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CAP 28 PARTE 2

Mentre continuavano a mangiare, come se non mangiassero da settimane, inaspettatamente Simon chiese:

"Non ho capito dove sono ora i tuoi amici."

Jake sgranò gli occhi, evidentemente a conoscenza della risposta. Si alzò a prendere un'altra bottiglia di birra e in silenzio, si andò a stravaccare sul divano.

Simon lo seguì per un tratto con lo sguardo, pensando che avrebbe detto qualcosa. Infine, visto il suo silenzio, capì che non avrebbe avuto risposta da lui. In fondo, non spettava a lui rivelare la storia.

Così, fissò Steve nelle sue iridi nocciola e fu percorso da un profondo brivido, per ciò che vi trovò.

Lo psicologo sospirò, consapevole che era giunto il momento di raccontare tutta la verità. Annuì e bevve l'ultimo sorso dalla sua bottiglia di birra, quasi a darsi coraggio.

"Decidemmo di partire tutti per la NYU, perché oramai non potevamo fare a meno di stare vicini. Io e Giuly prendemmo un appartamento in Cornelia Street, così da poter andare a lezione a piedi; Josh avrebbe dormito al Goddard Hall, grazie all'ennesima borsa di studio. All'inizio fu tutto molto divertente: feste, donne, droga. Non ci lasciammo sfuggire nulla."

Andò in frigo e prese un'altra bottiglia, poi si andò a sedere pensieroso su una delle due poltrone vicino al divano.

"Una sera ci ritrovammo a uno di quei classici incontri clandestini, organizzati negli scantinati degli edifici meno in vista dell'università. Niente di speciale, ma all'uscita incontrai Jaime. Non sapevo che frequentasse il mio stesso college, non sapevo neanche che fosse rientrato negli Stati Uniti. Per festeggiare, bevemmo fino alla mattina tutti e quattro. Ci raccontò che nel tempo libero, si dilettava a organizzare qualche incontro. Non ci guadagnava molto, ma lo divertiva scommettere.

Josh si fece promettere che avrebbe organizzato un incontro per lui: voleva vedere che brividi dava pestare a sangue qualcuno. Infatti, al primo incontro, fu pestato a dovere." scosse la testa, a condannare la stupidità dell'amico.

"Purtroppo, questo non lo scoraggiò. Chiese a Jaime di trovargli uno bravo per imparare. Io invece preferii telefonare a zio Sam, buttando là la scusa che dei ragazzi dell'ultimo corso ci pestavano in continuazione e che avevamo intenzione di imparare a difenderci. Mi inviò, dopo soli due giorni, un militare, un comandante dei seals in pensione. Per mantenere in piedi la scusa, partecipai anch'io alle lezioni. In due mesi diventammo davvero bravi e veloci!" disse con ironia, alzando la bottiglia verso Jake, come a prenderlo in giro per come lo aveva battuto solo qualche ora prima.

Jake annuì, ma non parlò. Aveva capito che il file della polizia era ben lontano dalla realtà, che invece stava svelando ora il suo nuovo amico.

"Gli incontri si susseguirono, successo dopo successo. Un giorno, oramai finiti gli sfidanti nel nostro college, Jaime organizzò un incontro con uno di fuori. Disse a Josh che sarebbe andato tutto alla grande, che non doveva preoccuparsi. Invece, quando lo vedemmo, sia io che Giuly lo supplicammo di rinunciare: era un colosso, meno alto di Josh e me, ma con due metri di spalle. Invece Josh rise divertito dalla nostra paura, promettendoci di buttarlo giù al massimo al terzo round." Steve si passò una mano tra i capelli, mostrando il suo rammarico per ciò che non era riuscito ad evitare.

Simon capì allora che la storia non avrebbe avuto un lieto fine. Si avvicinò al divano e si sistemò vicino a Jake, accigliato.

"E vinse?" chiese vedendo che il ragazzone faticava a continuare.

