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Cap 30 YOU SET MY SOUL ALIGHT

Era eccitata come una bambina. Si era alzata prestissimo, aveva fatto una colazione veloce e si era fiondata dal parrucchiere. Adesso, mentre controllava il risultato davanti all'enorme specchio della sua camera, si chiese se non era davvero una grande sciocca.

Era bellissimo, innegabilmente bellissimo. Ripensò a quando le aveva parlato in piscina, a come l'aveva toccata sul viso...

Un profondo sospiro uscì inesorabile dalle sue labbra, cercando così di tamponare la scossa elettrica che, il solo ripensare a lui, le provocava lungo la spina dorsale. Come avrebbe fatto? Non riusciva a mantenersi lucida, le sue mani continuavano a massaggiare con energia le sue cosce, cercando di conservarsi asciutte.

Decise che era meglio muoversi, prima che il panico prendesse il sopravvento. Raccattò la borsetta sopra al letto, diede un ultimo sguardo al suo lato B, per assicurarsi che il morbido vestitino a fiori che aveva scelto, non si sollevasse troppo mentre camminava e, quasi volteggiando, aprì la porta della camera.

Praticamente franò addosso a suo fratello Leo, che, malvolentieri, la sostenne perché non cadesse a terra.

"Dì? Che cazzo c'hai oggi? Sembri anche più svampita del solito!" la rimproverò.

"Scusa, devo scappare, ho un appuntamento..." rispose laconica, cercando di imboccare le scale per il piano di sotto. Purtroppo, non fu sufficientemente veloce e una mano salda le arpionò il braccio:

"Tu che cosa? No, no signorina! Papà lo sa?" chiese il fratello quasi con divertimento.

"Leo lasciami, farò tardi. A papà ho detto la verità: ho un appuntamento con la ragazza di Steve..." chiarì supplichevole, cercando di svincolarsi.

"Con la signorina Andrea? E come la conosci?" volle chiarire il ragazzetto.

"L'ho conosciuta in piscina... Uffa, lasciami! Farò tardi!" si innervosì.

"Aspetta un secondo... Stai andando ad un provino con la sua band?" indovinò sicuro Leo.

Le iridi grigie della ragazza si riempirono di panico, come un ladro accecato da una torcia elettrica.

"No... è solo per conoscersi. Non devo suonare..." cercò di tergiversare la biondina.

"Ah no? E allora... in che senso conoscersi?" andò a segno il moretto.

"Nel senso che mi presenta la band e valuteranno se è il caso di farmi suonare, okay? Ma che ti prende, sei geloso?" confessò stranita dal fatto che il fratello cercasse in tutti i modi di trattenerla.

"Ahahah! Geloso? Di che cosa? Della tua insignificante vita da sognatrice? Quando lo capirai che qui non puoi permetterti stronzate, eh?" le rispose con malignità.

"Siamo in un paese democratico e ho il diritto di scegliere con il mio cervello!" urlò la ragazzina pestando nervosa i piedi per terra.

Il fratello alzò le mani tra loro, in segno di resa e si allontanò, con un sorriso sarcastico, da lei: "Liberissima di pensarlo! Va, divertiti! In fondo non ti è rimasto poi molto tempo!" la prese in giro.

"GRRrrrr!!!" ringhiò Lizzy furiosa, "Io non sposerò Jaime, hai capito? E' inutile che mi fate tutti il conto alla rovescia! Quello spocchioso viscido lumacone potrà solo sognarmi guardando una fotografia, nella sua ridicola casa in riva al mare, dove io non abiterò mai! Chiaro?"

"Sicura?" la sbeffeggiò il fratello, dirigendosi verso la sua camera. Lizzy corse giù per le scale ruggendo dalla rabbia e, con violenza, richiuse il portone alle sue spalle.

Una volta fuori, si bloccò di colpo, si asciugò con un gesto sdegnato le lacrime che avevano preso a scenderle sulle guance e guardò il cielo azzurro del primo pomeriggio texano:

"Io non sarò la loro bambola! Dio, possibile che non ci sia rimedio?" chiese al cielo sconsolata.

