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CAP 15 SMUSSATURE

OKAY, E' QUASI UN'EMOZIONE PER ME OGGI PUBBLICARE QUESTO CAPITOLO.

In primo luogo, perché è una delle prime scene che ho immaginato di questo mio libro. Naturalmente, mi è comparsa davanti mentre ascoltavo la canzone, come se avessi girato un nuovo video per lei. Sono consapevole che molti non saranno d'accordo con me, ma le parole sono calzanti. Semmai, cercate di perdonarmi la licenza poetica! E spero vivamente che lo facciano anche i Muse, perché, dopo Assago, sono diventati la mia seconda pelle!

Secondariamente, perché mi ha fatto ridere e piangere nel giro di un quarto d'ora, facendomi capire che era davvero arrivato il momento di scrivere un libro e non più racconti per bambini.

QUINDI, OCCHIO ALLE PAROLE DELLA CANZONE, PERCHE' RIASSUMONO MOLTO DELLE SENSAZIONI DEI PERSONAGGI NEL CAPITOLO DI OGGI...PLURALE, DUNQUE NON SOLO QUELLE DI ANDREA!


Testo: Muse – Madness

m-m-m-m-m-mad-mad-mad
I, I can't get this memories out of my mind,
it's some kind of madness, is started to evolve
I, I tried so hard to let you go
But some kind of Madness is swallowing me whole.
I have finally seen the light
And I have finally realized
What you mean


And now, I need to know, is this real love?
Or is it just Madness keeping us a float.
But when I look back at all the crazy fights we had
It's like some kind of Madness, was taking control.
And now I have finally seen the light
And I have finally realized
What you need


m-m-m-m-m-mad-mad-mad

And now I have finally seen the end (finally seen the end)

And I not expecting you to care (expecting you to care)

And I have finally seen the light (finally seen the light)

And I have finally realized

I need your Love
I need your Love

Come to me, just in a dream

Come on and rescue me

Yes I know, I can't be wrong

And maybe all too have strong
Our love is...
m-m-m-m-m-mad-mad-mad
m-m-m-m-m-mad-mad-mad
Madness


CAP 15 SMUSSATURE

Era un bellissimo palazzo di cinque piani su Allen Street, intonacato giallo, con il tetto spiovente sopra le terrazze verandate, incorniciate da graziose ringhiere zincate. Il piano terra era invece a mattoni grezzi color avorio. Le entrate erano sotto i portici. Nonostante i numerosi appartamenti spalmati su circa venti ingressi carrabili, Andrea trovò quello giusto. Prese l'ascensore fino al quinto piano. Quando si ritrovò nel corridoio con tutte le porte degli appartamenti davanti, il suo cuore batteva a mille.

Non si può dire che non abbia buon gusto!

Già...

Con i soldi che ha si può permettere il meglio!

Già...

Che cos'hai?

Mi viene da piangere.

Perché?

Non capisco perché non me ne abbia mai neanche accennato.

Forse non voleva farti sapere che è ricco?

Con il cognome che ha?

Forse porta qui le sue amanti?

Stronza!

Ah, perché a te il dubbio non è venuto?

Sì...ma cerco di ricacciarlo via.

Allora che vuoi fare?

Vedere la sua faccia quando mi vedrà sulla porta: solo allora saprò cosa fare...

Allora sarà meglio che suoni.

Andrea prese un respiro profondo e poggiò il dito sul campanello.

Dopo pochi secondi, la serratura scattò e Steve aprì.

La guardò con un'espressione disorientata, accigliata e di sicuro interrogativa.

Subito però un sorriso dolcissimo gli si stampò in volto e i suoi occhi si riempirono di miele.

"Ciao!" l'apostrofò con un entusiasmo che Andrea non si sarebbe aspettato.

"Ciao un cazzo!" rispose lei imbestialita. Lo scansò, entrando a forza nell'appartamento.

"A che gioco stai giocando con me?" lo accusò alzando un dito verso di lui.

"Pensi che sia una stupida? Bé, ti sbagli!" lo aggredì con uno sguardo così cattivo che Steve indietreggiò.

