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CAP 5 PAURE PARTE 2

Andrea stavolta entrò direttamente, usando le sue chiavi.

"Ciao, come va?" Chiese con una certa apprensione a Nilanthi.

"Il dottore è convinto che non passerà la notte..."

"Ah!" il fiato della ragazza rimase sospeso, come i suoi pensieri.

Papà! Non passerà la notte...

Siamo al capolinea...

Mi sta lasciando anche lui.

Presto sarò sola...

Il cuore cominciò a battere all'impazzata; si costrinse a camminare verso la camera di John. Fece un respiro profondo e aprì la porta. Sembrava tutto uguale, invece tutto stava per finire.

Gli aveva augurato tante volte che finisse, ma ora, ora che lo vedeva sul letto, pieno sempre di tubi e circondato da macchinari, pur sapendo che per lui sarebbe stata una grande liberazione, egoisticamente, non era pronta a lasciarlo andare.

Gli si avvicinò.

La sua mente era vuota. Non sapeva cosa fare.

Non c'era neanche il dolore.

Solo un vuoto tremendo che si avvicinava ogni minuto di più e il terrore crescente.

Non aveva la forza di combattere. Sapeva che sarebbe stato inutile, comunque. Alla morte non c'è rimedio, almeno non per chi resta in questo mondo.

Lo guardava fisso, ma in realtà non riusciva più a vederlo, la vista offuscata dal pianto. Se non altro, non si sarebbe accorto di nulla: non era più in sé già da diversi giorni.

Con apprensione si sedette accanto al letto e prese la mano di suo padre tra le sue. Era calda, ma così leggera. Le dita scarne erano di un colore tremendo. Distolse lo sguardo, non voleva ricordarlo. In quel momento le dita le si strinsero attorno alla sua mano affusolata. Alzò lo sguardo verso suo padre, la stava fissando. Gli sorrise pur consapevole che lui non la vedeva. Invece la chiamò:

"Andrea, stellina mia." Come la chiamava sempre da piccola. "Sei qui?"

"Sì papà, sono qui."

Non sapeva come era possibile. Le sembrava tutto un sogno. Erano giorni che non la riconosceva più, che non parlava più, che non dava segni di lucidità.

"Bene, perché volevo proprio parlare con te." La voce era un sussurro, ma ancora salda.

"Sì, dimmi papà." Lo incoraggiò. Capiva che per lui era un grande sforzo, ma sembrava molto importante per lui.

"Io me ne sto andando, stellina. No...non voglio che tu sia triste! Nella più tragica delle ipotesi, raggiungerò tua madre. Dovunque sia ora, io la troverò.

...ma tu sarai ancora qui e non voglio che la tua vita continui così Andrea.

Sei cambiata tesoro, tanto...troppo! Tu eri il sole del mattino quando eri piccola, con te si svegliava la gioia e la speranza. Adesso dove le hai nascoste? Dopo che tua madre ci ha lasciato, ho visto la tua anima diventare sempre più nera...

Andrea?"

La chiamò come se lei si fosse distratta.

"Andrea, tu devi lottare, sempre. Non voglio che tu ti arrenda, soprattutto ora che rimarrai sola."

Lacrime calde iniziarono a scendere sulle guance di Andrea. Suo padre aveva sempre avuto la chiave della sua anima. Erano stati spiriti affini sempre, finché lei non aveva cacciato tutti chiudendosi in se stessa. Aveva costruito muri così spessi che nessuno, nemmeno John, era riuscito a scavalcare più.

"Tesoro mio, non voglio che la tua vita continui così!"

Continuò il padre, mentre lei era in balìa di un dolore così intenso che non riusciva più neanche a pensare. Nel suo petto si era acceso un vulcano che stava eruttando lava incandescente e le stava bruciando ogni tessuto del suo cuore addormentato. Sapeva che in quel momento tutto sarebbe ritornato a galla, che non avrebbe avuto la forza di tenere a bada sentimenti così forti. Il dolore soprattutto, ma anche la solitudine, il senso di abbandono che aveva provato senza sua madre, la rabbia perché lei doveva rimanere in questo pianeta e adesso anche la vergogna. Sì, la vergogna, perché suo padre sapeva che lei si era arresa. Infine la stanchezza, che aveva dato inizio alla resa e l'aveva costretta a lasciarsi cadere nell'oblio.

"Devi promettermi una cosa, so che adesso non capirai, ma voglio lo stesso che tu lo prometta!" La voce di suo padre si fece accorata.

"Sì, papà. Quello che vuoi." Non poteva certo negargli un favore proprio ora.

"Okay..." Prese un bel respiro e poi le disse. "Verrà da te una persona. Il suo nome è Steve." Andrea rimase allibita.

