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CAP 2MOMENTI

Arrivò puntuale in laboratorio. Si infilò il camice bianco, troppo corto per lei: le gambe rimanevano sempre troppo in vista. Ma le piaceva che i colleghi guardassero in basso prima di incontrare i suoi occhi. Quel semplice gesto li sottometteva al suo volere e neanche se ne rendevano conto!

Sorrise di quella cattiveria sugli uomini.

"Perché sogghigni?" Le chiese Jennifer mentre le si avvicinava.

"Pensavo agli uomini..." E le venne ancora da ridere.

"Ah, allora concordo!" Rispose la collega.

Andrea era direttore del laboratorio chimico alla W.S.F. La laurea in chimica e tutte le varie specializzazioni le avevano fatto guadagnare il posto di lavoro al primo colloquio. Dopo un anno, l'amministratore delegato l'aveva convocata nel suo ufficio al terzo piano, per informarla che avevano apprezzato così tanto il lavoro svolto nel ramo della farmaceutica naturale, che le mettevano a disposizione un laboratorio nuovo tutto per lei e il suo staff.

Le era sembrato un sogno. Poi però erano iniziati ad arrivare gli Imput, come li chiamavano all'ufficio marketing. Creazione di una sostanza capace di alleggerire lo strato lipidico del collo, formule per l'idratazione cellulare profonda, polveri in grado di illuminare il contorno occhi. Con date di scadenza ben prefissate. Non sapeva neanche lei come ci riusciva. Ogni nuovo imput le suonava più come un'ultimatum.

Nel suo staff c'erano la fedele assistente Jennifer, della cui vita privata sapeva tutto, anche le volte che l'aveva fatta venire il fidanzato di turno. Di solito non duravano più di tre mesi. Se lo poteva permettere.

E Nicholas Farsaris, meraviglioso chimico d'origine greca che Andrea aveva invitato a casa sua e strapazzato, sette giorni esatti dopo il suo arrivo. Dopodiché, non lo aveva più considerato. Quando avevano aperto il nuovo laboratorio, Andrea lo aveva proposto per far parte del suo staff. Da quel momento l'aveva osannata, dimenticando il resto. Era un valido elemento e un grande aiuto nel suo lavoro. Non si era mai chiesta che cosa avesse significato quella notte per lui. Non ne avevano più fatto parola e lei non aveva nessun interesse a rivangare il passato.

"Nicholas è arrivato? Avrei bisogno dei suoi risultati di ieri prima di procedere." Chiese a Jennifer.

"Eccomi. Sono pronto." Rispose lui alle loro spalle. Aveva sempre un'aria così professionale!

Andrea si voltò sorridendo.

"Ottimo. Andiamo!"

Un'ora dopo usciva dal laboratorio analisi soddisfatta del lavoro svolto. C'era da affannarsi parecchio per rispettare le consegne, ma il suo cervello sembrava accellerare mentre si immergeva nel mondo delle particelle vegetali. Si sentiva bene in quegli ambienti, immersa nelle provette di vetro. Amava quei banconi lineari e lucidi. Amava dar vita alla vita. Si sentiva quasi una dea. Era cosciente che nessuno riusciva a starle dietro in quel mondo. Lì era come vivere nelle favole, dove la principessa è anche la strega depositaria dei segreti più arcani della magia.

Sentì squillare il suo cellulare. Era sopra la sua scrivania.

"Voi andate avanti. Arrivo subito." Si diresse in ufficio dopo aver consegnato le cartelle a Jennifer.

"Pronto Jake? Dimmi." Rispose laconica. Non le piaceva che la si chiamasse in ufficio.

"Scusa se ti chiamo Andy, ma Simon voleva sapere se è confermato per stasera."

Per un istante rimase nel limbo, troppo presa dalle molecole per capire. Poi si ricordò:

"Sì, non ci ho più riparlato ma mi avevano già inviato l'anticipo, quindi penso di sì."