"Ma che ti è preso?" cercò di capire, continuando a fissarla allibito.

"Che mi è preso? Mi è preso che ho scoperto, grazie a persone di cui mi fido, che mi nascondi le cose!" gli ringhiò sul viso.

Steve si rabbuiò, la guardò con un'espressione gelata, una pagliuzza d'odio nelle sue splendide iridi e con voce roca le chiese:

"Quali cose? Spiega"

Per un secondo, Andrea rimase esterrefatta dal suo tono cattivo. Non aveva mai pensato a come avrebbe reagito lui, se avesse scoperto i suoi misteri ed ora, per un attimo, ebbe l'impressione di essere in pericolo.

Decise però di andare fino in fondo a quella faccenda: doveva assolutamente sapere!

Abbassò lo sguardo a terra, cominciò a camminare a destra e sinistra, senza mai avvicinarsi a lui, come una fiera in procinto di attaccare e ad ogni parola i suoi piedi sbattevano forte sul parquet e le sue mani si stringevano in pugni sempre più serrati.

"Perché mi hai fatto credere che abitavi a villa Viviani? Perché non mi hai detto che abiti qui? Perché cazzo sono dovuta venire laggiù, se le tue cose sono qui? E soprattutto, perché abiti da me, se hai un appartamento nel favoloso stramaledetto UpTown?" boccheggiava.

Aveva sputato tutto fuori con una tale rabbia che ora era senza fiato.

Con i pugni sui fianchi, lo pugnalò con uno sguardo pieno d'odio, ma anche d'aspettativa.

Invece di rimanere sconvolto, invece di assumere l'aria preoccupata, il viso di Steve ammorbidì l'espressione e uno sguardo dolce accompagnò il fiorire di uno splendido sorriso sulle sue labbra.

Andrea si sentì come davanti ad un'alba improvvisa.

"Che cazzo hai da ridere?" si schernì.

"E dimmi: tu che risposte ti sei data a queste domande?" le chiese lui divertito.

"Che sei un fottutissimo stronzo bugiardo! Ecco cosa ho risposto!" le sue parole sembravano proiettili, ma si accorse subito che il loro effetto non era quello che si era aspettata.

"E magari hai pensato che non ti ho parlato di questo appartamento perché...?" lasciò la frase sospesa perché lei la terminasse, mentre le sue labbra si arricciavano cercando di non ridere.

"Perché ci spupazzi le tue puttanelle!" ruggì.

Steve dovette cedere all'ironia che vedeva in quella situazione e scoppiò a ridere di gusto.

Andrea sbatté forte un piede a terra e se fosse stata a casa avrebbe sicuramente frantumato qualcosa con un calcio.

"Grazie, amore mio!" le disse infine il ragazzone, lo sguardo tenero e le mani aperte verso di lei.

"Mi prendi per il culo?" si schernì, ben lontana da accettare le sue coccole.

Lui scosse la testa e si andò a sedere sul divano. Si passò una mano trai suoi stupendi capelli dorati e ributtò una ciocca ribelle indietro.

Poi la fissò estasiato: "Vedi, hai risollevato quella che finora era stata una giornata di merda! Oh, scusa! Non ti offendi se ogni tanto mi escono delle parolacce, vero?" sogghignò ancora.

"Stronzo!" lo insultò lei, ma il tono si era un po' ammorbidito, vedendolo divertirsi tanto. Era così bello in quel momento...

"Per rispondere alla tua domanda sull'appartamento: non sapevo che tu fossi all'oscuro del fatto che abitavo qui prima di venire da te! Visto che invece i tuoi "amici fidati", e mimò le virgolette, "lo conoscono bene!"

Andrea stava per ribattere, ma lui alzò la mano per stopparla.

"E no, decisamente non l'ho comprato per gli scopi che hai pensato. Oggi è la prima volta che una donna, oltre Jo, varca la porta di questo appartamento, da quando l'ho comprato. Quindi di puttanelle qui non ne troverai! Puoi controllare ovunque se ti fa sentire meglio." la stuzzicò.

