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Cap 28 YOU WILL BURN IN HELL


Valutato che avrebbero avuto bisogno di un po' di tranquillità; afferrato il concetto che Andrea non era pronta ad affrontare Steve; messo un uomo della centrale a tenere sotto osservazione la casa di Andrea, che per una volta, avrebbe dormito con Grace, invece che con un uomo; decisero di andare nell'appartamento di Simon, in Cedar Spring Road, comprato subito dopo la vendita della villa dei suoi.

Salirono la scala centrale, che tagliava in due la palazzina bianca a due piani, con i tetti di tegole rustiche, rigorosamente color cotto.

Simon aprì il portoncino ai due amici, che si riversarono in silenzio in un enorme open space.

Jake lì era di casa, così si diresse, senza permesso, verso il frigo.

Steve rimase educatamente nell'ingresso, una mano nella tasca dei jeans, il casco sottobraccio. Osservò il locale con attenzione. Rispetto al suo appartamento freddo e impersonale, il bilocale di Simon era caldo, con pareti di mattoni a vista che troneggiavano su tre lati del salone. Le travi di legno a tetto e le tavole di legno svedese a terra, lo rendevano ancora più confortevole. Una paio di colonne spezzavano lo spazio, dividendolo ipoteticamente in zona cucina, che occupava tutta la parete di fondo a destra; la sala da pranzo, con un gigantesco tavolo in ferro rosso con il ripiano in vetro, sicuramente capace di ospitare almeno dodici persone; il living, con un bellissimo divano in pelle anticata e lo sfacciato schermo al plasma appeso al muro della parete di sinistra. La scelta di colori naturali, come il marrone del divano di pelle, o il rosso mattone della cucina, dava all'ambiente un'accezione familiare, amichevole, confortante e inconfondibilmente da scapolo!

Dal lato opposto dell'ingresso, enormi vetrate si affacciavano sul parco di Cherrywood a pochi centinaia di metri da lì.

"Accomodati!" fece gli onori di casa il biondo. "Birra o vino?" domandò cortese.

"Oppure puoi prendere qualcosa dal frigo, se hai fame, come sta facendo quel troglodita laggiù!" indicò con il mento Jake, con la testa completamente dentro al frigo.

"Guarda che ti sento!" parlò la voce tra gli insaccati.

"Lo so che mi senti! Per questo l'ho detto..." sorrise beffardo, dirigendosi verso il bagno. "Vado a vedere se mi hai spaccato la testa, con quella botta sul cemento!"

Steve sogghignò divertito al ricordo. Sapeva di non avergli fatto male, così si avviò tranquillamente verso Jake.

"Che c'è di buono?" gli chiese.

"Vedo un'invitante mezzo pollo con capperi e finocchio da riscaldare, bistecche da fare ai ferri, hamburger, insalata con cipolle oppure le uova" rispose Jake con l'acquolina in bocca.

"Vada per le bistecche. Sono giorni che mangio panini..." rispose Steve affamato.

AlloraJake uscì dal frigo con il piatto delle bistecche e tirò fuori la bistecchiera, con fare sicuro, da dentro un'anta vicino al frigo. La posizionò sui fornelli, accese l'aspiratore e piazzò tre bistecche. Infine si voltò a guardare Steve.

"Hai passato tutti questi giorni a sorvegliarla? Anche di notte?" chiese accigliato.

"Sì... non ho potuto farne a meno..." confessò il ragazzone, arrossendo vistosamente.

"E non hai pensato di richiamarmi? Ti avrei tranquillizzato" lo rimproverò il moro, incrociando le braccia.

"Non sapevo che cosa pensavate di me, dopo..." storse la bocca in una smorfia di imbarazzo "Beh, dopo quello che sicuramente vi aveva raccontato Andrea!"

"Pensavamo che sei un'idiota!" lo apostrofò Jake, dandogli una spallata.

Steve allora raddrizzò le spalle e lo fulminò con il suo sguardo infuocato.

"Io sarò anche un idiota, ma cazzo, non ti sei mai neanche accorto di me, lì a un passo da voi! Sarei potuto entrare da Andrea in qualsiasi momento!"

"Che cosa? C'era Simon con lei, ti avrebbe steso in due mosse!" si schernì l'amico, dirigendosi verso il tavolo.

