CAP 8 NUOVI ACCORDI
Si vestì in fretta. Decise di non fare colazione e di salire in macchina il prima possibile.
Jaime le aveva lasciato un biglietto sul cuscino:
Ciao amore, devo partire con l'aereo delle otto. Torno sabato. Ti chiamo presto. Sono ancora in estasi. Jaime
Era stato davvero carino a lasciarle il biglietto. L'aveva chiamata "amore". Era cosciente che non significava nulla. Almeno non per lei.
Ma adesso aveva un dovere da compiere. Doveva risolvere la faccenda il prima possibile. Si era trastullata fin troppo.
Uscì di casa di corsa, ma quando arrivò alle scale ebbe un tuffo al cuore.
Il viso di Steve le si parò davanti.
L'aveva guardata quasi schifato. Non sapeva perché le importava, ma l'aveva ferita il suo giudizio. Però, più ci ripensava e più qualcosa le sfuggiva. L'aveva condannata per il suo comportamento. E questo glielo si leggeva chiaro in faccia. Ma qualcosa di diverso era rimasto nascosto nel profondo dei suoi occhi dorati. E questo continuava a sfuggirle. Rivedeva i suoi occhi trafiggerla. però... Non c'era delusione. Non c'era astio. Non c'era nausea.
Trasalì al ricordo, ma era tardi.
Salì in macchina e cominciò a correre per le vie della città. Era in notevole ritardo. Aveva fame e aveva tremendamente sonno. Il sesso la lasciava sempre spossata. Soprattutto ora che aveva trascorso la notte praticamente in bianco.
Poi le riapparvero gli occhi di Steve davanti, come un baleno e ebbe un'illuminazione: nei suoi occhi c'era dolore!
Possibile? Perché il dolore?
Dolore nel vederti buttare via così...
Ah certo! Moralista com'è! Tutto precisino, mai la camicia spiegazzata, mai i capelli fuori posto. Di sicuro non ha saputo resistere!
Sì , ma come poteva non accusarti per quello che ti ha visto fare?
La pianti?
Te l'ho detto che stamattina avremmo fatto i conti!
Io non mi pento di stanotte!
Allora perché continui a preoccuparti del suo dolore?
Perché c'è qualcosa che mi sfugge! Il dolore era più intenso, più profondo. E se fosse nato dalla morale lo avrebbe lasciato uscire. Invece lo ha trattenuto, non voleva che lo vedessi.
Sì, come quel bambino alle elementari che ci prendeva sempre a calci a ricreazione e poi ha detto a Grace che era innamorato di noi.
Cazzo? Innamorato? Di me? L'ho solo baciato una volta!
Già, ma io me la ricordo bene...
"Sono solo stronzate! Smettila!" Urlò nell'abitacolo.
Non ebbe tempo di riflettere di più, perché era arrivata di fronte ad un enorme edificio, con immense finestre a specchio. Scese di corsa, prese una cartellina azzurra e si diresse alla reception.
"Il dott. McNeil, per favore. Sono attesa."
"Nome prego". Rispose acida la segretaria.
"Andrea Wilson". La guardò disgustata.
"Quinto piano."
"Grazie!" Corse via prima che le venisse voglia di spaccarle il naso sopra la tastiera del suo maledetto computer.
Quando l'ascensore si aprì, la prima persona che vide fu Nilanthi. Indossava un grazioso tailleur arancione. Per l'età che aveva era ancora una bellissima donna. Per un attimo desiderò di essere nata in India, se questo voleva dire invecchiare così.
La tata l'abbracciò forte. E lei ne fu davvero felice.
Quella donna era una costante della sua vita, sapere che c'era, anche se si vedevano poco, le era stato sempre di grande conforto. Non voleva che le cose cambiassero.
Il dott. McNeil era un uomo sulla settantina, brizzolato, elegante, parlava con una cadenza posata, come gli attori degli anni 50. Le spiegò i possedimenti che le aveva lasciato suo padre. Tutte cose già note, anche la deliziosa casetta al lago dove passavano le estati da piccola. C'era un mazzo di chiavi gigantesco che il notaio stava per consegnarle. Non sapeva neanche lei di che cosa. Tutto sarebbe passato a lei.
