
01 :: La selva
Se c'era una cosa che Thisbe bramava dal profondo del cuore, era di esplorare la Selva Infinita. Dopotutto chi non era incuriosito da quel posto? Potevi girare attorno allo stesso albero per tre ore e nemmeno rendertene conto (le era successo, ma rimaneva fra sè e sè).
Ciò nonostante, anche lei l'undici novembre era piuttosto spaventata. Non troppo, per carità — quante erano le probabilità che prendesse lei? — però sentiva il cuore andare più velocemente del solito. Stava perlustrando i margini della foresta assieme agli Anziani e ad alcuni padri di famiglia, che l'avevano cacciata perché non era lavoro da ragazzine. Delusa, si era ritrovata a trotterellare verso la chiesa, dove si era seduta su una panca.
Dondolando le gambe, cercava di riconoscere i bambini del villaggio. Ma i bambini piccoli cosa si nascondevano a fare? Tanto non correvano mica il rischio di essere rapiti. Una ragazza della sua età era inginocchiata e pregava. Almeno, questo era quello che Thisbe credeva che stesse facendo.
Incuriosita — non aveva mai visto quella bambina, possibile? Tutti a Gavaldon si conoscevano tra loro — si avvicinó a lei e si inginocchiò. «Ciao» sussurrò, guardando la sua benda. «Anche tu sei miope?» chiese, senza nemmeno immaginare che quell'occhio le era stato cavato dal suo stesso padre. Non ottenendo risposta, dopo qualche minuto decise di andarsene. Magari era molto credente oppure si era addormentata. In ogni caso, non averla mai vista le aveva fatto solo salire la curiosità.
Quando era tornata a casa si era seduta sul tavolo di legno a guardare sua madre cucinare biscotti al burro. «Li fai per me?» aveva domandato la bionda, mentre spalmava un po'di burro su una fetta di pane. La donna aveva fatto cenno di no. «Li sto facendo come consolazione. Sai, per i genitori dei bambini che verranno rapiti. Si tratta di uno shock tale che non si riesce a cucinare. Non vorrei morissero di fame. La madre di quella di quattro anni fa ha cercato di farsi morire di fame»
«Non capisco il perché. Non dovrebbe essere contenta per sua figlia? È finalmente andata via da Gavaldon. E poi ha un futuro felice in una favola ora» rispose, prendendo un'altra fetta di pane e guadagnandosi un'occhiataccia da parte della madre, che le aveva chiesto di non finirlo. «Ma te lo ricordi com'era? Andava sempre rubacchiando in giro e una volta ha morso la guardia del cimitero. Può essere andata solo in un posto» rispose con un mezzo sospiro.
Nell'immagine comune dell'Accademia del Male, gli studenti come hobby mangiavano carne umana, sacrificavano animali e cercavano di avvelenarsi l'un l'altro. Thisbe non ne era propriamente convinta, però di certo non era un posto piacevole. Meglio quella del Bene, dove principi e principesse passavano il tempo ad intrecciare coroncine e canticchiare. Neanche di questo Thisbe era convinta.
«Secondo te chi prenderanno?» domandò, posando il coltello che aveva usato accanto alla farina. La donna, dopo aver infornato i biscotti, si mise di spalle al muro, con il viso sporco. «Fammici pensare...di cattivo mi viene in mente solo il figlio del contadino. Dicono che sia posseduto»
«E di buono?»
Con una mezza stretta al cuore, sorrise. Di buono mi vieni in mente solo tu. «Non lo so»
Prima della mezzanotte, la bionda si era addormentata. E nel suo sogno camminava per ore nello stesso punto della Selva, finché un cinghiale non iniziava ad inseguirla da dietro. Terrorizzata, cominciava a correre e i rovi si aprivano per lasciarla passare. E arrivava in una radura incantata, piena di fiori colorati. Una principessa seduta di spalle, con un vestito bianco ma dai riflessi colorati e dai capelli elegantemente raccolti in una treccia, si girava e le rivolgeva il sorriso più meraviglioso che avesse mai visto. «Ti stavo aspettando».
Thisbe si svegliò abbastanza sorpresa (e triste per non essere riuscita a vedere il volto di quella creatura fatata) e controlló l'orario. Mancavano una manciata di minuti a mezzanotte. Entrò in cucina e prese un sacchetto di biscotti, infilandoselo nella tasca della gonna, salutò i genitori addormentati con un cenno della mano ed aprí silenziosamente la porta, senza domandarsi perché non fossero a fare la guardia. Non appena la porta si fu chiusa, la donna aprí gli occhi e sorrise. «Diventa la principessa più bella di tutte, Thisbe»
Arrivata vicino alla chiesa, aveva sentito il terreno tremare. Pensando ad un terremoto, era corsa verso gli uomini con le torce in mano. «È arrivato?» aveva domandato, ricevendo come una risposta una tirata d'orecchie, abbastanza dolorosa. «Tornatene a casa, bambina. Non è posto per ragazzini qui».