"Sì, si è visto..." lo spintonò a sua volta Steve.

"Sì, infatti!" li interruppe una voce dal fondo del salone "Adesso ci dici dove cazzo hai imparato a difenderti in quel modo..." lo squadrò Simon, avanzando verso i fornelli e controllando cosa stavano cucinando.

"...e come diavolo hai fatto a smontare la mia pistola, senza che io potessi neanche riuscire a muovermi!" finì il discorso Jake.

"Questo è solo perché siete due lentoni!" li canzonò adesso lo psicologo "E non riuscite a rimanere lucidi, mentre lottate!"

"Io sono freddo come il ghiaccio!" si schernì il poliziotto "E' solo che a malapena sapevo che si potesse fare!" si giustificò.

Steve rise ancora più divertito.

"Sapessi le cose che non insegnano nelle caserme, mio caro poliziotto!" lo prese ancora in giro, battendogli una mano sulla spalla.

"Okay... e allora perché invece tu lo sai fare?" incalzò di nuovo Simon, mentre posizionava i piatti in tavola.

Ci fu un attimo di silenzio, in cui Steve rimase sospeso, perplesso.

Jake si diresse di nuovo verso il frigo e tirò fuori tre birre ghiacciate. Le stappò, ne lasciò due sul tavolo e ne porse una a Steve.

"Qui sei fra amici, lo sai, sì?" cercò di tranquillizzare quel ragazzone, che ora sembrava davvero in difficoltà. "Quello che ti va di raccontarci, noi lo terremo per noi. Il fatto che io sia della polizia, non vuol dire che se mi dici qualcosa di compromettente, io sia obbligato a riportarlo in centrale..."

Steve sollevò un sopracciglio, mostrando la sua perplessità, mentre Simon sgranò gli occhi.

"Di che cazzo parli? Perché pensi che si stia riferendo a qualcosa che possa interessare la polizia?" cercò di capire il biondo, adesso piuttosto agitato.

Steve e Jake però si stavano scrutando immobili, entrambi in lotta con se stessi.

Alla fine, Steve abbassò lo sguardo, sospirò rassegnato e si andò a sedere a tavola con la birra in mano.

Jake fece altrettanto, arraffando una bottiglia e portandosela alla bocca. Aspettava, sapendo dal comportamento di Steve, di aver centrato il bersaglio.

"Dimmi che cosa già sai..." rispose Steve, i gomiti appoggiati sul tavolo, mentre le mani rigiravano a mezz'aria la bottiglia di birra.

Simon si sedette vicino a loro, le labbra ancora dischiuse dalla sorpresa.

Jake annuì e iniziò a parlare con il tono deciso e informale, tipico dei documenti ufficiali della polizia:

"I verbali parlano di un incidente verificatosi nel novembre 2005. Ci furono tre studenti implicati, tutti iscritti alla NYU. Le cause vennero ricondotte a un malfunzionamento nell'impianto di riscaldamento della palazzina. Ci furono degli interrogatori, ma nessuno venne ritenuto colpevole dell'accaduto. Fine della storia" la sua voce era diventata fredda, ma i suoi occhi azzurri scrutavano con dolore l'amico, il cui capo ondeggiava vistosamente avanti e indietro, fino ad appoggiarsi alla bottiglia fresca e dunque alle mani, con la fronte. Sembrava spossato.

Simon non resistette e gli poggiò una mano sulla spalla. Solo così si accorse di quanto, in realtà, stesse tremando il loro nuovo compagno.

Steve non si mosse, chiuse gli occhi e iniziò il suo racconto.

"L'insabbiatura più ben riuscita della storia della legislatura americana..." sentenziò con disgusto. Inspirò con energia per darsi coraggio.

"Io e Giuly eravamo praticamente cresciuti insieme. Quando iniziammo la St.Mark's, ci ritrovammo per parecchie lezioni in classe con Josh." aprì gli occhi e guardò Simon. Si alzò da tavola, poggiò una mano sulla spalla del biondo e strinse. Sembrava quasi che volesse accarezzarlo, quanto fu pieno di affetto quel gesto.

"Josh era biondo, sempre abbronzato, sempre circondato da ragazze succinte che si bagnavano al suo solo passaggio nei corridoi. Era alto quanto me, capitano della squadra di basket dopo tre mesi dal suo arrivo. Era una testa spaccata in tutte le materie ed aveva potuto scegliere fra tre borse di studio diverse per fare il liceo." sorrise malinconico.

