui, gettandolo a terra con uno scossone. Il principe ebbe poco tempo di processare l'accaduto. Alzò lo sguardo. Non l'aveva fatto per cattiveria. Il micio era diventato una statua di ghiaccio. L'aveva salvato? Ma perché?

Poi si rese conto che Felix stava scivolando a terra. Si alzò in piedi e corse verso di lui, senza capire nemmeno cosa avrebbe fatto? L'avrebbe afferrato? Non fece in tempo. L'amico di infanzia si ruppe in mille pezzi davanti ai suoi occhi. Nova si fermò. «Eh?» domandò ad alta voce, piuttosto perplesso. «Che sta succedendo?»

Era genuinamente confuso. Cosa era appena accaduto? Quei pezzi di ghiaccio erano...del suo migliore amico? Della persona a cui non molto tempo prima aveva dichiarato il suo amore? L'unico amico del principe di cuori non c'era più. Si coprì la bocca per non vomitare. La situazione era terrificante. Scoppiò a piangere, proprio come un bambino. Sentì di nuovo uno scricchiolio. Si alzò e si mise a correre.

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Elis era in cortile. Ancora non si capacitava che la neve che un tempo aveva amato e trovato bella avesse risucchiato nel suo oblio la persona che amava. E non solo. Anche Sealtiel. Che non era così male. Era una punizione divina? Un castigo per aver cercato di rifarsi una vita? Aveva il cuore in gola. Si sentiva pessimo. Aveva perso tutto, di nuovo. Non è che li avesse visti, ma ormai era scontato. Non c'era nessun altro. A parte Aella, accanto a lui. L'aveva trascinato lei fuori. Non era propriamente sicuro di essergliene grato. Avrebbe preferito rimanere congelato nel tempo assieme alla sua..."famiglia". La rossa singhiozzava ininterrottamente.

Alexandra era rimasta dentro. Elis non sapeva molto della loro relazione, ma doveva star soffrendo quanto lui. Era curioso che potessero provare la stessa sensazione. Si toccò il petto all'altezza del cuore. «Scusa se non riesco a consolarti» bisbigliò lei. «È che non ce la faccio»
Lui non rispose. Però si alzò. L'intento era di andare dentro e cercare Yona. Aella doveva averlo intuito, ma lo afferrò per un braccio. Normalmente Elis l'avrebbe strattonata per correre dentro. Ma non lo fece. La rossa stava congelando a partire dal piede. Fece spallucce. Non era congelato accanto a Yona, ma presto sarebbero stati nello stesso posto.

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Thisbe ed Ada se la stavano cavando relativamente bene.

Okay, no, non è vero. Però stavano facendo del loro meglio. La bionda aveva le mani in tasca e masticava qualcosa silenziosamente. Ada trascinava i piedi a terra con poco interesse. Ormai erano davanti all'inferriata che le proteggeva dalla Selva Infinita. «Beh. Eccoci qui» commentò Thisbe, guardando le ombre giocare al di là del cancello.
«Ti ricordi la strada che hai fatto?» domandò Ada.
«Sì» rispose seccamente l'altra. Era stanca. Voleva solo andare a casa e dormire. Magari si sarebbe svegliata nel suo letto, con sua madre vicino.
«Allora andiamo. Dovremmo dirci tipo...addio?»
«Credo sia piuttosto futile. Voglio dire, vivremo nella stessa minuscola cittadina»
«Ma non ci rivedremo più, probabilmente»
«Hai ragione»

In realtà Thisbe credeva che un minimo di legame fra loro due si fosse formato. Evidentemente si sbagliava. Tirò su col naso e si voltò per dare un ultimo saluto alla scuola che, nonostante tutto, l'aveva accolta. Qualcuno le arrivò addosso.

Hannah si piegò, mettendo le mani sulle ginocchia. Poi alzò lo sguardo. «Dovete correre»

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Harriet aveva visto di tutto. La statua di ghiaccio di Keiichi era stata la meno terrificante. Tremava in un angolino. Davanti a lei aveva uno spuntone di ghiaccio che trapassava Alexis da parte a parte. Kay doveva aver odiato quel posto, perché crescevano spuntoni ovunque. Uno aveva traforato la caviglia di Felis, senza congelarlo. Probabilmente sarebbe morto dissanguato. Non che alla lilla importasse. Però doveva andarsene di lì. Saltellò tra gli spuntoni, sperando che il principe delle nevi ricordasse di quando l'aveva aiutato a tamponare la ferita della rosa.