"No. Alla fine del secondo round quel troglodita riuscì a colpire Josh al ventre, con un pugno così violento che lo mandò a sbattere contro una delle colonne del seminterrato. Sentii chiaramente le sue ossa cedere. Corsi da lui, supplicandolo ancora di lasciar perdere. Intravidi Giuly alla mia destra piangere disperata. Non era da lei piangere in pubblico. Avrei dovuto dare più peso alla cosa... Josh la guardò e le sorrise, promettendole che appena steso quell'energumeno, le avrebbe permesso di portarlo in ospedale." una smorfia di dolore graffiò il viso di Steve, mentre continuava a negare con la testa. "Come ho fatto a non vedere? Josh tornò sul ring, ma non era più veloce come prima e prese un altro colpo tremendo al costato. Vidi distintamente il versamento di sangue sottopelle: pensai che una costola gli stava perforando un polmone. Non riusciva a respirare più bene. Corsi in mezzo al ring e buttai lo straccio bianco nel mezzo, dichiarando forfait. Giuly mi baciò dalla gioia, prese Josh e si incamminarono di corsa verso l'uscita. Jaime però mi corse incontro, stravolto. Mi riempì d'insulti. Io però, lo scansai per seguire i miei amici. Fortunatamente, al pronto soccorso, le radiografie mostrarono un danno minore del previsto. Incartarono Josh in un tutore e ci rispedirono a casa. Avrei voluto portarlo da me, ma volle per forza rientrare nel dormitorio. Giuly allora si offrì di rimanere con lui." si passò le mani sul viso. Gli occhi di Steve erano diventati neri come la pece, troppo persi in quel ricordo doloroso.

"Come ho potuto non vedere? Ero così stupido! Uno stupido ragazzino strafatto di anfetamine." si accusò.

"Steve?" cercò di riportarlo alla realtà Jake, capendo quanto soffrisse. Invece, riprese a raccontare, semplicemente negando con la testa. Adesso che aveva iniziato, capiva quanto poteva essere liberatorio, per lui, ripercorrere quegli avvenimenti lontani, poter condividere con qualcuno la verità.

"Alle tre del mattino mi chiamò Jaime, incazzato nero e molto agitato. Aveva accettato somme ingenti alle scommesse e ora non aveva abbastanza soldi da ridare indietro. Gli dissi che l'avrei aiutato io, ma la sua risposta mi fece gelare il sangue: 'E tu credi che loro si accontentino di questo, adesso?'.

Capii al volo che stava parlando di gente poco raccomandabile e in un secondo partii per il dormitorio. Prima ancora di arrivare, vidi il fumo. Una colonna immensa di fumo nero. Fui sorpassato da un camion dei pompieri. Quando arrivai al portone, capii subito che le fiamme avevano già invaso l'intera palazzina. Sentii urlare e piangere e tra le grida, riconobbi la voce di Giuly. Corsi da lei, sollevato di saperla viva."

Due grosse lacrime gli rigarono le guance, mentre gli occhi fissavano un punto lontano nel passato, come se fosse tornato di nuovo lì.

"Un vigile cercava di trattenerla, ma lei gli urlava contro che dovevano entrare. La strinsi a me e sembrò placarsi, per pochi istanti. 'Non sono riuscita a trascinarlo, mi hanno spinta per le scale e non sono riuscita a portarlo fuori!' urlò di nuovo e io capii che Josh era ancora lì dentro. Sentii qualcosa di grosso spezzarsi e mi voltai terrorizzato, perché lei non vedesse il panico che mi stava stritolando. Uscivano tutti correndo, i vigili continuavano a portare fuori ragazzi. I minuti scorrevano, ma di Josh neanche l'ombra. Iniziai ad avere davvero paura. Controllavamo tutte le facce dei vivi, dei feriti e dei morti. Finché il suo nome mi trapassò l'anima come un fantasma: era lì, steso a terra, Giuly lo scuoteva urlando ai paramedici. Lo intubarono lì sul marciapiede, gli misero l'ossigeno, lo caricarono sull'ambulanza. Lo guardai partire e corsi a prendere la macchina, tenendo Giuly per una mano e i nostri cuori nell'altra...