"Giuly era piccolina come Grace, magrissima, con la lingua biforcuta e una carovana di uomini sedotti e abbandonati, che la pedinavano chiedendo il bis... Forse è per questo che il comportamento di Andrea non mi ha mai scandalizzato!" sembrò riflettere fra sé.

Simon e Jake si agitarono sulle sedie. Il padrone di casa si alzò per girare le bistecche, cercando di darsi un contegno.

"Non so dirvi di preciso come successe. So solo che si attraevano come l'ape con il miele: Josh non voleva saperne di Giuly, la trovava una sfigata antipatica. Giuly non sopportava la boria di Josh. Chissà perché però, eravamo sempre a pranzo allo stesso tavolo. In mezzo c'ero io... capelli lunghi, scapestrato, festaiolo, sempre con le pasticche in tasca, sempre pronto a partire all'avventura e a saltare le lezioni" alzò le spalle.

"Donne?" chiese malizioso Simon, alzando un sopracciglio.

"Non saprei... credo che, per tutto il liceo, io non abbia mai dormito nel mio letto, ma spesso ero troppo strafatto di tutto, per ricordarmi il nome della poveraccia di turno o per sapere vagamente in che città ero..." cercò di essere obiettivo.

"Lo sapevo!" urlò Simon, sbattendo il palmo della mano sul tavolo. "Cazzo! Sei bravo! Ero quasi caduto nell'illusione..." rifletté "... ma non ti puoi nascondere davanti a chi è uguale a te!"

"Di che parli? Tu sei un pezzo di pane!" lo schernì Jake.

"Di che parli tu? Mi hai conosciuto a ventiquattro anni! Fattelo dire da Grace... rinsavivo solo se c'era di mezzo Andrea!" si vantò.

"L'hai dovuta tenere a bada parecchio, eh?" chiese Steve.

"Non me ne parlare... praticamente la descrizione che hai fatto di te stesso, solo al femminile! L'ho costretta a farsi gli esami del sangue decine di volte, perché si risvegliava per strada, senza sapere come c'era arrivata e... soprattutto, che cosa le avevano fatto" scosse la testa sconsolato dai brutti ricordi di quegli anni.

Gli occhi del loro nuovo amico si abbassarono di scatto verso le sue scarpe e le sopracciglia si scontrarono sulla sua fronte.

"Che c'è?" gli domandò il moro, vedendo la sua espressione quasi commossa.

"Steve... lo so che per te è difficile credere alle nostre parole, ma... se credi all'amore di Andrea, allora non puoi dubitare più della nostra amicizia..."

Il mento di Steve iniziò a tremare vistosamente, mentre le sue labbra si stringevano cercando di soffocare i sentimenti che invece, continuavano a farsi strada, finché dovette finire il discorso:

"Il problema è che io..." sorrise malinconico "quando vedo il modo in cui difendete sempre Andrea, da tutto, anche da se stessa, non riesco a non invidiarla!" sputò fuori sottovoce.

In quel momento, sembrò come se la solitudine di Steve riversasse onde di calore sul viso di Simon che, preso in contropiede da quel nuovo sentimento, si alzò e andò a togliere le bistecche dal fuoco. Le mise sui piatti e le portò in tavola. Prese l'insalata nella ciotola in frigo, la scartò e la posò sul tavolo. Alla fine si sedette e guardò l'amico.

"Dai mangiamo, che se continui così diventi trasparente!" lo incitò con ironia, cercando di smorzare i toni e di ricacciare quel senso di pena, mista ad affetto, che lo stava destabilizzando.

Steve ubbidì. Lentamente si andò a sedere e iniziò a mangiare.

Vedendolo tuffarsi sulla bistecca, Jake gli diede una manata gigantesca sulla spalla, mentre con l'altra mano alzava la sua birra e rispose:

"Ecco, così mi piaci!" fece tintinnare le bottiglie.

Mangiarono ridendo, prendendosi in giro l'un l'altro, come vecchi amici.

Ad un certo punto, il poliziotto, come a continuare un discorso già iniziato, chiese a Simon:

"Un tatuaggio con le nostre iniziali?"