In quel momento il Gran Maestro, con la sua preda tra le mani, si stava ritirando attraverso la Selva. Ada aveva dei tagli sui vestiti ed uno sguardo terrorizzato, nonostante non stesse gridando. Gareth la guardò con soddisfazione, senza proferire parola. Finalmente se l'era tolta dai piedi. «Ma chi è?» domandò il contadino, appoggiato alla vanga. «Io al villaggio non l'ho mai vista. Meglio così, sembra volerne solo uno». Un ragazzino dalla pelle sporca (Thisbe aveva notato che lui non era stato affatto sgridato per essere corso lí) si grattò la nuca. «Magari non è di questo villaggio» squittí. «Magari ha trovato un altro posto da dove togliere i bambini».
In quel momento l'ombra sembrò esitare, fermandosi ai margini della Selva, gesto che mise sull'attenti gli adulti e che permise a Thisbe di esaminare Ada. Non c'era dubbio, era la ragazza della chiesa. «Viene da qui, l'ho vista!» esclamò la bionda, agitando le braccia. Il contadino la guardò male. «Sta zitta, che ne sai tu?»
In quel momento però la ragazza era troppo concentrata sull'ombra immobile. Seguimi, qui non ti capiranno mai.
«Aspetta!» urlò la ragazza, e gli anziani giurarono che il Gran Maestro le aveva sorriso, prima di trascinare Ada nella foresta. Maledicendo la gonna, la bionda saltò tra il cerchio di fiamme che avrebbe dovuto scongiurare i rapimenti, e corse verso la foresta, inseguendo l'altra ragazza.
Ada aveva visto un'opportunità di salvezza e aveva cercato di avvicinarsi all'altra il più possibile, nonostante ormai stesse volando quasi raso terra. Il vestito intriso di fango, la benda sull'occhio macchiata. La bionda invece si sentiva così libera e non pensava ad altro che ad inseguire il maestro, senza sentire i rovi che per quanto si fossero ritirati le bucavano le calze, senza sentire il dolore alle gambe, sentendo solamente l'adrenalina.
Arrivata ad un certo punto si stupí di non trovare la radura del sogno e si fermò per qualche attimo, rendendosi conto di tutte le ferite che aveva. Il Gran Maestro la sollevó per la vita. «Ciao» ansimó Thisbe, cercando di recuperare il fiato e osservando i lineamenti dell'altra. «Ciao» rispose inaspettatamente al saluto Ada, prima che il Gran Maestro prendesse quota per poi lasciarle cadere.
Nella caduta sentirono i propri corpi sbattere tra loro come due bambole buttate assieme nel cesto dei giocattoli e nessuna delle due riuscí ad urlare. A frenare la caduta fu un cespuglio. Ma non ebbero nemmeno il tempo di alzarsi che qualcosa le afferró nuovamente. Accendendo un fiammifero, Thisbe scoprí che il responsabile del secondo rapimento era un uccello composto di...ossa. Lanció un grido di terrore, lasciando andare il fiammifero, che Ada prese prontamente. Nonostante si fossero scambiate solo due parole, sembravano intendersi perfettamente.
Illuminate dalla fioca luce della fiammella, spalancarono la bocca per la sopresa.
Il cielo si divideva perfettamente a metà. Una parte, dai colori tenui dell'alba — siamo state rapite ore fa? — ispirava sicurezza. L'enorme castello di cristallo, diviso in torri azzurre e rosa, sembrava brillare di luce propria. Delle rose avvolgevano le basi delle torri, ma Thisbe aveva lo strano presentimento che fossero senza spine e con un profumo dolce. L'altra metà, continuamente scossa da fulmini e saette e illuminata solamente da quelli, era completamente nera e nuvolosa. Il castello nero, dai riflessi verdi, emanava qualcosa che spingeva Ada ad allontanarsene.
«L'Accademia del Bene e del Male» mormorarono all'unisono. L'uccello si diresse verso la torre nera e aprí gli artigli. Ada si vide passare la vita davanti mentre cadeva e vedeva Thisbe con la mano tesa. Perché io? Perché non lei?
Chiuse gli occhi, con la gonna gonfia d'aria. E improvvisamente si sentí le narici piene d'acqua sporca. Era precipitata in una fossato.
Anche Thisbe era stata lasciata cadere ed era atterrata su un prato curato, suscitando l'interesse di un gruppetto di principesse.
Si era seduta rapidamente, alzando lo sguardo verso la guglia scintillante della torre rosa. Come pensava, le rose erano senza spine.
Hola ~~~
Il prologo è finito ewe. Dal prossimo capitolo arrivano anche Sempre e Mai shhs
Oggi è la scadenza, ricordatevelo shshsh
Spero vi sia piaciuto unu
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