Corse via. Vide Emma e la chiamò. Gli occhi della castana si illuminarono, felice che almeno una delle sue amiche fosse salva. La ragazza si bloccò. Qualcosa la teneva ferma. Il piede aveva iniziato a congelarsi. La principessa la guardò e corse via, singhiozzando. Harriet tese le braccia verso di lei, arrabbiata. Poi congelò.

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«Posso sapere che sta succedendo?» domandò Khalil, mentre Jamil lo trascinava fuori dalla scuola.
«Te lo direi se lo sapessi! Oggi passo la giornata a spiegare. Da quello che ho capito Kay è uscito di zucca e ha perso il controllo dei suoi poteri, e adesso la scuola sta congelando. E con lei anche gli alunni»
«È terrificante. Perché ho un occhio nero?» aggiunse il principe, che si era ripreso da poco.
«Perché Harriet te le ha date di santa ragione.» ribatté il genio. Iniziava ad udire uno scricchiolio familiare. «Sta diventando un incubo» sibilò.

Il castano si voltò. Il ghiaccio ricopriva tutto. Una ragazza urlava mentre la brina la ricopriva. «Dobbiamo aiutarla!» esclamò.
«Macché, non ci pensare nemmeno» ribatté il genietto. «O congelerai anche tu. Yona ci ha provato ed indovina un po'? È una statua di ghiaccio»
Khalil rimase in silenzio. «Là il ghiaccio si ferma. Non capisco perché» commentò invece l'azzurro. Qualche ragazzo si era riparato dietro la recinzione che separava la Selva dalla scuola. «Forse Kay non ha abbastanza potere per ricoprire tutta la superficie dell'Accademia» rispose Khalil. Quasi per ripicca, il ghiaccio aumentò la velocità.

Era più allenato di Jamil, ma gli facevano male le gambe. E gli sembrava quasi di essere sollevato da terra per quanto forte il ragazzo aveva la presa su di lui. Non che gli dispiacesse, da solo non ci sarebbe riuscito. Nova ci era arrivato, dietro la recinzione dorata. Strinse una delle sbarre, morendo d'invidia. Perché loro due erano ancora insieme? Perché si stavano salvando entrambi? Perché l'unico ad aver perso qualcuno di importante era stato lui?! Digrignò i denti. Li voleva morti. Come osavano essere felici? Illuminò il dito.

Jamil faceva del suo meglio per evitare le zone dove il ghiaccio aveva iniziato ad espandersi a chiazze. Ma stava iniziando ad essere stanco. Aveva ancora della polvere di ferro sui polsi, ne era sicuro. Però cercava di tenere gli occhi aperti ed evitare di cadere su qualche spuntone. A proposito di cadere. Khalil inciampò, spingendo l'altro in avanti. Jamil si fermò. «Khalil, ti sembra il momento?» esclamò, cercando di tirarlo su. Il corvino abbassò lo sguardo. Un rampicante si era aggrovigliato al suo stivale. Per quanto il jinn lo tirasse, era troppo stanco e Nova troppo invidioso per riuscirci. Il ghiaccio arrivò a Khalil, iniziando a salire proprio dal rampicante.

Il principe provò a levarselo di dosso, cosa che risultò solamente nel portare la brina anche sulle mani. Il corvino guardò Jamil con aria disperata. Il jinn si protese verso di lui, ma il più alto fece cenno di non toccarlo. «È imbarazzante. Ci eravamo praticamente arrivati!» sorrise, cercando di consolare l'azzurro, che aveva i lucciconi agli occhi.
«Non piangere, Jamil, non sappiamo nemmeno se sto morendo»
«Ma se stai morendo?» ribatté l'altro, facendo qualche passo indietro e tirando su col naso. «A me piacevi un sacco»
«Non so se sto morendo o no, però, se è così sappi che sei stato il mio primo e ultimo vero amore» rispose Khalil, prima di congelare completamente.