Il bagnino sbuffò, quasi spazientito. "Dimentichi il mio, non le farebbe né caldo né freddo"

Jake sospirò sconsolato, poi alzò lo sguardo e vide Steve completamente perso.

"Ah, sì scusa. Tra poco sarà il compleanno di Grace. Volevo farle una sorpresa prima che riparta a fine mese, ma sto facendo tutti buchi nell'acqua."

"Davvero vorresti tatuarti il suo nome sul braccio? Non è... un po' troppo...?" rispose stupefatto lo psicologo.

"Sdolcinato?" lo interruppe Simon, sogghignando.

"Definitivo?" lo corresse Steve.

"Di cosa parli? Non ho certo dubbi su Grace, la sposerei anche domani, se non sapessi che mi riderebbe in faccia" precisò con forza il poliziotto.

Il ragazzone al suo fianco rise, rifletté un attimo, infine domandò all'amico alla sua sinistra: "Scusa, perché tu che tatuaggio hai?"

Allora Simon si alzò in piedi e si tolse la maglietta.

Un rampicante sembrava nascere da una sua costola e salire su fino al cuore, in cui si incuneava a forza. Tra le foglioline si distinguevano una A e una G, create da un ramo della pianta.

Steve ne rimase basito. Alla fine capì.

"Andrea e Grace!"

"Sono la mia famiglia oramai..." spiegò il biondo senza scomporsi. "Grace ha la mia iniziale e quella di Andrea; Andrea invece..."

"Sì, il tatuaggio sul braccio! Stesso rampicante, non ci sono le iniziali, però!" cercò di capire meglio Steve.

"Ci sono, ci sono." risposero in coro sia Simon che Jake "Devi guardare con attenzione, senza distrarti!" risero all'unisono, poi si guardarono scioccati di come, quelle poche parole, avessero rivelato la loro intimità con Andrea.

Si voltarono verso Steve, che aveva arricciato involontariamente le labbra in una smorfia di disgusto, continuando a guardare il piatto. Infine sospirò e domandò a Simon:

"Quando?"

"Finito il liceo, le nostre strade per qualche anno si sarebbero separate e decidemmo in questo modo di giurarci fedeltà eterna. Sembra una cazzata di tre ragazzini, ma ero già consapevole di non poter più essere completo senza quelle due streghe!" rise per l'aggettivo.

"Ho anch'io scritto con l'inchiostro il ricordo di Josh e Giuly" rispose Steve, in un tono che sembrava provenisse direttamente dall'Inferno.

Si alzò anche lui, si voltò di spalle, si slacciò i jeans, si alzò la maglietta per far vedere meglio e mostrò loro il suo tatuaggio:

"I've already done all". Lesse piano Simon, allibito.

"Dio Steve, quella frase fa venire i brividi. Sei sicuro che fosse necessario farlo così?" gli domandò accigliato Jake.

"Vi siete mai ubriacati fino a svenire?" chiese in risposta il poeta.

"Capirai! Normale amministrazione" rispose pronto Simon.

Steve gli sorrise amaro.

"Vi siete mai risvegliati dopo un'overdose in ospedale?" incalzò. Entrambi si guardarono e negarono, muti.

"Avete lasciato morire i vostri amici perché siete dei codardi?" continuò con lo sguardo vacuo.

Silenzio.

Quel ragazzone pieno di misteri annuì, come a voler dire che era consapevole che nessuno era come lui, mentre osservava la reazione dei suoi due compagni.

"Ho fatto il peggio che si possa chiedere alla vita di un uomo e l'ho voluto marchiato sulla pelle, perché nessuno possa cancellare il mio reato..."

La stanza venne impregnata, fin dentro il più piccolo mattone delle pareti, dall'odore acre del disagio e dell'imbarazzo, che a ondate, fuoriuscivano dal cuore di Simon e Jake.

In silenzio, Steve si rivestì e si avviò verso il casco e il giubbotto lasciati sul divano. Alla fine, con amarezza e sarcasmo chiese loro: "Ancora sicuri di volermi essere amici?"

I suoi due compagni sgranarono gli occhi disorientati e incapaci di dare una risposta.

Steve però la conosceva già, oramai era abituato solo a quell'unico diniego.

"Già..." sospirò; non era deluso, oramai non ne rimaneva più sorpreso, troppo abituato ad essere tenuto in disparte, troppo abituato a stare da solo.

