Cap 33 Parte 1 Unintended
Ecco, oggi finalmente vi presento il primo capitolo che ho scritto di questo libro. Da qui è partita tutta la trama.
Vi suggerisco di ascoltarlo con in sottofondo la canzone, perché in essa c'è davvero l'essenza della storia!
Sentì suonare il citofono. Erano le nove di sera.
"Chi è a quest'ora?"
Decise di affacciarsi al terrazzo, invece di aprire e basta. Da lì avrebbe visto il visitatore, senza correre rischi.
Aprì la portafinestra, si diresse scalza verso la balaustra. Un rumore conosciuto, ma fuori luogo, attirò la sua attenzione. Era sembrato uno woofer in accensione, come quando si attacca un jack. Le sue sopracciglia si strinsero in una leggera preoccupazione.
Quando finalmente riuscì a sporgersi, sul suo volto si spalancò la meraviglia. La sua bocca si aprì senza il suo volere e i suoi occhi divennero giganteschi.
Che cosa vorranno fare?
C'è Simon con la chitarra...
E quella è Lizzy?
Ma che ci fanno qui?
In mezzo a un piazzale con una cassa da concerto?
Quello lì nell'ombra è Jake?
Sì e quello con il microfono credo proprio che sia Steve...
Steve non canta!
Davvero? Ti ha forse mai detto il contrario?
No, ma... ha detto una volta che scrive canzoni da quand'era bambino!
Questo non esclude che le canti pure...
Io non capisco. Ma sono impazziti?
Io invece credo proprio che ti dovresti mettere comoda... e ascoltare!
Steve iniziò con una voce dolce a cantare, seguendo le indicazioni mute di Simon: era evidente che quei due avevano provato e riprovato. Andrea vedeva l'amico battere il tempo e dare gli attacchi a Steve, che da profano, faticava a seguire un tempo così lento.
Quella voce dolce, così leggera e titubante come quella di un bambino, iniziò ad avanzare verso di lei. Ne sentiva perfino l'odore, per quanto forte era la risonanza nel suo animo. Lasciò che le scivolasse calda sulla pelle, che le sue note acute le graffiassero la schiena. Le permise di avvinghiarsi a lei, di strozzarla e di soffocarla, come avrebbe fatto un impietoso boa. Eppure, quella stretta morbida e vellutata, era tutto quello che da giorni desiderava.
Come riusciva ad abbracciarla restandole così lontano? Come riusciva sempre a farla sentire così viva, così desiderata, così inspiegabilmente completa? Steve la stava carezzando, la stava coccolando con la sua meravigliosa dolcezza.
Nonostante le parole della canzone fossero delle scuse per quello che aveva fatto, la sua voce narrava di un amore fatto di dolore, un dolore che lei stessa aveva provato.
Quel bruciore che da giorni sembrava avvelenare le sue vene, si sciolse nelle note tenere di quella melodia, mentre la succulenta speranza che Steve potesse davvero essere lì per lei si insinuava nella sua mente.
L'universo intero venne pietrificato, l'atmosfera venne risucchiata in un immenso buco nero, dove tutto rimase immobile, senza tempo, senza sostanza.
La canzone terminò tuffandosi in un mare di miele dove il fulcro di tutto era lei, Steve aveva lasciato l'ultimo pensiero per lei: tutta la sua vita iniziava o moriva con lei...
Before you...
Come una saetta di Zeus, quelle due piccole parole, attraversarono lo spazio e si conficcarono, con un dolore lancinante, nel cuore di Andrea. Un colpo mortale, che non lasciava più spazio alla vita. Come l'esplosione di una supernova spazza via tutto ciò che era esistito fino a quel momento intorno a sé, creando un vuoto di materia, così le parole di Steve di quella sera cancellarono tutte le drammatiche incertezze di quella ragazza complicata.
Come dal nulla, quasi per magia, nasce una nuova energia, una nuova stella, piena di calore e luce, primo istante di una nuova vita; così i dubbi di Andrea collimarono su se stessi e finalmente il suo cuore poté esplodere nell'amore gigantesco che provava per quel ragazzo sconosciuto, ma indiscutibilmente perfetto.
La piccola ragazzina, tutta cuore ed energia; la giovane donna, forgiata dal ghiaccio e dalla ragione, furono in un istante spazzate via. Passato e presente non ebbero più ragione d'essere. Tutta quella nuova energia, fatta di coraggio e amore, saturò l'universo con la forza di una nuova speranza. In quel nuovo mondo, Andrea trovo' finalmente il suo nuovo equilibrio, un nuovo modo di esistere, nato da quella luce, sulle ceneri della sua temuta bipolarità: lei era in Steve e Steve era in lei. Indissolubili. Insieme.