Steve? Non poteva essere lo stesso Steve che pensava lei. Non aveva senso. Come faceva suo padre a conoscerlo? E perché le stava chiedendo una cosa così assurda?

"Sì stellina. Steve Viviani. Nonostante il nome, non è italiano e non è di New York!" Un pallido sorriso gli attraversò le labbra, come se stesse ricordando qualcosa di buffo.

"Voglio che tu lo assecondi, voglio che tu lo lasci fare quello che ti chiederà. So che adesso non capisci, ma fai conto che sarà per te il tuo campione, il tuo cavaliere senza macchia e senza paura che sconfiggerà il drago per te." La guardò negli occhi e vide la sorpresa e la confusione nel viso di Andrea.

"Ma..." Cercò di ribattere la figlia.

"No, bambina mia. Non devi capire. Devi promettermi che lo lascerai fare. Lui troverà la chiave. Tua madre ha sbagliato a lasciartela così. Sapevo che ne avresti subito le conseguenze. Io mi fido di lui e dovrai farlo anche tu. E' una brava persona. Non lasciare che ti dicano il contrario!"

Andrea continuava a non capire. La testa le si riempì di domande. Non aveva più tempo a disposizione.

"Papà, ma io..."

"No, Andrea. Dovrai fidarti di me. Prometti!" La incalzò il padre, agitandosi sul letto.

Non voleva contraddirlo, non adesso. Così cedette alla sua richiesta, sapendo che poi l'avrebbe rispettata. Era come un salto nel buio.

"Okay, papà. Te lo prometto."

"Ti voglio bene, Andrea." Sorrise John soddisfatto, più tranquillo. "Non dimenticarlo mai. Voglio che tu sia felice ed ora so che te ne sto dando la possibilità. Non è molto, ma almeno è una possibilità." La guardò fissa negli occhi. Sorrideva.

"Ti voglio bene anch'io papà."

E le lacrime che per pochi istanti si erano arrestate ripresero a scendere. Le loro mani rimasero intrecciate, ma gli occhi di John si richiusero, il suo viso adesso si era fatto più sereno. Quelle furono le sue ultime parole. Morì nella notte, in silenzio e dignità, così come era sempre vissuto. E Andrea si perse nel dolore.

Steve, Simon e Jake arrivarono che albeggiava. La trovarono ancora con la mano del padre nelle sue. Andrea però, non era già più lì.

Simon corse da lei ad abbracciarla, ma la ragazza non reagì. Steve districò la sua stretta dalla mano del padre e strinse forte la sua mano a quella di Andrea. Lei lo guardò, ma non lo vide. Non le lasciò la mano per tutto il funerale. Non le parlò. Non cercò di penetrare la sua nebbia. Le lasciò lo spazio necessario per assorbire il colpo. Andrea fece tutto il necessario. Era in uno stato di trance operativo. Fortuna c'era Nilanthi a coordinare tutto.

Finito il funerale la riaccompagnarono a casa sua. La misero a letto. Simon e Jake si addormentarono sui divani: non volevano lasciarla sola. Steve dormì con lei, la sua mano ancora intrecciata alla sua.

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La stanza era in penombra. Una tenue luce penetrava dalle tende color pesca. Rimase per un po' ad osservare i giochi di luce del sole sul tessuto setoso. Poi, come una fucilata, ritornò il ricordo del giorno prima: il funerale, la chiesa, il cimitero, gli abbracci. Era sola. Adesso poteva lasciarsi andare finalmente. Adesso poteva percorrere il sentiero già tracciato. Doveva farlo in fretta, prima che il dolore diventasse più nitido, prima che lo shock della morte del padre si dissipasse. Doveva riuscire a chiudere di nuovo il suo cuore. la differenza era solo che questa volta sapeva esattamente come fare.

Si mosse per scendere dal letto, ma la sua mano era bloccata in una sorta di abbraccio tra le mani e le braccia di Steve, che le dormiva accanto.

"Questa poi!"

Le parole le uscirono di bocca senza che lei potesse trattenerle, tanta fu la sorpresa.

"Buongiorno" le rispose Steve, stiracchiandosi. Le sorrise, ma nel farlo vide lo sguardo di Andrea rabbuiarsi.

"No, no. Non è quello che pensi. Guarda, sono ancora vestito! Non mi permetterei mai, accidenti!" E nel parlare si alzò dal letto con le mani alzate in segno di resa.

Ad Andrea sembrò così buffo nella preoccupazione di salvare l'onore della fanciulla che, improvvisamente, scoppiò in una risata cristallina.