Il jinn singhiozzò e corse via, verso la recinzione. Nova lo guardò. Aveva visto tutto. Si sentiva sia disgustato da se stesso che molto fiero di come aveva agito. Guardò l'azzurro quasi soffocarsi da solo con le sue lacrime.
«Da quanto tempo vi conoscevate?» domandò freddamente.
«Da quando siamo arrivati all'Accademia» ribatté Jamil, interrotto una volta sì e l'altra pure dagli scossoni dovuti al pianto.
«E piangi per qualcuno che conosci da mesi? Io sì che dovrei piangere. Ho perso il mio amico di infanzia! E l'ho perso per sempre. Smettila di frignare come un moccioso. Non ne hai affatto il diritto»

Jamil scattò in piedi e lo prese per i capelli. «Piango quanto mi pare e per chi mi pare, hai capito?». Per entrambi il dolore si era trasformato in adrenalina. Il principe di cuori si agitò. «Lasciami andare, razza di...campagnolo, o qualcosa del genere». Il jinn gli strattonò una ciocca, mentre Nova cercava di prenderlo a manate. «Chiudi quella dannatissima bocca, razza di idiota. Come fai anche solo a parlare? Mi dispiace per il tuo amico di infanzia che è dovuto morire con te vicino»
«Tu non sai nulla di Felix! Si è sacrificato per me! Lui mi amava? Hai capito, mi amava! Mica come quel pezzente del tuo fidanz-».

La frase si interruppe perché il principe di cuore urlò dal dolore. Libero dalla presa si tastò il capo. Jamil lo fissò con una ciocca rossa di capelli strappati alla radice in mano. «Vuoi che lo faccia con tutto il resto della tua testa?» sibilò, mentre Nova si sfiorava ancora scioccato la zona calva. «Avrei dovuto...avrei dovuto far inciampare te!»
L'azzurro lo guardò con le pupille contratte. «Uh?»
Mentre il principe di cuori si toglieva le scarpe, il jinn lo guardava come si guarda uno scarafaggio. «Sei stato tu?» gli domandò, ancora scioccato.

Nova gli spaccò il tacco in testa. Il colpo fu abbastanza forte da far sanguinare la fronte dell'altro. Jamil scoppiò a ridere. Anche il principe di cuori sorrise. «Sembra proprio che tu sia uscito di testa» commentò il rosso, prima di colpirlo nuovamente. E ancora un'altra volta. Il jinn scosse la testa, poi si avventò sull'avversario con una furia animalesca. Gli afferrò i polsi.
«Lasciami stare, o giuro che ti cambio i connotati a furia di calci!» strillò il rosso.
«Ma davvero?» gli rispose il genio, prima di stringere la presa sui polsi. Emisero un leggero crack, e gli occhi di Nova si riempirono di lacrime.
«Aspetta che ti rompa anche le caviglie» ribatté Jamil. «Allora sì che puoi piangere»
«Sei un mostro» gli rispose Nova, tirandogli un calcio e spingendolo indietro. Il jinn si riavvicinò.
«Sempre stato»

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Hannah le stava trascinando, tenendole mano nella mano. Thisbe aveva gli occhiali appannati e non capiva esattamente cosa ci fosse attorno a lei. Ada cercava di pararsi dalle piante spinose. La preside continuava a correre, con le unghie conficcate nella pelle delle ragazze. La bionda tirò su col naso. La donna si fermò improvvisamente. Le due caddero a terra. Rimasero entrambe per terra, ansimanti. La strega fu la prima a riprendersi. Si mise a sedere e si grattò le braccia. Provò a dire qualcosa, ma Hannah le fece cenno di stare in silenzio. Poi si gettò anche lei a terra.

«Deve esserci un portale» mormorò, tracciando dei segni con un legnetto. Thisbe guardò le stelline incise nel fango. Non le sembravano molto utili. «Secondo lei il ghiaccio arriverà anche qui?»
«Nulla può arrivare qui. Quello che succede all'Accademia rimane all'Accademia»
«Perché non può arrivare qui?» domandò la mai, abbracciandosi le ginocchia.
«La Selva Infinita è come un isolante. È difficile trovare la giusta strada e si districa solamente a chi è protagonista di qualcosa di importante»
«Siamo spacciate allora» commentò Ada.
«Ma noi siamo le protagoniste di una storia» balbettò Thisbe. «Cos'è che ci ferma?»