Si voltò e si avviò verso il portoncino di casa.

Nell'istante in cui la maniglia si abbassò e la porta iniziò ad aprirsi, una grossa mano abbronzata si poggiò con forza sul legno, richiudendola con uno schianto.

Una voce rabbiosa alle sue spalle lo inchiodò sui suoi piedi:

"Dove cazzo stai andando?"

"A casa mia." rispose lo psicologo con un sussurro. "Non importa ragazzi, non è colpa vostra, va bene lo stesso"

Simon lo fece voltare, gli strinse forte i bicipiti, quasi con cattiveria e lo aggredì, scuotendolo vistosamente:

"Adesso ti siedi, finisci di mangiare, ci racconti questa storia di merda e ti rassegni a stare con noi, CHIARO?"

Non lo sopportava, era assolutamente la situazione più fastidiosa in cui era incappato in tutta la sua vita. Per un attimo, gli sembrò di essere tornato alle discussioni continue con Andrea. Perché su questo erano imbecilli allo stesso modo: possibile che fosse così difficile essere creduto? Aveva una faccia da stronzo, lo sapeva, ma non essere preso sul serio lo mandava in bestia.

Steve lo guardò basito, incapace di lasciarsi andare alla speranza.

"Davvero, non importa Simon"

Gli arrivò un pugno d'acciaio in pieno ventre, con così tanta violenza e forza, che fu costretto ad espirare e inspirare più volte, prima di riuscire a rimettersi dritto.

"Forse così ti resta più facile da capire!" sogghignò il biondo, tornando verso la tavola, mentre Jake se la rideva.

Alla fine il poliziotto alzò una mano e fece cenno al povero amico di avvicinarsi:

"Vieni idiota! Davvero pensi che ci spaventiamo per così poco? Io rischio la vita tutti giorni, quindi..." e sollevò le spalle, a chiarire quanto la cosa fosse di poco conto.

Di nuovo, lentamente, Steve posò le sue cose sul divano e si andò a sedere a tavola. Li guardava scioccato, incapace di proferire parola.

Allora, vedendo la sua espressione, Simon sbuffò:

"Smettila Steve! Che vuoi che ti diciamo? Che ci sei simpatico? Che se ti lasciamo andare Andrea ci ammazza? Beh, vero in entrambi i casi, ma più la prima. Sei un capoccione saccente, ma, nonostante tutto, sei un bravo ragazzo e ti terremo con noi ancora per un po'!" e gli assestò un altro pugno sul braccio.

Un tiepido sorriso commosso fiorì sulle labbra di quel ragazzo triste. Dopo diversi minuti di sbandamento, sembrò convincersi e replicò:

"Okay resto, ma se mi dai un altro pugno, giuro che domattina ti svegli rasato a zero!"

Mentre Simon sgranava gli occhi terrorizzato, Jake scoppiò in una risata energica e liberatoria e tra le risa riuscì solo a dire:

"Adesso...sì... che... mi... piaci!"

"Forse dovevo lasciarlo andare via!" lo fulminò il biondo, ma iniziò a ridere anche lui.

Steve li osservava sorridente, mascherando come aveva imparato a fare per anni, i sentimenti che in quel momento stavano sconvolgendo il suo cuore: c'era la meraviglia, ma sopra ogni cosa, c'era una sensazione che non provava da così tanto tempo che faticò a riconoscerla, il senso di appartenenza.



___________________________

Eh sì, lo so cosa state pensando: Simon andrebbe pagato a peso d'oro!

Il mio manzetto biondo!

La domanda però è: lo sta facendo solo per Andrea? O forse sta imparando a conoscere Steve?

In questa storia complicata da tanti misteri del passato, questo capitolo chiarirà un po' di cose, forse un po' più la seconda parte, che, vi prometto, pubblicherò presto (la sto già revisionando!)

Qualcuno mi ha chiesto, visto che siamo già a un bel malloppo di capitoli, se il mio libro verrà spezzato in due. La risposta è no, perché non si possono dividere i gialli e qui di misteri da svelare ce ne sono ancora tanti! In fondo io ho letto romanzi di più di mille pagine, quindi credo proprio che continuerò a pubblicarlo come un unico libro.

Voi che ne pensate?

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