Proprio quando le sembrava di perdere ogni coraggio, di sentirsi davvero in trappola, il suo telefono annunciò l'arrivo di un messaggio:

Ti aspetto davanti al Food Market di Lomo Alto Drive. Ho una Volvo grigia. Simon

Il suo cuore, ne fu certa, si fermò. Rilesse il messaggio altre duecento volte, incapace di staccarsene. Tutta la sua vita si ridusse a quell'unico nome: Simon, l'era venuta a prendere Simon! Aveva il suo numero di telefono! Si sentì così lusingata, nervosa, eccitata e felicissima allo stesso tempo, da non riuscire a smettere di guardare quel nome sul suo display. Simon la stava aspettando...

Simon la stava aspettando! Quel pensiero la fece tornare in sé. Salì sul taxi, senza guardare in faccia il guidatore, gli diede l'indirizzo continuando a guardare il display. Alla fine decise cosa rispondere:

Grazie. Due minuti e sono lì. Lizzy

Il suo cuore cominciò a battere forte, mentre si avvicinava sempre di più al luogo dove Simon, sospirò, niente po' po' di meno che Simon, sospirò ancora, la stava aspettando per condurla alla sala prove.

Lo vide subito, anche in mezzo alla confusione di auto che arrivavano e uscivano dal parcheggio del supermercato. Non si era sbagliata, non era stata la suggestione, il riflesso del sole o dell'acqua della piscina, era davvero come se lo ricordava: bellissimo.

Distolse lo sguardo per cercare i soldi per il taxi, ma il suo sportello si aprì improvvisamente.

"Ciao piccolina, come stai?" si sentì chiedere. Alzò gli occhi e si perse in un mare calmo di cioccolato. Rimase ferma, in silenzio per un istante di troppo, che fece sorridere dolcemente Simon: "Ci sei?" chiese di nuovo. Le guance di Lizzy presero fuoco nell'istante in cui si rese conto di ciò che le era successo. Riabbassò lo sguardo sulla borsetta, incurante della mano tesa con cui Simon le offriva aiuto per uscire dal taxi. In questo modo trovò la voce, non seppe neanche lei dove: "Sì, scusa, mi hai preso alla sprovvista. Devo solo pagare il..."

"Già fatto! Dai, scendi!" la invitò ancora il biondo, offrendogli la sua mano più vicina. Stavolta Lizzy cercò di non guardarlo, consapevole del colore che stavano per prendere le sue guance, mentre la sua mano si infilava dolcemente tra le dita di lui, che, con delicatezza, la strinse e la attirò verso di sé.

"E' un piacere rivederti" iniziò galante il bagnino, evitando di lasciare quella manina talmente piccola da sparire tra la sua.

Lizzy finalmente lo guardò e, fu inevitabile, si perse di nuovo. Simon tornò a sorriderle e scosse la testa. "Lizzy, che cos'hai? Stai bene? Sembra che tu abbia visto..." titubò cercando la parola adatta, così fu lei a finire la frase: "Una divinità egizia..." sospirò.

A quel punto gli occhi di Simon diventarono giganteschi e nonostante l'abbronzatura, fu evidente il suo profondo imbarazzo per quel complimento così inaspettato, quanto sfacciatamente diretto, senza secondi fini, spudorato e sincero allo stesso tempo.

Le sorrise ancora con più dolcezza:

"Smettila, ti prego. Mi stai facendo arrossire, lo sai? Vuoi proprio farmi vergognare di me stesso?" la rimproverò con un tono così lusingato che quasi se ne meravigliò.

La ragazzina lo guardò divertita e finalmente riprese il suo savoir-faire e la sua innata ironia: "Perché c'è stato un giorno della tua vita in cui hai sentito la necessità di vergognarti?"

Simon scoppiò a ridere e, scuotendo la testa, le aprì lo sportello della sua auto.

"No, non credo!" rispose sincero.