"Ok. Vieni da sola o ti passiamo a prendere?" Chiese gentilmente Jake. Sapeva che la stava disturbando, ma per lui era importante sapere quel dettaglio.

"Vengo da sola. Ci vediamo lì." Anche lei conosceva il perché della domanda.

"Ok. Ciao." E riattaccò.

Rimase un istante con il telefono in mano. Erano stati insieme la sera prima. Conosceva le regole. Come poteva dubitare che non fosse serata di caccia? Forse non aveva ancora visto i suoi shorts che aveva intenzione di mettersi. O forse sperava nel bis...

Le labbra le disegnarono un ghigno di sdegno sul viso. Era l'unico modo. Le dispiaceva, ma doveva mantenere Jake a quella distanza. Non voleva illuderlo e vedersi due volte di seguito per lei voleva dire illuderlo.

Posò il telefono e tornò al suo lavoro.


Parcheggiò la macchina nel parcheggio della discoteca. Con la coda dell'occhio, mentre passava davanti all'ingresso di servizio, vide i ragazzi in attesa del suo arrivo, casse e strumenti accatastati vicino a loro: perché non avessero mai il coraggio di entrare senza di lei rimaneva un mistero. Eppure erano tutti belli grossi e le loro facce a volte sapevano essere davvero inquietanti. Che paura avevano a farsi avanti, bussare e dire che erano lì per suonare: in fondo li stavano aspettando!

Si avvicinò salutando e Simon si illuminò:

"Ciao zingara, sei sempre l'ultima ad arrivare!" Non era un rimprovero. Almeno Andrea non lo prese come tale.

"Non potevate entrare e cominciare a montare?" Rispose per sondare il terreno.

"Aspettavamo te!" Rispose Jake per giustificarsi. Quindi sapevano che non era necessario aspettare lei. Forse la consideravano una cortesia indispensabile, visto che era lei a trovare gli ingaggi, a occuparsi dei fondi, a pagare gli spostamenti quando dovevano suonare in altre città. A volte anche gli alberghi erano a spese sue

Le labbra tremarono per l'effetto di un leggero sorriso: la consideravano il capo della band e come il branco non mangia mai prima del capobranco, così loro non si muovevano prima di lei. La cosa la fece sentire bene. Non le importava se la consideravano un'amica o una strega, erano comunque assoggettati a lei. In una band è fondamentale il rispetto per il capo!

Per l'occasione aveva scelto anche un abbigliamento che non lasciava dubbi: tipa tosta! Aveva comprato la settimana precedente un paio di shorts argentati effetto natiche in vista, che facevano apparire le sue gambe chilometriche. Aveva abbinato sopra una deliziosa t-shirt nera che si allargava in vita in un volteggiante tulle: se non fosse stato per le mezze maniche, sarebbe potuto passare per un babydoll. E stupefacenti sandali nude look tacco dieci neri con laccetto ai piedi. Prima di uscire di casa si era guardata allo specchio; le piaceva l'effetto d'insieme e le piaceva anche il messaggio che trasmetteva: qui solo su invito! Era sempre scocciata da qualche bel fusto in serate come quella. Era difficile far capire agli uomini che a scegliere era lei. Ma alla fine capitolavano anche i più scontrosi, accettando la regola base pur di un suo bacio. Se l'avesse vista Nilanthi, l'avrebbe ripudiata. Ma il suo abbigliamento aveva uno scopo e se questo significava mostrare un po' di gambe, allora non le importava. L'importante era che nessuno potesse mai pensare a lei come a una conquista. L'importante era che nessun uomo potesse mai innamorarsi di lei. Era un gioco, solo un gioco intrigante. I sentimenti ne dovevano rimanere fuori. I sentimenti erano per gli sfigati!

