12 :: Thisbe diventa donatrice di sangue
Tornata nella sua stanza, Thisbe si guardò attorno con attenzione, cercando di imprimere nella sua memoria ogni particolare della stanza. Nel farlo, sentì una stretta allo stomaco. Le sarebbe mancato tutto, nonostante fosse arrivata da appena tre giorni. Come l'avrebbero presa i suoi nuovi amici? Si rese conto di non avere nessuno di cui fidarsi completamente. Ma se Ada era nei mai doveva esserci una ragione... doveva esserci per forza. Ripensò al pigiama party con nostalgia.
Cosa la aspettava a Gavaldon? La sua famiglia e cos'altro? Probabilmente un ragazzo che sarebbe invecchiato ingrassando e pretendendo che lei cucinasse e badasse a dei bambini unti tanto quanto lui. Si guardò la gonna rosa scintillante, decorata di dorato. Con quella scuola si costruiva un futuro. Sarebbe diventata una principessa, una fata, un'eroina...o un animale, stando ad Ada. Scosse la testa. Se Ada desiderava tornare a casa, avrebbe fatto di tutto per realizzare il suo desiderio.
Quando Lorina tornò in camera, le sorrise imbarazzata. Si sentiva in colpa per non aver ascoltato il suo discorso, ma in quel momento non aveva tempo da perdere e aveva delle priorità. «Ci sono compiti per domani?» chiese cercando di non suonare sospettosa. «Sì, Maha vuole parlarci di come abbinare gli outfit a quelli del nostro partner e quindi ci ha chiesto di imparare i diversi tipi di gonna e pantaloni che esistono»
«Melody, non è difficile. Sono lunghi e aderenti» sospirò Ryuu, con il libro aperto. «Non lo so! Non me lo ricordo!» piagniucolò la ragazza. «Mi serve davvero saperlo?»
«Hey, questo pantalone si chiama Harem!»
«Khalil, nessuno ti ha invitato a studiare con noi»
«Anche tu ti sei autoinvitato, Jam-»
L'azzurro sbuffò. «È così importante?» chiese guardando male il rosso, che alzo le mani in segno di resa. «Se dovete invitare in camera una principessa bella come questa ogni volta che studiate per me va benissimo~» esclamò Khalil, prendendo la mano di Melody per farle il baciamano. La ragazza arrossì come un peperone e il principe si mise a ridacchiare.
Ada, nella torre opposta, continuava a fissare il suo riflesso nella pozza d'acqua, sorridente. Finalmente sarebbe tornata a casa. Per quanto poco accogliente, sarebbe tornata a casa. Sarebbe tornata tra altre persone e non tra gente che pretendeva di diventare una fata o una strega. Niente più compagni di classe pazzoidi, principi che si infilzavano da soli e principesse che mostravano le mutandine.
Ah, Gavaldon! Tornando al villaggio, avrebbe potuto ricominciare tutto da capo. Magari qualcuno si sarebbe preso cura di lei al posto di Gareth. Qualcuno che le avrebbe preparato una torta con amore, che le avrebbe rimboccato le coperte, qualcuno che si sarebbe davvero interessato di Ada D'Oltreforesta.
Osservò l'orologio. Sono le nove, quindi fra un ora devo essere pronta. Samael non era silenziosa come la prima notte. Probabilmente una volta che sua madre nella scuola non c'era, si era concessa qualche libertà, tra le quali rientrava sbuffare leggermente durante il sonno, proprio come un drago. Ora che ci pensava, l'aveva vista trasformarsi in un drago.
Harriet dormiva tranquilla, ogni tanto sospirava leggermente, abbracciando il cuscino. Guardando le sue compagne di stanza, poggiò la testa sul braccio a mo' di cuscino, con le palpebre pesanti.
Sprofondò in un sonno tutto sommato tranquillo. Tutto ciò che sognò fu la porzione di cielo che sovrastava l'Accademia del Male, continuamente scossa dai fulmini.