Partirono con la macchina: Simon guidava solo con la sinistra, mentre la sua mano destra rimaneva appoggiata al bordo del sedile di Lizzy, che dal canto suo, rivolgeva la sua attenzione alla strada, cercando di non fargli capire che, quella vicinanza, stava iniziando a farla sudare.

"Allora, da quanto tempo è che suoni?" cercò di spezzare il silenzio il biondo.

Voleva sentirla parlare di sé, avrebbe voluto chiederle che cosa le era successo in quei ventisei anni che aveva vissuto senza di lui. Era una sensazione strana, mai provata: la sentiva dentro come una musica che ti rimane in testa per ore. In quell'ultima settimana aveva dovuto sforzarsi di non pensare a lei. Quegli occhi stupefacenti non avevano fatto altro che ricomparirgli davanti. No, non era a causa del colore, c'era di più. Nel fondo di quel ghiaccio, c'era un calore. Uno sguardo così avrebbe dovuto risultare terrificante, freddo e innaturale; invece, vi aveva trovato una dolcezza disarmante, una semplicità e una delicatezza così inconsuete, che qualcosa, in fondo al suo animo, aveva improvvisamente stabilito che quella creatura andava protetta e difesa. Aveva passato metà della sua vita con Andrea e Grace, si erano coalizzati contro le brutture del mondo, ma mai aveva concepito le sue compagne come essere fragili da proteggere: andavano consigliate, indirizzate, strigliate a dovere, ma alla fine, erano due creature dalla natura forte, capaci di affrontare la vita di petto. In quella bambina aveva visto altro. Era un piccolo fiorellino appena sbocciato, eppure sembrava che la vita la stesse travolgendo; c'era una tonalità già triste in quel grigio chiaro e, inspiegabilmente, gli era risultata insopportabile. Voleva che fosse allegra, felice, spensierata, sicura e che si fosse sentita così grazie a lui. Sapeva di doversi muovere con calma, perché nonostante l'età anagrafica, ai suoi occhi era ancora una bambina. Solo che, invece, stava cercando in tutti i modi di non pensare alle sue labbra rosa e a quanto in quell'istante lo stessero chiamando. Si era concesso solo di poggiare le sue nocche al bordo del sedile di lei, a un centimetro scarso dalla sua coscia nuda, solo parzialmente coperta dalla stoffa leggera del suo delizioso vestitino fiorato. Gli sarebbe bastato allungare un dito, per carezzare la sua pelle chiara, per sentire il calore della sua carne. Era quello che avrebbe fatto, con tutte; con lei invece capì che non ci sarebbe riuscito. Era indeciso, titubante e il complimento così spudorato che gli aveva rivolto prima lo aveva destabilizzato; lo aveva reso euforico, in realtà, ma anche scosso nel profondo: forse aveva una possibilità con lei, una debole speranza che potesse davvero pensare a lei. Doveva muoversi piano, per non spaventarla. Sicuramente Andrea aveva tirato fuori il peggio di sé, presentandolo chissà come. Doveva innanzitutto guadagnarsi la fiducia di quella piccola fatina, poi forse, un giorno, avrebbe potuto concedersi di toccare quelle labbra incantevoli...

"Ho iniziato da bambina con il pianoforte." iniziò a parlare la biondina.

Per un istante, Simon fu spiazzato dalla voce di lei. Aveva dimenticato la sua domanda, perso nelle immagini di un futuro nuovo, a cui, fino a qualche giorno prima, mai aveva neanche rivolto lo sguardo, troppo preso da Andrea per preoccuparsi del suo domani. Quando realizzò dove erano andati a parare i suoi pensieri, per una frazione di secondo, ne rimase basito. Dovette concentrarsi per seguire il discorso di lei.

"Non dico che non mi piacesse, anzi, il suono del pianoforte forse a tra i miei preferiti, però credo che mi limitasse. Le tastiere invece mi permettono di spaziare dove voglio, con il suono che voglio e questo è rassicurante." continuò eccitata Lizzy.

"Rassicurante?" chiese curioso dello strano aggettivo.