Andrea guardò a destra e a sinistra del salone, ma non si mosse. Era arredato con mobili scuri, minimalisti. Decisamente maschili, ma allo stesso tempo tutto sembrava freddo e impersonale. Molto lontano dal calore vissuto del suo appartamento.

"Chi cazzo è Jo?" chiese, ripensando al suo accenno, a un'unica donna che frequentava la sua casa.

"Mi dispiace non potertela presentare. L'hai mancata per pochissimo." continuò beffardo lui.

Poi però, notò che quella provocazione era arrivata nell'animo di Andrea come una fucilata.

Vide la sua rabbia appannarsi e il dolore trasbordare dai suoi occhi sgranati e lucidi, mentre l'aria smise di entrare dalle sue labbra tremolanti.

Si alzò di scatto dal divano e corse ad abbracciarla.

"Stupida, impertinente, altezzosa, meravigliosa creatura che sei. Respira amore mio! Jo è la donna delle pulizie! Ho comprato questo appartamento da pochi anni e di solito vengo qui per lavorare con più tranquillità o per fare una pausa pranzo più salutare." le spiegò stringendola forte e sostenendola perché per un attimo gli sembrò che stesse per svenire.

"E non ci dormi?" gli chiese lei con voce strozzata.

"A volte sì a volte no, dipende a che ora devo essere in ufficio la mattina dopo." si avvicinò così tanto al suo viso, che le sue labbra erano a un millimetro dal naso di Andrea.

"E ti ho invitato a villa Viviani perché zia Marta voleva conoscerti. No, non voleva farti passare nessun esame, se è questa l'impressione che hai avuto, voleva solo vedere chi aveva compiuto questa stupenda magia..." e le baciò il naso.

"Tu non mi credi quando dico che io le persone le evito, vero?"

"Sì, lo faccio anch'io!" ammise Andrea, lasciando adesso che le rimanesse così vicino.

"Già, però ho notato che ti piace portartele a letto..." sottolineò lui con un velo d'acidità.

"A volte sì, a volte no..." lo canzonò lei, ficcandogli uno sguardo assassino nelle pupille.

"Bé, io invece neanche per quello!" si allontanò leggermente da lei. "Tu sei la prima persona che ho cercato disperatamente di avvicinare. L'unica con cui abbia dormito da decenni!" confessò quasi con vergogna.

Andrea sollevò un sopracciglio, perplessa.

Steve annuì e precisò: "Per certe cose ci sono gli alberghi: meno personali, meno coinvolgenti, sicuramente più pratici, quando devi andartene nel cuore della notte!" un lato della sua bocca si sollevò in un sorriso malizioso.

"Niente storie serie?" chiese curiosa lei.

"No, decisamente no!" rispose lui con forza.

"Perché?"

"Perché ho combinato fin troppi casini nella mia vita..." ammise triste.

"Perché io?" chiese allora la ragazza, con un filo di voce.

"Perché quella prima sera che mi hai trascinato a letto con te, dormire al tuo fianco... per me è stata un'esperienza così appagante, che non ho potuto più farne a meno!" ricordò con dolcezza.

"Appagante? C'è qualcosa che non ricordo di cui mi devi parlare? Perché io ricordo solo che mi hai dato buca!" confessò Andrea.

Gli occhi di lui si allargarono stupefatti da quella confessione. "Tu hai detto che non ricordavi nulla di quella sera!" l'apostrofò lui agitato. "Ho sempre pensato che fossi troppo ubriaca per ricordare quello che era successo!" adesso si vergognava di se stesso.

"E' per questo che mi hai rifiutata?" continuò lei, ignorando il suo sconcerto, mentre finalmente un velo di ironia bagnava le sue labbra.

"Mi sono fermato perché... era così forte il desiderio di toccarti che... avevo completamente perso la lucidità!" confessò, inghiottendo rumorosamente. Era decisamente a disagio.

"E questo è un male? Lasciare che i sentimenti ti travolgano?" chiese con un sussurro Andrea. Si avvicinò di nuovo a lui e con la sua mano, gli carezzò la guancia.