Quando riaprì gli occhi, la luna splendeva nel cielo. Spalancò la bocca, terrorizzata. Afferrò l'orologio. Sono le dieci! Tirò un sospiro di sollievo, posandosi una mano sul petto e rannicchiandosi sul letto. Rimase così per qualche tempo interminabile, ascoltando il battito del suo cuore. Finalmente sarebbe tornata a casa. Finalmente. Addio pirati pazzoidi, addio schizzati che parlano con le bambole e bevono tè, addio regina delle nevi, addio mister ghigliottina, addio regina dei ratti e addio signora drago! Addio pittori tarocchi ed insegnanti con rotelle fuori posto e zombie strani! Benvenuta Gavaldon!
Sentì bussare alla porta e la aprì, rimpiangendo qualche attimo dopo di averlo fatto senza ragionare. Fortunatamente era Thisbe, ma se fosse stato un lupo? O Maia che dopo averle rasato la testa pretendeva di controllare la stanza per il coprifuoco? La bionda le sorrise tendendole la mano. «Andiamo»
Ada l'afferrò senza pensarci e le due si guardarono per qualche secondo. Arrossirono un po' e distolsero lo sguardo. Ma se Thisbe si chiedeva come fossero arrivate ad entrare in tale confidenza, Ada pensava tutt'altro.
Mi riporterai a casa. E dopo non parleremo mai più dell'accaduto. Una persona come te mi rimetterebbe nei guai.
Arrivarono al punto in cui l'Esposizione del Male e quella del Bene si fondevano. «Ada, devi convincere il tuo riflesso a farti passare» le spiegò la sempre, mentre le due ragazze riflesse le squadravano.
«Bene con Bene.
Male con Male.
O tornate al vostro posto o sarà un serio scompiglio»
«Io devo passare» esclamò Ada, fissando negli occhi la ragazza che le si parava davanti. I capelli candidi come la neve arrivavano alle spalle, l'occhio cremisi pareva giudicarla semplicemente con un'occhiata. «Male con Male» rispose lei.
«Io sono Buona e voglio tornare a casa!» strilló la mai. «Io voglio riportare la mia amica dalla sua famiglia, perché lei non vuole rimanere qui!». Il riflesso parve addolcirsi un po'. Soffiò sulla candela che teneva in mano, spegnendola e svanendo nel nulla. «Decisamente Buona»
Il riflesso di Thisbe semplicemente le sorrise e fece passare anche lei. La ragazza deglutì a vuoto, con una sensazione abbastanza strana in petto. Camminarono in silenzio, cercando di non svegliare le fatine che sonnecchiavano qua e là. Arrivarono nell'atrio. «Dobbiamo solo uscire» mormorò Thisbe.
Raggiunsero lo scintillante cancello dorato della scuola del Bene. «Arriviamo al Bosco Azzurro, poi svegliamo uno Stinfalide che ci riporterà a casa» disse la bionda, sempre con un tono di voce estremamente basso: sebbene fossero all'aperto aveva sempre paura che qualcuno le scoprisse. Ada rimase in silenzio. Non sapeva cos'era uno stinfalide, ma le bastava sapere che l'avrebbe riportata a casa.
I riflessi di tutte le tonalità del blu erano particolarmente lugubri di notte. Per non parlare degli occhi giallastri che le fissavano dietro i cancelli dorati. Il nido degli uccelli scheletri era piuttosto vicino all'unica protezione che impediva loro di essere divorate da quelle bestie. Si guardarono cercando di farsi coraggio. «Ehm» mormorò Thisbe, avvicinandosi ad un cucciolo ancora addormentato. «Forse è meglio scegliere un adulto» commentò Ada. «Le mamme cercheranno di proteggere i loro bambini»
Ed invece, con sua sorpresa, sia la madre che i cuccioli cercavano di strofinarsi addosso alla bionda. «Forse vogliono solo delle coccole» ridacchió, accarezzando il teschio di uno dei più piccoli e cercando di ricordarsi come parlare con gli uccellini. «Potete portarci a casa?» domandò cercando di essere il più suadente e convincente possibile.
Ada aggrottò la fronte. «Allora andiamo!»