Mezz'ora dopo, allestito il palco e montati tutti gli strumenti, erano pronti. La sala era gigantesca. La musica faceva veramente schifo, forse per questo il proprietario l'aveva contattata. Infatti i suoi fan l'avevano seguita anche lì. La discoteca era colma. A volte si meravigliava di quante ragazze fossero innamorate della sua musica. I ragazzi li capiva, ma le ragazze che seguissero un gruppo rock trasgressivo come loro era davvero strano. Le piaceva credere che fossero innamorate del suo personaggio, che la prendessero ad esempio. Non si poneva di fronte alla questione se il suo esempio potesse essere positivo o no. A lei piaceva il suo modo di vivere, semplice e divertente. Perché le altre ragazze non potevano vivere come lei? Sempre meglio che versare lacrime per qualche stronzo.

Salì sul palco a luci spente e subito venne incorniciata da un fascio di luce:

"Buonasera a tutti."

Iniziò con voce suadente, era una caramella al miele. Tutti gli occhi la fissarono.

"Vi ringrazio di essere qui stasera per ascoltare gli Aliens on earth. Vi prometto che da noi riceverete solo..." e ammiccò pettegola, "orgasmi!!!" Urlò e la folla esplose.

La musica della chitarra elettrica si insinuò nella sala come il fumo nella foresta, tergiversò, crebbe di intensità, per darle il tempo di sedersi alla batteria e quando Andrea fu pronta, esplose il suo ritmo come una bomba! Era così rilassante suonare uno strumento così rumoroso! Il ritmo della sua musica era l'unico battito che si sarebbe potuto ascoltare dal suo cuore, ormai. In quei momenti era ancora lei, la vitalità, la gioia, la voglia di urlare "ti amo" al mondo: l'adrenalina era la sua droga, la musica il suo mare in cui poter ancora seguire il vento, il ritmo riscuoteva i suoi muscoli, le note della chitarra di Simon le riaccendevano ormoni assopiti, i bassi di Jake le facevano ribollire il sangue. La musica era l'unico elemento che non poteva analizzare in laboratorio e l'unica salvezza per lei. Se avesse potuto sintetizzarlo, ne avrebbe fato un elisir di lunga vita. Invece se ne nutriva come un leone con la gazzella. Non ne avrebbe mai avuto abbastanza. E la folla sentiva questo suo stato d'animo, sentiva il desiderio che si liberava nota dopo nota e non riusciva a staccarsi da lei.

Fu il delirio, un'ora ininterrotta di musica indiavolata. Quando le braccia cominciarono a indolenzirsi fece un segno a Simon che non ricominciò a suonare dopo gli ultimi accordi. Simon era il cantante, aveva il microfono sempre vicino, ma aspettò che Andrea si alzasse dalla batteria, la pelle lucida dallo sforzo, e parlasse al pubblico:

"Ragazzi, facciamo una pausa, ho proprio bisogno di bere! A proposito, qualcuno ha voglia di offrirmi una birra?"

Quasi tutte le mani si alzarono e lei saltò dal palco per entrare tra la folla e lasciarsi cullare dai suoi fans. Simon e Jake si guardarono, preoccupati. Lasciarono i loro strumenti e la seguirono di corsa, spintonando la gente per riuscire a raggiungerla e farle da guardia del corpo. Arrivarono al bar insieme.

"Dammi una rossa." Ordinò Andrea al barista. Le arrivò subito la bottiglia e una mano la prese prima che lei potesse raggiungerla.

"Lei non paga, Kristian." Informò il proprietario del locale. "E' mia ospite."

"Molto gentile sig. Viviani. Come le è sembrato finora il concerto?" Chiese Andrea, pur sapendo già la risposta.

"Favoloso, zucchero. Non pensavo che parlassi sul serio quando ti vantavi dei tuoi fans! E ci sono più ragazze che ragazzi, davvero stupendo." I suoi occhi si persero lontano; forse già contava i soldi dell'incasso. "Promettimi un'altra serata, almeno prima di Natale o se non hai già impegni, direttamente per la notte di Capodanno: sono anni che non riesco a riempire la discoteca con tutta questa gioventù." Confessò speranzoso.