"Se non ci sono domande, io procederei con la firma sull'atto di successione". Concluse.
"Dopo io sarò proprietaria unica di tutto quello che mi ha elencato, giusto?" Ribadì Andrea.
"Sì signorina, tutto". Confermò il notaio. Le passò i documenti e lei firmò.
"Adesso, avrei una domanda". Continuò.
"Mi dica, sono qui per questo". Rispose cordiale il dott. McNeil.
"Potrei già vendere o altro le proprietà?" Il suo sguardo era concentrato sul notaio.
Nilanthi invece si era agitata sulla sedia. A lei John Wilson aveva lasciato una consistente somma di denaro e vari oggetti che sapeva le erano sempre piaciuti.
"Sicuramente!" Rispose l'uomo.
"Bene. Vorrei fare una donazione..." E la sua voce si incrinò.
Guardò Nilanthi e continuò.
"Voglio donare la casa di mio padre in centro a Nilanthi. Perché ha sempre vissuto lì, da quando io sono nata e non voglio che sia costretta ad andarsene".
Gli occhi le diventarono lucidi quando vide Nilanthi portarsi una mano alla bocca per trattenere l'emozione.
"Io voglio che tu resti lì, così saprò dove potrò sempre trovarti. Voglio che tu viva lì, perché te lo meriti, perché è sempre stata un po' anche casa tua e perché ti voglio troppo bene, perché permetta che tu te ne vada!"
Sentì qualcosa nel suo animo sbattere forte, come una persiana aperta dal vento all'improvviso.
"Oh, tesoro, ti voglio tanto bene anch'io! Io ci sarò sempre per te. Non andrò da nessuna parte".
Le promise la tata emozionata da questa improvvisa dimostrazione d'affetto dopo tanto tempo.
L'abbracciava così stretta che all'improvviso, come quando si strizza un'arancia e ne esce il succo, Andrea sentì l'amore per quella donna trasbordare da sé. Un'emozione forte che non riuscì ad arginare. Le poggiò una mano sui capelli nerissimi, le circondò le spalle con le sue braccia affusolate e pianse. Lì, davanti al dott. McNeil, pianse le lacrime che non erano uscite al funerale, pianse il dolore che in quei giorni aveva creduto di aver sconfitto, pianse l'assenza di una famiglia oramai scomparsa, pianse l'amore per quella seconda mamma che le era rimasta e che ora accettava di non lasciarla sola. Pianse e fu felice, per la prima volta dalla morte di sua madre.
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Scusa per ieri sera, ma avrei ancora bisogno di parlare con te.
Steve lesse il messaggio e il suo cuore saltò un battito. L'aveva contattato di nuovo. Era stato uno stupido ad arrabbiarsi con lei. Per lei il sesso era un gioco... lo aveva capito. Ed era una giovane donna bella e libera. Come poteva biasimarla?
Decise di chiamarla. Subito
"Ciao, Andy, come va?" Era troppo impacciato, adesso. Forse aveva sbagliato a telefonarle.
"Ciao, poeta! Volevo sapere se hai una mezz'oretta per me. Devo chiederti alcune cose". Il tono era giocoso, ma sensuale come una nuvola di zucchero filato. Forse era contenta che lui le parlasse ancora...
"Ti porto a cena fuori. Ti passo a prendere verso le sette, va bene per te?"
"Ma sono solo le undici!" Rispose bizzosa come una bambina dispettosa.
"Perché invece non ci vediamo subito? Sarò al Gardens' Caffé tra dieci minuti. Ti aspetto ai tavoli della veranda". Il tono sembrava allegro, ma lui capì l'ansia che vi si nascondeva.
"Ah, okay... Facciamo fra una mezz'ora" Rispose lui perplesso.
"Ehi, non darmi buca, sai! Quelle posso darle solo io! Vero?" Lo disse con un tono dolce, erano quasi delle scuse subliminali, ma Steve capì il messaggio.