Morì durante il tragitto, soffocato dal fumo dentro il polmone, già stretto tra le costole rotte." inspirò con forza, incapace di continuare a parlare, mentre il dolore lo strozzava più di quel fumo. Era diventato di marmo e nebbia, gli occhi quasi neri dallo sforzo del racconto.

Simon si alzò e gli mise lentamente una mano su una spalla. Strinse, ma non disse nulla. Non c'era niente che potesse dire, dopo dieci anni. Steve spostò vagamente la testa verso di lui, come a ringraziarlo. Si alzò, affaticato, infilzò le mani tra i capelli e rimase così, di fronte a una delle grandi finestre, le mani intrecciate dietro la testa.

Sospirò, infine le parole ripresero sicure ad uscire dalla sua bocca. Voleva che sapessero tutta la storia, non ce la faceva più a tenersela dentro.

"Non finì così. Ci interrogarono in ospedale, ci portarono in centrale. Giuly non avrebbe dovuto essere lì, non riuscivamo a pensare in modo lucido, ma dovevamo trovare una storia valida da raccontare. Le suggerii una versione strampalata e lei mi uccise con lo sguardo. Voleva raccontare tutta la verità, dare maggiori informazioni possibili perché prendessero i colpevoli. Quando mi disse che avrebbe denunciato Jaime, la stoppai. La supplicai: era mio cugino, non potevo metterlo in mezzo.

Come si fa a cancellare quello sguardo di disprezzo e incredulità? Lo vedo sempre, sempre. Puoi far finta che non te lo ricordi, ma ritorna e ti uccide di nuovo, ogni giorno, ogni notte..." le braccia le caddero lungo i fianchi, il mento quasi toccò il suo petto, mentre le lacrime oramai appannavano la visuale del presente, rendendo i ricordi del passato ancora più nitidi.

"Steve..." cercò di trovare le parole giuste Jake, ma fu fermato dalla mano alzata a mezz'aria nella sua direzione.

"No, adesso lo so anch'io quello che avrei dovuto fare, ma allora, preso com'ero dal nulla di una vita fatta di soldi e anfetamine, non lo sapevo. Pensai a quanto male avrei potuto fare alla mia famiglia, a quanti insulti mi avrebbero accompagnato, perché avevo tradito un parente. Non c'è un modo migliore di dirlo: ebbi paura e Giuly mi odiò. Solo che mi voleva troppo bene e fece quello che le suggerii: tacque e ci lasciarono andare a casa.

Passammo il pomeriggio abbracciati, ma la sentivo che non era più come prima, che qualcosa si era spezzato. Le diedi un tranquillante, le feci una doccia calda e rimasi sul letto con lei, la stringevo forte a me, volevo che sapesse che eravamo distrutti per la perdita di Josh, ma eravamo ancora insieme, io ero lì con lei. Ho davvero pensato che tutto piano piano sarebbe passato.

Come ho fatto a non capire? Non ho voluto, ho avuto paura di capire! Ero e resto un codardo." il suo viso era sfigurato dalla smorfia di dolore e disgusto che accompagnava le sue parole. Era evidente che si dava la colpa di ciò che era successo e i suoi compagni non ebbero la forza di contraddirlo.