Provò ad avvicinarsi ad uno di essi, ma gli animali sembravano tutt'altro che d'accordo a farsi toccare dalla ragazza. «Buoni, buoni! È come me, per piacere non fate rumore» cercò di calmarli Thisbe. Nonostante non fossero tranquilli, fecero salire entrambe. Rimasero qualche secondo fermi, quasi per mostrare alle due ragazze le due scuole.
Dopodiché si sollevarono in volo. Per qualche terribile istante, ricordarono com'era stato arrivare lì. «Accendi un fiammifero. Fa freddo ed è buio» mormorò la bionda, allungando le mani cercando l'altra. «Non sei caduta, vero? Tu non urli mai e ho paura di perderti senza saperlo»
«Sono qui» rispose semplicemente Ada, accendendo un fiammifero, che si spense dopo pochissimi secondi.
«Pensi che ci possa riportare a casa davvero?»
Oh oh. Che brutto passo falso. Nonostante non potesse vederla, Ada aggrottò leggermente le sopracciglia. «Non ne sei certa?»
«Oh ehm. Io so che per arrivare a Gavaldon dobbiamo desiderarlo entrambe dal profondo del cuore»
«Io lo sto desiderando. Tu, Thisbe?» chiese la mai con tono estremamente acido. «Lo stai desiderando?»
Improvvisamente l'uccello perse quota e iniziò ad agitarsi. Le due si aggrapparono alla cassa toracica, con il cuore a mille. «Che sta succedendo?» strilló Thisbe, agitando le gambe nel vuoto.
«Sta cercando di liberarsi di noi!» urlò di rimando Ada. «Perché?! Cosa ho sbagliato?»
«TU NON STAVI DESIDERANDO AFFATTO DI TORNARE A CASA!»
«ADA, IO NON POSSO DESIDERARE DI TORNARE A CASA SOLO PERCHÉ TU VUOI FARLO!»
«MI HAI ILLUSA, BRUTTA STREGA!»
«HO PERFINO CERCATO DI SALVARTI DAL GRAN MAESTRO, COME PUOI CHIAMARMI STREGA?»
Improvvisamente sentirono il rumore di osso che si spezza. Si guardarono, nel buio, terrorizzate. Lo stinfalide cacciò un urlo, ferito e le due ragazze precipitarono nel vuoto, agitando gambe e braccia.
Non atterrarono nell'erba, ma su un pavimento di mattoni. «Dove siamo?» chiese Ada. Thisbe era caduta ed aveva sbattuto violentemente la testa. C'era un po' di sangue a terra. La ragazza guardò la bionda, con gli occhi sbarrati. È morta?
Il corpo era in una posizione scomposta, le braccia attorno alla testa. Probabilmente vedendo il pavimento aveva cercato di proteggersi la testa. Si guardò attorno, agitata, per poi posare una mano sul polso di Thisbe. È ancora calda.
Finché la sua attenzione non venne catturata da un pennino d'argento scintillante. Si sentiva attratta da quell'oggetto, come se dall'averlo tra le mani dipendesse la sua vita. Si avvicinò, come se il fascino magnetico del Narrastorie la stesse tirando a sé. Improvvisamente, quando stava per prenderlo, il pennino schizzò in aria, sgombrando il tavolo su cui era posato. Un libro dalla copertina di pelle nera venne sbattuto sul tavolo, aprendosi sulla prima pagina, completamente bianca. Utilizzando come inchiostro il sangue di Thisbe, iniziò a scrivere.
Ada si avvicinò per leggere.
«C'era una volta l'undici novembre. È il giorno in cui i bambini spaventati vengono strappati dai loro lettini e allo stesso tempo dalle loro famiglie, che siano amorevoli o meno... bambini destinati alla gloria eterna, ma solo se saranno capaci di sopportare il peso di una favola...»
Si tappò la bocca. Parlava del giorno in cui i bambini venivano rapiti a Gavaldon. Alimentato dal sangue dell'altra ragazza, il Narrastorie scriveva rapidamente tutto quello che era accaduto da quando erano state rapite fino a quel momento. «Ada...» mugoló Thisbe e la mai si girò verso di lei. «Sei viv...» non fece in tempo a finire la frase.