"Si è senza difese...è molto rischioso, soprattutto se lo fai con chi non conosci" spiegò.

"Per questo non mi ubriaco mai! Non al punto di perdere la lucidità, neanche dopo tutte quelle bottiglie di birra. Per questo niente supealcolici..." confessò lei.

All'improvviso, l'aria nella stanza aveva assunto un profumo quieto, come se un vento forte si fosse calmato di botto.

Andrea elaborò per lunghi istanti, quello che Steve le aveva appena confessato.

Pensò che in fondo avevano molte cose in comune nel modo di vivere.

Entrambi si tenevano in disparte dal mondo, forse arrabbiati con il prossimo, forse, più probabilmente, troppo terrorizzati dai dolori subiti nel passato, per avere la forza e il coraggio di rimettersi in gioco.

Soli. O più semplicemente, amanti della solitudine.

Amanti della solitudine...? Davvero?

Beh, forse proprio amanti no, però meglio soli che...

Ma tu non sei sola!

Adesso non più...

Non lo eri neanche prima!

Già, in fondo io ho sempre avuto cucito addosso l'amore di Simon e Grace.

E poi anche quello di Jake.

Sì, io non sono sola, hai ragione. Io ho i miei amici...

"Perché sei solo Steve? Dove sono le persone che ti conoscono davvero? Dove sono i tuoi amici?" le chiese adesso con dolcezza, abbracciandolo ancora più stretto.

Come se un proiettile lo avesse trapassato, Steve si irrigidì di colpo. I suoi occhi si riempirono di lacrime, mentre un dolore acuto li incupiva. La fissava, ma era come se non riuscisse a vedere. Sembrava sperduto. Il suo labbro inferiore e il mento iniziarono a tremare. Era evidente che non sarebbe riuscito ad impedirsi di piangere.

Allungò una mano alle sue spalle, fino a che non riuscì a sedersi sul divano. Lei lo seguì, sedendosi accanto a lui.

"Steve?" insisté.

Lui era come paralizzato. Non parlava e non respirava. Le lacrime trasbordarono senza che lui se ne rendesse conto.

"Ehy?" cercò di aiutarlo lei, sedendosi sulle sue gambe e avvolgendolo completamente con le sue braccia.

Lui sembrò aggrapparsi a lei con tutta la sua forza e finalmente Andrea lo sentì piangere disperato. Lo lasciò fare. Gli carezzò la schiena, scossa da violenti sussulti.

Stavolta si rese conto che lo stava davvero sostenendo, che riusciva ad essere forte per lui, come i suoi amici erano sempre stati presenti per consolare lei.

All'improvviso capì che nessuno lo aveva consolato da quel dolore e lo strinse a sé ancora di più.

Perché nessuno lo sosteneva, perché nessuno lo aiutava. Perché quel ragazzo meraviglioso sembrava sempre cercare di mantenersi in equilibrio da solo, anche se era evidente, come in quel momento, che avrebbe tanto voluto aggrapparsi a qualcuno.

Lasciò che le lacrime le bagnassero il top. Lasciò che il dolore scivolasse via con esse.

Quando Steve si sentì più calmo, sospirò come a raccogliere le forze e rispose alla domanda che, ingenuamente, lei gli aveva posto.

"I miei due più cari amici sono...morti..." parlò con una voce così ghiacciata, che Andrea ebbe un brivido "...sono morti per colpa mia" espirò come se qualcuno gli avesse tolto il peso del mondo dalle spalle, che ora si curvarono verso di lei. L'abbracciò ancora stretta e appoggiò la sua guancia sul suo collo.

Per la seconda volta, da quando lo conosceva, aveva fatto una domanda di troppo. E la risposta, che Steve le aveva dato, era stata drammatica.

Il ragazzo che aveva di fronte oggi, così dolce e generoso, era nato dal dolore in un passato che lo aveva segnato e sicuramente cambiato. Ora ne era certa.