"Mi svegliai che albeggiava, mi ero addormentato come uno stronzo, mentre lei piangeva tra le mie braccia. Giuly non c'era e non sentivo nessun rumore nella stanza, così mi alzai di scatto e corsi in soggiorno. Era vuoto, ma l'aria fresca del mattino attirò il mio sguardo verso il balcone. La prima cosa che notai fu un'ombra nera sul pavimento. Mi avvicinai, perché non riuscivo a capire cosa potesse essere. Sembravano peli di gatto, neri, ispidi, rimasti incastrati tra le curve della balaustra in ferro. Mi avvicinai ancora e intravidi, in mezzo a quel grosso ciuffo, un filo grigio, spesso e ricoperto di plastica, che da una parte rientrava verso la portafinestra e, dall'altra, scavalcava la ringhiera. Per due passi continuai a chiedermi che cazzo era quella roba. Infine la vidi, vidi i suoi capelli, vidi tutta la sua testa buttata da un lato. Mi sporsi e vidi i suoi piedi nudi nel vuoto, mentre le sue amate ciabattine rosa erano giù sul marciapiede, due piani più sotto. Mi precipitai fuori aggrappandomi alla ringhiera, urlavo il suo nome, ma non si muoveva, non rispondeva. Sentii nelle orecchie le sirene, mentre cercavo di sollevarla: l'avevo sempre tirata su come una piuma e in quel momento, non riuscivo a spostarla da quella cazzo di ringhiera nemmeno di un centimetro. La sollevai mettendole le mani sotto al sedere: era già rigida e fredda. I paramedici entrarono a forza nell'appartamento e mi aiutarono a tirarla su. La poggiarono a terra e la facevano sobbalzare con il loro massaggio cardiaco.

Piano, fate piano che è magra, le sfondate le costole così.

Durò tantissimo e io lì a contare insieme a loro, a cercare di vedere se magari le usciva un sussurro dalla bocca, ma le sue labbra erano di un colore così blu che mi faceva quasi vomitare. Ho cominciato a perdere la speranza e credo di aver urlato e pianto per parecchio. Non so di preciso cosa è successo. Credo di essere stato accompagnato in ospedale, perché ricordo due poliziotti che mi hanno interrogato lì, tra quei corridoi di merda dell'obitorio. E io, nonostante tutto, ho continuato a tacere... non ho difeso neanche il suo ricordo" le parole avevano iniziato a uscirgli dalle labbra, mentre le lacrime vi entravano. Era paralizzato davanti alla finestra e guardava fuori, ma non era più lì con loro, era laggiù, in quel passato doloroso, insieme ai suoi amici.

"Qualcuno mi riaccompagnò a casa e solo parecchie ore dopo, trovai un biglietto sul comodino di Giuly. Era indirizzato a me e lo scartai quasi distruggendolo. C'era scritta la verità, quella che io non avevo saputo capire".

Mise una mano dentro la tasca dei jeans, tirò fuori il portafoglio e ne estrasse un foglietto ingiallito. Lo guardò, ma non lo aprì. Lo passò invece a Simon, in piedi a un passo da lui.

Il biondo lo lesse con un filo di voce, pallidissimo, mentre le mani gli tremavano e gli occhi appannati lo costringevano a sbattere ripetutamente le ciglia:

Ti lascio solo, ma non perché ce l'abbia con te. Ti lascio perché non posso sopportare questo pianeta, se non c'è più lui a farmi incazzare. Ho amato te come si ama l'azzurro del cielo, non dubitarne mai; ma Josh era la mia luce e ora voglio spegnermi con lui. Se ti riesce, facci seppellire vicini. Se ti riesce, alza la testa e guarda lontano, perché un giorno la tua vita sarà bella e piena. Tu sei più caldo del sole, non sprecarti. Ti guarderemo vivere dall'alto e lo saprò se lo fai. Perdonami e vivi. TVB Giuly.

"Dio..." fu l'unica parola che seppe dire Simon, strozzato da singhiozzi che non voleva far uscire.

Come poteva lasciarlo andare, adesso che sapeva tutta la storia?

Aveva sempre avuto ragione: chi, dopo questo, sarebbe sopravvissuto? Invece Steve aveva trovato la forza di andare avanti, di laurearsi, di diventare altro da sé, una persona migliore. Ora era chiaro quel suo frenarsi, quel suo nascondersi. Eppure quel fuoco sotto pelle c'era ancora, quell'energia malinconica che non voleva saperne di sopirsi. Ecco, adesso che lo vedeva per intero, gli era chiaro anche il suo legame con Andrea: erano due anime simili anche in questo bipolarismo. Adesso capiva fino in fondo anche se stesso, il suo proteggere sempre quella ragazza squilibrata, sospesa in un limbo buio; se non ci fosse stato lui lì, a tenerla a galla, avrebbe forse scelto la fine di Giuly? Era questo che aveva fatto? L'aveva salvata, l'aveva sostenuta, l'aveva spinta oltre il suo dolore? Andrea aveva avuto lui. Steve aveva trovato la forza da solo.