"Non ti sto accusando di nulla!" Lo rassicurò. "Mi chiedevo solo perché fossi qui con me, non mi ricordo di averti invitato nel mio letto. Mi ricordo di ieri..."

I suoi occhi divennero di nuovo tristi. Scosse la testa come a scacciare il ricordo. Fece un lungo respiro, si sedette sul letto, raddrizzò la schiena e si avviò verso la porta. L'unico modo era non pensare alla fonte del dolore, respirare forte e...dimenticare.

"Dove vai?" Le chiese Steve.

Allora Andrea ricordò lo strano discorso che le aveva fatto John a proposito di Steve. Lo fissò incuriosita, come se lo vedesse per la prima volta. Era indecisa. Si chiese se dovesse parlarne con lui, ma adesso decise che non le andava proprio.

"Vado in bagno. Vuoi venire con me?" Rispose con strafottenza. Un lampo brillò nei suoi occhi.

"Ti aspetto in cucina." Rispose Steve paziente. Non avrebbe accettato sfide. Non oggi. "Caffè?"

"Cappuccino, grazie. Ci sono le brioches in frigo, le puoi scaldare nel microonde." E si chiuse in bagno.

Steve andò in soggiorno e spalancò le tende.

"Cazzo? Mi vuoi uccidere?" Strillò Jake dal divano.

"Vaffanculo Steve! Chiudi!" Sbraitò Simon dall'altro divano.

"Forza pelandroni! Andrea è sveglia. Tra un minuto sarà qui. Colazione?" Rispose divertito Steve.

"Per me cappuccino", ordinò Jake, mettendosi a sedere e passandosi una mano tra i capelli.

"Per me caffè nero", aggiunse Simon. "E non ci sputare dentro per favore o finisco il lavoro dell'altra sera!"

Steve scoppiò a ridere e continuò a preparare la colazione. Erano violenti, spesso maleducati, di sicuro poco socievoli, ma in fin dei conti bravi ragazzi e non poteva negare che erano divertenti... a modo loro.

Andrea comparve poco dopo. I capelli legati in uno chignon scomposto, le occhiaie profonde. Quando però trovò i suoi amici in cucina, un pallido sorriso le illuminò le labbra, solo le labbra.

"Ciao ragazzi, siete ancora qui?" Chiese pur conoscendone la ragione.

"Sì, tesoro, dove vuoi che andiamo?" Rispose Jake stampandole un bacio sulla guancia.

Simon la guardava, ma non disse nulla. C'era qualcosa di diverso in lei, ma non riusciva ad inquadrarlo. Il suo sguardo se lo aspettava vuoto come il giorno prima, invece c'era nel fondo dei suoi occhi un sentimento, una luce che non riusciva a capire. Ancora.

"Grazie di essermi così amici. E' così strano che una ragazza abbia come amici voi due trogloditi!" Rispose sinceramente toccata da quanto le volessero bene.

"Ecco appunto, visto che i tuoi cavernicoli sono ancora qui, quali programmi hai per oggi?" Si informò Steve per sondare il terreno. La scrutava attentamente pur continuando a fare il caffè.

"Sala prove?" Chiese Andrea. "Ho bisogno di scrivere una cosa e mi servite entrambi. Ho tanta confusione in testa, ma c'è una nuova canzone che vuole uscire..." Confessò con aria innocente. Sembrava una bambina.

"Non c'è problema, telefono subito." Rispose Jake.

Simon la avvicinò continuando a studiarla. Poi guardò Steve per avere delucidazioni. Non trovò risposte in nessuno dei due. Si misero tutti a tavola per la colazione. Era incuriosito da questa nuova aria che aleggiava fra di loro. Innanzitutto Steve sarebbe dovuto essere un estraneo, avrebbe dovuto essere in imbarazzo, o far sentire loro in imbarazzo. Invece si comportava come se fosse loro amico da una vita. La stessa Andrea lo trattava al pari suo. Non si poteva dire che Simon ne fosse geloso, solo che non capiva. Sapeva il perché Steve era lì quella mattina e perché né lui né Jake lo avrebbero allontanato, ma Andrea era all'oscuro di tutto, eppure lo aveva accolto.

"Vieni con noi, Steve?" Chiese Andrea.

Avrebbe mantenuto la promessa, si disse. Se suo padre pensava che la vicinanza di Steve era fondamentale per tornare quella di un tempo, per sconfiggere la disperazione che le attanagliava l'anima da parecchi anni, allora l'avrebbe ascoltato. Avrebbe seguito il suo consiglio. Non era sicura che avrebbe funzionato. Ma una cosa la sapeva già. Avere una speranza, alleggeriva il cuore dal dolore. E questo era già tanto.

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