Il suo cuore sanguinò dalla tristezza, ma fu un attimo. La soluzione era nelle sue mani, era semplice e risolutiva. Come aveva fatto a non capirlo prima! La decisione fu immediata: la tristezza scomparve in un ultimo sospiro.

Quanto le era mancata questa sensazione! Nonostante il momento drammatico, si accorse che Steve le aveva restituito anche uno dei suoi più grandi doni, quello che la rendeva sempre entusiasta della vita. Agì di conseguenza.

"Non dirmi nulla! Lascia stare! Ne riparleremo un'altra volta, okay?"gli parlò in un sussurro, mentre con un dito gli sollevò il mento perché la guardasse, ma lo sguardo di Steve rimase lontano, in quell'oscuro passato.

"No, hai ragione tu. Ci sono troppi segreti tra noi. Ecco perché sei qui.Ma ti prometto che non ti negherò mai una risposta, qualunque cosa tu vorrai chiedermi, io sarò sincero. Ti amo, amore mio." la guardò incantato.

"Puoi perdonarmi?" chiese lei tristemente.

"Non hai niente da farti perdonare. Ti prometto che un giorno saprai...non ti piacerà, ma ti giuro che saprai quello che è successo. Un giorno..." lo ribadì, come a scusarsi, perché in quel momento non riusciva a trovare la forza per riaprire quella ferita.

"Io sono qui. Sarò sempre qui, okay?" gli ficcò le sue iridi verdi in faccia, colme di un sentimento vecchio, reso adesso ancora più potente: la determinazione era tornata in lei con tutta la sua antica forza.

Steve le rispose con un sorriso, un po' sconsolato, ma di sicuro riconoscente.

"Come ti dicevo, oggi è stata una giornataccia e averti qui ha ribaltato tutto." la sua voce tornò al suo tono pacato e melodioso di sempre.

"Vederti scatenata, in preda alla gelosia più cattiva che si possa chiedere a una compagna, è la cosa più lusinghiera che un uomo possa ricevere dalla vita. Se avessi trovato Jo qui, non so se ti sarebbe sopravvissuta. E forse neanch'io!" le sorrise ancora, al pensiero di come lo aveva aggredito. Sembrava più sereno ora, con una leggera nota ironica nella voce.

"No, penso proprio che avreste rischiato molto entrambi, ma conosco il limite da non superare. Solo che prima di arrivarci posso farti molto male!" lo incenerì con il suo sguardo da teppista, accogliendo il tono scherzoso come lo sciroppo sulla gola arrossata.

"Già, come quella sera nel parcheggio del bar..." ricordò Steve.

"Oh, quello è niente!" precisò maliziosa lei.

"Mi stai spaventando!" ammise lui.

"Un giorno te ne parlerò..." lo scimmiottò lei, misteriosa.

Steve non poté trattenere una sonora risata liberatoria.

"Sei davvero la creatura più adorabile che abbia mai conosciuto!" le confessò attirandola a sé e lasciando finalmente che le sue labbra si nutrissero del sapore della bocca di Andrea.

"Ti amo, mia dolce fatina!" le sussurrò.

"Ti amo, mio favoloso principe straripante di castelli!" le rispose lei e risero, stavolta insieme, di tutta quella strana pazzia che li aveva travolti.

"Visto che sei qui...e che il mio prossimo appuntamento è fra un'ora...e che a piedi ci metto dieci minuti ad arrivare in ufficio..." propose lui.

"Sì..." lo incitò a continuare lei.

Steve le infilò però una mano sotto il top di seta e le lasciò un bacio bollente sul collo.

"Sei sicuro che vuoi che resti nel tuo tempio sacro?" lo stuzzicò lei.

"Se resti, ti osannerò come una dea!" la carezzò sulle cosce, stringendole con desiderio. Le baciò il mento, le stampò piccoli baci bollenti fino all'orecchio e lei inclinò la testa già persa.

Si sollevò da lui e si mise seduta a cavalcioni su di lui.

Steve sorrise beffardo, contento che fosse sempre così pronta per lui.