In un istante il passato divenne presente e colorò il futuro: un desiderio viscerale, macchiato dal rammarico per ciò che non sarebbe più stato possibile recuperare, saturò l'animo di Simon. Avrebbe voluto con tutto il cuore essere lì, vicino a quel ragazzo fragile e forte, avrebbe voluto sostenere anche lui. Tutto era passato ormai, ma il futuro era ancora nelle sue mani.

Non resistette, non era sua abitudine, ma non poté farne a meno: per la seconda volta in una notte, prese Steve per il collo, in un gesto quasi brutale e lo strinse a sé.

Le lacrime di quel ragazzone non facevano più nemmeno rumore, oramai.

Il cuore di Simon invece faceva un enorme baccano, scalpitava perché aveva bisogno di parole nuove, di vite nuove.

Mise le mani sulle spalle di Steve, lo allontanò lentamente da sé e lo fissò con forza. Si scrutarono per parecchio, gli occhi pieni di tante emozioni, pieni dei bisogni di due intere vite.

Simon aveva visto la sua vita modificarsi in bene e poi in male, dopo aver conosciuto Andrea. Per lei non aveva mai cercato veri amici.

Steve aveva creato un vuoto gigantesco intorno a sé, per paura di soffrire o di far soffrire qualcun altro, di nuovo.

Immagini lontane, sogni, desideri, cadute, risate e lacrime di due ragazzi si fusero, come se le avessero vissute insieme davvero quelle due strane esistenze; come se dal suo tatuaggio partissero ora nuovi rami, il cuore di Simon si intrecciò a quello di Steve, divenne parte di un modo nuovo di affrontare la vita, divenne legame, indissolubile.

Jake che li osservava compiaciuto dal divano, si alzò, andò verso la cucina, tirò fuori dal frigobar una bottiglia di vodka e l'aprì con calma. Prese dei bicchierini sulla mensola e, in silenzio, si riavvicinò al divano. Posò il tutto sul tavolino da fumo, versò il liquido trasparente nei tre bicchieri, ne prese uno e disse:

"Ragazzi, ecco, prendete! La vodka non cancella, ma ti aiuta ad arrivare a domani!"

Steve gli rispose pronto, il tono decisamente più giocoso, nel tentativo di riprendere in mano le redini dei suoi sentimenti: "Lo dici a me? Ho passato sei mesi nutrendomi solo di questo!"

"Ed è servito?" lo incoraggiò Simon, ricomponendosi e prendendo anch'egli un bicchiere.

"Sì, mi è servito a conoscere John Wilson!" fu la risposta, brutalmente interrotta dalla vodka che, con un unico sorso, lasciò scendere giù per la gola, alzando di scatto la testa.

"Mmhh..." fece Jake, mentre i suoi occhi si strinsero in due fessure. "Allora vediamo quanti bicchieri ti ci vogliono prima di crollare?" scommise, strizzando l'occhio a Simon, che lo guardava allibito: da un poliziotto, una proposta del genere sembrava davvero fuori luogo.

"Che c'è?" chiese allora il moro, vedendo la faccia dell'amico. "Non ti ricordi più come si fa?" lo prese in giro, mentre Steve sbatteva il suo primo bicchiere vuoto sul tavolinetto. Simon allora sollevò il suo, sogghignando e scuotendo la testa.

Il liquore non aiutava, ma Jake aveva ragione: non c'è modo migliore di consolidare un'amicizia di una bella sbronza insieme!

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Ed è così che vi lascio, vicinissimi al Natale: con un bicchiere in mano e i miei più sinceri auguri di Buone Feste!

Che il Natale vi porti gioia, un briciolo di pazzia, ma soprattutto, TANTO, MA PROPRIO TANTO, RIPOSO!!!

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