Hannah sorrise. «Io non faccio parte della vostra favola»
La bionda aprì e chiuse la bocca come un pesce fuor d'acqua. Era vero. La castana giocò con una ciocca di capelli. «Credo che sia il momento perfetto per andarmene. Magari restituirà un po' di dignità al mio personaggio»
«Non può abbandonarci qui nel bosco» protestò Ada.
«Vi dirò delle cose importanti, quindi state attente. C'è sempre una via d'uscita, nella Selva. Dovete solo trovarla»
«La fa molto facile»
«Un'uscita di che genere? Cioè, somiglia a qualcosa?» domandò Thisbe, sospirando.
«Te ne renderai conto quando la vedrai»

Hannah si mise in piedi. «A proposito. Ricordatevi queste parole, perché non ci vedremo più»
La bionda tese le orecchie.
«Si può fare ritorno a Gavaldon una volta sola»

Dopo di che la preside corse via. «Dove sta andando?» domandò Thisbe, estremamente giù. «Dove dovrebbe andare? A scuola»

Le due rimasero lì, bagnate, mentre la pioggia continuava a cadere imperterrita.

Hannah si faceva strada con le mani. Spostava i rami gentilmente e accarezzava le foglie. E la selva la lasciava passare. Si bloccò improvvisamente, turbata da un rumore. Si girò, sentendo del fiato sul collo. Un lupo era di fronte a lei. Le fauci erano spalancate, ed era enorme. La donna fissò i suoi occhi iniettati di sangue. «Suppongo sia davvero il mio momento. Ti stavo aspettando».

Il lupo si accucciò, lasciandosi accarezzare la testa. «Non essere triste» lo rimproverò la donna. «È il tuo lavoro. Io ho infranto le regole. E devo essere punita»
«È stato un gesto molto generoso portarle fino a Gavaldon» rispose il lupo.
«Era quello che avrei dovuto fare fin dall'inizio»
«E comunque non sono triste, ti sto portando rispetto. Hai avuto fegato, donna»
«Non tergiversare e svolgi il tuo lavoro»
Il lupo spalancò le fauci.

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Emma era rimasta da sola. Era nascosta tra le piante, tremolante e spaventata. Guardava Jamil e Nova picchiarsi, ricoprirsi di sangue. Avevano perso entrambi il lume della ragione. Ma nessuno dei due si accingeva a fermarsi. Il ghiaccio non avanzava più. La castana stringeva la sua spada. Aveva paura di usarla, per quanto essa la incalzasse a farlo. Le suggeriva di ucciderli entrambi. Ma non poteva essere un consiglio dettato dal bene. Forse quella spada era maledetta.

Strinse l'elsa più forte, cercando di pensare ad altro. Era come quando da bambini ci si nascondeva sotto la scrivania dei genitori, sperando che nessuno vi trovasse. Aveva paura. Più di quanta ne ammettesse a se stessa. Aveva visto Antoniette morire, Thisbe ed Ada andare via, e Lorina diventare una statua di ghiaccio. Tirò su col naso e ce la mise tutta per non singhiozzare. Non voleva farsi sentire. Voleva solamente sparire. Poi, sentì una nuova voce.

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Thisbe era raggomitolata su se stessa. Le sembrava di precipitare. Gli occhiali erano fastidiosi da tenere quando bagnati, ma le faceva troppo male la testa per curarsene. Ada girava in tondo, cercando di pensare. «Ma siamo nella Selva. Non potremmo fare qualche incantesimo che ci porti a casa?» propose.
La bionda rantolò. «Non lo so»
«Io credo possa funzionare» ribatté l'altra, congiungendo le mani a mo' di preghiera. «Dobbiamo solo concentrarci. Su, alzati»