"Sì, perché sei sicuro di essere libero e credimi, per me, è davvero il massimo!" spiegò lei, con una nota nostalgica. Ripensò per un solo istante alle parole del fratello di pochi minuti prima e un velo di malinconia annebbiò il suo sguardo.

Simon, pur concentrato sulla strada, percepì la nota stonata nella voce di quella ragazzina e fu sicuro di aver visto giusto: c'era davvero una malinconia inconcepibile, in quell'esserino che, al contrario, avrebbe dovuto essere ancora entusiasta della vita. Gli ci volle poco a fare due più due e decise di chiedere:

"Chi è che ti tiene in gabbia? Tuo padre?"

Lizzy inspirò di sorpresa. Si vergognò di se stessa, di aver mostrato l'aspetto peggiore della sua vita, proprio a colui che invece avrebbe dovuto pensare di lei come a una donna libera e disinibita.

"No! Che cosa dici? Io non..." cercò di rimediare.

"Non mentirmi! Non mi mentire mai!" la interruppe serio il ragazzo.

Ci fu un momento di silenzio, mentre Lizzy cercava di mantenersi calma. Era strano il suo bisogno di far capire a questo ragazzo, ancora sconosciuto, quale era la sua realtà quotidiana. Non era suo solito parlare della sua famiglia. Non era abituata neanche a dare spiegazioni. Stavolta però voleva che almeno lui sapesse.

"Mio padre non c'entra niente. È che faccio parte di una lunga dinastia e non sempre si può scegliere la propria strada, non se tutti si aspettano da te che tu faccia alcune scelte..." cercò di chiarire, ma era evidente che lei stessa non ne era convinta.

"Scusa non ti seguo. Vorrebbero che tu diventassi cosa, se non una musicista? Medico, avvocato? "

"Non è la professione, è l'aspetto sociale! Se suoni, se parti in tournée, non puoi occuparti di ciò che succede a casa. .. almeno questa è la scusa di zia Marta."

"Quindi non potresti neanche venire a suonare con noi fuori città? " chiese Simon con una leggera delusione nella voce.

"Io non sono una marionetta, okay! Non ho nessuna intenzione di fare quello che vogliono loro, solo perché lo giudicano migliore per la famiglia! " controbatté con troppa energia la ragazza, oramai stanca di dover difendere il suo futuro con tutti.

"Scusa, non era mia intenzione offenderti." cercò di rimediare il bagnino, intuendo di aver toccato un nervo scoperto. Il suo cuore invece sorrideva: quel musetto dolce, per pochi istanti, gli aveva ricordato la piccola fatina Trilli quando si arrabbiava con Peter Pan. Sapeva che stavano parlando di qualcosa di tremendamente serio, di sicuro anche doloroso per Lizzy, ma non poté fare a meno di godere di quell'attimo di tenerezza. Avrebbe voluto lasciargli un piccolo bacio leggero sulla punta di quel nasino, improvvisamente diventato rosso di rabbia. Avrebbe davvero voluto, ma si impose di trattenersi. Non ne aveva ancora il diritto.

Lizzy si era voltata di nuovo verso la strada, lasciando che i cattivi pensieri fossero assorbiti dalla realtà che gli scorreva accanto. Calò il silenzio. La macchina si intrufolava sicura tra i viali della città, ne seguiva i tracciati morbidi e sinuosi: sembrò quasi di non essere più lì. Lasciò che la giornata luminosa penetrasse nel suo cuore. Dopo diversi minuti le sembrò di aver ritrovato la calma. Finché non si accorse di un fatto davvero bizzarro: il ragazzo accanto a lei le stava accarezzando dolcemente il braccio nudo. Era così meravigliosamente piacevole! Un tocco leggero, con il solo scopo di consolarla. Sembrava quasi che lui stesso non se ne stesse rendendo conto, come se la mano avesse deciso da sola di sollevarsi. Guardava la strada pensieroso. Non c'era malizia. Non sapevano nulla l'uno dell'altra, ma le sembrò come se tra di loro si stesse tessendo un legame. Voleva che lui sapesse. Aveva un bisogno incontrollabile di spiegargli la verità. Perché le aveva chiesto di non mentirgli e per lei, essere onesta con lui, era liberatorio. Le parole tornarono da sole sulle sue labbra.