Le leccò il collo dalla scollatura fino al mento e Andrea buttò ubriaca la testa all'indietro. Le mani di lui le sollevarono il top e lo sfilarono con lentezza, scoprendo il reggiseno di pizzo corallo, che con astuzia Andrea aveva abbinato al colore del top.

Steve emise un ruggito profondo, entusiasta della scoperta e l'avvicinò ancora di più a sé.

Andrea sentì la sua eccitazione crescere e una luce maliziosa illuminò il suo sguardo.

Gli slacciò i pantaloni, si sollevò sulle ginocchia e glieli sfilò con due strattoni. Poi si abbassò senza togliergli i boxer.

Lui protestò per la dimenticanza, ma lei vi infilò una mano all'interno e sospirò, quando incontrò la sua erezione.

Quel gesto inaspettato, mozzò il fiato del ragazzo, che non poté fare a meno di appoggiare la testa all'indietro sulla spalliera del divano.

"Andrea...?" sussurrò in estasi.

Lei si sollevò, scese dalle sue gambe, si inginocchiò davanti a lui e con malizia gli fece scivolare in basso i boxer, lasciandolo alla sua mercé.

Steve non si mosse, non sollevò la testa, non la guardò.

Capì allora, che si fidava ciecamente di lei e che avrebbe accettato tutto quello che avrebbe voluto dargli, non importava cosa, purché fosse lì con lui.

Per una frazione di secondo si sentì così meschina: perché lei non riusciva a fidarsi in questo modo?

Spazzò via quel pensiero, lasciando che le sue labbra calde avvolgessero la sua erezione e Steve ansimò. Era un potere disumano quello che le cedeva.

Cominciò a muovere la lingua lentamente, le sue labbra accarezzavano tutta la sua lunghezza con movimenti delicati ed esperti. Steve le infilò le mani tra i capelli e li strinse. Lo sentì tremare ad ogni suo tocco, il suo respiro accelerò, ma non lo avrebbe lasciato venire. Non ancora.

Con una mano cominciò a risalire lentamente dalla caviglia, fino all'interno coscia. Steve gemette forte, per i brividi che gli diede quel movimento inaspettato e quasi le urlò:

"Andrea!"

Era il via libera. Gli aveva fatto perdere il contatto con la realtà.

Accelerò il ritmo, passò la lingua sulla punta della sua erezione e la trovò bagnata. La sua mano raggiunse la base del suo pene e lo strinse con delicatezza. Steve urlò completamente perso e lei lo accolse in bocca senza battere ciglio. Aveva un buon sapore.

Si alzò lentamente, lo osservò: l'estasi ancora stampata sul suo viso, la rallegrò. Ancora una volta, il suo bisogno costante di assaggiarlo, le aveva permesso di strapparlo dalle sue angosce.

Se ne andò a cercare il frigo e qualcosa da bere.

Steve non era ancora in grado di connettere e questo suo stato la faceva sentire bene, di più, la entusiasmava, di più, la rendeva felice, come solo lui era riuscito nella sua vita.

Lo guardò dalla cucina, la testa ancora appoggiata al divano, gli occhi chiusi, mentre le sue dita ancora tremavano incapaci di ritrovare un controllo. Lo amava davvero tanto. Su questo, non aveva nessun dubbio.

"Ancora arrabbiata?" chiese Steve ancora con gli occhi chiusi e la voce roca "O sei soddisfatta!"

Lei sorrise ma non rispose. Quel ragazzo con l'aspetto da nerd, nascondeva un'anima selvaggia che le faceva sempre venire voglia di mangiarlo.

Non ricevendo risposta, Steve alzò la testa e aprì gli occhi per guardarla. Quando vide come sorrideva beffarda, il suo sorriso si accese.

"Diciamo che ho scoperto che mi piace mangiarti, ora che ti ho assaggiato." rispose lei dopo diversi attimi di silenzio.

C'era un'atmosfera serena, una pace luminosa in quell'appartamento, che le costò fatica disturbarne la calma.

"Posso assaggiarti io adesso?" chiese lui alzando un sopracciglio, lo sguardo di un bambino all'idea della torta di compleanno.