Tutto divenne improvvisamente semplice e facile.
Sconvolta, le lacrime a nasconderle la visuale di colui che era riuscito in questa impresa titanica, si allontanò dalla ringhiera e, accecata, si andò ad aggrappare al bordo del dondolo. Vi prese posto, rannicchiò le sue lunghe gambe al petto e lì, in quella nuova quiete, si tuffò nella consapevolezza di ciò che era diventata, nella felicità di ciò che da quel momento in poi sarebbe stata la sua vita. Tutto grazie a Steve.
Inspirò profondamente. Sapeva che era un uomo meraviglioso, ma stavolta l'aveva proprio sorpresa. Il silenzio che le venne dalla strada le suggerì che doveva fare subito qualcosa, prima che se ne andasse. Così prese il telefono e digitò.
Dal piazzale, i ragazzi non riuscivano più a vedere Andrea.
Steve si voltò interrogativo verso Simon, che però seppe dargli solo un'alzata di spalle come risposta.
Era strano: Andrea si era nascosta. Non sapeva davvero neanche lui cosa stava pensando in quel momento. Poggiò lo sguardo sugli altri, giungendo su Grace solo alla fine. Ora erano tutti in silenzio, sospesi sul da farsi.
Da sotto la grossa quercia la voce della morettina strappò l'incertezza di tutti:
"Aspettate! Non vi muovete!" li apostrofò sicura.
Proprio mentre Steve cominciava però ad abbassare sconsolato il microfono, il suo telefono notificò l'arrivò di un messaggio. Con mani tremanti lo prese dai pantaloni e lesse ad alta voce, perché in quel momento si sentiva un tutt'uno con i ragazzi e sapeva che tutti i loro cuori battevano la sua stessa ansia.
"C'è scritto: UN CUORE INNAMORATO NON HA BISOGNO DI SCUSE... Grace, che vuol dire?" chiese trafelato, completamente nel pallone.
La brunetta allora si avvicinò e sorrise a tutti. Lasciò che la sua mano scorresse carezzevole sul braccio di Steve, che la guardava in attesa di una spiegazione.
"Simon, possiamo sbaraccare!" disse invece lei, voltandosi verso i suoi amici. "Non abbiamo più nulla da fare qui!"
Tutti aprirono le bocche per inspirare la sorpresa.
"Non ha funzionato?" continuò a chiedere Steve "Non mi vuole più... lo sapevo!" la sua testa e le sue spalle si piegarono sotto il peso della sconfitta. "Come ho potuto anche solo pensare che una creatura così bella potesse sopportare un imbecille come me!" continuò stringendo forte il microfono nel pugno con una mano, mentre l'altra passò tremante fra i suoi capelli.
"Infatti!" le sputò in faccia Grace "Sei proprio un povero stupido, se pensi questo!"
"Lo so! Ma io ho un disperato bisogno di lei!" le urlò contro, in risposta, il ragazzone con un tono disperato.
Grace scoppiò in una risata beffarda, che diede i brividi a Lizzy.
"E tu davvero pensi che lei non ne sia cosciente? BRUTTO STRONZO SENZA SPINA DORSALE!" stava diventando tutta rossa dalla rabbia.
Jake le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla per farla calmare. Grace respirò con forza, ma non servì: "Non lo hai letto il messaggio? Un cuore innamorato! Dio quanto ti vorrei picchiare!" e alzò il pugno verso Steve, mentre Simon sogghignava divertito da quel teatrino: aveva infatti capito dove voleva arrivare Grace.
"Sono giorni che ti aspetta! Dalla prima sera, non ha fatto altro che aspettare che tu capissi, che ti rendessi conto che lei sa che sei sbagliato, ma non le importa. Non so come faccia a sopportarti, visto come ti comporti! Possibile che ti sia così difficile da capire?" continuò la ragazza sbattendo i piedi per terra. " ANDREA TI VUOLE ACCANTO... E... basta..." concluse con dolcezza, calmandosi.
Steve la guardava adesso allibito. Era pietrificato, non dalla violenza che aveva messo Grace nelle sue parole, ma dal loro significato.
Vedendolo imbambolato, Grace ruggì andandogli contro e lo spinse con tanta forza, che il ragazzo, nonostante fosse alto il doppio di lei, barcollò.