"Ci penserò." Rispose Andrea. Le piaceva farsi pregare in certe occasioni. I proprietari dovevano sempre prendere la sua presenza come un grande privilegio e non dare mai nulla per scontato. Era così che strappava le scritture più redditizie.

Si voltò per brindare con un po' di amici e salutare alcune persone che le si erano avvicinate.

"Vorrei presentarti una persona, se permetti." Continuò il sig. Viviani

Andrea tornò a guardarlo e vide avvicinarsi alle sue spalle un ragazzo altissimo, rasentava i due metri di sicuro. Camicia bianca, cravatta nera leggermente slacciata, pantaloni di un colore indefinibile: verde fango, pensò mentre lo osservava. Il solito figlio di papà spendaccione, le balenò subito in mente.

Che palle... Adesso cercherà subito di fare il grasso agnello con me, pensando che una rockettara come me è facile da comprare... Aspetta e spera!

"Salve, sono Steve. Il nipote di Viviani. Volevo farti i complimenti per lo spettacolo. Veramente sexy!" Attaccò Steve con un certo savoir faire.

"Beh, speravo che la mia musica fosse almeno un po' più originale del sexy. Detto così mi fai sentire come una che balla la lap dance!" Rispose pronta Andrea, già più che offesa dall'aggettivo.

Ma mentre sorrideva della risposta, Steve fece scivolare i suoi occhi dalle scarpe di Andrea, su su per le gambe, gli brillarono quando si rese conto dell'abbondanza del suo seno e infine la penetrarono fissandosi nei suoi occhi. Andrea rimase senza fiato. Avrebbe detto che la stava spogliando con gli occhi, ma quando lo guardò in faccia capì che non la stava osservando con malizia, ma con una profonda commozione. Non riuscì a capire perché. Era come se le avesse fatto pena.

Sta pensando che sono una puttana, porca miseria. Adesso lo rimetto nei ranghi!

"Spiacente, ma di solito non accetto inviti dagli sconosciuti e scopo solo su mio invito!" Rispose acida a una domanda che lui non aveva formulato.

"Oh!" Si ricompose lui. "Scusami se ti ho dato quest'impressione. So esattamente le regole del tuo gioco. Mio zio mi aveva avvisato che non sei una tipa facile. In realtà, non mi aveva detto che eri così bella e sono rimasto allibito. Mi aspettavo le solite capelli verdi, altezza puffo!" Rise. Ma vedendo che Andrea rimaneva impassibile, continuò: "Ti ho voluto conoscere perché ho una proposta d'affari da farti." E i suoi occhi si posarono di nuovo in quelli di lei.

A quelle parole le guance di Andrea presero fuoco e la birra le si fermò a mezza gola. Era imbarazzata come non le succedeva da anni. Aveva frainteso alla grande. Doveva rispondere qualcosa e subito!

"Scusami tu!" Sorrise. "E' la forza dell'abitudine che ha parlato a posto mio. Mi rendo conto che la mia reputazione mi precede."

Cosa? Andrea ma cosa stai dicendo? Così ti stai dando della puttana da sola! La rimproverò la parte saggia del suo cervello.

"Nel senso che di solito non mi lascio imbambolare con facilità."

Anche se sembra che tu ci sia riuscito anche senza volerlo! Continuò fra sé.

"Mi aveva avvisato zio che la tua lingua è lunga quanto le tue gambe!" Rise ancora e i suoi occhi accarezzarono ancora la linea pulita delle cosce di Andrea.

"Sì, bene." Riprese Andrea cercando di cambiare argomento. "Vogliamo sederci là, così puoi spiegarmi la tua proposta?" E si avviò verso un tavolinetto affacciato sulla sala discoteca al piano inferiore. Il locale era gremito e la musica pop adesso impazzava, in attesa che lei ritornasse a suonare.