La sempre fu tirata su di forza con uno strattone. Si mise in piedi. «Cosa devo fare?» domandò, con le pupille dilatate. Il sottobosco le girava vorticosamente sotto i piedi. Ada la guardò per qualche secondo. «Non lo so. Pensiamo tipo...a quanto vogliamo tornare a casa»
«Voglio tornare a casa» sibilò Thisbe, stringendo le mani in quelle di Ada. «Lo voglio davvero. Non è più una bugia per placarti. Non voglio tornare a casa solo per non deluderti. Solo perché eri la mia unica amica. Esistono altre persone che tengono a me. Voglio tornare a casa perché l'Accademia del Bene e del Male è solo una trappola. Anche se il mio sogno era vivere avventure ed esplorare la selva, ora che l'ho fatto voglio ritornare a Gavaldon. Voglio tornare a casa e sancire il mio lieto fine. Con o senza di te»
La mai la scrutò. Le lasciò una mano e le pulì il rigoletto di sangue che scorreva dal suo naso, mentre con l'altra stringeva la presa sulla mano di Thisbe.

«Molto bene. Io voglio tornare a casa perché non volevo mai partire per l'Accademia in primo luogo. Mia madre merita vendetta. Io devo uccidere mio padre» spiegò Ada.
«Mi sembra una cosa estremamente romanzata e patetica quella che stiamo facendo» commentò la bionda.
«È ovvio. Gli incantesimi sono sempre patetici»
«Non dovremmo trovare l'uscita che ci ha detto Hannah?»
«E tu ti fidi di Hannah?» rise Ada.

Thisbe abbassò lo sguardo. Proprio allora si rese conto di qualcosa che le era sfuggito.
«Siamo in piedi su una tavola di legno?» domandò perplessa. Ada si abbassò e ripulì il legno dal muschio. «Devi averla scoperta quando ti sei messa in piedi. Con il tacchetto della scarpa»
Anche la bionda si abbassò. «Non è una tavola»
«Decisamente non lo è» rise istericamente Ada.
«È una porta!» esclamarono all'unisono, stringendosi le mani.

La mai la spalancò e ci si affacciò. Anche Thisbe fece lo stesso, dandole una testata. Risero entrambe. «Riconosci questo posto?» domandò la bionda, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
«Come potrei non riconoscere la chiesa di Gavaldon» ribatté Ada, sorridendo.
«Al mio tre saltiamo»
«Uno!»

Thisbe rise.

«Due!»

Ada gettò entrambe le braccia a penzoloni, tenendosi solo con i piedi incastrati nei rami.

«Tre!»

Le due lettrici risero un'ultima volta.

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All'Accademia qualcuno spalancò gli occhi. Kay si sentì nudo. Come se il ghiaccio, sciogliendosi, l'avesse liberato della parte più esterna di sè stesso, lasciando solo un bambino spaventato. La statua di Ryuu gli teneva la mano. La lasciò andare, spaventato. Corse via, quasi inciampando nei suoi stessi piedi. Terrorizzato, si gettò verso l'uscita, senza fare contatto visivo con gli occhi gelati di Melody. Si sentiva osservato. Voleva uscire dalla scuola.

Tutte le statue gli puntavano gli occhi addosso. Lorina, Yona, Elis. Tutti lo fissavano e lo giudicavano. Si coprì il viso, singhiozzando, e proseguì per il tragitto. Doveva uscire di lì. Proprio in quel momento si ricordò di non aver visto Jamil. Fece per tornare indietro, ma sentì il cuore salirgli il gola. Un mondo congelato è terrificante. Arrivò all'uscita. «C'è qualcuno?» urlò, guardandosi attorno. Jamil e Nova stavano ancora combattendo. Kay li guardò terrificato.

Il rosso aveva il viso coperto di lividi, i polsi rotti, e gli mancava una ciocca di capelli piuttosto grande. Ma nonostante ciò, era ferocemente preso dal combattimento. Incantesimi volavano qua è là, cercando di colpire il jinn, che invece aveva assunto un aspetto a dir poco grottesco. Sembrava sformato. Come se si stesse liquefacendo, come se il suo corpo avesse dimenticato quale fosse la sua forma umana. Si girò verso Kay e gli rivolse una sottospecie di sorriso.

Il principe delle nevi indietreggiò. Era lui ad averli ridotti così. Era lui ad aver ridotto tutti così. Deglutì, indietreggiando e cadendo. Non si rialzò. Jamil corse verso di lui. Kay si coprì la testa con le braccia. «Stai bene!» esclamò il jinn, agitando quelle che forse un tempo erano delle mani, adesso erano un ammasso di materiale semi liquido.
«Stai lontano da me!» strillò il mai, scalciando. Quello non era il suo amico. Era...un mostro. Come Nova, d'altronde. Ormai non si riconosceva nemmeno più.