"Che cosa stai aspettando? Vai da lei! ORA!!!"
Quell'anima sola, travolta in quegli ultimi giorni da un affetto mai neanche immaginato, sembrò riprendere coscienza di sé, ma ancora non riusciva a muoversi.
Guardò Simon, che gli fece l'occhiolino: "Credo proprio che dovresti ascoltarla!"
Poi guardò Jake, che sogghignando lo incitò: "Va! E' tutto okay" e con la mano sembrò spingerlo verso le scale dell'appartamento di Andrea.
Steve si voltò e corse fino al portone. Tirò fuori le sue chiavi. Per un istante, le guardò meravigliato: non gliele aveva mai richieste indietro, forse avrebbe dovuto farci caso prima. Sorrise di se stesso e dei suoi innumerevoli sbagli, dettati dall'abitudine ad essere sempre lasciato in disparte, di non essere mai partecipe. Era l'unica scusante che poteva concedersi per non aver capito subito quanto dolore aveva provocato il suo allontanamento. Fissò un ultimo istante i suoi nuovi amici, poi prese coraggio ed entrò.
Il soggiorno era illuminato solo dalla piantana fra i due divani, su uno dei quali c'era lei, le gambe rannicchiate in grembo. Nel suo sguardo c'era meraviglia, ma più di tutto... sollievo.
Steve capì in quel momento che Grace non aveva mentito: quella creatura meravigliosa aspettava lui. L'attesa aveva reso i suoi lineamenti tirati, i suoi occhi erano stanchi, ma sembrava nutrirsi di lui. Quanto era stato stupido! Quanto l'aveva fatta soffrire, per colpa della sua maledetta paura!
Si avvicinò cauto, non permettendo al suo sguardo di lasciare gli occhi della ragazza neanche per un istante. Poi però le lacrime trasbordarono. Era un'emozione enorme, poterla guardare dopo tutti quei giorni passati solo a sognarla.
Arrivò davanti a lei e si inginocchiò, lasciando che tutto il dolore uscisse fuori insieme al pianto. Aveva pensato così tante cose da dire, ma ora non riusciva più a parlare. Abbassò la testa, completamente umiliato.
Andrea corse in suo aiuto, ancora, senza esitazioni. Scese dal divano e lo andò ad abbracciare, stretto. Vederlo così sofferente, le causava delle fitte pungenti in mezzo al petto.
"Schhh... Smettila amore mio!" gli sussurrò vicino all'orecchio.
A quelle poche parole, Steve sembrò riprendersi. Si sciolse dal suo abbraccio, le prese le braccia con le sue forti mani e la fissò. Alla fine, riuscì a parlarle.
"Perdonami amore mio. Perdonami! Di tutto! Non valgo neanche la terra che calpesti!" le sue parole uscirono rabbiose.
"Smettila, non è vero!" lo rimproverò dolcemente lei.
Non accettava neanche di essere perdonato, non capiva dove trovava la forza lei di andare oltre il suo comportamento così meschino:
"Sono un fottuto cretino! Mi sono comportato come un'idiota...Non merito neanche di guardarti! Sei la creatura più candida che si possa anche solo concepire e io... io sono solo un lurido buco nero, che riesce a distruggere sempre tutto! Riesco solo a fare casini..."
A quelle espressioni forti, Andrea sussultò. Aveva una tremenda paura che volesse allontanarsi di nuovo da lei. Presa dal panico, la sua rabbia esplose. Doveva fargli capire qual era la verità.
"Ah, sì, certo! E allora com'è, che da quando non sei qui, sto così male? Dov'è il mio cavaliere, dov'è l'uomo che mi coccolava, che mi faceva sentire una principessa?"
Improvvisamente, un leggero brivido le trapassò il cuore, come un alito di vento invernale, ripensando a quanto era stata male senza di lui e concluse desolata:
"Perché cazzo te ne sei andato Steve?".
Si alzò, non riuscendo più a guardarlo in volto. Tremava. Strinse con forza i pugni nei capelli, sperando di trovare le parole giuste per convincerlo a rimanere. Sapeva che poteva riuscirci, doveva solo rimanere concentrata.
"Sediamoci!" suggerì, cercando di mantenersi lucida, lo sguardo oltre le vetrate, a cercare i colori dei suoi fiori e un briciolo di serenità.
"Beviamo qualcosa, parliamo. Ne ho bisogno."
Steve allora si lasciò lentamente cadere con aria stanca sui cuscini del divano, in attesa di qualunque cosa lei riuscisse a fare per risolvere la sua situazione.