"Non è nulla! È solo che a volte vorrei che almeno mio padre mi spalleggiasse, invece mi sento sola contro una montagna. .."

"Non hai amiche a cui affidare le tue paure? " chiese in un sussurro Simon.

"Le mie amiche guardano solo i lati positivi: soldi, shopping, scuole prestigiose, grandi auto... L'unico che la pensa come me è Steve, ma non lo si può proprio definire parte della famiglia..." concluse con un tono malinconico.

"In che senso? " chiese esterrefatto il ragazzo. "Di cosa stai parlando?"

Come risvegliata da uno stato di trance, Lizzy si scostò dal tocco di Simon, prese un atteggiamento rigido e distaccato, trovando un tono inaspettatamente acido per dare la sua risposta :

"Perché non lo vai a chiedere a lui? Cosa vuoi sapere da me?"

Non era preparato a vederla così sulla difensiva, non era pronto a sentirla difendere a spada tratta suo cugino a quel modo. Perché poi? Di cosa stavano davvero parlando? Non era un Viviani anche lui? Quell'accenno aveva un'accezione particolare, malinconica e terrificante allo stesso tempo: che cosa era risaputo tra i Lo Russo e i Viviani di cui né lui né Andrea erano a conoscenza?

Avrebbe voluto chiedere, ma capì che Lizzy non avrebbe mai parlato di Steve con lui e decise di soprassedere.

Simon entrò nel parcheggio della sala prove e arrestò l'auto. Quando il motore si spense, Lizzy fece per afferrare la maniglia dello sportello, ma il biondo si allungò di scatto e le prese la mano.

"Aspetta!" Sussurrò a pochi centimetri dal viso sorpreso di lei. "Lizzy, noi due non ci conosciamo davvero, non siamo ancora amici. Prima di diventarlo, voglio che tu sappia una cosa: non c'è niente nella tua vita di cui vergognarsi, niente che possa essere giudicato da noi come inappropriato. Di sicuro, non dopo Andrea!" precisò sarcastico, ma con un leggero sottofondo malinconico.

Lizzy fece una brutta smorfia, quasi a ribadire quanto si sbagliasse, quanto fosse lontano dalla sua realtà.

"Non mentirmi mai, non serve." insistette però il ragazzo. "Tutti abbiamo vite strane. Tu almeno hai una famiglia con cui litigare!" con delicatezza, alzò il mento di lei e la fissò.

In quelle poche parole, la biondina vide un mare in tempesta e allo stesso tempo, una placida spiaggia inondata di sole. C'era la luce, c'era il rumore delle onde, c'era tanta pace. Se ne nutrì avida, vi si sdraiò, come se per tutta la sua vita non avesse fatto altro che correre. Tutti i suoi affanni si trasformarono in pochi attimi: divennero insignificanti, facili da risolvere. Si perse di nuovo tra le pieghe di quel marrone caldo e annuì.

Si accorse solo dopo che il ragazzo continuava a rimanere fisso in lei, immobile, decisamente serio: sembrava in difficoltà. I suoi capelli lunghi ricadevano morbidi ai lati del suo viso abbronzato, leggermente piegato in avanti per poter trovare lo sguardo di lei, dall'alto della sua statura. Si era anche pericolosamente avvicinato.

Fu inevitabile: non riuscì a fermare la sua piccola mano chiara che, inaspettatamente, decise di carezzare quella guancia resa ispida da una barba appena accennata. Fu un moto involontario, senza che lei o il suo cervello se ne rendessero conto. Lasciò che i suoi polpastrelli scivolassero con delicatezza. Si sentì piccola davvero, in quel momento, avventata, inesperta, ipnotizzata. Non sentì il respiro mozzato di lui, non si accorse affatto di quanto tremassero entrambi, ma vide le palpebre coprire le iridi cioccolato per una frazione di secondo di troppo e capì che anche lui stava godendo di quel contatto. Il suo cuore urlò di gioia. I suoi neuroni urlarono di vergogna. Si rese conto di ciò che aveva appena fatto e avvampò. Ritirò di scatto la mano e abbassò lo sguardo verso i tappetini dell'auto.