In quell'istante il telefono di Andrea suonò. Si spostò dal bancone della cucina, dove stava sorseggiando un bicchiere di birra e andò a cercare la sua borsa, vicino all'ingresso, dove l'aveva buttata entrando.

"Pronto?"

"E' la signorina Andrea Wilson?" chiese una voce squillante al telefono.

"Sì?"

"La sto chiamando dal Parkland Hospital. Hanno ricoverato questa notte una signora che ha questo numero memorizzato da contattare in caso di emergenza: la signora Nilhanti Alambur."

"Vuol dire che non è cosciente?" chiese subito Andrea, mentre un brivido le percorreva la schiena.

"Per ora no." rispose secca l'infermiera.

"Mi dica come raggiungerla." Andrea sapeva che non avrebbe ricevuto altre informazioni per telefono, così si fece spiegare dove andare e riattaccò.

Steve si era rivestito, intuendo dal tono della telefonata che c'era qualcosa che non andava. Le si era avvicinato in silenzio.

Andrea lo guardò disperata, le sue mani tremavano. Aprì la bocca, ma non emise alcun suono. Allora sbatté le palpebre per ritrovare la forza e alla fine riuscì a pronunciare: "Nilhanti"

Steve si voltò, prese le chiavi della macchina e le chiese:

"Dove?" tirandola verso la porta e raccogliendo le cose di lei. Le infilò il top che le aveva tolto poco prima e la spinse fuori casa.

Scesero con l'ascensore. Arrivarono al garage e Steve uscì di corsa con la sua Range Rover. Attivò il bluetooth e parlò.

"Simon"

Andrea si voltò curiosa.

Dopo due secondi si sentì un telefono squillare.

"Pronto?" si sentì la voce sorpresa di Simon dall'altra parte.

"Simon, sono Steve" chiarì subito.

"Lo vedo. Non credevo che, quando ti ho dato il mio numero, avrei mai sentito la tua voce al telefono!" lo canzonò subito.

"Sì, bé, è un'emergenza. Ci hanno appena chiamato dal Parkland Hospital. Hanno ricoverato Nilhanti questa notte. Non sappiamo altro. Stiamo andando lì"

"Avviso gli altri e vi raggiungiamo" rispose secco Simon e riattaccò.

Andrea fissava Steve.

Ha il numero di Simon?

Sì.

E perché?

Glielo ha dato lui.

E quando è successo?

Non saprei...

Hanno parlato come se si conoscessero da una vita.

Sì e la cosa mi è piaciuta tanto...

Sai cosa vuol dire?

Vuol dire che il mio piano ha già preso il via!

Esattamente! Non abbiamo perso il nostro tocco!

Ma scommetto che hanno ancora delle riserve.

E tu?

Andrea, nonostante tutti i chiarimenti di quel pomeriggio, non seppe cosa rispondere.

Lasciò che Steve l'accompagnasse all'ospedale e decise che ci avrebbe riflettuto più tardi.


_________________________________

Per chi si era lamentato che Andrea fosse una pappamolle, ora spero che sia più chiaro cosa succede quando tira fuori le unghie!

Lo so, lo so che vi ho lasciato con un sacco di domande, ma altrimenti che gusto ci sarebbe?

Prima di tutto: abbiamo una vaga idea del perché Steve sia sempre così triste. Che cosa sarà successo ai suoi amici? E perché si incolpa della loro scomparsa? Dovrete avere ancora un po' di pazienza!

Qual è il dono di Andrea, quello che aveva lasciato dormiente da anni? Posso solo dirvi che, per chi non lo scoprisse da solo nei prossimi capitoli, Jake ve lo chiarirà più in là!

Infine: Che sarà successo a Nilhanti? Lo scoprirete nel prossimo capitolo. Non posso anticiparvi altro, solo che quello che voi pensavate essere un semplice romanzo rosa sta per prendere una vena un po' più...thriller!!!

A presto!

PS. Vi ricordo che sto partecipando ai Wattys2016, perciò, se il capitolo vi è piaciuto, solo se vi è piaciuto, PLEASE UNA STELLINA!


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