"Allora..." Iniziò Steve cercando di spiegarsi. "E' molto semplice. Io sono un poeta, o come dite voi discografici, un paroliere." Aveva  un'aria seria e concentrata. Era evidente che la questione gli era molto a cuore. "E volevo conoscerti perché adoro le vostre canzoni. Sono stato io a dire a zio Sam di scritturarti. Perché volevo chiederti se potevo convincerti a mettere in musica qualcosa di mio." Di nuovo i suoi occhi nocciola fissarono il verde degli occhi di Andrea.

Era in attesa di una replica. Andrea si era persa. La sua mente si era improvvisamente lanciata nel futuro, nello spazio e nel tempo, immaginando quanto sarebbe stato tutto più facile scrivere la musica per una poesia, magari d'amore, che a lei non venivano proprio un granché. Lo fissava.

Cazzo! Da quanto lo sto fissando così. Penserà che sono ubriaca!

"Credo che la tua idea possa essere molto interessante per me" Rispose prendendo un tono professionale. Steve doveva credere che il suo appannamento fosse stato semplice riflessione. Non stavo sognando. Stavo ponderando l'offerta. Si giustificò tra sé.

"Prima però vorrei che mi inviassi qualche verso. Ho bisogno di sapere come scrivi e se il tuo stile si adatta al mio. E soprattutto se mi ispiri le note giuste!" Gli sorrise maliziosa.

"Ok. Dammi il tuo numero che ti mando qualcosa domani." Le suggerì lui prendendo il suo cellulare dalla tasca.

"Ti do la mia email." Suggerì guardinga Andrea. Non le andava di dare il cellulare a questo sconosciuto, anche se non incuteva sensazioni negative. E se poi le telefonava a tutte le ore?

"Non voglio importunarti a tutte le ore, se è questo che temi. E' solo che gli sms sono l'ultima frontiera della poesia e puoi leggerli durante la giornata, quando la tua mente è più attiva e propensa a creare. Le mail le leggerai come minimo la sera prima di dormire e la notte non credo che tu riesca a suonare mentre dormi!" Spiegò con enfasi.

Cazzo! Questo qui è uno stregone o cosa? Ci ha preso in pieno. E va bene. Se rompe i coglioni ci metto poco a cambiare scheda. Rifletté lei, stupefatta.

"Ok, scrivi." Disse esasperata. Voleva andarsene velocemente. C'era qualcosa di fastidioso in questa conversazione. E il fatto che il tizio fosse così perspicace le aumentava il disagio.

"Ora scusami ma devo tornare a suonare." Si affrettò ad alzarsi.

"Sì, certo." Si alzò anche lui.

Lei fece per allontanarsi e Steve l'agganciò con il braccio e le si avvicinò all'orecchio:

"Ah, dimenticavo... A me piacciono i sentimenti forti e soprattutto veri! Perciò ti supplico, non invitarmi mai a casa tua!" E il suo tono era quasi accorato.

Andrea sentì un brivido caldo pizzicarle le natiche, ma si impose di rimediare:

"Oh tesoro, se volessi prenderti per il culo, mi basterebbe fare..." e lasciò scivolare una mano sul sedere di Steve, trovandolo molto più sodo di quanto si aspettasse, mentre si avvicinava ancora a lui, lasciando che il suo seno si andasse a schiantare contro il suo petto; con l'altra mano gli carezzò il mento. "Ma tu sei un poeta..." E di scatto si ritrasse da lui. "E a me piacciono gli uomini con le palle, sennò che gusto c'è a scoparli?"

Lo lasciò lì, senza voltarsi. Steve era gelato. Il fuoco ardeva senza pietà. E le mani erano ghiacciate. Gli ci volle un po' per riprendersi. Quella ragazza era peggio di una doccia fredda dopo la sauna: un gran bella botta di vita! La seguì con lo sguardo, la vide salire sul palco. Le sue labbra si schiusero in un sorrisetto malizioso. "Che cazzo di idea mi è venuta! Sarà molto più difficile del solito..." e si diresse verso l'ufficio del sig. Viviani scuotendo la testa.



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