"Che cosa ti ha detto Andrea di me?" fu la richiesta che tagliò l'aria, divenuta densa all'interno dell'abitacolo. Nessuno dei due sembrava avere più l'intenzione di scendere.

Lizzy inspirò profondamente, prima di rispondere la verità, quella che lui stesso gli aveva chiesto poco prima. "Che sei uno sciupafemmine incallito, che devo starti lontana per non farmi stregare da te."

Simon sogghignò e annuì.

"Poi?" chiese sicuro.

Lizzy si voltò di nuovo a guardarlo, sorpresa che lui sapesse che c'era di più. Doveva conoscere davvero bene Andrea.

"Che sei la persona più buona, paziente ed affidabile che ci sia sulla terra" concluse, sorridendogli.

"Allora, ti dico io che cosa faremo. Abbiamo detto che la sincerità è la prima regola, quindi, sarò schietto." prese un profondo respiro, come prima di dover urlare a perdifiato, tenendo saldo il suo sguardo dentro quelle iridi stupefacenti. "Tu sei una fragolina appena sbocciata, di un tenero rosa scuro, con il profumo intenso del bosco e il sapore più dolce che si possa mai trovare." spiegò con entusiasmo.

Lizzy sgranò gli occhi, sorpresa.

"E le fragole sono il mio frutto preferito!" continuò il biondo, diretto come una freccia. Dardo che colpì nel segno e fece diventare davvero rosso fragola le guance della ragazzina.

"Simon, non..." cercò di fermarlo, perché un discorso del genere poteva davvero farla impazzire, visto quanto le piaceva quel ragazzo.

Il bagnino, con estrema lentezza, poggiò due dita grandi sulle labbra di lei, perché non dicesse più nulla e ne fu ubriacato dalla morbidezza, a tal punto, che ogni resistenza cadde inesorabilmente sul pavimento e parlò completamente senza veli, nudo davanti a quella piccola fatina.

"Non ti nascondo che in questo momento vorrei davvero venire lì e baciarti ininterrottamente fino a domani, ma rovinerei tutto e non voglio!" la sua voce divenne velluto. "Non farò niente di ciò che ho fatto finora, no. Lascerò invece che tu mi conosca, che tu ti fidi di me, che tu capisca che cosa c'è dietro questa pelle abbronzata. Quando lo saprai, mi chiederai di baciare queste tue labbra morbide." con delicatezza, lasciò che i suoi polpastrelli seguissero il bordo di quella bocca agognata.

Continuò in un sussurro: "Solo, non farlo prima di essere sicura che tu sia pronta a spogliarti davanti a me. Non farlo, se hai il dubbio che il giorno dopo io sarò in cerca di nuove avventure. Perché, se lo farai, io sarò tuo e già ora ho il timore di ciò che scateni ogni volta che i tuoi occhi meravigliosi mi dedicano una fugace occhiata!" le carezzò la guancia e sentì i loro cuori scalpitare.

Quel ragazzo a cui la vita aveva regalato tanto, quell'uomo che aveva provato grandi gioie e grandi dolori, si ritrovò con il fiatone davanti a quella creatura delicata e sentì le sue dita tremare. "Non sono pronto a soffrire per te..." rifletté in preda al panico "...ma sono pronto a..." si fermò e si ritrasse, spaventato dalle immagini che in un baleno avevano saturato la sua mente. Che cosa gli stava succedendo? Era impazzito? Si era tuffato in quel mare calmo, si era crogiolato in quell'acqua tiepida e ora, che ostinatamente si costringeva a guardare davanti a sé, aveva freddo e, per la prima volta nella sua vita da quando aveva incontrato gli occhi verdi di Andrea, si sentì di nuovo perso, instabile, disorientato, senza futuro.