La ragazza andò alla dispensa, aprì una bottiglia di vino rosso, muovendosi in cucina con finta calma; versò il vino in due calici e, pur lontana dal divano, si accorse di quanto il ragazzo stesse cercando di tenere ferme le mani, che non tremavano, ma dichiaravano tutto lo sforzo, nei nervi tirati e nelle punte delle dita sbiancate dalla pressione che esercitavano nel tenersi strette una con l'altra.
Per un attimo rivide Simon su quella maledetta panchina, il giorno che si erano conosciuti: riconobbe lo stesso senso di desolazione e solitudine, la stessa totale sfiducia in un futuro migliore.
Come un'ondata, la sofferenza di Steve la investì in volto, ma inaspettatamente non la fece neanche traballare. Al contrario, fu la dimostrazione di come tutto in lei fosse cambiato quella sera e di come la consapevolezza dei suoi sentimenti, avesse creato il miracolo. Era lei ora quella stabile e sicura. Era lei ad avere la soluzione in tasca.
Doveva assolutamente trovare le parole giuste per convincere anche lui.
Prese i due calici, si sedette, apparentemente tranquilla, accanto a lui sul divano e gli offrì un bicchiere. Ne assaggiò un lungo sorso, come se il vino potesse cancellare la tensione che sentiva nell'aria, inghiottì, si allungò per poggiare il calice sul tavolinetto da caffè, raccolse le gambe tra le braccia e, infine, alzò lo sguardo verso il volto di Steve, che nel frattempo, era rimasto con i gomiti sulle ginocchia, ad osservare il liquido scuro che vorticava nel suo bicchiere.
La situazione era così cristallina che le labbra carnose di Andrea si sollevarono in un sorriso: era così rilassante poter avere di nuovo le chiavi del Paradiso in mano.
Parlò con voce dolce, ferma e rassicurante, a giovamento di quell'uomo terrorizzato che sedeva accanto a lei in attesa:
"Siccome parecchie cose sembrano ancora sfuggirti, voglio ribadire l'ovvio a tuo beneficio: qualunque cosa io verrò mai a sapere su di te, non cambierà l'amore che provo!"
Le sopracciglia di Steve quasi si toccarono in un cipiglio drammatico. Deglutì vistosamente, mostrando tutto il suo affanno. Le sue splendide iridi dorate si fissarono nei ruscelli trasparenti della ragazza al suo fianco e titubante le chiese:
"Come puoi esserne certa?"
Per un istante, la pelle candida di Andrea venne percorsa da un profondo brivido. Non fu la paura di scoprire il peggio dell'uomo che amava a turbarla, ma la paura che i suoi segreti lo allontanassero di nuovo da lei.
"Forse perché, quando sei con me, io non ho paura..."
"Non preferiresti tornare alla tua vita tranquilla, all'affetto dei tuoi amici, alla tua deliziosa routine?" la sfidò lui.
"No!" rispose secca, con aria serena. Ad ogni parola, si sentiva più forte.
"Perché no?" chiese disperato il ragazzo, passandosi una mano sui meravigliosi capelli, adesso visibilmente malconci, dopo giorni di maltrattamenti.
"Perché tutto quello che potrai mai fare in questa vita, non cambia quello che vedo" la sua voce era sempre più ferma, lucida, tranquilla.
"E che cazzo vedi Andrea?" chiese Steve, ancora sull'orlo del baratro.
"Vedo un bambino, cresciuto troppo in fretta, maltrattato dalla vita, costretto a reggersi sulle proprie gambe. Vedo un uomo abituato alla solitudine, che non conosce il calore dell'affetto delle persone che ti vogliono vivere accanto. Vedo un'anima persa nel buio, inconsapevole che nell'universo c'è tanta luce. Vedo un cuore affogato nella merda del mondo, che si rifiuta, anche solo di concepire, la possibilità che qualcuno possa mai immergere una mano, in quel pantano, per tirarlo fuori."
Lacrime calde solcavano le guance del ragazzone, perché la verità era così tremendamente esatta, da lasciarlo senza pelle di fronte a lei.
"E cosa c'è di bello in tutto questo?" chiese con voce strozzata.
Andrea venne illuminata da un sorriso caldo "Scusami se ne ho dubitato, scusami se ho pensato di non poterci riuscire, ma adesso ho capito, adesso ne sono finalmente consapevole... di bello c'è che... io so come rimediare!" lo disse con così tanta enfasi che Steve trasalì.
"Perché vorresti sprecare la tua forza con me?" domandò ancora incredulo lui.