La bionda era piena di tagli. Tagli da cui il Narrastorie continuava a prendere sangue per scrivere. Ada rabbrividì, mentre il pennino continuava a tornare al libro e poi dalla sua fonte di inchiostro alternativo.
Nonostante sapesse di dover aiutare Thisbe, Ada si soffermava con lo sguardo sul sangue che colava sul pavimento lentamente, mentre la punta d'argento affondava nella carne della ragazza, che strillava cercando di sottrarsi alla tortura. Cercava di trascinarsi con le braccia, dato che le gambe erano ormai martoriate dal Narrastorie. Con orrore, la lettrice guardò i brandelli di pelle che pendevano dalle sue gambe e urlò, con le lacrime agli occhi. Provò a coprirsi il viso con le braccia, stringendo le ginocchia a sé.
Il Narrastorie, da brava penna, scriveva sia sul libro che su Thisbe. Dai tagli che continuava a farle sulla fronte, prendeva forma una parola, lettera per lettera.
B U G I A R D A.
«Ada» singhiozzò Thisbe, cercando di difendersi debolmente dagli attacchi della penna. «Aiutami, per favore»
«Tu mi hai mentito. Tu non volevi realizzare affatto il mio desiderio. Tu volevi semplicemente continuare a stare tra principi e principesse e volevi che io rimanessi tra streghe e matti» sussurrò Ada. «Tu non hai seguito me per salvarmi, tu hai seguito me perché volevi venire con me»
«Suvvia, ragazze» esclamò una voce maschile. Con agilità, riprese il Narrastorie e lo rimise al suo posto. «Potevi anche darle una mano, eh»
Le due videro una maschera d'argento, accompagnata da un mantello, fluttuare nel nulla. Strillarono come pazze, senza staccargli gli occhi di dosso. «Suvvia, suvvia. Ci siamo già incontrati, no?» continuò, tranquillo, mentre cercava di chiudere il libro che il pennino stava scrivendo. Notò con disappunto di avere parecchie difficoltà nel farlo, tant'è che il Narrastorie gli tagliò perfino un dito per impedirglielo.
«A quanto pare avete messo il vostro C'era una volta! Congratulazioni! Suvvia, non siete contente? Avete stabilito un nuovo record. Solo tre giorni in questa nuova scuola e già siete riuscite a farvi odiare da entrambe le fazioni sotto forma di cigno»
Ada rimase impassibile, Thisbe era troppo stanca per potersi offendere. «Oh, cara. Vuoi una mano? Ricordo una studentessa che è stata seppellita con la scritta assassina...mhm...prendo delle bende»
Sparì per qualche secondo, sotto gli occhi scioccati delle due ragazze. «Siamo nella torre del Gran Maestro!» strillarono all'unisono. «Dobbiamo chiedere di farci tornare a casa» deglutì Ada, posando le mani sul tavolo del Narrastorie. Osservò le linee che stava tracciando il pennino rapidamente. Era il disegno delle sue compagne di classe che dormivano tranquillamente.
«Pensi che ci faccia tornare a casa?!» esclamò Thisbe. Se tornare a casa significava smettere di essere ferita, le andava più che bene.
«Certo che non vi farò tornare a casa. Dio, ragazze, pensate che sia venuto fino a Gavaldon per prendere due anime e sia disposto a ritornarmene lì?! Cosa diamine siete? Delle magliette da restituire al negozio?»
Rimasero in silenzio. «Per favore. Io voglio rivedere mamma e papà» mormorò Thisbe. La scritta sulla sua fronte riprese a sanguinare. «Il tuo cuore non dice questo» rispose il Gran Maestro. Dai movimenti del mantello, le due immaginarono avesse alzato le spalle.
Thisbe si accorse di essere bendata su tutti i tagli, escludendo quello sulla fronte. Respirò sollevata. «Io voglio tornare a casa. Lo voglio davvero» mormorò Ada.
«No, non è vero»
«Sì che è vero!»
«È una buuugia~»
«Sapete, tutte le favole iniziano e finiscono in paesini come Gavaldon. Quindi...magari se volete rivedere la vostra famiglia, dovete semplicemente raggiungere il vostro lieto fine»
«Davvero?!»