Una manina delicata andò, di nuovo, a poggiarsi sulla sua guancia e lo costrinse a voltarsi. I due ragazzi si guardarono, l'espressione sorpresa e terrorizzata era identica nei loro volti. Stavolta fu Lizzy a tirar fuori una forza inaspettata; parlò in affanno, i respiri che uscivano frammezzati dalla sua gola, ma decisa e sicura:

"Simon..." sospirò. Stava tremando vistosamente. Era spaventata e felice allo stesso tempo. Era tutto così surreale, da sembrare un sogno. Solo che anche lui stava davvero tremando e questo le permise di capire che non la stava prendendo in giro.

C'era solo una cosa che poteva fare, perché tutto divenisse davvero reale.

"Sono d'accordo con te. Adesso sono terrorizzata, ho davvero paura a crederti, ma... ti supplico, prima che mi svegli pensando che è stato tutto frutto della mia immaginazione... prima che qualcuno mi costringa a pensare che mi stai prendendo in giro... lascia che le tue labbra mi dicano la verità" domandò con fermezza.

Simon non se lo fece ripetere. Si avvicinò lentamente a lei, intrappolato dalle sue iridi meravigliose e poggiò le sue labbra su quella bocca deliziosa, proprio come se stesse assaporando una fragola. Forse era sbagliato, forse non ne aveva il diritto, ma per una volta, fece ciò che voleva, senza pensare alle conseguenze. Si ritrovò, per la prima volta nella sua vita, a pensare seriamente di star morendo. Provò una vertigine così violenta, che perse il senso dell'orientamento. Si sentì risucchiato in un vortice caldo, con uno splendido profumo di miele. Non si accorse delle piccole manine di lei che si intrufolarono lentamente tra i suoi capelli. Non capì che gli aveva permesso di andare più a fondo, se non quando assaporò il sapore della sua lingua e la sentì gemere di soddisfazione. Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo passò, prima che il bisogno di ossigeno li costringesse a staccarsi uno dall'altra. Si guardarono, stravolti. Per attimi infiniti, non riuscirono a fare altro che rimanere immersi in quella strana magia. La mente vuota. L'animo colmo. Persi in qualcosa di così inaspettato da renderli ubriachi.

Fu Simon ad accorgersi improvvisamente che qualcuno stava suonando insistentemente un clacson, poco distante dalla loro auto. Riconobbe lo spider di Grace, che stava, con la sua solita gentilezza, invitando un automobilista a spostarsi da davanti l'ingresso del parcheggio della sala prove.

Inspirò profondamente, cercando di ritrovare il controllo, cercando di ritornare alla sua vita reale. Sentì Lizzy fare lo stesso e gli venne da ridere.

"Mi hai drogato?" scherzò, guardandola di nuovo lucido.

"O forse sei tu che hai drogato me?" rispose pronta lei, di nuovo in sé, pur ancora completamente paonazza.

Prima che ricadessero nell'incantesimo, la biondina allungò la sua mano e Simon la strinse. "Siamo d'accordo, dunque?" chiese allegra.

Il ragazzo annuì e le sue palpebre si strinsero in un moto di malizia:

"Preferisci stucchevole o divertente?" chiese a bruciapelo.

Lizzy lo scrutò incuriosita, poi capì e un sorriso allegro gli illuminò il viso.

"Divertente, senza ombra di dubbio. Non credo che lo stucchevole ti sia addica... e poi..." alzò le spalle in un moto di scuse "Non sarebbe dignitoso di fronte ai tuoi amici."

"Ti preoccupi già per me?" chiese il bagnino, alzando un sopracciglio malizioso.

"Mhmmm..." ribatté lei, piegandosi in avanti, cercando di recuperare la borsetta caduta sul tappetino della macchina. Se non lo guardava riusciva a ritrovare la sua aria sbarazzina, così lo canzonò: "Presuntuoso, eh? Pensi davvero che basti così poco? Suderai bagnino, come non hai mai fatto neanche sotto il sole della più calda giornata d'estate!" e gli strizzò l'occhio.