"Perché tu sei riuscito a riaccendere il mio fuoco, sei riuscito a riportarmi a me stessa. E questo deve proprio voler dire qualcosa!" rispose euforica la ragazza, con una luce meravigliosa mentre lo osservava.
"Sì, che io non sono altro che un farabutto e mi vergogno da morire a derubarti così..." precisò triste lui, mentre i suoi occhi si spostavano di nuovo dentro il bicchiere.
Un moto di stizza scosse l'esile corpo di Andrea da cima a fondo. Spostò i piedi dal divano e li poggiò a terra. Poggiò i gomiti sulle ginocchia e, nel farlo, Steve si accorse che le sue mani erano talmente compresse nei pugni da avere le nocche tutte bianche. Si stava arrabbiando di nuovo.
"Perdonami! Non è facile per me vedere le cose come le vedi tu..." cercò di calmarla.
Le mani affusolate della ragazza si aprirono lentamente, due dita si poggiarono con urgenza sulla sua fronte, cercando di non tremare, massaggiando con forza, con piccoli cerchi.
"Perché sono troppo malata?" domandò nervosa Andrea.
"Cosa? Non dire stronzate, per favore! Tu non sei malata; non per me, almeno!" rispose secco lui.
Steve adesso non riusciva a rimanere calmo, capiva che la stava deludendo, ma non sapeva che cosa dire per consolarla. La verità era solo quella: di sicuro non la meritava. Riconosceva che tra i due, era lei quella più forte, quella che meritava una vita migliore. Nella sua di vita, cose belle non ne accadevano, mai.
Cercò la forza nel suo animo per aprire finalmente il suo cuore, almeno con lei. Aveva diritto di sapere la verità, ma era davvero difficile dirla ad alta voce. Deglutì diverse volte, mentre le sue unghie continuavano a graffiare le sue mani, una sopra l'altra, una stritolata nell'altra.
Mai nella sua vita avrebbe immaginato di dover dire la verità su di sé. Mai avrebbe pensato di trovare qualcuno che fosse così bisognoso di sapere lui chi era veramente. Mai avrebbe sognato di poter arrivare così vicino alla felicità e scacciarla via, per amore.
I suoi occhi divennero neri dallo sforzo di racimolare il suo già poco coraggio e, dopo aver inspirato con forza, lasciò che le parole sancissero la fine dell'amore di Andrea per lui, di quel briciolo di normalità che aveva vissuto con lei.
"Andrea io non sono ciò che tu credi... Sì, quello che tu vedi nel mio cuore è giusto, ma io sono altro..." scosse la testa, quasi incredulo di quello che stava uscendo dalla sua bocca.
Gli occhi della ragazza si spalancarono, sorpresa, non da ciò che stava dicendo, ma dal fatto che le stava finalmente confessando qualcosa di sé, si stava aprendo a lei.
Dovette prendere un profondo respiro per non mettersi a saltare dalla felicità.
"Continua..." lo incoraggiò con la voce strozzata dall'emozione.
Steve credette di leggere tanta delusione in quell'unica parola smorzata e con dolore proseguì:
"Noi non ci siamo conosciuti per caso..."
Andrea dovette interromperlo perché conosceva già quella parte di verità.
"Lo so Steve, ti ha chiesto mio padre di venire da me, per dipanare la matassa che ho nel cervello!" confessò vittoriosa.
Invece le labbra del ragazzo si strinsero in una smorfia di sofferenza, mentre la testa si muoveva a negare con forza quello che aveva appena sentito.
"No Andy..."
"Come no? Me lo ha detto prima di morire!" ribadì lei decisa.
Un sorrisetto amaro macchiò il volto di quell'uomo dolce, in evidente difficoltà.
"Sì, mi ha chiamato diversi mesi prima che morisse. Ci conoscevamo da parecchio e l'ho sempre considerato un uomo giusto. Aveva fatto tanto per me e in quel momento ho pensato di poterlo finalmente ripagare." sorrise al ricordo del papà di Andrea. "Mi ha chiesto un favore, un favore enorme, che in quel momento, forse, ho sottovalutato"
"Ti ha chiesto di curarmi..." sottolineò lei, ma il tono di voce sottintendeva che non ci credeva più così tanto.
"Mi ha chiesto di prendermi cura di te, ma non di curare la tua malattia, che pensava oramai incurabile" Steve guardò Andrea negli occhi, drizzò la schiena come a farsi coraggio e concluse: "Mi ha chiesto di proteggerti..."
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