Un onda d'urto colpì entrambi i litiganti, congelandoli all'istante. Kay abbassò le braccia. Entrambi ora erano pienamente riconoscibili. Certo, erano statue di ghiaccio, ma almeno il jinn non sembrava più uno slime e il principe di cuori non sembrava più posseduto. Il ragazzo scoppiò in lacrime, questa volta più forte di prima. Emma gli si trascinò alle spalle. Sollevò la spada, ansimando.

Uccidilo.

Kay si voltò, ma non si mosse. A quel punto meritava di morire. Ma la spada non calava. La castana lo guardava, furiosa, ansiosa di sgozzarlo. Poi gettò via la spada. «Non posso uccidere qualcuno. Nemmeno se sei tu» mormorò la principessa, gettando la spada via. «Uccidimi se vuoi. Almeno potrò scusarmi propriamente con Antoniette» singhiozzò.
«Mi dispiace» bisbigliò il principe delle nevi. «Non volevo...con nessuno». Si voltò verso Jamil e Nova. Gli occhi si riempirono nuovamente di lacrime. «Soprattutto con loro due»
«Se non altro non si faranno più male»

Emma si sedette accanto a lui, prendendosi il viso tra le mani. «Siamo rimasti solo noi due» commentò a bassa voce, guardandosi attorno. La Selva era piena di vita, come sempre. Ma l'Accademia era congelata nel tempo, adesso. Non c'era più niente per loro. «Forse dovremmo...andarcene» commentò la principessa. «Tu avresti bisogno di una nuova identità, però»
Kay concordò. Avrebbe voluto portarsi via le statue dei suoi amici, però. Lo tenne per sé.

«È una conclusione di anno scolastico strana» provò a tirarlo su Emma. Era perfettamente sicura che il principe delle nevi avesse cambiato attitudine nel giro di quel poco tempo sotto forma di statua. Sembrava un bambino spaventato. Si guardava attorno come se non avesse mai visto nulla di tutto ciò. La ragazza si mise in piedi, ma Kay la prese per un braccio. «Lo so che è egoista da parte mia chiederlo, ma possiamo abbracciarci prima che finisca tutto?»

La castana lo guardò con quasi tenerezza. Iniziava a credere che nulla di tutto ciò fosse stato causato dal ragazzo che si trovava davanti. «D'accordo». Forse era proprio una Sempre nel midollo. Non riusciva ad odiare qualcuno. Kay si mise in piedi, ed Emma lo abbracciò. Il principe delle nevi non aveva mai sentito una sensazione bella come quella. Era come se il calore lo stesse inondando dall'interno. Come se qualcosa finalmente stesse intaccando il suo cuore di ghiaccio. Forse le persone non erano mica così male.

La castana rantolò. Si staccò da lui ansimando, ed abbassò lo sguardo. Il Narrastorie la trafiggeva da parte a parte. Guardò Kay, tradita. Il principe si allontanò da lei, poi cercò di prenderla mentre cadeva a terra. Il ragazzo cercò di evitare di fissare il sangue che si spargeva sulle sue mani, sui vestiti, ovunque. Emma chiuse gli occhi. Il Gran Maestro la spostò con un calcio.

«Ciao, Kay» cinguettò l'uomo. «Ma che bel disastro che hai combinato»
Il principe delle nevi deglutì. «Cosa? Cosa le hai fatto? Perché! Non aveva fatto niente!»
«Cosa le ho fatto io? Guarda come hai ridotto questa scuola. Probabilmente si sarebbe uccisa da sola, le ho solo fatto un favore»
In realtà la fanciulla respirava ancora, lievemente. Kay si abbassò. «Mi dispiace» sussurrò.

Il Gran Maestro inclinò il capo. «Dunque, hai intenzione di ascoltarmi o devi piangere per forza?»
«Perché dovrei ascoltarti?! Hai appena ucciso una persona!»
«E tu no? Suvvia. Sei proprio terribile. Ti sto per offrire l'opportunità di riparare a tutti i danni che hai fatto». L'uomo si abbassò ed estrasse il Narrastorie dal corpo di Emma, che rantolò nuovamente. Kay si tappò le orecchie per non sentire il suono dell'altra carne che veniva strappata.