Simon scoppiò a ridere e scese dall'auto. Gli piaceva il modo che aveva quello scricciolo di prendersi gioco di lui. Gli piacevano già tante cose di lei. Mentre faceva il giro dell'auto, si sentì entusiasta di questo suo stato. Le aprì di nuovo lo sportello e le offrì una mano per aiutarla a scendere.

Una voce dietro di lui arrivò con una fortissima accezione di rimprovero:

"Simon! L'hai trattata come ti ho chiesto?"

Il biondo si voltò verso Grace e Andrea, che li osservavano preoccupate e sorrise.

Fu Lizzy a rispondere:

"E' stato meraviglioso!" forse in un tono ancora troppo sognante.

"Che cosa le hai fatto?" chiesero in coro le sue due amiche, con uno sguardo che rasentava la minaccia.

Simon rise e alzò le mani davanti a sé: "Nulla di ciò che siete abituate a pensare di me!" spiegò allegro.

Le due ragazze lo guardarono curiose, ma Lizzy decise di venire in suo aiuto.

"Dove si va?" chiese per distrarle.

"Vieni" replicò Andrea, facendole cenno di seguirla.

Mentre entravano, Simon prese Grace per un braccio, trattenendola indietro.

"Come sta?" si informò. LA sua euforia si spense in un soffio.

"Per ora come sempre. Sembra che la crisi di ieri non sia mai avvenuta. Che ti ha detto Steve?"

"Steve... Steve..." sospirò l'amico. "Ho in mente un'idea per farli tornare insieme. Dice di no, che è qualcosa di diverso, ma secondo me questa separazione li sta destabilizzando entrambi." passò un braccio sulle spalle della piccola moretta.

"Comunque, ho deciso che di lui possiamo fidarci!" proferì sicuro.

"Davvero?" chiese l'indiana sorpresa.

"Sì, davvero!" rispose lui con enfasi. "E' forse più matto e incasinato di Andrea, ma è un bravo ragazzo."

Grace lo osservò in viso, curiosa di questa sua sicurezza. Vi trovò una luce nuova e non poté fare a meno di chiedere:

"Più di Jake?"

Simon si fermò per guardarla. "Beh, diciamo che è più nelle mie corde. Jake è troppo sulle regole per i miei gusti. Steve, invece, ha un'anima infuocata che tiene ben nascosta, ma è decisamente più divertente!" spiegò con così tanta enfasi che l'amica non poté fare a meno di sorriderne.

"E' scoppiato un grande amore?" lo prese in giro, sollevando un sopracciglio.

Lo sguardo di Simon si fece di nuovo liquido e le confessò in un orecchio, pianissimo: "Il mio grande amore è sbocciato oggi, non ieri".

Grace non ebbe bisogno di spiegazioni e corse con lo sguardo verso Lizzy. Poi tornò su di lui e capì dalla sua espressione che era serissimo. Gli sorrise e non poté fare a meno di ammonirlo: "Piedi di piombo e mani in tasca, mi raccomando!"

Si sarebbe forse aspettata un'espressione offesa o risentita, nella reazione del suo vecchio amico, ma mai quello che vi trovò invece. Simon chiuse le palpebre e sospirando le confessò: "Come se tenessi tra le mani una farfalla..."

Lei lo strinse forte a sé, felicissima di sentirlo finalmente parlare di amore, di vederlo perso in altro che non fosse la vita travagliata di Andrea.

"Se sbaglio, mi ammonisci?" le chiese lui, con un'aria terrorizzata che fece scoppiare il cuore di Grace di tenerezza:

"Se farai cazzate, ti prenderò a randellate!"

Entrarono in sala prove ridendo entrambi, abbracciati stretti.


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Quale modo migliore di festeggiare San Valentino con voi, se non regalandovi questo tenero bocciola di rosa appena nato.

Lo so, pensate che io non mi renda conto che così facendo vorrà dire che Simon non è più disponibile? Il mio cuore ha sanguinato per questo, ma la storia non la faccio io e poi...

se lo amate quanto me, non potete che augurargli un bellissimo amore come quello che sta nascendo!

BUON SAN VALENTINO A TUTTE VOI, STRACOLMO DI CUORICINI!

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