«Certo che sì. Finite i vostri studi all'Accademia, smettete di causare problemi agli insegnanti e diplomatevi. I lettori mi danno troppi fastidi»
«Allora smetta di rapirli» rispose tranquilla Ada.
Improvvisamente la torre sembrò tremare. Le pareti, come se qualcuno le stesse cancellando con una gomma, iniziarono a sparire e per la seconda volta le due ragazze si ritrovarono a cadere nel vuoto.
Separate da due folate di vento che sembravano manate, volarono in direzioni opposte.
Yona dormiva profondamente, avvolto nella sua copertina preferita. Nel letto accanto al suo, anche Sealtiel dormiva senza emettere nemmeno un suono. Perfino Felix, che aveva passato gran parte della notte a fissare i riflessi del cancello del bene, si era raggomitolato e stava sonnecchiando.
Improvvisamente la finestra di vetro, chiusa per evitare uccellini e animaletti vari che cercavano di entrare per fare compagnia al principe, andò in frantumi.
I tre ragazzi si svegliarono improvvisamente, mettendosi a sedere. La folata di vento che era entrata accompagnando l'oggetto che aveva sfondato il vetro aveva spento tutte le candele. Istintivamente Sealtiel si avvicinò a Yona, mettendogli la mano sulla spalla, abbastanza spaventato. Felix annusò l'aria. «Non vorrei spaventarvi» deglutì. «Ma c'è qualcun altro nella stanza»
Anche altri tre ragazzi si svegliarono nel bel mezzo della notte. Ada aveva fatto meno rumore, dato che non aveva urlato e che le finestre erano spalancate (questo perché non avevano direttamente i vetri). Kay, che se l'era vista arrivare addosso, congelò completamente la parete a cui il suo letto era attaccato.
Nova puntò contro l'intrusa una scarpa con il tacco, senza emettere un suono. Elis si rigirò nel letto, senza nemmeno guardare l'intrusa. «Oh, Ada» esclamò Kay, sbirciando da dietro la copertina.
«È svenuta» sbottò acido il rosso. «Pensi che ti possa salutare? E levatela di dosso». Il ragazzo la sollevo di peso e la buttò a terra. «Che facciamo?» chiese, mandando occhiate nervose ad Elis.
La risposta arrivò subito. «Cos'è questo rumore?» chiese Morticia, aprendo la porta e successivamente abbassando lo sguardo sul corpicino inerte della lettrice. «Kay, mi deludi» commentò, scuotendo la testa e caricandosi Ada in spalla.
Hannah spalancò la porta. «Per l'amor di Dio, cosa sono queste urla?!» chiese, facendo luce con una candela, per poi vedere Yona, Sealtiel e Felix tutti appicciati e rannicchiati in un angolo. Alzò le sopracciglia e spostò lo sguardo.
Un corpo insanguinato e raggomitolato in modo improbabile giaceva sul pavimento, pieno di bende nuovamente insanguinate e con varie schegge conficcate sulle braccia. «Oh, mammina» esclamò mettendo in mano la candela a Brice e correndo verso quell'ammasso di arti.
«Thisbe, Thisbe» chiese prendendole il polso tra le mani e controllando il battito. Tirò un sospiro di sollievo. «È viva» mormorò e Maha si appoggiò a Talbot. «Dio, mi sono preoccupata tantissimo per tutte queste urla»
La preside ne esaminò attentamente il viso. «Ha un occhio graffiato. Nulla di grave, si è coperta con le braccia mentre atterrava. Ha una ferita vicino l'orecchio. Tagli sul resto del corpo e varie schegge. Devo medicarla immediatamente»
Illuminò il dito di azzurro e sollevò la ragazza con la magia, portandola nella sua camera. «Oh» mormorò Brice, osservando i tre sempre ancora tremanti. «Volete un bacio della buonanotte?»
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Comunque ieri stavo pensando: "Keiichi, Kay e Harriet mi ricordano troppo qualcuno!! Ma chi?!
E niente.
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