"Già..." Rispose, ma non ebbe la forza di dire niente di più. E riattaccò.
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Andrea si sentiva così nervosa che le tremavano le ginocchia. Non capiva bene perché non riusciva a trattenere il nervosismo. Continuava a buttare fuori enormi sospiri, lunghissimi. Boccheggiava. Lo sguardo fisso al parcheggio del ristorante.
Erano quasi le undici e mezzo e Steve non si vedeva. Si ostinava a rimanere seduta per mantenere un contegno, ma l'ansia continuava a crescere ad ogni minuto.
Si costrinse a ragionare. Era vero che il bacio che si erano scambiati le era rimasto impresso. Era vero che scopate memorabili come quella della notte scorsa, non la facevano sospirare allo stesso modo, anzi, non la facevano sospirare affatto. Era vero che c'era una parte di se stessa che lo trovava intrigante, sfacciatamente intelligente, sicuramente un bel ragazzo, insopportabilmente troppo preciso per i suoi standard. Ma più di tutti, non poteva fare a meno di volere che le toccasse i nervi scoperti del suo animo. Perché quando lo faceva, e da quando lo faceva, si sentiva più serena. Era una droga per lei. Lei che negli ultimi anni aveva vissuto nel buio, adorava il modo che aveva lui di sollevarla dall'angoscia, senza fare nulla in particolare. In conclusione, lo voleva accanto.
Il problema era sapere cosa questo avrebbe comportato per lei. E per lui... Promise a se stessa che non avrebbe mai più voluto vedere, e avrebbe cercato in tutti i modi di evitarlo, lo sguardo triste, oramai se ne era convinta, che gli aveva visto la sera prima.
Prometto che farò la brava con lui...
Sì, come no!
Bé, cercherò di non metterlo troppo in imbarazzo...
Ma se è la cosa che ti diverte di più!
Sì... è così carino quando cerca di sfuggirmi...
Improvvisamente si accorse che pensare a lui la faceva sorridere. E questo le piaceva tanto.
Troppo?
Non lo so se è troppo! Ci penserò più avanti!
Sì, adesso però devi darti delle regole per questa...relazione.
Relazione? Ma come ti viene in mente? Relazione! Non abbiamo nessuna relazione! Da quando in qua Andrea Wilson pensa agli uomini in termini di relazioni sentimentali?
Da quando questo ragazzo ti fa proprio girare la testa?
Non devi avere neanche lontanamente l'idea che possa esserci qualcosa con lui. Mettitelo bene in testa! Per lui sono solo una paziente! Solo una persona che ha bisogno delle sue qualità professionali! E basta!
Sei sicura? Allora perché sei così contenta che fosse geloso di Jaime ieri sera?
Questa è solo una tua speranza!
No, ti assicuro che il dolore nei suoi occhi era frutto della gelosia!
Le tue illazioni sul perché fosse triste ieri sera, non hanno nessuna conferma e soprattutto, nessuna ragione d'essere, quindi tienile per te!
Non poté fare a meno di sorridere. La sua coscienza cominciava ad essere un po' troppo presente ultimamente. E un po' troppo bacchettona per i suoi gusti! Forse è proprio questo che le risvegliava Steve. Risvegliava il suo senso del giusto. Una delle prime cose che si perdono quando si rinuncia ad ascoltare il cuore.
Già... infatti ancora ti rifiuti di ascoltare quello che io e il tuo cuore stiamo urlando!
E cioé?
Lo voglioooooo!!!!!!
Andrea scosse la testa come a scacciare la sua coscienza dalle sue orecchie. Non doveva permettersi di pensare a lui in quei termini. Tanto più che ancora non si faceva vivo.
"Le undici e mezza. Mi ha dato buca! Non posso certo biasimarlo... dopo ieri sera."
Un nodo in gola cominciava a farla agitare. Anche se era consapevole che, se non le avesse rivolto più la parola, non lo avrebbe biasimato. Peccato però...
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