«Sai, una delle creature...ma che dico! La creatura più potente della Selva...sono io. Ma ormai sono vecchio, e stanco. E vorrei davvero tanto rivedere il mio fratellino. Sfortunatamente, tutte le volte che ho cercato di, per come dire, riavvicinarmi a lui, non ci sono riuscito. E sono giunto ad una conclusione! Non potevo perché non avrei avuto nessuno a sostituirmi. Ma tu». L'uomo lo indicò. «Tu saresti perfetto. Non credi né nel bene né nel male, e hai una vita pietosa»
«Non ho una vita pietosa» ribatté il principe delle nevi.
«No? E cosa farai dopo il diploma? Tornerai dalla tua amata mammina e vivrai nel deprimente castello di ghiaccio per sempre? Non desideravi così tanto un'opportunità per cambiare la tua vita? Ora ce l'hai! E poi, cosa hai da perdere?»
Il Gran Maestro aprì un libro davanti a lui. La storia di Ada e Thisbe.

«Ti basta mettere un bel "fine" qui! Dopotutto quelle due se ne sono tornate a Gavaldon. Non si aspetteranno mica che la loro favola continui»
«Perché loro hanno già una favola?» domandò il principe, inarcando un sopracciglio.
«Perché, ehm, si sono intromesse nella mia torre e il Narrastorie ha reagito di conseguenza. Suvvia, prendi quel pennino e firma. Hai pure un inchiostro sopraffino»
L'uomo si grattò il capo. Non poteva mica dirgli che sperava che almeno una delle due lettrici accettasse di fare un patto con lui.

Kay sembrava tutt'altro che convinto. «Più tempo passa, più il ghiaccio qui attorno diventa eterno. E ogni secondo che scorre sull'orologio è un secondo in meno per la salvezza della tua amica»
«Ma perché dovrei accettare?» sibilò il principe delle nevi, sulla difensiva.
«Perché essere il Gran Maestro ti darà il potere di salvare tutte le persone che ami disseminate qui intorno. E non sarai più Kay, il piccolo, patetico principe delle nevi. Vuoi davvero tornare a casa con una donna che ti ha solo abusato?»
«Certo che no» rispose rapidamente Kay.
«E allora! Scrivi "fine" e togliti tutte queste preoccupazioni»
«Potrò davvero salvare tutti?»
«Certo! Diventerai un eroe. Insomma, Kay, perché non pensi un po' a te stesso?»

Il principe delle nevi afferrò il Narrastorie.
«Potrai fare tutto quello che vorrai» lo incalzò l'uomo. «Non hai nulla da perdere»
Il ragazzo prese un bel respiro. Intinse il pennino nel sangue ed iniziò a scrivere, soffermandosi su ogni lettera.

Fine.

Alzò lo sguardo verso il Gran Maestro. Gli occhi dell'uomo scintillavano. Gli tolse il pennino di mano e si tagliò la gola con un gesto rapido. Kay non era nemmeno più scioccato. Guardò l'uomo disperdersi come sabbia al vento. Aveva davvero ottenuto poteri tali da revertire tutto quello che era appena successo? Emma era ancora a terra. Desiderò ferventemente che la ferita si rimarginasse. E così fu, ma la ragazza rimase fredda. Eppure riusciva a sentire il suo battito cardiaco, nel silenzio più totale della neve.

Volle una bara. Nemmeno il tempo di formulare completamente il pensiero che una bara di ghiaccio apparve accanto a lui. Oppure era sempre stata lì. Non lo sapeva. Ma prese Emma e ce la mise dentro. Osservò curioso il suo riflesso. Sembrava molto più adulto, in contrasto con il fatto che si sentiva come un bambino abbandonato.

Sigillò il coperchio e scoppiò in lacrime. Di nuovo. Iniziò nevicare. Il principe delle nevi nemmeno alzò lo sguardo, lasciò solo che i fiocchi di neve si posassero sul terreno silenziosamente, in lutto. Era davvero quello il lieto fine che aveva inseguito per tutta la vita?

Decisamente no. E aveva intenzione di cambiarlo.

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